Titolo: Memoria
Genere: Drammatico, Erotico, Sentimentale
Rating: Rosso
Fandom: Arashi
Personaggi Principali: Ohno Satoshi, Ninomiya Kazunari, Matsumoto Jun, Aiba Masaki, Sakurai Sho
Paring Principali: Ohmiya; Matsumiya; Sakuraiba
Avvertimenti: Slash
Trama: "Come recita la formula? In salute e in malattia. Forse è adatto a noi. Tu non mi abbandonerai, vero? Sempre insieme, mi dicesti una volta. Sempre insieme, ripetesti. E' successo davvero? O me lo sono solo sognato?"
Wordcount: 2152 @
fiumidiparole Il bellissimo banner che vedete qua sopra è stato creato da
yukiko_no_niji Capitoli Precedenti:
Memoria 01 Memoria 02 Memoria 03 Memoria 04 Memoria 05 Memoria 06 Memoria 07 Memoria 08 Memoria 09 Memoria 10 Memoria 11Memoria 12 *°*
Un'unica lacrima cade e scompare
prima che i sentimenti racchiusi in essa
possano essere svelati.
Arashi - Truth
*°*
Odia piangere.
Selvaggiamente.
Odia piangere.
Non lo sopporta.
Vorrebbe smettere, vorrebbe andare avanti.
Alzare la testa e continuare ad alzare la testa.
“Gira gira piccola trovatella” recita una filastrocca.
Lo vorrebbe sentire più vicino.
Lo vorrebbe stringere fra le braccia.
Aiutarlo.
Aiutarlo a camminare con le sue gambe.
Aiutarlo a guardare avanti.
Verso quel futuro che insieme avevano faticato a costruire.
*°*
Sono passate due settimane da quando Jun è venuto a casa mia.
Si è praticamente insediato da me.
Non mi fa uscire da quel giorno.
Le cose da mangiare, i testi delle canzoni da incidere per il nuovo album, le basi musicali e tutto quello che serve a qualunque uomo civile, ce le portano Aiba e Sakurai.
Ogni tanto rimangono anche loro.
A farci compagnia dicono. Non è che mi fido tanto.
Ogni tanto li vedo che mi guardano.
Come se fossi un malato terminali.
Ogni tanto li sento borbottare, tutti e tre, alle mie spalle.
Come se non potessi sentirli.
Vorrei dirgli che sono solo in cucina e non dall'altra parte di Tokyo, che li posso sentire perfettamente e che vorrei che la smettessero di parlare in questa maniera di me e dei miei problemi.
A volte vorrei che nessuno di loro si fosse intromesso.
Tornando in salotto, getto una rapida occhiata al bagno. La porta è stata aggiustata qualche giorno dopo che Ohno l'ha rotta.
Sorrido leggermente ripensando a quel giorno. Ohno, armato di pazienza, buona volontà e tanti soldi, aveva riaggiustato la maniglia completamente sfondata e aveva sistemato tutto quello che aveva rotto.
Io lo guardavo dal divano, seduto mentre giocavo ad un videogioco. Lo guardavo e sorridevo. Come un perfetto imbecille.
Pensavo davvero che la sua presenza fosse tranquillizzante. Che mi potesse fare del bene, che avrei potuto distruggere e dimenticare i demoni di quei giorni infernali.
Invece alla fine la sua presenza era diventata destabilizzante. L'ho attaccato, offeso, colpevolizzato di atti che lui non aveva mai commesso.
Si sentiva già abbastanza in colpa Ohno. E io non ho fatto altro che fare leva su quei sentimenti di pentimento e di amore che provava nei miei confronti per trovare un colpevole.
Il mio sorriso scema lentamente mentre ripenso a tutto quello che è successo, a tutto quello che lui ha dovuto soffrire a causa mia, della mia rabbia.
Lui era l'unica persona verso la quale non avrei mai dovuto portare rancore.
La voce di Aiba mi arriva all'orecchio. Mi volto e lo fisso.
Sta sbandierando la sua mano, come se fossi lontano chilometri e chilometri e non solo un paio di metri.
« Nino, vieni a giocare alla Wii con noi. » urla.
Abbozzo un altro sorriso.
Dietro la schiena stringo con forza un pugno, quasi arrivando a ferirmi i palmi con le mie stesse unghie.
La necessità di bere si fa di ora in ora sempre più forte.
Da quando Matsumoto si è installato a casa mia ho bevuto solo due volte.
Dovevo bere.
Oppure sarei impazzito. I ricordi tutt'ora sono violenti. Mi stordiscono quando decido di andare a dormire. Quando chiudo gli occhi le immagini si accavallano l'una sull'altra.
Sono tornato al punto di partenza.
A quasi tre mesi fa.
A quando avevo paura di addormentarmi a causa degli incubi, delle urla, del dolore.
A quando avevo paura di rimanere con la luce spenta appena calava il sole.
A quando sobbalzavo ad ogni minimo rumore sospetto, a quando sussultavo se qualcuno mi afferrava o mi scuoteva quando ero perso nei miei pensieri.
Devo bere.
Lo necessito. Impellentemente.
Guardo Jun, cercando conforto e forse un po' di sostegno.
Lui mi guarda a sua volta. Un solo secondo.
Poi scosta lo sguardo, tornando a fissare la televisione.
Mi mordo un labbro. La mano mi trema, senza motivo. Serro ancora di più il mio pugno.
Devo bere.
Per favore.
Per favore.
Mi avvio verso la porta e la apro, guardando a terra.
« Per favore. Lasciatemi da solo. » sussurro così piano che fatico a sentirmi « Sho, Aiba, apprezzo il vostro aiuto. Ma davvero, adesso devo rimanere da solo. »
“Non chiudere gli occhi” mi impongo.
“Non chiudere gli occhi. E tutto andrà bene.” penso sempre fissando il pavimento.
« Davvero. Se non andate via ora, potreste assistere a scene veramente pietose. » abbozzo un sorriso, senza guardarli.
Non ho mai provato così tanta vergogna di me stesso e delle mie azioni. Se potessi dimenticarmi delle crisi di astinenza avute in presenza di Matsumoto, lo farei volentieri.
Penso di essere in uno stato veramente pietoso.
Davvero.
Vorrei sotterrarmi. Eppure la necessità, il bisogno incessante di bere continua a stringermi lo stomaco, il cervello, l'intero corpo.
Sento Aiba e Sho che balbettano parole che non comprendo. Che non voglio comprendere.
Assolutamente. Non li voglio capire, non li voglio sentire.
Poi entrambi si alzano dal divano e mi passano accanto senza dire una sola fottutissima parola. Lasciano casa, in silenzio, così come volevo.
A mia volta in silenzio, chiudo la porta dietro le loro spalle.
Jun continua a guardarmi, seduto sul divano, fingendo di leggere il suo libro. Non mi guarda nemmeno per un secondo.
Un braccio inizia a tremare. Continuo a guardarlo, sperando che mi dica che posso fare tutto quello che voglio.
Mi avvicino a lui, lentamente.
“Non chiudere gli occhi.” mi ripeto mentalmente.
Jun non alza sguardo dal libro.
Quando arrivo davanti a lui, cado in ginocchio a terra.
« Sono più di quattro giorni che non bevo. » sussurro piano.
Lui continua ad ignorarmi.
« Per favore. Solo un sorso. Solo per poter andare a dormire in pace. E poi prometto che non berrò più. »
Matsumoto finalmente mi guarda. I suoi occhi sono freddi, duri.
« Anche domani dovrai andare a dormire. E cosa mi dirai? »
« Solo questa sera. »
La mia voce è rotta dalla disperazione. Non penso di sopravvivere ad un'altra nottata come quella passata.
Ad urlare, a piangere. Non credo di averne la forza.
Perché deve essere tutto così maledettamente complicato?
« Vuoi o no parlare con Ohno da uomo sobrio e non come alcolizzato? » mi chiede.
Spalanco leggermente gli occhi a quella domanda.
Una pugnalata nel cuore. Diretta, precisa.
Mi fa sentire ancora più schifoso di quanto non mi ci senta già di mio. Mi fa sentire ancora più sporco di quello che sento.
Vorrei che la smettesse di metterlo in mezzo.
Perché solo sentirlo nominare sento la mia anima che urla. Sento emozioni contrastanti, di odio e amore.
Odio. Terrificante. Alienante. Struggente.
Verso me stesso, per i miei comportamenti, per le mie accuse.
Amore. Senza fine. Travolgente.
Per lui.
Perché non posso fare a meno di desiderarlo qui al mio fianco.
« Ohno... » sussurro piano guardandolo « Non lo mettere in mezzo. »
« Non posso fare più danni di quelli che hai fatto te dicendogli quelle cose mentre eri ubriaco. » replica lui glaciale.
Ho gli occhi pieni di lacrime.
Non ne posso più di piangere. Basta. Mi sento senza forze, sfinito.
Senza energie.
Come ad un computer a cui hanno tolto la batteria.
No, forse non è proprio così.
Sono privo di vita.
Perché non so come affrontare tutta questa situazione. Non so come si evolverà tutto questo. E ho paura di quello che accadrà.
Jun lascia il libro sul tavolo e si inginocchia accanto a me. Mi abbraccia, stringendomi con forza.
Sussulto fra le sue braccia, cercando di scacciare ricordi e pensieri distruttivi. Provo a divincolarmi, ma la sua stretta aumenta intorno a me. E io non riesco a fare altro che a rimanere inerme, a respirare affannosamente.
« Ci sono io accanto a te. » mi dice piano all'orecchio « E quando tutto questo sarà finito, potrai finalmente parlare con Riida. » continua dolcemente.
Rimango in silenzio. Poi lentamente annuisco.
Lui mi lascia e io, come un cadavere mi avvio verso la camera da letto.
Mi lascio cadere sul materasso senza nemmeno cambiarmi di abiti.
Il fatto che ci sia Jun con me da un lato mi fa piacere, dall'altro è proprio lui che mi manda in crisi.
Quando ho iniziato la mia storia con lui, pensavo che tutto potesse andare bene. Che forse, nonostante i nostri difetti, potesse nascere qualcosa fra di noi. Qualcosa di bello, di coinvolgente, di passionale.
Invece ci siamo sempre ridotti a del mero sesso. Sempre e solo sesso.
Niente di più.
Pensavo che il desiderio insensato di avere costantemente qualcuno accanto a me potesse essere colmato da Jun.
Invece siamo giunti a questa conclusione.
Delle lacrime silenziose bagnano il cuscino.
Non mi sono comportato così diversamente dai miei rapitori. Anzi. Forse sono stato ben peggior di loro.
Ho sfruttato Jun.
Sessualmente.
Sapevo che provava per me sentimenti più forti di quello che diceva. Ma aspettavo che fosse lui a fare la prima mossa, che fosse lui a dichiararsi.
Perché non sapevo ancora cosa volevo.
Mi piaceva stare con lui. Avrei voluto stare con lui.
Eppure sentivo che era una cosa sbagliata. Che non era Jun la metà che mi avrebbe completato.
Sesso.
Sesso.
Sesso.
Queste solo le sole parole che mi rimbombano nella mia testa in questo momento. Non c'è altro.
Sesso.
Perché alla fine non è stato altro.
Uno sfruttamento a vicenda di corpi umani.
I nostri.
Distruggendo i nostri sentimenti, le nostre emozioni, i nostri esseri. Annientandoci a vicenda solo per uno schifosissimo orgasmo.
Ho dato a Jun il mio corpo quando Ohno soffriva chissà dove, nella sua casa, in solitudine.
Io ero felice. Appagato.
Quasi sicuro di questa vita.
Mi facevo portare a letto come una volgare puttana, senza potere decisionale di questo lato della mia vita.
Perché mi piaceva. Mi piaceva che Jun arrivasse a casa mia e mi portasse a letto, mi facesse raggiungere picchi di piacere inimmaginabili. Mi piaceva che poi ci lasciassimo, che ognuno tornasse ai propri lavori come se nulla fosse successo.
Mi piaceva tutto quello.
Niente limitazioni. Niente obblighi.
Eppure volevo di più. Davvero.
Ma non lo volevo da lui. Anche se ancora non lo sapevo.
Se ripenso a quei giorni, quando non avevo paura di farmi toccare, soffro.
Perché andava bene.
Perché andava bene a tutto. A me per primo.
Invece ho nuovamente svenduto il mio corpo. Per cosa poi?
Per nulla.
Per sesso.
Sono veramente un essere abbietto.
Come posso continuare a guardare Ohno negli occhi e sperare ardentemente che lui torni al mio fianco, come se nulla di tutto questo fosse veramente successo?
Come posso sperare che lui mi ami dopo tutto questo?
Lo stupro.
Il tradimento.
Il piacere del tradimento.
L'alcolismo.
Non può. Non può davvero.
E se ci riesce, con quale coraggio io riuscirò a pensare di farlo felice, in ogni momento della sua giornata?
Come posso pensare di farlo veramente felice? In salute e in malattia.
Così si dice, no?
Ma io non posso, ormai.
Socchiudo gli occhi.
E sbaglio.
« Io e te,Kazunari. Uniti. Per sempre. »
Così mi dici, guardandomi negli occhi.
Tu speri solo che io esili un solo “si”.
Io spero solo che tu non mi stia prendendo in giro.
Perché ti amo davvero Satoshi. Perché davvero, non posso immaginare una vita dove tu non sia al mio fianco.
« Come recita la formula? In salute e in malattia Forse è adatto a noi. Tu non mi abbandonerai. Vero? » ti dico, piano.
« Non ti lascerò mai Kazunari. Mai, mai. E' una promessa. »
Quando mi sveglio di soprassalto, devo aver urlato.
Almeno a giudicare dalla sua faccia con la quale Jun è appena entrato nella mia stanza. Si avvicina a me, sedendosi sul ciglio del letto.
Io ansimo per la paura. Ho più paura di questi ricordi.
Sono questi quelli che in realtà vorrei eliminare dalla mia mente, dal mio cervello, dal mio stesso corpo che in presenza di Ohno si muove quasi da solo.
« Va tutto bene? » mi chiede in un sussurro Jun.
« Io e te, Kazunari. Uniti. Per sempre. » mormoro piano ricordando con ferocia sofferenza le parole di Ohno « Io l'ho tradito. Io l'ho tradito. Accusandolo. Odiandolo. Venendo a letto con te. » lo guardo, con gli occhi e le guance piene di lacrime « Io l'ho tradito. »
Jun deglutisce, di nuovo, rumorosamente. Jun mi guarda.
« Ho sbagliato. Ma io volevo davvero essere felice con te. Anche se non te l'ho mai detto. Io... davvero volevo stare con te. » mormora così piano che stento a capire le sue parole.
Lo guardo. Lo guardo senza dire nulla.
« Come si deve essere sentito Ohno quando ha scoperto che il suo ragazzo e il suo migliore amico lo hanno tradito in queste maniera? » gli chiedo piano « Come può continuare a volerci bene così tanto? »
Anche lui mi guarda. Sorridendo fra le lacrime silenziose che scivolano lungo le sue guance, lungo i suoi zigomi.
« Quando non avrai più bisogno di bere, glielo chiederai tu stesso. » mi stringe la mano sulla spalla.
Vorrei scostarmi. Ma non ne ho la forza.
Jun mi sorride ancora, poggiandomi una coperta sulle spalle e spingendomi con delicatezza sul letto.
Non riesco a smettere di piangere. Lui mi accarezza i capelli.
« Ora dormi per favore. Per affrontare tutti i tuoi demoni, devi essere riposato. »
Anche lui continua a piangere.
Siamo due relitti che si aiutano a vicenda. Due esseri, due anime rotte che nessuno potrà mai aggiustare. Due corpi senza più spirito al proprio interno.
Due metà che non troveranno mai pace. Né adesso, né domani, né mai.
« Grazie per non odiarmi Jun. » bisbiglio stringendogli con forza la mano nella mia.
Lui ride.
« Voglio davvero aiutarti. »
« Grazie Jun. Grazie. »
Non riesco a dire altro. Non riesco a sussurrare altro se non questo. Mi stringo nella coperta calda, continuando a tenere la sua mano nella mia, continuando a desiderare che tutto questo passi in fretta.
Nemmeno mi accorgo di essermi addormentato, fra le lacrime, stretto a lui.
Fine