Titolo: Memoria
Genere: Drammatico, Erotico, Sentimentale
Rating: Rosso
Fandom: Arashi
Personaggi Principali: Ohno Satoshi, Ninomiya Kazunari, Matsumoto Jun, Aiba Masaki, Sakurai Sho
Paring Principali: Ohmiya; Matsumiya; Sakuraiba
Avvertimenti: Slash
Trama: "Come recita la formula? In salute e in malattia. Forse è adatto a noi. Tu non mi abbandonerai, vero? Sempre insieme, mi dicesti una volta. Sempre insieme, ripetesti. E' successo davvero? O me lo sono solo sognato?"
Il bellissimo banner che vedete qua sopra è stato creato da
yukiko_no_niji Capitoli Precedenti:
Memoria 01 Memoria 02 Memoria 03 Memoria 04 Memoria 05 Memoria 06 Memoria 07 Memoria 08 Le tue grida mi hanno svegliato
e io sono un mostro che ti trascina
nell'oscurità della notte.
Arashi - Monster
*°*
Il vuoto.
Non c'è altro.
Il vuoto.
Assordante nel suo penetrante silenzio.
Parli a te stesso, cercando di riempire quell'assenza di suoni ingiustificabile.
Senti un'altra voce, alla fine, non è la tua.
Ma è dolorosa.
Ti crea dolore.
“Gira gira, piccola trovatella ” recita una filastrocca.
“Gira e conta le stelle ” inizia un bambino.
“Gira e conta le nuvole ” continua una bambina.
“Gira gira, piccola trovatella. ” mormorava lui
“Gira e vedrai che la soluzione troverai.” sussurra pianissimo qualcuno.
“Gira gira, piccola trovatella. ” recita una filastrocca.
“Alza la testa. ” sussurrava un bimbo all'orecchio del compagno.
“Alza un braccio. ” continua un terzo
“Alza una gamba. ” gli fai eco.
Ti giri, cercando di capire da dove viene.
Ma non ci riesci.
Senti solo il dolore che quella voce melodiosa ti crea.
*°*
Lo guardo, cercando di capire meglio.
« Tu... Sai perché ho perso la memoria? » chiedo con la gola improvvisamente secca « Sai perché sono ridotto così? »
Ohno annuisce, rimanendo fermo al suo posto. Stringe le mani con forza, cercando di mostrare una forza che non possiede. Il suo piede inizia a tamburellare nervosamente sul pavimento.
Appoggio una mano sul ginocchio, cercando di calmarlo. Ci riesco in parte.
Lui mi sorride, ma non riesce a fermarsi.
« Dovevamo incontrarci al pub quella sera. Io e te. Avevamo finito le riprese per un talk prima del previsto e quindi ci siamo separati. Tu sei andato a casa a farti una doccia e a cambiarti, io invece sono andato a casa di mia madre. Lei e mia sorella dovevano parlarmi. » si interrompe, sospirando.
I suoi occhi sono terribilmente lucidi. Trattenersi dal piangere qui davanti a me deve essere frustrante.
E’ difficile anche per me. Vederlo soffrire è straziante.
« Se io... non fossi andato da loro. Se ti avessi accompagnato a casa... ora non saremo in queste condizioni. Le nostre vite sarebbero più tranquille. »
« Non è vero. » esclamo alzandomi in piedi.
Lo guardo. La sua disperazione è talmente palpabile che non posso fare a meno di sentirmi male anche mia volta.
« Nulla di tutto questo si poteva evitare. Ne sono sicuro. Tu non hai nessuna colpa. »
Lui mi sorride, di nuovo.
Di nuovo quel sorriso falso, quello che tira fuori durante i talk quando lo tratto male, quello che usa per mascherare se stesso e ciò che prova, per proteggersi dal mondo esterno.
“Non usare quel sorriso con me.
Sii te stesso per favore.
Almeno con me.”
Non riesco a pensare ad altro. A quanto vorrei che fosse sincero.
Almeno con me.
« Aspetta di ascoltare tutto per favore. Dopo deciderai quale è la mia parte di colpa in tutto questo. »
Pianto un piede a terra, furioso.
« Non posso assolutamente credere che tu... tu sia responsabile di tutto questo. » sussurro.
« Sono arrivato in anticipo al pub. E tu non arrivavi. Ho aspettato quasi un'ora. Fino a quel momento non mi sono preoccupato più di tanto. Probabilmente ti eri messo a giocare e avevi perso la cognizione del tempo. » ridacchia, mentre le lacrime gli rigano le guance « Dopo ho fatto un giro di chiamate. Per sapere se gli altri ti avevano visto. Per sapere che cosa stavi facendo. Il tuo cellulare era spento e allora mi sono veramente preoccupato. »
« Io non tengo mai il cellulare spento. » mormoro sbarrando leggermente gli occhi.
Mi porto una mano alla testa.
Flash su flash mi stordiscono.
Il dolore, la voglia di morire.
Il dolore, la voglia di avere Ohno accanto.
Il dolore, la voglia di riuscire a scappare.
Ma da cosa?
Lo guardo, cercando di capire.
Perché?
Cosa è successo veramente?
« Mentre gli altri mi hanno raggiunto e mentre stavamo cercando di capire che cosa dovevano fare per cercarti, un numero sconosciuto mi ha chiamato. Una voce distorta mi ha detto che ti avevano rapito. Volevano cento milioni di yen come riscatto. Se li avessi versati sul loro conto corrente nel giro di ventiquattro ore, allora non ti avrebbero fatto nulla. In caso contrario, ti avrebbero ucciso. »
Cado seduto sul divano, accanto a lui, troppo sconvolto per riuscire a pronunciare una sola parola di senso compiuto.
Perché hanno chiamato lui per il riscatto?
Perché non hanno chiamato mia madre o mia sorella?
Che tipo di legame c'era tra me e lui, prima di tutto questo incidente.?
« Perché te? »
« Sono riuscito a racimolare tutto il denaro. » continua evitando la mia domanda « Nel giro di qualche ora, prendendo prestiti da varie banche avvalendomi del mio nome, ho chiuso e sigillato i soldi in una valigetta. Poi sono andato in un'altra banca, da loro indicata, a versare i soldi nel conto corrente. »
« Perché te? » domando ancora.
Di nuovo, non risponde.
« Coloro che ti hanno rapito erano esponenti della yakuza. Mio cugino aveva accumulato un debito considerevole a causa del gioco in bische clandestine. Hanno rapito te perché sapevano che avrei pagato qualunque cifra per riaverti indietro. »
Le lacrime scivolano oltre le guance, bagnandogli le mani strette sotto al mento.
« Nonostante gli abbia versato il denaro nel minor tempo possibile, il danno era stato fatto. Ormai tu eri stato picchiato e... »
« Picchiato? » sussurro interrompendolo, stringendogli inconsapevolmente un braccio « Perché? Avevano i soldi no? »
« Probabilmente hai cercato di scappare oppure ti sei ribellato, non lo so, ma... »
« Ma perché te? Perché li hanno chiesti a te? »
Inizio a tremare, mentre lo strattono.
« Nino... »
« Perché è successo tutto questo? » sibilo.
Il dolore si accavalla nella mia testa. Vaghi spezzoni della mia memoria si incastrano nel mio cervello, mentre il terrore mi attanaglia le membra.
Le lacrime mi rigano il viso.
Ohno mi afferra per le braccia, fermandomi. Mi guarda negli occhi. I suoi sono rossi per il pianto e mi abbraccia, stringendomi a sé.
« Ti hanno violentato. » sussurra al mio orecchio « Tu hai cercato di urlare, di picchiarli con le loro stesse armi ma alla fine loro ti hanno bloccato a terra. »
Mi irrigidisco fra le sue braccia. Il cervello si svuota, il corpo si accascia contro di lui.
Il dolore.
Il dolore.
Il dolore.
Mi aiuta a sedermi, continuando ad abbracciarmi. Le sue lacrime sono seguite dalle mie, lente, silenziose ma inarrestabili lungo le mie guance e poi lungo le sue dita, che mi stringono dolcemente il volto, mentre continua a fissarmi.
« Perché non sei arrivato prima? » sussurro.
I ricordi di quelle ore terribili sono sfocati, ma quei pensieri, quei pensieri disperati di salvezza, di vedere Ohno che entrava nel sottoscala e mi trascinava via da là, salvandomi da tutto il mondo che mi circondava, adesso sono impressi a fuoco nella mia mente.
« Perché non mi hai salvato? » gli chiedo « Perché non sei arrivato? Perché mi hai lasciato là? »
Gli occhi di Ohno, troppo grandi per essere quelli di un essere umano, tornano immediatamente pieni di lacrime. Le sue mani, strette intorno alle mie spalle, tremano violentemente.
« Io... all’inizio nono sapevo nulla. »
Scuoto la testa, senza sapere che cosa fare o cosa dire.
« E allora come fai a sapere tutto questo? » gli chiedo spingendolo violentemente sul divano. « Come fai? Come fai a sapere tutto questo? » urlo guardando un Ohno inerme, con gli occhi vacui, pieni di disperazione.
« Sei stato nelle loro mani per tre giorni. E ogni quattro ore ricevevo un video di quello che ti facevano. E ogni quattro ore dovevo guardare quello che ti facevano e... »
Ohno scatta in piedi, allontanandosi dal salotto a passi pesanti. Io rimango fermo, seduto al mio posto, troppo sconvolto per poter solo pensare a cosa posso dire riguardo tutto questo.
Il tempo passa, troppo lentamente secondo i miei gusti. Sento Ohno che respira affannosamente nella stanza accanto al salotto e mi si stringe il cuore nel pensare a tutto quello che ha dovuto passare in quelle ore di terrore e nei mesi in cui ero senza memoria.
Vorrei alzarmi e andare da lui, per abbracciarlo, per dirgli qualcosa che non so, per cercare di rassicurarlo.
Vorrei alzarmi e stringerlo a me, dirgli che non volevo dire quelle cose. Che so che ha fatto il possibile per salvarmi, che ha fatto di tutto perché tutto questo si potesse evitare.
Vorrei alzarmi e pensare che una volta nella sua stessa stanza, tutto il dolore svanirà nel nulla, solo rimanendo al suo fianco.
Ma non mi alzo. Non ci riesco. Rimando seduto, mentre ascolto il suo respiro che riempie il silenzio della casa, mentre posso sentire le lacrime che escono con violenza dai suoi occhi, che bagnano le sue guance, le sue mani.
I ricordi si accavallano, chiari e limpidi come se li stessi vivendo una secondo volta.
Rimango fermo.
Il mio corpo non si muove. Non riesce a muoversi.
Cerco disperatamente di fare qualcosa, di aggrapparmi al bordo del buco nero, di cercare la luce in cima, mentre tento di arrampicarmi.
Le mie dita sono piene di sangue. Le mie unghie non ci sono più. Il mio corpo trema, sconvolto dai singhiozzi e dalla paura.
« Satoshi. » sussurro piano alzando la testa verso la cella, verso una salvezza che non arriva e che forse non arriverà più. « Satoshi, dove sei? » mormoro appoggiandomi al muro, freddo.
« Satoshi! » urlo sussultando sul divano.
Apro di scatto gli occhi, ansimando per la paura. Il terrore mi ha attanagliato le membra, impedendomi anche di piangere.
Ohno accorre subito in salotto. Mi guarda, ansimando. Gli occhi rossi, il volto stravolto dalla disperazione. Il petto gli alza e abbassa a ritmi vertiginosi.
Lo guardo a mia volta.
Dopo attimi interminabili lui è accanto a me, che mi stringe con forza fra le sue braccia. Una sua mano è posata delicatamente sulla testa, accarezzandomi dolcemente i capelli e con l'altro braccio intorno alla mia vita.
Mi stringo a lui, afferrando le sue spalle come se non ci fosse altro che lui. Affondo le nuove lacrime nel suo petto.
« Ora ci sono io accanto a te. Ti giuro. Ti proteggerò da qualunque cosa. Ora ci sono io accanto a te. »
Annuisco, lentamente.
« Non mi lasciare mai più Satoshi. » mormoro con le ultime forze che mi sono rimaste dopo queste rivelazioni « Non mi lasciare mai più, per favore. »
Continua...