[Arashi] - Memoria 10/17

Oct 26, 2011 11:15

Titolo: Memoria
Genere: Drammatico, Erotico, Sentimentale
Rating: Rosso
Fandom: Arashi
Personaggi Principali: Ohno Satoshi, Ninomiya Kazunari, Matsumoto Jun, Aiba Masaki, Sakurai Sho
Paring Principali: Ohmiya; Matsumiya; Sakuraiba
Avvertimenti: Slash
Trama: "Come recita la formula? In salute e in malattia. Forse è adatto a noi. Tu non mi abbandonerai, vero? Sempre insieme, mi dicesti una volta. Sempre insieme, ripetesti. E' successo davvero? O me lo sono solo sognato?"



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Capitoli Precedenti:

Memoria 01
Memoria 02
Memoria 03
Memoria 04
Memoria 05
Memoria 06
Memoria 07
Memoria 08
Memoria 09

Il tempo si è fermato al tramonto.
Durante quella notte in cui possiamo
fare ritorno, il nostro futuro
era chiaro a tutti e due.

Arashi - PikaNchi Double

*°*

Brucia vero? Quella sensazione di oscenità che
ti avvolge completamente.
Brucia vero? Quella voglia di non fare più ritorno
ad una vita che vuoi dimenticare.

“Gira gira, piccola trovatella ” recita una filastrocca.
“Gira e conta le stelle ” inizia un bambino.
“Gira e conta le nuvole ” continua una bambina.
“Gira gira, piccola trovatella. ” mormorava lui
“Gira e vedrai che la soluzione troverai.” sussurra pianissimo qualcuno.

“Gira gira, piccola trovatella. ” recita una filastrocca.
“Alza la testa. ” sussurrava un bimbo all'orecchio del compagno.
“Alza un braccio. ” continua un terzo
“Alza una gamba. ” gli fai eco.

Vorresti parlare, vorresti urlare.
Vorresti alzarti, vorresti scappare.
Vorresti guardarlo negli occhi e non sentirti uno schifo d'uomo.
Vorresti stringerlo ancora a te, ma sai che non puoi più.
Hai rovinato tutto.
E ora non vuoi accettarne le conseguenze,
*°*

Quando mi sveglio sono sdraiato nel letto accanto ad Ohno, stretto intorno alla mia vita come se potessi scappare da un momento all'altro.
Sbatto leggermente gli occhi, cercando di mettere a fuoco la stanza intorno a me.

Mi alzo a sedere. Le braccia di Ohno si stringono, nel sonno, ancora con più forza su di me. Lo guardo. Ha il volto serrato in una smorfia infastidita, mentre i miei occhi bruciano terribilmente.
Ho pianto troppo.

Vaghi, ma vividi ricordi della prigionia mi si accavallano in testa. Socchiudo gli occhi, sfiorandomi la pelle nuda delle braccia.
Improvvisamente, mi sembra di puzzare.
Terribilmente.
Di sudicio.

Mi libero della presa di Ohno e mi chiudo sotto la doccia. Mi spoglio e quando mi guardo nudo allo specchio rabbrividisco.
Mi tiro indietro i capelli e guardo la mia faccia, più pallida del normale.
Mi sento sporco, troppo sporco.

Apro l'acqua bollente e, per quanto io strofini la spugna insaponata sulla mia pelle, arrivando a scorticarmi le braccia e le gambe, la sensazione di sporcizia non si allontana.
Anzi.
Più cerco di liberarmene, più sembra che si avvinghi e si impregni ancora di più in ogni cellula del mio corpo.
Più strofino, più vedo la mia pelle ferita che sanguina, più lo stomaco mi si attorciglia in una morsa dolorosa, senza riuscire quasi a respirare.

Fa male.
Fa troppo male.
La sensazione di non riuscire più a svegliarti dall'incubo. La sensazione di non riuscire più a sentirti una persona normale. La sensazione di non riuscire più a fare nulla.
Non svanisce.
Non si allontana.

Più ci si dispera, più sembra che la paura ti guardi negli occhi, scrutandoti nel profondo, imprigionandoti nella sua spirale di terrore senza sosta.
Non riesco a smettere di strofinarmi le braccia nemmeno quando mi accorgo che l'acqua ai miei piedi è rossa, sporca del mio stesso sangue.

Troppo rossa, troppo sporca.

Lo guardo.

Il sangue rosso scivola in gocce di color rubino per poi perdere di intensità appena cade in acqua, dissolvendosi verso il tubo di scarico.
Mi cade la spugna di mano e mi accascio a terra. Appoggio la schiena al muro freddo della doccia, lasciando che il getto di acqua bollente continui quasi ad ustionarmi la schiena.

Nulla di tutto questo è lontanamente paragonabile a quello che mi hanno fatto in quello scantinato, in quei tre giorni.
Volevo solo che Ohno arrivasse. E nient'altro.

Ricordi delicati di me e lui prima dell'incidente appaiono quasi per magia nella mia testa, ormai senza più controllo.

Io e lui alla Baia di Tokyo.
Io e lui al Comicon.
Io e lui in un ristorante.
Io e lui a casa, in una casa diversa da questa, dove abitavamo insieme.
Io e lui, semplicemente, insieme.

Le gocce d'acqua mi scivolano dai capelli agli occhi, bruciandomi. Ma non riesco a muovermi. Vorrei fare qualcosa, qualsiasi cosa, ma il mio corpo si rifiuta di obbedirmi.
Il mio cervello manda l'impulso di muovermi, ma le mie gambe e le mie braccia non si muovono.
E' come se avessero dei massi ancorati alle estremità. Non si muovono.
Rimango immobile sotto il getto d'acqua bollente.
Mi brucia la pelle.
Il sangue continua ad uscire dalle ferite. L'acqua calda non fa che facilitare la fuoriuscita di sangue.
Il vano della doccia è diventato rosso. Non riesco a fare nulla.

Non sussulto nemmeno quando qualcuno, probabilmente Ohno, inizia a battere forti colpi alla porta del bagno.

« Nino? » urla « Apri questa porta. »

« Non ci riesco. » sussurro talmente piano che non mi sente.

« Apri questa porta per favore. » la voce di Ohno, tremante mentre cerca di mantenerla ferma, mi penetra nel cervello.

« Non ci riesco. » ripeto chiudendo gli occhi.

Voglio rimanere qua. Sotto l'acqua. A terra.
E' dove qualcuno come me deve rimanere.
Per terra.
In mezzo al fango. In mezzo alla sporcizia.
Qualcuno come me, non può più rialzarsi.

« Nino ti supplico. Aprimi. »

I colpi si fanno più forti. Il percuotere violento di Ohno mi ricorda quello del bastone sul mio corpo.
Non so se sul mio volto si alternano acqua e lacrime. Non so più nulla.

I colpi sussistono, di violenza crescente. Mi porto le gambe al petto e nascondo la faccia tra le ginocchia. Mi fanno male la schiena, le braccia, le gambe.
Tutto.

Ad un certo punto sussulto.
Dalla protezione trasparente della doccia, vedo schegge di legno volare verso il lavandino.
Trovo la forza di spostare leggermente la testa. Il braccio di Ohno scivola fra il buco creato nella porta e apre la serratura.
Quando entra, con gli occhi rossi e ansimante, rimane un secondo a fissarmi, immobile.

Io rimango fermo nella mia immobilità, non riuscendo a fare altro che a fissarlo a mia volta.
Si precipita verso di me. Apre la doccia, chiude l'acqua e mi ritrovo improvvisamente coperto dall'asciugamano.
Rimango in silenzio.
Le sue mani tamponano delicatamente le mie braccia ferite, cercando di asciugarmi.
Non riesco a smettere di tremare.

« Va tutto bene. » mi sussurra piano poggiandomi un altro asciugamano sulla testa.

« Non va via. » mormoro mentre mi asciuga i capelli.

Lui si ferma, guardandomi.

« Cosa non va via? » chiede sfiorando le mie braccia ferite con un dito.

« Lo sporco. Mi sono lavato. Mi sono scorticato. Ma lo sporco non va via. Ho la pelle impregnata di sporcizia. »

« Tu sei la cosa più bella creata su questa terra. Non dire queste sciocchezze. » mormora accarezzandomi la faccia con una delicatezza che non ricordavo possedesse.

Mi sorride, trattenendo le lacrime.

« Ti amo così tanto che sento il cuore che scoppia. » continua stringendo le mie mani fra le sue « Voglio stare con te, per sempre. Ti proteggerò, per sempre. »

Lo guardo, accennando un sorriso a mia volta.

« Sei un bugiardo. Ma le tue bugie sono così belle che mi viene voglia di crederti, stupido vecchio. »

Lui accenna una risata.

« Non cambi proprio mai. » mi abbraccia e io trovo finalmente la forza di alzare le braccia, stringendolo a me, con la voglia di non lasciarlo mai più.

Dopo minuti apparentemente interminabili, lo lascio e guardo la porta del bagno, la parte centrale completamente distrutta e le schegge di legno ovunque.

« Mi devi ripagare la porta. Io non ho alcuna intenzione di sborsare uno yen. » dico seriamente guardandolo in faccia.

Per un attimo temo seriamente che Ohno mi possa morire fra le braccia a causa delle troppe risate.
Poi si alza in piedi e annuisce, senza smettere di ridere.
Torna in cucina e il resto della giornata passi tranquillamente.

*°*

I giorni si susseguono lenti, nonostante i mille impegni. Avevo continuamente la testa altrove e non riesco assolutamente a concentrarmi su quello che facevo.
I balli mi sembrano difficilissimi e le registrazioni sono una peggiore dell'altra.

Assolutamente.
Non si può andare decisamente avanti in questa maniera. Devo trovare un modo per tornare a dormire la notte, perché ormai le mie due o tre ore non mi bastano più.
E i ritmi incalzanti di questo lavoro, non mi permettono di prendermi tutte queste libertà riguardo la mia vita privata.
Ohno sta spesso a casa mia.
Ma è quando va via che inizia, ciclicamente, il mio problema.
Il silenzio, la solitudine, l'oscurità.
Tutte cose che mi ricordano quei giorni, quelle ore, quegli attimi terribili.

Ed è allora che si consuma, puntualmente, il mio dramma personale. Ohno mi lascia da solo e nelle mie mani mi ritrovo senza sapere esattamente come una bottiglia di vodka fra le mani a bere attaccato direttamente alla bottiglia, perdendo rapidamente il conto dei sorsi, delle bottiglie.

Come quasi ogni mattina, mi sveglio che sono probabilmente svenuto sul pavimento, con la mano ancora ancorata al collo della bottiglia e la testa che gira.

Mi permette di evadere, senza problemi.
L'alcool scorre nelle mie vene con la stessa intensità del mio sangue. Quando, ogni mattina, arrivo a lavoro, il mal di testa mi uccide e passo praticamente ogni secondo libero a vomitare nel bagno.

Ohno cerca di parlarmi. Ma il mio tono scontroso, il mio chiudermi ancora di più in me stesso, il mio voler negare l'accaduto e le mie accuse nei suoi confronti, non lo incoraggiano.

Sbaglio.
Non è colpa sua. Ma non posso fare a meno di pensare che se avesse agito prima, magari cercando di comprendere prima dell'inevitabile quello che stava accadendo, tutto quello non sarebbe mai accaduto.

Forse, inconsciamente, dentro di me lo odio.
E averlo sempre intorno non mi facilita le cose. Vederlo mi fa stare male. Un groppo allo stomaco mi attorciglia le budella e insieme all'effetto distruttivo dell'alcool, sento di non riuscire ad avere più controllo del mio cervello, né dei miei conati di vomito.

Da quando mi ha tolto dalla doccia e mi ha stretto a sé, mormorandomi quelle parole che non ricordavo di aver mai udito, qualcosa dentro di me era scattato.
Un istinto irrefrenabile di rabbia.

Volevo picchiarlo.
Non so bene il perché.
Ma ricordo bene come lo cercavo quando era là sotto. Lo volevo vedere un'ultima volta, forse prima di morire.
Volevo che arrivasse, che mi salvasse, che mi stringesse a sé prima che quegli uomini abusassero per ore del mio corpo e prima che io perdessi ogni briciolo di dignità e di umanità.

La vodka mi aiuta. Disperatamente.
Lenisce i miei pensieri distruttivi. Provo meno odio verso Ohno. Provo meno disgusto verso me stesso.
Provo meno emozioni.
Riesco a dormire, anche se solo perché sono svenuto con la bava alla bocca e l'alito che puzza di alcool sul pavimento di casa mia.

Devo smettere.
Lo so, tutto questo mi porterà verso in situazioni insostenibili. Anzi, forse mi trovo già in situazioni insostenibili.
Ma mi trovo così bene nel crogiolarmi continuamente nel dolore, che non riesco a fermarmi.

E più vado avanti, più il mio corpo chiede di più.
Più i giorni passano, più i ricordi chiedono di essere eliminati, espulsi dalla mia memoria, dal mio cervello, dal mio passato.
Più i giorni passano, più la vodka diventa la mia sola ragione di vita.

Devo essere fermato.
Perché ormai io non sono più in grado di farlo.

Continua...

fandom: arashi, pairing: matsumoto x ninomiya, pairing: sakurai x aiba, pairing: ohno x ninomiya

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