doppio capitolo, as usual U_U *s'è già rotta di postarla, andiamo bene*
Ah, e mi faccio un po' di pubblicità: il mio
MASTERPOST per chi si fosse persa mie storie e volesse dare un occhio U_U *seeee*
TITOLO: Since you've gone (ndoa? scusate il dialettismo, ma con sti titoli a casaccio sorge spontanea la domanda)
AUTRICE: Jinny
GENERE: AU scolastica, angst (sennò non sarei io, vi pare?)
GRUPPO: Arashi pincipalmente (ma no!) più un paio di sparsi
PAIRING: Sakuraiba (onesided e tepistiche disastrate), Sakumoto, Aimoto (già parlato di tempistiche disastrate?), Ohmiya, Tackey&Aiba (non so da dove mi sia uscito; ricordi, comunque), Tackey&Tsubasa (ricordi, accennato), Tackey&Ohno (ricordi, accennato) (Così siete psicologicamente pronte e ho la coscienza a posto)
RATING: pg-13
DISCLAIMERS: Avevo quasi concluso le trattative per prendere possesso degli Arashi, ma Johnny si è impietosito ai loro sguardi angosciati e se li è tenuti.
RINGRAZIAMENTI: Harin e Vampiretta che se la sono già sorbita e che mi hanno dato l'ok a postarla XD
NOTE: non si tratta nemmeno di andare a pescare nell'archivio, quanto di uno scavo archeologico, praticamente ... babbabia ...
GIA' POSTATI:
1 2 3 4 5&6 7&8 Si svegliò di soprassalto qualche minuto prima della sveglia. Che sensazione odiosa… si accorse di stringere qualcosa in mano. Mise a fuoco
<< Oh…>> sussurrò. Mise via il taglierino e richiuse il cassetto. Guardò il cuscino. Merda, c’era del sangue… la sveglia suonò. Masaki pensò a quello che era successo il giorno prima. Serrò gli occhi, cercando di cacciare giù l’angoscia…
<< Masa, sei già sveglio?>> chiese il signor Takizawa. Masaki annuì, cercando di sorridere. Il signor Takizawa si sedette sul letto. Gli posò la mano sulla fronte
<< Sembra che la febbre ti sia scesa…>> disse, sorridendo. Masaki annuì.
<< Che è successo al cuscino?>>
<< Credo di avere avuto sangue dal naso… chissà che ho sognato…>> disse Masaki, arrossendo leggermente. Il signor Takizawa ridacchiò. Poi tornò serio. Masaki si sentì sprofondare. Mi hanno scoperto. Akanishi è andato dal preside e mi hanno scoperto…
<< Hanno chiamato dalla clinica…>> disse il signor Takizawa. Masaki si sentì peggio. Si sentiva il viso gelato
<< Tua madre vorrebbe vederti…>> disse l’uomo. Forse se mi avessero scoperto sarebbe stato meglio…
<< Ah…>> disse Masaki.
<< Se non vuoi andarci, è lo stesso… ti capisco, ma… forse sarebbe meglio che le parlassi… mi hai raccontato il tuo incubo, e… credo che tu abbia un po’ di confusione in testa…>>
Masaki fece una smorfia.
<< Ci andrò dopo l’allenamento…>> disse poi, sorridendo << Mi manca…>> mormorò. Poi guardò il signor Takizawa
<< Ah! Non fraintendere, come genitori siete fantastici, ma… avevo quattordici anni… e… voi non volete parlarne, ma vorrei capire che cavolo è successo. Perché è vero, ho le idee molto confuse…>> non è vero, so benissimo cos’è successo. Ma non pensarci è più facile… è già abbastanza brutto così…
<< Ti aspettiamo tardi, allora?>> chiese il signor Takizawa. Masaki annuì.
Si alzò, si fece la doccia e si vestì come tutte le mattine. La signora Takizawa provò a fargli fare colazione, poi, rassegnata, gli diede il pranzo. Lo baciò su una guancia e lo strinse in un abbraccio. Masaki le sorrise, rassicurante. Uscì di casa e vide Sho, Satoshi e Jun che lo aspettavano. Sorrise loro, riconoscente
<< Senpai…>> uscì a Jun in un soffio. Masaki si avvicinò, sempre sorridendo. Jun lo abbracciò stretto. Masaki si staccò immediatamente
<< Oggi niente abbracci, per favore. Non ce la farei…>>
Satoshi gli prese il polso destro. Masaki sussultò e cercò di divincolarsi, ma Satoshi vide i tagli nuovi.
<< Baka.>> gli disse. Masaki fece un mezzo sorriso, stringendosi nelle spalle.
Arrivati a scuola, vennero subito raggiunti da Kazunari, che guardò Masaki, piazzandoglisi di fronte. Masaki si morse le labbra
<< Senpai, so che hai i tuoi motivi, ma… per favore, cerca di reagire in una maniera più normale… ti scongiuro… io vorrei giocare con te ancora per molto tempo!>> . Masaki gli sorrise
<< Grazie.>> disse. Kazunari chinò il capo. Tutti cinque insieme si avviarono verso l’edificio scolastico. Masaki rimase a testa alta, un po’ sostenendo un po’ ignorando gli sguardi degli altri. Arrivò in aula. Il suo banco non c’era. Masaki guardò. Uscì un attimo in corridoio. Eccolo. Sopra un armadio. Lo tirò giù, si riprese la sedia e mise tutto in aula, al suo posto.
<< Ne hai di coraggio, Aiba! Ripresentarti a scuola… schifoso autolesionista… è così che vi chiamate, no? Autolesionisti… che schifo…>> disse uno dei compagni. Masaki alzò un sopracciglio. Poi scoppiò a ridere
<< Ti sbagli, sei tu quello coraggioso. Metterti contro uno schifoso autolesionista, sapendo che probabilmente potrei girare armato.>> lo disse tranquillissimo. Sull’aula scese il gelo. Nessuno osò ribattere. Masaki si sedette. Sho, accanto a lui, lo guardava. Masaki distolse subito lo sguardo. Gli insegnanti lo ignorarono fino alla quarta ora, quando il preside lo chiamò. Masaki si alzò, zittendo immediatamente le risatine degli altri. Uscì dall’aula tenendo la testa alta. Percorse i corridoi silenziosi sentendosi sempre più debole ad ogni passo ed entrò in presidenza. Il preside lo guardò
<< Siediti.>> gli disse. Masaki si sedette, in silenzio. Merda, lo dirà anche a loro…
<< Ho saputo che questa sera andrai da tua madre…>> disse l’uomo. Masaki annuì
<< Quanto tempo è passato?>> chiese il preside.
<< Tre anni.>> rispose Masaki. Il preside annuì. Poi lo guardò dritto in faccia, gli prese le braccia, tolse la polsiera. Masaki serrò la mandibola. Il preside sospirò.
<< Perché, ragazzo? Perchè fai questo? Io.. dovrei dirlo ai tuoi, lo sai?…>>
<< La prego, non dica nulla a loro…>> gemette Masaki. Si morse le labbra. Il preside gli lasciò le braccia. Masaki rimise al suo posto la polsiera.
<< Per favore… li sento piangere comunque, non c’è bisogno di aggiungere anche questo… sono già abbastanza un disastro così…>>
<< Hai paura che ti caccino? Non lo farebbero mai! Ti aiuterebbero sicuramente…>>
Masaki abbassò il viso, chiudendosi nel silenzio. Sentì il preside sospirare.
<< Vai pure, ragazzo. Solo… non oso immaginare come ti senti. Davvero. Fatti coraggio. Non so cos’altro dirti. E… non sta a me parlarne ai tuoi. Lo sai.>>
Masaki alzò il viso. Sorrise al preside. Si alzò, si inchinò ed uscì.
Quando tornò in aula lo guardavano tutti. Masaki sorrise dolcemente e tornò al suo posto. Sho allungò leggermente il braccio e gli strinse la mano. Masaki ricambiò la stretta, sorridendo.
Il capitano della squadra di basket lo fermò sulla porta della palestra
<< No, Aiba. Sei fuori.>> gli disse. Masaki fece per protestare
<< Sei un elemento instabile. Non posso tenerti in squadra. Anche se questo vuol dire rischiare di perdere. Mi dispiace.>>
Masaki serrò la mandibola. Fu solo un attimo, ma il capitano sentì il terrore attanagliarlo. Poi il viso di Masaki si rilassò. Lui sorrise
<< Tranquillo. Capisco il tuo punto di vista. Ciao.>> detto questo, si girò e si allontanò. Sentì una voce alzarsi, per dire che se il senpai non giocava… Masaki si girò, ripercorse il corridoio a grandi passi. Kazunari smise di parlare
<< Ninomiya! Non t’azzardare. Stai in squadra. Punto.>>
Kazunari lo guardò. Poi abbassò il viso, allontanandosi dal capitano. Masaki si inchinò leggermente e se ne andò. Sentì dei passi dietro di lui. Una mano sulla spalla. Si girò. Gli occhi di Jun lo catturarono immediatamente. Jun gli prese la mano e lo trascinò nello spogliatoio. Poi lo baciò, spingendolo contro la parete. Con violenza. Masaki cercò di staccarsi, ma Jun era dannatamente forte
<< Che cazzo fai?!>> gli chiese, riuscendo a liberarsi. Jun lo guardò. Aveva il volto arrossato ed il fiato corto. Masaki sentì le orecchie diventargli incandescenti. Jun si avvicinò di nuovo, e lui non poté fare nulla per resistergli. Sentì vagamente la porta aprirsi. Vide con la coda dell’occhio Sho. Poi sentì la porta sbattere. Jun si staccò. Masaki scivolò con la schiena lungo la parete, fino a sedersi a terra. Jun fece per avvicinarsi
<< Matsumoto. No. >> disse Masaki. Jun fece per uscire. Poi si girò
<< Io… mi sono innamorato di te, senpai…>> disse Jun
<< E allora cerca di non complicarmi la vita!>> urlò Masaki. Jun abbassò il viso, poi corse fuori. Masaki si passò le mani sul volto. Sho ci ha visti. Sho mi odia. Inspirò profondamente. Doveva andare a casa a dire che lo avevano cacciato dalla squadra. E che motivo dava? Avrebbe dovuto dire loro la verità… oppure fingere… Mentire…
Raccolse le sue cose ed uscì. Vide Satoshi nel corridoio.
<< Hey, Aiba…>> lo chiamò. Masaki si girò a sorridergli
<< Tranquillo, è tutto a posto.>> disse Masaki. Satoshi fece una smorfia, poi venne richiamato in campo. Masaki se ne andò. Lasciò l’edificio delle palestre e si diresse verso la stazione della metropolitana. Salì sul treno. Vide alcune ragazze di un’altra classe. Ne evitò lo sguardo. Le sentì parlare di lui. Roteò gli occhi, facendo una smorfia. Scese alla stazione della clinica psichiatrica. Adesso avrete qualcos’altro da raccontare a scuola… salì le scale. C’era troppo sole. Non capiva se il tempo cercasse di confortarlo e se volesse semplicemente prendersi gioco di lui. Entrò ed andò verso la reception. Disse il proprio nome. L’infermiera lo guardò. Poi spalancò gli occhi. Impallidì. Annuì e chiamò uno dei medici. Quello si avvicinò.
<< L’ultima volta che ti ho visto, è stato al funerale di tuo padre… sei cresciuto…>> disse. Masaki fece un mezzo sorriso. Ricordava quell’uomo con un misto di sollievo, gratitudine ed odio.
<< Le assomigli sempre di più…>> disse l’uomo
<< Nel senso che impazzirò anch’io? Beh, ci sto lavorando.>> disse Masaki. Il medico scosse la testa
<< Intendo d’aspetto… beh, nei momenti in cui è lucida, ovvio… lei ha detto che vuole vederti, ma… dovrai essere forte, ecco…>>
Masaki fece una smorfia. Camminarono per corridoi di vari colori, dal verde chiaro al rosa salmone pallido. Tutto era come sfuocato. E tremendamente tenue. Era rilassante, notò Masaki. Poi girarono e si trovarono davanti ad un’inferriata. Due infermieri aprirono la porta. Masaki sentì l’istinto di fuggire urlando. Ma continuò a camminare. Un corridoio che sembrava preso dal silenzio degli innocenti. E sua madre. Nell’ultima stanza in fondo. Masaki fece fatica a riconoscerla. La ricordava ordinata, pulita, con i capelli ben pettinati, di solito con tagli alla moda. Vestita elegante. Ora invece… Si portò istintivamente le mani alla bocca.
<< Se non te la senti…>> disse il medico. Masaki scosse la testa, mentre il suo sguardo si induriva
<< Ce la faccio.>> disse. Il medico annuì. Masaki posò una mano sul vetro, nonostante ci fossero dei cartelli che dicevano fosse estremamente pericoloso. La donna si avvicinò. Posò la mano su quella del figlio. Nonostante il vetro, Masaki sentì chiaramente quel contatto. Sorrise
<< Ciao mamma…>> disse in un soffio. La donna sorrise. Era solo una specie di caricatura del sorriso che aveva un tempo, ma Masaki si sentì riscaldato comunque. Poi lei iniziò ad inveirgli contro. Non si capiva cosa dicesse. Masaki recepì solo il nome di suo fratello, ed il terremoto. Abbassò il viso e si allontanò. Il medico praticamente lo trascinò fuori dal corridoio. Lo fece sedere e gli si sedette accanto. Guardò il medico e sorrise
<< Ok, forse non ce la faccio.>> disse. Il medico lo guardò
<< Tu sai cos’è successo, ragazzo?…>> chiese. Masaki ripensò al suo incubo. Suo padre che chiedeva perdono. Ed il terremoto che arrivava. Si svegliava sempre un attimo prima dell’arrivo effettivo del terremoto…
<< Quando avevo cinque anni… c’è stato un terremoto. Abbastanza forte. Io sono corso a mettermi sotto il tavolo. In casa non c’era nessuno, eravamo solo io e Yusuke. Yusuke… non so dove fosse. Non l’ho nemmeno cercato. L’armadio nella camera dei miei è crollato, e lui c’è rimasto sotto. Da qui è partito tutto. Lei mi odia perchè ho lasciato che mio fratello morisse. Odiava mio padre perchè ci ha lasciati da soli in casa. Ha ucciso mio padre… e…>>
<< Masaki, cos’altro ti ricordi? Perché… non pensavo che fosse tutto così vivido nella tua memoria… è… non so come definirlo. Di solito questi avvenimenti vengono cancellati, o mescolati…>>
Masaki si strinse nelle spalle. Poi sorrise.
<< Mia madre mi ha puntato la pistola contro, dopo aver sparato a papà… ma qualche vicino doveva avervi chiamati, perchè poi è arrivato lei e l’avete portata via… mi ricordo i due episodi. Ma non mi ricordo come sia diventata così… o semplicemente non l’ho capito…>> Masaki si passò le mani sul volto. Era la prima volta che ne parlava con qualcuno.
<< In effetti è stato un processo graduale. Il fatto che tu non te ne sia accorto è perchè lei non ha lasciato che te ne accorgessi…>> disse. Masaki annuì.
<< L’episodio di tuo fratello… avevi cinque anni. Avevi paura. Ed eri solo in casa. Nessuno si aspetterebbe una reazione diversa dalla tua. Hai cercato i tuoi, avevi paura. E’ normale…>>
Masaki scosse la testa.
<< Sapevo che dovevo cercare Yusuke. Ma non l’ho fatto. E non per paura. Non lo volevo tra i piedi. >> Masaki si portò le mani alla bocca. L’aveva detto davvero?
<< Sono sicuro che non sia andata così. Adesso vai a casa. Fatti un te e rilassati. Hai parlato di un sacco di cose, che chiaramente hai tenuto chiuse dentro fino ad oggi. Riposati, ok?>>
Masaki annuì. Poi sorrise
<< Temo di sentirmi un po’ meglio.>> disse. Il medico rise, e gli scompigliò i capelli. Masaki uscì. Si sentiva un po’ più leggero. Ma poi ripensò all’espressione di sua madre. Al fatto che la tenessero in quella stanza. Salì sulla metro per tornare a casa. Non capì perchè, ma si ritrovò davanti alla sua vecchia casa. Erano passati tre anni. C’era un’altra famiglia, ora. Con una bambina di più o meno un anno. Masaki sorrise alla bambina, che corse in casa.
<< Perché guardi nel nostro giardino in questo modo?>> chiese una donna, in modo piuttosto aggressivo. Masaki sorrise
<< Nulla. Abitavo qui,ho solo avuto un attimo di nostalgia…>>
La donna guardò il ragazzo. Un liceale, con l’uniforme scolastica e lo sguardo triste. Ripensò alle storie che aveva sentito dai vicini…
<< Sei uno dei pazzi che stavano qui, allora.>> disse, tagliente << Non vogliamo avere nulla a che fare con voi, quindi vattene.>> detto questo, lei entrò in casa. Masaki rimase fermo. Poi tornò verso la stazione. Guardò una figura familiare che si avvicinava…
<< Sho…>
<< Sapevo che ti avrei trovato qui. >> disse Sho, brusco. Era arrabbiato. Masaki si sentì male.
<< Non ti voglio più vedere intorno a Matsumoto. Non posso non vederti più, perchè siamo nella stessa classe, ma…>>
Masaki sentì le ginocchia che gli cedevano, ma resistette.
<< Rivisto mia madre, oggi…>> mormorò, ma Sho lo ignorò
<< Io… Masa, mi spiace, ma non ce la faccio! Non è che a me vada tutto bene, sai? Non sono forte abbastanza da poterti sostenere! Non ce la faccio! Soprattutto se sono così geloso! Io non… mi dispiace!>>
<< Almeno dimmi cosa ti succede!>> disse Masaki
<< Non sono figlio di mio padre. Ecco cosa succede.>> disse Sho. Masaki impallidì. Fece per abbracciare Sho, ma quello si spostò
<< Non mi toccare.>> disse << Sono venuto solo a dirti di non cercarmi più. Basta.>> detto questo, Sho se ne andò. Masaki rimase fermo in mezzo alla strada. Gli ci volle più o meno un quarto d’ora per riprendersi. Poi vide il telefono squillare. Casa. Lo ignorò. Non voleva tornare la. Non ce l’avrebbe fatta. La foto di Hideaki avrebbe sorriso. Avrebbe sentito di nuovo la signora Takizawa piangere. Il telefono riprese a suonare. Il cellulare del signor Takizawa. Guardò l’ora. Mezzanotte. Ma… che aveva fatto tutto quel tempo? Si guardò intorno, senza riconoscere il posto. Iniziò ad avere paura. Poi alzò lo sguardo
<< Sono quattro ore che ti cerchiamo tutti come dei deficienti! Non rispondi al telefono! Non sappiamo dove sei… che cazzo credi di fare?>> gli urlò Satoshi. Masaki lo guardò
<< Dove sono?>> chiese in un soffio. Satoshi gli tirò uno schiaffo. Masaki guardò meglio.
<< Che ci faccio a scuola?>> chiese poi.
<< Non ne ho idea! Ma se il guardiano non ti avesse visto, saremmo ancora in giro a cercarti! Adesso ti riporto a casa!>>
<< Non ci voglio tornare la….>> disse Masaki
<< E invece ci torni! Sho al momento ti odia. Io non ti odio più, ma se fai questi tiri, mi fai incazzare davvero! >>
<< Io non ce la faccio…>> gemette Masaki. Satoshi lo tirò in piedi a forza. Guardò le braccia di Masaki. Tagli nuovi. Da tutte due le parti. Lo strinse in un abbraccio fortissimo
<< Che deficiente che sei.>> gli disse poi. Lo prese per mano e lo trascinò fino a casa. La signora Takizawa lo guardò appena. Era arrabbiata. Masaki si sentì morire. Il signor Takizawa gli diede uno schiaffo
<< Fila di sopra. Facciamo i conti domani mattina.>> disse
<< Ma… la scuola…>>
<< Domani salterai. Credo tu ci debba delle spiegazioni.>> disse. Masaki salì le scale. Sentì Satoshi parlare a bassa voce con i signori Takizawa. Sentì la signora Takizawa piangere. Sentì le lacrime pungergli gli occhi. Cercò il taglierino. Non era nella scrivania. Non era nel comodino. Frugò nella borsa dei libri. Lo trovò. Una mano forte lo fermò
<< Piantala.>> disse Satoshi. Masaki guardò quelle dita. Così delicate e lunghe, eppure quella stretta era d’acciaio. Si svincolò
<< lasciami stare…>> supplicò. Satoshi gli strappò di mano il taglierino, lo gettò a terra e lo pestò. Con rabbia.
<< Piantala, ho detto!>> urlò poi. Masaki cadde seduto sul letto. Una lacrima sfuggì al controllo. La asciugò, stizzito. Serrò la mandibola. Satoshi fece per abbracciarlo, ma lui lo allontanò. Voleva Sho, accidenti! Almeno quello poteva essergli concesso, no?… Iniziò a vedere tutto strano. Come se brillasse. Poi fu tutto buio. L’ultima cosa che pensò fu
“Almeno questa giornata è finita”
Quando aprì gli occhi, era già giorno. Guardò l’orologio. Le undici. Avrebbe avuto storia, a quell’ora. Era da un sacco che non dormiva così tanto. E che non aveva incubi… forse era troppo stanco per gli incubi… Si alzò, andò in bagno. La giornata precedente gli piombò addosso. Inspirò profondamente e si infilò in doccia. Poi si vestì, lentamente, mettendo vestiti normali. Scese in soggiorno. La signora Takizawa lo guardò
<< Ben svegliato.>> gli disse, sorridendo. Non era più arrabbiata, almeno in apparenza. Masaki le sorrise di rimando.
<< Oh, ti sei svegliato… perdonami per lo schiaffo di ieri… ero… così preoccupato, Masa… davvero… ed arrabbiato… dov’eri?>> chiese il signor Takizawa. Masaki li guardò. Poi scosse la testa
<< Sono andato da mia madre… poi sono sceso alla fermata sbagliata, mi sono trovato a casa dei miei… Sho è venuto a cercarmi… era arrabbiato ed abbiamo litigato… e poi ho un buco di quattro ore… dalle otto a mezzanotte non ho idea di cos’abbia fatto… so solo che mi sono trovato a scuola, con Ohno senpai che mi sgridava… io…>>
<< Masa…>> la signora Takizawa lo strinse a sé
<< Io ho paura …>> mormorò Masaki. La donna lo guardò negli occhi
<< Hai tutto il diritto di avere paura. Ma-chan. Davvero… >>
Masaki la guardò. Poi scosse la testa
<< L’ho lasciato morire.>> disse. La donna lo guardò, gli occhi le si riempirono di lacrime. Si accigliò
<< Sarebbe morto comunque, lo sai benissimo! Solo ha voluto farlo prima di stare troppo male. E… buttarti sotto la doccia con lui per tenerlo sveglio perchè aveva preso una scatola di sonniferi, beh… sarò pazza, ma ho un’altra concezione di “lasciar morire”! >>
Masaki rimase a guardarla, con la bocca socchiusa. La donna gli prese le mani, stringendo forte, sperando di riuscire a togliergli almeno un po’ d’angoscia. Masaki si staccò. Abbassò il viso. Il signor Takizawa gli alzò le maniche
<< Masaki, solo una domanda…. So che non ti piacerà, ma… perchè fai questo? Perché ti fai de male?>> chiese, con voce rotta.
<< Il sangue ferma le lacrime…>> mormorò Masaki.
<< Non devi fermarle…>>
<< Invece si! Non… non… non ho il diritto di essere triste! Io… avrei dovuto capire come stava! Ero il mio ragazzo! Invece… ero così devastato dal fatto che nel giro di un anno l’avrei perso, che non mi sono preoccupato di vedere come stesse effettivamente! E lui è crollato! Io… avrei dovuto stargli vicino! Avrei dovuto capire come stava… avrei dovuto consolarlo! Invece sono riuscito solo ad allontanarlo…>>
<< L’hai trovato con degli altri, Masa! Era naturale che ci rimanessi male…>> disse il signor Takizawa.
<< E’ andato da loro, perchè io non gli ero abbastanza vicino! Avevo sempre qualcos’altro da fare… Io…> Masaki si premette le mani sulla bocca.
<< Masaki… ti prego…>> la signora Takizawa era disperata. Non riusciva a vederlo così. Masaki scosse la testa e corse via. Sentirono la porta d’entrata chiudersi.
<< Che facciamo?…>> chiese la donna al marito.
<< Non lo so… >> disse lui, asciugandosi gli occhi << Non so che fare… ha deciso che è stata colpa sua e sembra non voler cambiare idea… io… non voglio perdere anche lui…>>
<< Nemmeno io… non lo reggerei…>> singhiozzò lei.
Masaki gironzolò tutto il giorno. Sentiva ancora l’angoscia. Sentiva il petto bruciargli per l’angoscia. Voleva piangere, ma non poteva. Si ritrovò al cimitero. Andò dritto. Si fermò davanti ad un’anonima tomba grigia.
<< Papà… io… l’ho fatto di nuovo… ho lasciato morire una persona importante… io… è stata colpa mia… quindi, smettila di chiedere perdono, ok? Smettila, perchè… già di giorno è difficile, ma se poi non mi lasci dormire, è peggio! Yusuke… praticamente non ci siamo conosciuti… ti prego, perdonami… avrei dovuto prendermi cura di te…>>
Cadde in ginocchio, privo di forze. Posò la guancia sulla superficie fredda della lapide, e dopo poco si addormentò. Quando si svegliò, aveva una giacca appoggiata sulle spalle. Satoshi era seduto li vicino, e fumava. Masaki lo guardò
<< Ho saputo che hai litigato con Sakurai.>> disse.
<< Già… Matsumoto mi ha baciato. Di nuovo. E Sho non l’ha presa proprio bene…>>
<< Sei innamorato di Sakurai?>> chiese Satoshi. Masaki impallidì.
<< io… io… beh…>>
<< Aiba, è una domanda semplice. E non usare Takki come scudo. Lui ha mollato. Si è ammazzato. Sapendo che stava morendo, ha deciso di farla finita prima. E tu non c’entri. Non avresti potuto fare nulla. Magari non fosse morto quella volta li, ci avrebbe riprovato. Mia zia c’ha provato cinque volte, prima di calcolare i tempi giusti per riuscirci senza che qualcuno venisse a ”salvarla”, so come funziona. E mi spaventa quello che stai facendo tu. Ti tieni tutto, ti fai del male per non lasciare uscire le lacrime, ma…>> Satoshi si arrotolò una manica. Masaki vide le cicatrici
<< Il sangue ferma le lacrime, ma non per sempre. L’angoscia prima o poi ti raggiunge. I casi sono due. O lasci che ti raggiunga e la sfoghi, o cerchi ancora di tenerla a bada, e finisci come tua madre! Non guardarmi così! E’ una cosa crudele da dire, ma è così.>> disse Satoshi. Masaki serrò la mandibola. Poi abbassò il viso
<< Te lo chiedo di nuovo. Sei innamorato di Sakurai? Perché quel kohai con gli occhioni ed il sorriso da ratto te lo sta portando via. Se lo vuoi, devi lottare per lui.>>
Masaki alzò il viso
<< Ma lui non vuole me.>> disse in un soffio.
<< E ti arrendi così?>>
Masaki annuì. Satoshi si sentì mancare. Che cos’era quell’espressione?
<< Cazzo, Aiba… come sei ridotto?>> chiese. Masaki si strinse nelle spalle. Satoshi lo fece alzare
<< Ti riporto a casa. Domani vieni a scuola? Credo tu debba rimettere al suo posto Akanishi…>> disse<< Non lo sopporta più nessuno… oggi Matsumoto gli ha tirato una sberla pazzesca, dopo un paio di battute pesanti su di te, ma… la cosa è risultata talmente checca che l’avrei preso in giro anch’io…>>
Masaki ridacchiò.
<< Aiba, posso dirti una cosa?>>
Masaki annuì.
<< L’anno scorso sei arrivato e nel giro di mezzo secondo, con i tuoi sorrisoni ed il tuo carattere sempre allegro, sei diventato una specie di re della scuola. Adesso, in un mese ti hanno smontato… l’anno scorso non ti sopportavo… perchè eri il ragazzo di Takizawa e perchè tutti facevano riferimento a te per qualsiasi cosa… ma adesso… riprenditi la tua scuola, porca puttana!>>
Masaki lo guardò. Poi sorrise.
<< E riprenditi la tua squadra di basket. Prima che Nino pianga di nuovo…>>
Masaki si bloccò
<< Che è successo a Nino?>>
<< Gli sono andati a dire che poteva anche andarsene dalla squadra, perchè senza di te è inutile…>> disse Satoshi <> disse. Masaki fece una strana espressione
<< Ti piace Nino?>> chiese, con un mezzo sorriso sul viso. Satoshi arrossì violentemente
<< E’ carino…>> disse, con una vocina piccola piccola. Masaki sorrise apertamente
<< Ganbatte ne!>> disse, dando una pacca sulla spalla a Satoshi. Lui sorrise.
Quando arrivarono a casa, i signori Takizawa accolsero Masaki con sorrisi ed abbracci. Lui si aggrappò a loro come non aveva mai fatto
<< Scusate… vi faccio sempre preoccupare…>> disse.
<< Masa… va bene così. Stanno succedendo tante cose, tutte insieme… è normale che tu sia stordito, ok?>>
Masaki annuì.