La mano forte di Ludwig lo sostenne, quando le sue gambe vacillarono.
Feliciano lo ringraziò con un impercettibile cenno del capo, appuntando di nuovo la sua attenzione sull’uomo al centro dell’enorme atrio. Gli occhi gli trasmettevano la sensazione di un minuscolo essere umano in uno spazio troppo grande, mentre il cuore tremava per l’aura di quello stesso uomo, che pareva riempire la stanza fino a far esplodere i muri.
«Vi sentite in forze, Feliciano Vargas?» esordì lo sconosciuto. «Mi è stato riferito che avete avuto una sorta di collasso, qualche giorno fa.»
Ludwig apprezzò la maestria con cui il futuro Asse dissimulò il proprio stupore: il suo viso rimase immobile come l’aria del Palazzo di Quarzo.
«Mi sono ripreso completamente. Vi ringrazio per la vostra premura» assicurò dolcemente Feliciano.
Lo sconosciuto non parve minimamente toccato dalla sua simulata gentilezza.
Il Guardiano strinse i denti, sicuro di aver già visto quell’uomo, in passato. Conosceva il ricamo nobiliare di quella divisa color malva, e le iridi violacee che esaminavano il mondo dietro la cornice scura degli occhiali. Perfino la pettinatura, curata fino alla minima curvatura delle ciocche mogano, aveva un sentore familiare.
L’uomo estrasse le mani dalle tasche di velluto viola, e, finalmente, Ludwig lo riconobbe. C’era un solo individuo in tutta la Galassia con i palmi martoriati da stigmate simili: un artista a metà tra lo scultore e il chirurgo aveva fatto colare dell’argento purissimo in quelle ferite, intarsiando per sempre una chiave di violino e una chiave di basso rispettivamente sulla mano destra e sinistra dell’uomo.
«L’Accordatore» lo presentò Ludwig.
Lo sconosciuto spostò appena gli occhiali sul naso, fissandolo sconcertato. Mosse con grazia le dita della mano sinistra, come se stesse carezzando le corde di un liuto invisibile, senza staccare i suoi occhi inquisitori dal Guardiano.
«La vostra struttura molecolare risponde in un modo assai curioso» stabilì al termine della sua bizzarra analisi. «Come se voi non foste un essere umano.»
«Non sono un essere umano comune» convalidò Ludwig, portandosi al fianco di Feliciano. «Altrimenti non sarei stato scelto per difendere il futuro Asse.»
«Ovviamente» concesse l’Accordatore. «Il signor Vargas mi ha affidato due missioni piuttosto complicate quest’oggi, quindi permettetemi di svolgere la prima.»
Una vena di sospetto attraversò il sorriso impeccabile dell’Asse, ma non fermò l’Accordatore: dispose le mani nell’aria come se sotto di esse si trovasse la tastiera di un pianoforte e mosse le dita in una melodia udibile al solo esecutore.
Feliciano si avvicinò istintivamente a Ludwig quando le pareti della stanza cominciarono a raggrinzirsi in pieghe flaccide, come cera esposta al fuoco.
«Non abbiate timore» li avvertì neutro l’Accordatore. «Non si tratta di un viaggio astrale.»
Il Guardiano impietrì il viso, impedendo alla sorpresa di trapelare. Sperava che l’allusione al viaggio dello spirito fuori dal corpo fosse solo un’infelice coincidenza. Feliciano aveva agito impulsivamente, ma il suo potere superava quello di qualunque altro incantatore, nella Galassia: nessuno avrebbe dovuto scoprirlo. Era quello che si augurava, perlomeno.
Le bianche pareti appassirono in un nero cupo, che pian piano stillò un intreccio di stelle. L’Accordatore stava ricreando con la magia lo spazio esterno al Palazzo.
«Vi invito a prestare particolare attenzione» li esortò atono l’Accordatore, senza smettere di muovere le dita. Le stigmate argentate sui dorsi delle sue mani mandarono sinistri bagliori mentre l’inudibile sinfonia arrivava al suo crescendo.
Feliciano nascose le mani sotto le larghe maniche della tunica, stringendole convulsamente: non voleva che il suo sgomento fosse visibile a quell’uomo.
«Dove siamo?» domandò, una volta che fu certo che la sua voce non l’avrebbe tradito.
Anche se era conscio di trovarsi nel mezzo di un’illusione, Ludwig non poté fare a meno di portare una mano all’elsa dello spadone.
Lo spazio intorno a loro si popolò improvvisamente di tutti i peggiori aborti degli incubi umani: esseri con la mandibola orribilmente penzolante dal cranio e gli occhi appesi alle orbite da una vena sanguinolenta; creature per metà serpenti e per metà a pantere; abomini simili a esseri umani crudelmente distorti, con gli arti disposti in ordine casuale ed espressioni animalesche. Quelli e mille altri orrori si accalcarono attorno al cerchio di pace sorretto dall’Accordatore.
«Questo è il Confine del Mondo» scandì l’uomo.
«Perché siamo qui?» chiese ancora Feliciano, trattenendo qualunque esternazione di disgusto o paura.
«Per rendervi chiaro il vostro ruolo futuro» spiegò con freddezza l’Accordatore. «Questo ammasso di degenerazioni si affolla tutto intorno ai confini della Confederazione. E i confini sono sorretti dall’Asse. Se l’Asse non dovesse adempire il proprio compito… la barriera che li trattiene al di fuori della nostra Galassia crollerebbe, e questi esseri sarebbero liberi di divorare il nostro universo.»
«Divorare?» gli fece eco Feliciano, ipnotizzato dalle fauci spropositate di un essere alla sua sinistra, talmente lunghe da perforargli le guance.
«Queste creature paiono avere una predilezione per la carne umana» specificò l’Accordatore. «In passato, alcuni di loro sono riusciti a perforare la protezione. Interi pianeti sono andati distrutti, a quel tempo.»
L’uomo sollevò con grazia le mani dal suo pianoforte invisibile e, all’improvviso, il Palazzo tornò a circondarli. Il ritorno del candore delle sue mura fu così repentino che quasi ferì i loro occhi.
«Ho una seconda melodia da correggere» si congedò l’Accordatore, per poi sparire con andatura nobiliare lungo i corridoi.
Nonostante i pomposi drappeggi della tunica, il Guardiano riuscì a intravedere il tremore delle sottili membra dell’Asse.
«Feliciano…» cercò di riscuoterlo Ludwig, ma il ragazzo era ancora stregato dalla visione da incubo di poco prima: un’intera bolgia di orrori, pressati contro i Confini che lui era stato chiamato a proteggere.
«Feliciano» lo chiamò con più forza Ludwig, scuotendolo per un braccio.
Il giovane lo fissò con occhi sbarrati dai residui dell’illusione dell’Accordatore.
«Se non divento Asse verranno tutti divorati…» mormorò, flebile. Aveva ribadito più volte di essere pronto a gettare la Confederazione nel Caos, pur di rivedere il fratello, ma non avrebbe mai immaginato uno scempio simile.
«Non sei ancora Asse. Abbiamo tempo» Ludwig si inginocchiò di fronte a lui, gli occhi azzurri che scintillavano a ogni palpito di cuore. «Ascoltami, Feliciano. Non sei ancora Asse, non hai ancora tutto il peso della Galassia sulle spalle. Abbiamo ancora un po’ di tempo per pensare a una via alternativa.»
«Una via… alternativa?» tentennò Feliciano.
«Ci deve essere un modo per impedire a quei mostri di fagocitare la Confederazione, e impedire a tuo padre di incatenarti per sempre a questo posto» continuò Ludwig. «Mio fratello mi ha insegnato che i demoni sono invincibili solo quando pensi che lo siano. Possiamo combatterli, possiamo trovare un altro modo.»
«Tuo fratello era così forte?»
«Mio fratello era l’ultimo Hellsing.»
Feliciano non mosse un muscolo del viso, a quella rivelazione: rimase immobile, un mezzo sorriso incollato alle labbra.
«Tuo fratello è l’ultimo Hellsing. Quando ho aiutato il mio gemello… lo stavano liberando» rivelò Feliciano.
Non aveva mai visto un’espressione così sorpresa, quasi innocente, sul volto del Guardiano: per un attimo, era tornato il bambino che oscillava sotto il peso delle cassette mediche.
«Gilbert… è libero?» balbettò, attonito. Feliciano annuì.
«Non c’è solo lui. C’è anche il Figlio del Cielo, con loro. E il Custode dei Cancelli. E la Mano Destra del Diavolo» elencò, con sempre maggiore entusiasmo. Si rabbuiò subito dopo, concentrato nella stesura di un piano: «Se riuscissi a parlare con gli altri due Scudi… potremmo decidere quale sia il metodo migliore per difendere la Confederazione.»
Feliciano rialzò la testa, sfavillando nell’ardore dimostrato durante la prima settimana di ribellione nei confronti del padre.
«Devo mettermi in contatto con loro. Ma non posso fare come la scorsa volta… è troppo faticoso, e mio padre potrebbe insospettirsi, se fossi di nuovo così debilitato…»
Ludwig chinò la testa, nella genuflessione rituale davanti all’Asse.
«Usami come messaggero. Se mio fratello è libero, so come contattarlo» sorrise, una spina di furbizia a lampeggiare nell’angolo della bocca. «Sono certo che abbia ancora Gilbird appuntato al petto.»
Feliciano cadde sulle ginocchia per abbracciare il suo Guardiano, in quello che per loro ormai era diventato un contatto normale.
Ludwig strinse quelle spalle fragili, il naso immerso nei capelli profumati del giovane.
Il suo ruolo di Guardiano non avrebbe potuto essere più azzeccato.
Voleva proteggere quel ragazzo, voleva difendere la sua felicità.
Avrebbe lottato contro i suoi stessi voti, per garantire la serenità di Feliciano.
***
Le dita anchilosate del vecchio Asse scricchiolarono, quando l’anziano le intrecciò sul ventre scavato.
Quei gemelli erano troppo pericolosi. Non potevano affidare il futuro dell’Asse a una mina vagante e a una bomba a orologeria, entrambe pronte a esplodere da un momento all’altro.
Tuttavia, il potere di Feliciano era innegabilmente smisurato, ed era ciò di cui la Confederazione aveva bisogno.
«Se ci fosse modo di staccare il suo potere dal corpo…» mormorò.
Richiamò il proprio Guardiano, imperioso.
«Chiama il capofamiglia Vargas. Devo proporgli un’idea.»
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Capitolo Uno: Uno Scettro in mezzo al Cielo Capitolo Due: Sangue sull’Argento Capitolo Tre: L’Auspicio Capitolo Quattro: Il Custode dei Cancelli Capitolo Cinque: Cuore d’Inverno Capitolo Sei: Prigione Caina Capitolo Sette: Hellsing Capitolo Otto: Belial Successivo:
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