[Axis Power Hetalia] Caleidoscopio - Belial (8/?)

Nov 18, 2013 14:45




Titolo: Caleidoscopio
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: GerIta (LudwigxFeliciano), Spamano (AntonioxLovino); PruCan (GilbertxMatthew) altri personaggi e altre coppie compariranno nei capitoli a seguire.
Rating: Arancione
Parte: 8/?
Avvertimenti: AU (Alternative Universe); Tematiche Delicate; Yaoi e Lemon (nei capitoli successivi)
Riassunto: L’equilibrio della Confederazione Siderale era garantito da tempi immemori dall’Asse, il primogenito della famiglia Vaticana Vargas; l’Asse era il cardine su cui ruotava tutto l’universo conosciuto.
Per questo quando nacquero i gemelli del signor Vargas vi fu grande timore: era risaputo che i gemelli erano uno spirito diviso in due corpi, e un ragazzo con lo spirito a metà non avrebbe mai potuto reggere il destino della Confederazione. E, per un bene maggiore, occorreva affrontare dei sacrifici: il più turbolento dei gemelli venne abbandonato a morire su un pianeta desertico.
Ma nessuno aveva considerato il legame profondo che incatenava i due fratelli.
Entrambi avrebbero fatto precipitare anche il cielo, pur di ricongiungersi con il consanguineo.
Dall’ottavo capitolo:Antonio avrebbe voluto essere un gentiluomo e lasciarlo andare: Lovino aveva appena realizzato di provare qualcosa per lui, ed era chiaramente confuso e spaventato sia dai suoi sentimenti sia da quello che potevano implicare. Ma aveva aspettato per un tempo incalcolabile il giorno in cui finalmente il giovane avrebbe accettato, anche se solo parzialmente, le sue attenzioni. E poi, lui non era un gentiluomo: era un pirata, la Mano Destra del Diavolo.

Note: I banner della storia sono opera di Calu-tan<3

Capitolo Otto: Belial

Il messaggero sussultò da capo a piedi, il viso imperlato da vistose gocce di sudore.
Il signor Vargas gli lanciò uno sguardo che avrebbe ucciso perfino un drago.
«Cosa hai appena detto?»
L’ambasciatore passò la lingua secca sulle labbra disidratate e pronunciò nuovamente:
«La Prigione Caina necessita di ristrutturazione. Vi è un’enorme breccia aperta sul lato nord dell’edificio, come se un gigantesco fuoco l’avesse sciolta. E molti Golem sono stati uccisi…»
«Da chi? Chi può uccidere dei Golem in quel modo?»
«Abbiamo ragione di ritenere, signore…» la voce tremò assieme al cuore, mentre l’uomo comunicava l’ultima e peggiore notizia: «Che sia stato l’Hellsing. La sua cella è l’unica a essere stata aperta, e non abbiamo ancora trovato il suo corpo…»
«Chi ha liberato l’Hellsing?»
«C’era del sangue sul luogo, signore!» esacerbò il messaggero, impazzito di paura: «Lo abbiamo analizzato, e appartiene a vostro figlio!»
Avvertì l’aria spezzarsi come un ramo secco in autunno. Il signor Vargas lo fissò con occhi ribollenti e proferì, con voce di fuoco:
«La tua testa sarà su una picca, domani mattina.»
L’uomo tentò inutilmente di liberarsi dalla presa erculea delle guardie che si materializzarono alle sue spalle.
«Ho solo riferito un messaggio!» si discolpò, gridando mentre veniva trascinato fuori dalla stanza.
«Hai detto una bestemmia» sibilò il signor Vargas alle porte chiuse. «Quell’abominio non è mai stato mio figlio.»
Si lasciò cadere sullo scranno imbottito, congiungendo le dita a ponte davanti al volto.
Lovino era ancora vivo, e chiaramente invischiato in affari illegali. Sapeva che quel bambino non desiderato avrebbe portato solo sciagure. Ma era giunto il momento di porre fine alla sua esistenza blasfema.
Avrebbe chiamato l’Accordatore. Era il solo in grado di correggere Lovino, l’unica nota stonata nella sinfonia perfetta della Confederazione.

***

«Vorrei vedere di nuovo la mia casa.»
Era stata la prima cosa che Gilbert aveva chiesto, una volta che gli entusiasmi della truppa di Antonio si erano parzialmente placati: erano bucanieri, e il modo più diretto per dimostrare la loro gioia per il ritorno dell’Hellsing era brindare alla sua salute il più rumorosamente possibile.
«Mi accompagnerai?» aveva poi domandato, rivolto al suo vecchio compagno d’armi.
E Antonio aveva annuito, come sempre.
Così si erano ritrovati su quel pianeta brullo e inospitale, a fissare un orizzonte di nebbia e desolazione. Gilbet li aveva guidati fino alla sua casa, ma era entrato da solo, forzando il legno logorato da anni di incuria. Nessuno si era affacciato per sbirciare all’interno, rispettando l’intimità dell’Hellsing. In quel modo, solo Gilbert aveva contato quante lacrime si erano infrante sul pavimento mentre guardava il giaciglio di Ludwig con la paglia marcita, o mentre ricordava i momenti passati con Matthew su quel letto che ormai era un cadavere di molle arrugginite. Un denso strato di polvere copriva ogni cosa come un triste sipario, e Gilbert non era riuscito a scendere in cantina: non era sicuro che avrebbe tollerato l’assenza di due enormi occhi azzurri che lo fissavano e gli chiedevano cosa occorreva portare di sopra. Era salito invece per la piccola scala a pioli che portava alla soffitta. Le armi che aveva lasciato riposavano sotto una spessa coperta di polvere e sporcizia, e Gilbert sollevò un nuvolone irrespirabile quando soffiò su una di esse. Recuperò un fucile arrugginito e una sciabola bisognosa di affilatura, e lasciò i loro compagni di metallo a giacere nei detriti del passato.
Si affacciò di nuovo alla porta di casa con il volto e la divisa appannati dai sedimenti.
«Credo di aver bisogno di un bagno» notò, scrollandosi dai capelli un intero deserto di polvere.
«Potrai farlo nella Fortezza Errante» consigliò Yao.
L’Hellsing abbracciò con lo sguardo quel posto impervio, quasi volesse cullarlo.
«No, grazie. Non sono il tipo da rilassarsi in una vasca. Preferisco il mio lago» declinò l’invito, senza smettere di lambire la sua casa con gli occhi.
«Allora credo che vi precederemo nella Fortezza» annunciò l’Asean, afferrando Lovino a tradimento e conducendolo all’interno del palazzo prima che avesse il tempo di replicare.
Gilbert attese che il portellone della Fortezza Errante si fosse chiuso dietro di loro prima di asserire, dando una gomitata ad Antonio:
«Secondo te, quanto scompiglio abbiamo creato ai piani alti?»
«Con l’Hellsing in libertà e la Prigione Caina violata? Sarà venuto un infarto a tutti» decretò Antonio, baldanzoso.
«Scuotiamo le sottane di quei benpensanti come ai vecchi tempi!» esclamò Gilbert.
Poi, entrambi divennero seri. Il passato era un peso troppo grande da sopportare, anche per due paia di spalle robuste come le loro: avevano troppe tombe da portare sulla schiena.
«Come ai vecchi tempi…» ripeté Gilbert al lago che occhieggiava muto. «Ma questi non sono più i “vecchi tempi”.»
Antonio non replicò. Non vi era nulla da aggiungere a quella verità.
Gilbert tamburellò le dita sul calcio del fucile e sospirò:
«Ho dormito nove anni. Per un attimo ho sperato che, svegliandomi, avrei scoperto che era stato tutto un incubo.»
«Invece è la realtà.»
«Incredibile come quella meretrice riesca sempre a essere peggio delle peggiori fantasie, vero?» scherzò amaramente Gilbert, acredine e risentimento mescolati in una risata senza gioia. «Mi sono risvegliato in un mondo in cui la nostra battaglia con il Vaticano non è ancora finita. Pare che quel vampiro pasteggi sul sangue dei nostri compagni, per mantenersi così in forma nonostante la sua età secolare.»
L’Hellsing mosse qualche passo verso il retro della casa, e si chinò a scavare con le mani in un punto preciso. Dopo qualche secondo, sollevò il suo misero bottino: lo scheletro raggrinzito di un bulbo.
«Lo avevano piantato Ludwig e Matthew, per ridare un po’ di verde a questo posto» Gilbert lasciò le armi appoggiate alla parete, e si inginocchiò sulla riva del lago. Portò le mani a coppa sulla sua superficie gelida, in modo che le onde glaciali potessero bagnare quel seme rinsecchito.
«Non basta piantare i semi» salmodiò l’Hellsing, la voce appesantita dai ricordi del passato: davanti ai suoi occhi, continuava a vedere Ludwig e Matthew che lo salutavano festosi, mostrandogli il risultato del loro duro lavoro. Dovette pugnalarsi gli occhi con la realtà per scacciare quel frammento di passato: il bulbo che avevano piantato era morto, come il tempo che avevano passato insieme. «Non basta. Bisogna prendersene cura perché cresca davvero qualcosa» Gilbert allargò le mani: le onde si impadronirono gentilmente del bulbo, portandolo a riposare nelle loro profondità senza luce. «Per questo, se vogliamo cambiare la Confederazione, non possiamo aspettare che qualcuno lo faccia per noi» l’Hellsing si rialzò, afferrò la sciabola e la puntò verso l’amico: «E per questo il vostro gruppo ha appena guadagnato il più meraviglioso combattente di tutta la Galassia.»
«Per il momento, sei solo il più impolverato» lo smontò Antonio.
Un ghigno sardonico si allargò sul volto di Gilbert quando questo infierì:
«Non sono di certo un virgulto tenero come il tuo vice. Da quando ti piacciono i ragazzini pelle e ossa?»
L’Hellsing si godette l’espressione impagabile di Antonio e peggiorò, scuotendo la sciabola:
«Anche se ho dormito per tanto tempo, non mi sono svegliato rimbecillito. Ho visto come lo guardavi, ieri sera. E ho visto anche come lo tenevi stretto a te quando siamo usciti da Caina.»
«Lovino è un aiuto prezioso. È il gemello dell’Asse, e ha dei poteri forti quanto i suoi» razionalizzò Antonio.
Gilbert conficcò la scimitarra a terra, appoggiandosi sull’elsa come a un bastone.
«So che sei un capitano che si preoccupa dei suoi uomini, per quanto le dicerie di popolo possano dire il contrario. Ma non ti ho mai visto condividere la loro pena. Ed è giusto che un capitano non empatizzi con tutto il suo equipaggio, o impazzirebbe: soffrire per ognuno di loro è inconcepibile» l’Hellsing gli assegnò uno sguardo a metà tra lo speculativo e il derisorio:
«Come mai con lui non riesci a mantenerti neutrale?»
«Dovevi essere proprio a digiuno di pettegolezzi per metterti a fare la comare appena uscito dal ghiaccio» lo rimproverò Antonio.
«Nove anni di mutismo creano scompensi» concesse con eleganza beffarda Gilbert. «Ho anche notato come ti guardava lui.»
La replica si ritirò tempestivamente nella gola del capitano, improvvisamente curioso di conoscere il resto.
«Aveva un sacco di parole che gli ribollivano tra le labbra. Sembrava un vulcano sul punto di esplodere. Peccato che non gliene sia sfuggita nemmeno una.»
Gilbert calciò la scimitarra tenendola per l’elsa, in modo che si appoggiasse sulla sua spalla dopo aver disegnato un semicerchio nell’aria.
«Hai detto che è il gemello dell’Asse, quindi è un Vargas» constatò l’Hellsing.
«Lo era. Ha rimosso il loro stemma molto tempo fa. E, da allora, si fa chiamare solo Lovino» spiegò Antonio.
La sciabola picchiettò pigramente la spalla dell’Hellsing prima che questo decretasse:
«Belial» e aggiunse, per sciogliere il quesito sul viso di Antonio: «È il nome di un diavolo di cui mi ricordo in modo particolare. Con i demoni era sempre una lotta in mischia; con lui, invece, ho quasi duellato. Ha atteso che i suoi simili fossero stati uccisi, e solo dopo è sceso sul campo di battaglia. Abbiamo lottato per un’intera notte e non ha chiuso gli occhi, quando l’ho infilzato la mattina seguente. La sua testardaggine mi ricorda quella del tuo amato vice.»
Antonio sorvolò sulla frecciatina finale e commentò:
«Belial. Suona bene. Credo che gli piacerà.»
«Ne sono certo» Gilbert soffocò le lacrime nella sua voce, mentre le immagini di un ragazzo senza ricordi e di un bambino che non cresceva emergevano nel suo cuore. «Sono molto bravo nel dare i nomi alla gente.»
Antonio restò in silenzio, non osando introdursi nel dolore che aveva improvvisamente incupito i lineamenti dell’amico.
«Sei sicuro che sia stata una buona idea venire qui?» si preoccupò, quando il mutismo del collega si fece insostenibile.
Gilbert chinò la testa, una luce mesta negli occhi rossi.
«Ogni sterminatore lo sa: devi affrontare il diavolo più grande, per non aver più paura dei demoni» gettò il suo sguardo oltre il lago, fino ai rimasugli di bosco in cui aveva seppellito il corpo senza vita di Matthew. «Allo stesso modo, se vuoi superare un lutto non lo devi scansare: devi immergerti dentro di esso fino a quando non ti sembra che la tua sanità mentale stia per sbriciolarsi. Solo dopo puoi tornare in superficie» Gilbert permise al sole di ferirgli le pupille mentre concludeva: «Solo dopo averlo conosciuto fino in fondo puoi lasciartelo alle spalle.»
«Sei voluto venire qui per soffrire fino al punto estremo?» domandò Antonio.
«Sarebbe un bel problema se mi facessi prendere dallo sconforto nel bel mezzo di una battaglia, non credi?» controbatté pratico Gilbert. Inspirò a fondo l’aria gelida di quel luogo, sentendola conficcarsi come una tempesta di aghi di ghiaccio nei suoi polmoni. «Oggi terminerò quello che non sono riuscito a concludere nove anni fa. E poi dirò addio a questo posto.»
L’indice dell’Hellsing andò a puntare gli alberi striminziti oltre il lago.
«Devo andare là» annunciò. «Poi tornerò indietro, mi farò il bagno e ce ne andremo da questo posto. E cominceremo di nuovo la nostra guerra.»
«Sarò qui, se avrai bisogno di me» lo rincuorò Antonio, guadagnandosi un sorriso grato.
«So che ci sarai.»
L’Hellsing gli diede le spalle, e assunse la posa più pomposa che riuscì a inventarsi per coprire l’incertezza della sua voce:
«Ludwig… mi chiedo dove sia.»
Fu come se i raggi del sole avessero veicolato fino a lui il disagio nell’animo del compare: nonostante fosse rigido nella sua postura da grande uomo, percepì sulla propria pelle il suo timore. E si sentì in dovere di alleviarlo:
«Lo hai istruito bene. Sicuramente, avrà trovato un modo per sopravvivere. Possiamo chiedere al Figlio del Cielo di localizzarlo.»
Gilbert rovesciò il viso verso l’alto, nella speranza che il sole di ghiaccio bruciasse le sue incertezze. Chissà come era cambiato Ludwig, durante quei nove anni. Era cresciuto, almeno un poco, o era rimasto il bambino goffo dei suoi ricordi? Lo aveva odiato per averlo lasciato solo, o aveva pensato a lui con l’affetto che gli aveva sempre dimostrato?
Gilbert inghiottì una boccata di aria invernale: era inutile e dannoso arrostire in domande che non potevano trovare una risposta, almeno finché non si fosse ricongiunto con il fratello. Scacciò quegli interrogativi con un’altra domanda, che pose al capitano:
«E tu, Antonio? Sei riuscito a tornare a casa?»
«Mai.»
«E non desideri tornare?»
«Sempre.»
Gilbert si voltò e vide un’ombra scura protendersi sul viso contratto del suo amico. Le vecchie ferite non guarivano mai: lasciavano sempre una cicatrice dietro di sé.
«Un giorno riuscirai a fare ritorno.»
«Ma quel giorno non è oggi» Antonio rialzò verso di lui un viso inamidato da un ottimismo forzato: «Oggi tocca a te esorcizzare i tuoi fantasmi.»
«Esorcizzare?» sogghignò sarcastico Gilbert, avviandosi per la sua strada. «Per una cosa del genere, servirebbe quel beone di Francis…»
Antonio osservò l’amico sparire nella sparuta boscaglia, e ripensò a quanto appena detto.
Sarebbe tornato sul suo pianeta, un giorno. Avrebbe parlato a Lovino del suo passato, un giorno.
E tremava all’idea che quel giorno sarebbe arrivato davvero.
«Madre de Dios» si rinfacciò, critico. «Questo capitano è vergognosamente debole.»

Parte Due

Anche su: EFP

Capitoli precedenti:
Capitolo Uno: Uno Scettro in mezzo al Cielo
Capitolo Due: Sangue sull’Argento
Capitolo Tre: L’Auspicio
Capitolo Quattro: Il Custode dei Cancelli
Capitolo Cinque: Cuore d’Inverno
Capitolo Sei: Prigione Caina
Capitolo Sette: Hellsing

Successivo - Capitolo Nove: Il Confine del Mondo

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