Sera a tutti! Mi scuso per l'immenso tempo che ci ho messo per postare =____= Purtroppo non ero molto ispirata e mi ero completamente bloccata. Finalmente sono qui però a postare il capitolo 6, dove vi annuncio l'arrivo di due nuovi personaggi tra cui uno di questi è un Kanjano U____U
Vediamo se il principe arriverà sano e salvo a parlare con il re e se Jun riuscirà invece a far perdere le sue tracce ai sabaku...
Titolo: Love Revenge
Gruppo: Arashi + Kanjani
Genere: AU, Storico (vagamente fantasy)
Rating: R
Pairing: Sakumoto, Ohmiya accennato
Desclaimers: Non sono di mia proprietà, lo è solo la storia di cui mi fanno da protagonisti contro la loro volontà XD
Ringraziamenti: A Harin e Jinny che si sorbiscono i capitoli per mail e che mi aiutano con le ricerche XD
Note: Per una migliore lettura scaricare la
MAPPACapitoli precedenti:
Intro,
Cap.1,
Cap.2,
Cap.3,
Cap.4,
Cap. 5 Capitolo 6
Il consigliere Songa entrò nelle camere del reggente, con l’ingrato compito d’informarlo che avevano perso le tracce dell’Haris.
-Maestà, mi dispiace ma… ho delle cattive notizie- disse l’uomo, chinando il capo.
-Che genere di notizie?- chiese Nobuyoshi ma il tono della voce tradiva già irritazione.
-L’Haris… l’Haris ha scoperto di essere seguito ed ha fatto perdere le sue tracce- lo informò.
-Avete idea di dove era diretto?- domandò irato, quel ragazzo stava rovinando tutti i suoi piani dal momento in cui aveva deciso di tradirlo.
-E’ diretto verso sud, ma non sappiamo la sua destinazione. E’ in viaggio con un uomo, una specie di eremita che vive nella foresta di hashira- spiegò.
-E chi è quest’uomo?-
-E’ colui che lo ha trovato e curato, era il figlio di un medico di Saka, voi conoscevate bene suo padre altezza-
Dallo sguardo che Songa aveva, Nobuyoshi capì subito di quale uomo si trattasse e che forse suo figlio era uno dei pochi a sapere la verità, questo poteva essere un grosso problema.
-Bisogna trovarli! Devono essere trovati ed eliminati!- urlò Nobuyoshi.
-Ma… il nostro piano?-
-Chiaramente non ha funzionato, quindi dobbiamo liberarcene e assicurati che sia fatto!-
-Agl’ordini altezza- rispose con un inchino, poi si ritirò dalle stanze.
Abbandonare il regno di Zamìn, lasciandosi alle spalle tutto quello che conoscevano, nessuno dei due era mai stato in quella terra per loro sconosciuta, il poco che conosceva Sho lo aveva imparato dai libri, ma mai nessuno dei suoi insegnati gli aveva saputo descrivere il regno di Ᾱb e la sua capitale. Presero la strada che in quel caso sarebbe stata più saggia da fare, seguirono l’affluente che dal Sekai-sen li avrebbe portati ad Apsu-kai il lago su cui sorgeva la capitale Apsu, quando arrivarono costeggiarono il lago fino ad arrivare alle alte mura di Apsu, il principe non si sarebbe mai immaginato tale sontuosità, appena entrarono dalle porte della capitale, varcate le quali gli si aprì un mondo diverso, un mondo pieno di colori e luce, rigoglioso e pieno di vita, la capitale aveva palazzi sontuosi e mercati, sfoggiava la sua ricchezza con classe senza però rendere tutto quel lusso inappropriato.
-Ed ora che facciamo altezza?- chiese Masaki al principe che ancora era intento a osservare la magnificenza di quel posto, cosa che invece sembrava preoccupare molto Masaki.
Apsu era indubbiamente, come quasi tutto il regno di Ᾱb, un posto fertile e pieno di vita, mentre la loro terra e tutta Zamìn era una terra molto più secca e arida.
-Troviamo un posto dove riposarci qualche ora e ripulirci, poi andremo a palazzo- rispose.
Vagarono per un po’ per la città per poi scoprire che era ricca di bagni, dove la gente andava a rilassarsi dopo il lavoro. Scelsero un posto ed entrarono, pagarono con le monete che gentilmente la famiglia di Masaki gli aveva offerto, per loro fortuna nonostante i regni erano ormai divisi da secoli, la moneta era rimasta uguale, l’unico legame che i due regni avevano mantenuto.
Si lavarono e Masaki aiutò il principe nelle abluzioni, poi si rivestirono e Sho indossò di nuovo le vesti con cui erano scappati la notte del suo tentato assassinio e che Masaki aveva lavato e conservato con cura.
Le sue vesti nonostante non fossero tra le più pregiate che aveva, risultavano eleganti e bizzarre per gli abitanti di quel posto, mentre percorrevano la strada principale che chiaramente portava a palazzo, la gente si girava ad osservarli e bisbigli incuriositi aumentavano passo dopo passo.
-Altezza forse non è stata una buona idea- gli fece notare Masaki che camminava un passo dopo di lui.
-E’ l’unico modo che abbiamo per farci notare- spiegò Sho.
-Ma è proprio questo il problema se scoprono chi siamo, se scoprono chi è lei noi…-
-So che sto facendo Masaki- rispose per zittirlo, ma in realtà sperava soltanto che il suo piano sarebbe servito a fargli incontrare il re.
Quando arrivarono a palazzo, come sperava la voce della loro presenza in città era già arrivata fino alla corte e al loro arrivo in prossimità delle porte del palazzo queste si aprirono per farli entrare.
Percorsero un lungo cortile e salirono una scalinata, non vennero fermati da nessuno, ma le guardie erano ben allerta ai margini del viale.
In cima alla scalinata si presentò davanti a loro un uomo, era alto, occhi scuri e un sorriso allegro stampato in viso, aveva l’aria rassicurante e Masaki sembrò rilassarsi sperando in un accoglienza pacifica.
-Salve io sono Maruyama Ryuhei, vi do il benvenuto nella capitale- disse con un leggero inchino di saluto.
Quell’uomo ricopriva probabilmente una carica molto importante a palazzo, ma Sho voleva parlare direttamente con il re, non con un membro della corte, seppur di rango elevato come l’uomo davanti a loro.
-Vorremmo avere udienza dal re- disse quindi tagliando corto il principe.
-Mi spiace ma non credo sia possibile, voi siete stranieri, non siete della capitale e probabilmente nemmeno del regno di Ᾱb, cosa vi avrebbe portato a venire fino ad Apsu?- domandò Maruyama.
-E’ proprio di questo che devo parlare con il re!- insistette Sho, non era abituato ad essere trattato alla stregua di una qualsiasi persona che veniva a chiedere udienza.
-Ma il re non può ricevere chiunque si presenti alla sua porta con un bel vestito- rispose una voce, dalla soglia di una porta alle spalle di Maruyama uscì un ragazzo, sembrava un ragazzino, non gli avrebbe dato più di 15 o 16 anni, aveva una veste semplice di un giallo pallido e si avvicinò con fare spavaldo ma annoiato.
-Mi riceverà se saprà chi sono!- alzò la voce Sho.
-Altezza…- cercò di calmarlo Masaki, non più tranquillo come prima quando Maruyama li aveva accolti.
-Altezza? Che tipo di “altezza” sareste?- domandò ancora il ragazzo a cui non era per nulla sfuggito il tentativo di Masaki di calmare il suo padrone.
-Reale! Io sono Sakurai Sho, legittimo erede al trono del regno di Zamìn ed esigo di parlare con il re!- proruppe ormai infuriato, stufo di sentirsi trattare in quel modo da un ragazzino che non era nessuno.
-Beh ci state parlando e non credo a una sola parola di quello che dite!- si innervosì anche l’altro.
-Voi siete…-
-Lasciate che vi presenti il sovrano di Ᾱb, Ninomiya Kazunari-disse Maruyama presentando quello che Sho non aveva considerato altro che un inserviente maleducato fino a un secondo prima.
-Cosa dovrebbe farmi credere che siete il principe di Zamìn? Forse le vostre eleganti vesti? Forse che siete venuto qui accompagnato da solo un semplice servitore? Entrambi sporchi e accaldati che vi siete riposati e ripuliti pagando con una moneta d’oro? Presentandovi poi qui credendo di chiedere udienza ed essere accolto con tutti gli onori?- domandò ironico, sapeva già prima che arrivassero a palazzo del loro arrivo, forse li aveva fatti seguire, o forse si era informato con grande rapidità, però Sho doveva ammettere che era stata un mossa davvero efficiente.
-C’è un motivo per cui sono venuto solo…- provò a dire Sho, ma fu interrotto.
-Forse che siete un incosciente, i nostri regni sono in lotta, lo sono da 300 anni e chiunque di voi come di noi venga trovato in terra nemica viene considerato una spia e buttato in cella! Maru!- disse, poi si rivolse a Maruyama, -Portali nelle prigioni!- ordinò.
-Ma altezza, magari…-
-Nelle prigioni ho detto!- replicò categorico.
-Sì maestà- rispose mentre il re già si allontanava.
-Guardie!- disse soltanto e un istante dopo tre uomini provvidero a scortarli fino alle celle delle carceri del palazzo.
-Altezza sono arrivate notizie urgenti- disse Il consigliere Songa entrando di corsa nella stanza.
L’uomo che era in compagnia fece segno alla donna di allontanarsi e questa uscí dalla stanza ricomponendosi.
-Spero sia qualcosa di buono- esordí scocciato di essere stato disturbato.
-È arrivato un messaggero dal confine, si dice che un uomo si sia presentato al castello di Apsu e che dichiari di essere il principe- riferí il consigliere.
-Abbiamo qualche conferma che si tratti veramente del principe?- domandò questa volta con un po’ di preoccupazione.
-Non ancora, purtroppo non possiamo infiltrare nessuno all’interno di Ᾱb, non arriverebbe alla capitale vivo, possiamo solo attendere che le notizie si diffondano tra il popolo del regno. C’è un problema però, la voce si sta diffondendo anche a Zamín e ci sono stati dei disordini- spiegò.
-Se avvengono dei disordini intervenite, anche con la forza non mi interessa, cercate di scoprire se effettivamente è il principe e trovate l’haris, non deve raggiungerlo!- ordinò categorico, tutti i suoi piani stavano andando in fumo e se il sovrano di Ᾱb avesse per caso appoggiato il principe, sarebbe stato un grosso problema per lui.
La notizia della possibilità che il principe fosse ancora vivo e nella capitale di Ᾱb arrivò presto anche alle orecchie di Jun che modificò immediatamente la sua destinazione, dirigendosi nell’unico punto del Sekai-sen attraversabile. Il principe aveva fatto una cosa incosciente, entrare in territorio nemico e presentarsi davanti al re era un suicidio, come poteva essere stato così incosciente da mettere in pericolo la sua vita?
-Io non credo sia stata una mossa tanto sbagliata- disse Satoshi, mentre preparava la medicina per Jun.
-E’ pericoloso, i due regni sono nemici da sempre, potrebbe essere condannato a morte solo per essere entrato nel regno di Ᾱb- disse Jun, mentre beveva l’amaro infuso che Satoshi gli aveva dato e si lasciava medicare le ferite con uno strano unguento dall’odore dolciastro.
-O forse verrà ascoltato ed aiutato a riprendersi il regno- suppose Satoshi, -Ecco ho finito- lo avvisò.
-Io ne dubito, per questo devo trovarlo e riportarlo a Zamìn il più presto possibile- disse Jun mentre si rinfilava dolcemente la veste, la spalla gli faceva ancora male ma poteva sopportarla, era abituato al dolore.
-Metterai a rischio anche la tua vita così e più di quanto può essere a rischio la sua ora- ribattè Satoshi infastidito dalla costante superficialità di Jun per se stesso.
-Non è la mia di vita che è importante al momento- rispose Jun senza nemmeno badare al tono infastidito dell’altro.
-Ogni vita è importante! Questo è quello che mio padre mi ha insegnato, che diavolo ti ha insegnato il tuo invece!- sputò Satoshi, ma se ne pentì immediatamente quando vide l’espressione di Jun cambiare per la prima volta, non era più l’espressione seria e ligia al dovere, ma triste e piena di malinconia.
-Mio padre mi ha insegnato a combattere e a rispettare le regole del nostro clan per poter poi essere io ad insegnarle agl’altri, ma è stato ucciso insieme al resto della mia famiglia quando non avevo ancora 7 anni- rispose Jun.
-Mi dispiace, non volevo giudicare è che… pensi sempre alla vita degl’altri prima che alla tua e dovresti curarti un po’ più di te stesso, anche ora stai male, hai la febbre, ma non vuoi dimostrare la tua debolezza, perché?- domandò Satoshi preoccupato che il comportamento di Jun nei confronti di se stesso fosse troppo superficiale.
-Perché sono le mie regole è quello che mi è stato insegnato, quello che mi ha insegnato mio padre, non devo mai dimostrare le mie debolezze, per nessun motivo- spiegò, forse Satoshi non poteva capire, ma per lui quelle sue regole erano tutto, forse erano assurde o ingiuste, ma era comunque la sua tradizione e la sua cultura, facevano parte di quello che era, facevano parte dell’essere un Haris.
Satoshi non fece più domande, avrebbe voluto davvero capire le motivazioni di Jun, ma non ci riusciva quindi l’unica cosa che poteva fare era rimanergli accanto e badare a lui visto che non era in grado di farlo da solo.
La notte passò, ma quando cominciò ad albeggiare un rumore svegliò Jun che si alzò immediatamente in piedi spengendo il fuoco che ormai era quasi consumato del tutto.
-Cosa succede?- chiese Satoshi stropicciandosi gli occhi ancora addormentato, ma Jun fece immediatamente segno di fare silenzio. Tutto diventò immobile, c’era solo il rumore del vento che faceva frusciare le foglie e il canto dei primi uccelli del mattino.
-Prendi il cavallo e aspettami al fiume- ordinò Jun, Satoshi rimase un po’ confuso ma capì dallo sguardo di Jun che era meglio obbedire in fretta, quindi montò a cavallo e lo spronò velocemente verso il Sekai-sen non molto distante da lì ormai.
Quando Satoshi si allontanò Jun sentì il lieve fruscio di qualcuno che si muoveva velocemente verso la direzione in cui era andato l’altro, Jun non perse tempo però e lanciò uno dei coltelli che aveva nella veste con precisione colpendo la figura nascosta che caddè a terra senza vita, questo gesto però gli costò parecchio perché la sua disattenzione favorì l’altro uomo che se ne stava ancora nascosto e immobile attendendo un passo falso di Jun e quella era stata l’occasione giusta, gli aveva infatti parzialmente dato le spalle ed era così riuscito a colpirlo a una gamba.
-Hai ucciso i miei compagni, adesso morirai anche tu Haris!- annunciò il Sabaku venendo allo scoperto.
-Avete giurato fedeltà alla corona e l’avete tradita, la morte è l’unico modo per pagare le vostre colpe- rispose Jun estraendo il pugnale conficcato nella sua coscia senza la minima espressione di dolore, come se non lo sentisse minimamente.
-Tu hai tradito la tua stessa gente, anche tu meriti di morire!- disse il sabaku mentre si lanciava verso di lui per attaccare.
Le capacità di un Sabaku non erano da meno di quelle di un Haris, entrambi addestrati in luoghi ostili, i Sabaku nel deserto rovente sotto il sole sulla sabbia che limita i movimenti, rendendoli veloci e resistenti alle lunghe battaglie, gli Haris tra i picchi dello Shouzan la montagna più alta di tutta Ghaliya, affrontando il freddo e le altezze, dai sensi acuti e la precisione dei movimenti. Entrambi i clan dedicano la vita a combattere ognuno con le sue regole, ma la schiavitù degli Haris li aveva resi ancora più pericolosi, addestrati fino allo stremo delle forze erano diventati la macchina da guerra perfetta.
I due continuarono a colpirsi l’uno parando il colpo dell’altro, lo scontro diretto era equivalente per forza e velocità, Jun aveva già capito la tattica del Sabaku, voleva sfinirlo, voleva usare la resistenza a suo favore per sconfiggerlo ma questo Jun non glielo avrebbe permesso. Quando il suo avversario assestò un colpo più alto Jun fu pronto si abbassò e con precisione evitò il colpo allontanandosi di qualche metro con un balzo.
-Hai capito la mia tattica a quanto vedo- disse il Sabaku abbassando di poco la spada.
-I tuoi colpi non sono quelli di uno che mira ad uccidere l’avversario, ma solo a sfiancarlo- rispose Jun.
-Anche se hai capito la mia tattica non riuscirai comunque a battermi, non sei al 100% delle tue possibilità e questo per me è un vantaggio- gli fece notare ed era vero sicuramente Jun non stava usando le sue capacità al 100%.
-Quindi ora ucciderò te e poi ucciderò anche il tuo amico- disse l’uomo divertito si mise in posizione e cominciò a correre, voleva usare la velocità avrebbe usato l’altra sua abilità contro Jun che però chiuse semplicemente gli occhi rimanendo immobile e in ascolto la lama della spada a riposo, quando fu a pochi centimetri da lui riaprì gli occhi e con un movimento semplice ma preciso gli fu alle spalle trafiggendolo da parte a parte, questo si immobilizzò, la spada di Jun ancora nel suo corpo.
-Co…come…hai… fatto?- comandò in un rantolo.
-Ho usato il 100% delle mie abilità- rispose semplicemente Jun, sfilò poi la spada lasciando cadere l’uomo ormai privo di vita a terra, pulì la spada e la ripose nel fodero.
Raggiunse Satoshi lo trovò in riva al fiume che faceva abbeverare il suo cavallo, quando arrivò lo vide sospirare di sollievo, Jun non capiva perché continuava a preoccuparsi tanto per lui, ma in qualche modo si stava affezionando e la compagnia di Satoshi lo faceva sentire meno solo.
-Cosa è successo? Cosa hai fatto alla gamba?- domandò preoccupato.
-Nulla, questo è solo un graffio- disse mentre l’altro già verificava che la ferita non fosse grave, ma fortunatamente sembrava non aver leso nessuna vena.
-Non è grave ma è profonda sarà meglio medicarla per bene- disse Satoshi andando a prendere nella sacca sulla sella del suo cavallo l’unguento che usava per medicare le ferite.
-Più tardi, adesso meglio attraversare il fiume, poi troveremo un posto per riposare un po’- disse Jun che spronò il suo cavallo verso l’acqua cominciando ad attraversare il fiume, nessun altro li stava seguendo, ma al di là del fiume non li avrebbero neppure più cercati.