Ma che brave ma che brave quanto postate <3<3<3<3<3<3<3<3<3<3 ^O^
E allora posto anch'io HA
TITOLO: NINOSCOPIO
AUTRICE: Jinny
GENERE: Drammatico ... credo >__>
PAIRINGS: Matsumiya, Sakuraiba
RATINGS: nc-17 causa argomenti
DISCLAIMERS: Non possiedo nessun Arashi, nessun Johnny, nemmeno Johnny Depp, purtroppo, e continuare a ricordarlo di certo non migliora il mio umore!
THANKS: a Harin e Vampiretta che as usual si sono sorbite il mattonazzo in anteprima (a loro l'arduo compito di spiecare NinoSCOPIO U__U)
NOTE: Mi scuso col povero Riidaa che è rimasto un po' in disparte in questa storia ...
GIA' POSTATI:
Uno Due Tre Quattro Cinque Sei Masaki sospirò e guardò l’orologio. Non sapeva nemmeno se si sarebbero presentati … Nakai aveva ignorato la sua richiesta, e li aveva avvertiti per telefono di venire lo stesso, ma erano in ritardo … ed eccola li. Sua madre entrò, seguita dal suo compagno. Si sedettero, in attesa. Masaki iniziò a camminare avanti ed indietro, poi si fermò a fronteggiarli
<< Perché io?>> chiese, guardando diretta la madre. Lei sospirò
<< Perché un’amica ha detto che sei molto bravo … già dalla terza seduta lei ed il marito hanno iniziato a parlare, senza discutere e …>>
<< Hai delle amiche? Sanno chi sei?>>
<< Sono cambiata, ora, piccolo …>>
<< Non chiamarmi piccolo, mi vengono i brividi.>> disse Masaki, in tono cupo, chiudendo gli occhi per controllarsi. La donna sospirò
<< Siamo qui perché come coppia abbiamo dei problemi …>> iniziò l’uomo. Masaki si girò a guardarlo
<< Se vuole le dico qual è la sua posizione preferita, cosa urla quando viene, un sacco di cose che potrebbero esserle utili per accelerare o rallentare il tutto …>>
<< Masa …>>
<< Lui non lo sa? Oh, pensavo che la sincerità fosse una delle regole fondamentali nelle coppie, ma … lo so solo a livello teorico, perché … non sono mai riuscito ad avere nessuno accanto, tantomeno una ragazza … l’ultima, ho tentato di ucciderla perché mi ha dato un bacio … davvero non sapeva niente? Non gli hai detto perché eri in carcere?>>
<< Eri in carcere?>> chiese l’uomo, girandosi verso la donna. Lei alzò il viso verso il figlio, furiosa
<< Si, era in carcere. Questa donna, mia madre,mi ha picchiato tutti i giorni e mi ha violentato tutti i giorni, per anni. E quando finalmente sono riuscito a denunciarla, sono crollato. >>
<< Stai cercando di rovinarmi la vita? Hai idea di quanto sia stato difficile per me trovare un equilibrio dopo il divorzio e poi dopo la morte di tuo padre?>> urlò la donna
<< Beh, si, ne ho una vaga idea! E … rovinarti la vita? Ti faccio un favore. Se lui riesce ad accettare quello che eri in passato, e se davvero questo era solo il passato, allora rimarrà con te sapendo quello che mi hai fatto. La vita l’hai rovinata tu a me. Un figlio non dovrebbe sapere certe cose della madre. Mai. Un figlio non dovrebbe avere paura della propria madre. Non dovrebbe sognarla solo quando ha gli incubi. Avevo solo te …>> Masaki si asciugò gli occhi, con un gesto stizzito
<< E nonostante tutto, sono qui a dirti queste cose … nella speranza che te ne freghi qualcosa … sono un coglione …>> e dicendo questo, uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle. Un paio di persone nella sala d’attesa alzarono lo sguardo dalle riviste che leggevano, ma non gli diedero attenzione, e tornarono ad abbassare il viso. Masaki si rifugiò in bagno, e si sciacquò il viso. La porta si aprì e si trovò faccia a faccia col compagno di sua madre
<< Lei è sconvolta …>> disse lui
<< Al momento non mi interessa molto …>>
<< Io l’ho conosciuta dopo … e … credo che non mi abbia detto del carcere per paura che fuggissi … e credo anche che non mi avrebbe mai detto di … di te …>>
Masaki si sedette sul marmo del lavandino, incrociando le braccia sul petto
<< Sapeva che ha un figlio?>> chiese.
<< Si, in effetti si, ma … non perché avesse perso i contatti …>>
Masaki sospirò
<< Le rimanga accanto … quello che ha passato … non si meritava il carcere. Doveva essere curata, non rinchiusa … so che ha seguito tutta una serie di terapie da quand’è uscita, e che le sta ancora seguendo, quindi immagino che sia davvero cambiata … e adesso, dopo aver studiato un sacco di casi simili, so che non lo faceva apposta, ma …>>
<< Io non so se sapendo questo potrei … e poi … quello che ti ha fatto …>>
<< Ha compensato quello che le mancava dopo la morte del marito, senza allontanarsi dalla famiglia … ho detto che avevo solo lei, ma lei aveva solo me … è complicato spiegarlo, ma … era malata, non era una criminale … ma … mio padre è morto che avevo otto anni … ho resistito otto anni, a prendermi cura della mamma, come mi aveva fatto promettere. Poi la paura e la rabbia hanno avuto il sopravvento … ed è scattata la denuncia. Avevo comprato una corda. Se non fossero venuti a prenderla, l’avrei uccisa quella sera … l’avrei impiccata …>> dovette asciugarsi di nuovo gli occhi
<< Non la abbandoni, non adesso … non dopo che le ho rinfacciato i nostri otto anni peggiori … per favore …>>
<< Lei ti ha rovinato la vita, perché vuoi aiutarla?>> chiese l’uomo, a disagio
<< E’ la mia mamma …>> mormorò Masaki, stringendosi nelle spalle. Poi sospirò
<< Nel primo cassetto della scrivania, c’è una cartelletta con tutte le carte su di lei … la prenda, guardatela insieme … e un’ultima cosa … non la porti più qui. Non voglio più vederla …>>
L’uomo annuì e fece per uscire. Sulla porta si girò e sorrise
<< Le starò accanto. La aiuterò a diventare una donna che potrà tornare dal proprio figlio. Questa terapia di coppia funziona!>> disse, e se ne andò. Masaki sorrise, tra le lacrime, scuotendo la testa. Aspettò un attimo, poi uscì dal bagno. Vide dalla vetrata che il suo studio era vuoto ed entrò. Sul tavolo c’era un foglio che non ricordava. Quando si avvicinò, si sentì mancare. Era la calligrafia di sua madre.
“Grazie di tutto. Forse un giorno almeno tu riuscirai a perdonarmi. In non ci proverò nemmeno, finché non l’avrai fatto tu, perché non avrei mai dovuto permettere che succedesse. Avevo giurato di proteggerti, con tutta me stessa, ma non ho saputo proteggerti da me. Spero di rivederti, un giorno. Ti voglio bene. Mamma”
Masaki chiuse tutte le veneziane e si sedette dietro la scrivania, stringendo il biglietto tra le mani … si riscosse poco dopo e si alzò. Chiuse a chiave l’ufficio, tanto per quel giorno aveva finito, e si infilò in ascensore. Sapeva dove voleva andare. Quando entrò nell’ufficio di Sho, però, trovò solo Jun, seduto sul divano, intento a leggere un foglio con la massima attenzione
<< Jun-Jun!>> salutò, allegro. Jun alzò il viso dal foglio, e sorrise
<< Sei andato da Kazu-chan, ieri?>> gli chiese
<< Si … e l’ho mandato da te.>> disse Masaki, ridacchiando
<< Grazie.>> disse Jun, sorridendo, arrossendo violentemente ed abbassando il viso
<< Sai, mi … mi ha dato un bacio …>> mormorò << E io ho baciato lui … è stato bello …>>
Masaki sospirò, pensando a quanto Jun, in quel momento, sembrasse una ragazzina che si confida. Gli scompigliò i capelli, e Jun alzò il viso, sorridendo
<< Da te si lascia toccare … curioso … l’unico con istinti violenti in questa stanza non lo spaventa …>> disse Sho, entrando. Masaki si girò, sentendo il profumo del sapone del bagno
<< Sho-chan che si lava sempre le mani …>>
<< Beh, dovresti farlo anche tu …>> disse Sho, piccato
<< E lo faccio.>> protestò Masaki. Poi si sedette accanto a Jun, curioso
<< Sto studiano quello che devo dire domani, al processo. Non sapevo dirlo, e il dottore Sho mi ha aiutato …>> disse quello, tutto serio. Masaki alzò le sopracciglia e fece per dire qualcosa
<< Non sono un bambino. >> disse Jun << E non ho neanche ritardi mentali. Ho solo saltato tutta la scuola … >>
<< Quando ha imparato “ritardi mentali”?>> chiese Masaki, a Sho
<< Ieri notte, credo. Ha trovato un dizionario dei kanji, e si ricorda hiragana e katakana … >>
<< Sono qui …>> disse Jun
<< Scusa, Jun-Jun!>> rise Masaki, stringendolo a sé. Jun sbuffò.
<< E non sono un bambino!>> insistette.
<< Hai ragione, scusami …>> disse Masaki, sorridendo
<< Masa, che hai? … Hai gli occhi strani …>> disse Sho, guardandolo. Masaki gli porse il biglietto, abbassando il viso in modo che i capelli glie lo coprissero
<< Ma-chan …>> lo chiamò Sho
<< Ho detto al suo compagno di starle vicino, di non abbandonarla, dopo averla sputtanata davanti a lui … e gli ho detto di non farmela più vedere e … lei ha capito … e adesso mi sento terra …>> abbassò ancora il viso, cercando di nascondere le lacrime. Sentì qualcuno abbracciarlo, e si trovò la tempia appoggiata alla spalla di Jun, una mano che gli accarezzava i capelli, l’altra stretta sulla spalla
<< Masa, quella donna ti ha rovinato la vita …>>
<< Ma è mia madre …>> gemette Masaki. Si sciolse dall’abbraccio di Jun e si tirò le ginocchia al petto, guardando Sho
<< Quindi, adesso hai detto che non la vuoi più vedere e … lei … lei ha capito …>> mormorò Sho. Masaki annuì, asciugandosi gli occhi e tirando su con il naso.
<< Cosa ti ha fatto la tua mamma?>> chiese Jun. Masaki si girò a guardarlo trovandolo preoccupatissimo. Prese il foglio ed indicò due righe, senza riuscire a dirlo.
<< Ma era la tua mamma …>> disse Jun, impallidendo
<< Per quel ragazzo, come si chiama, Ryo … era il suo papà, eppure l’ha anche chiuso in un armadio per tutta la sua vita …>> disse Masaki. Jun parve pensarci un attimo, poi annuì
<< Immagino che certi genitori non ce la facciano a fare i genitori …>> mormorò
<< Penso proprio che sia così … sai, mio padre è morto che ero piccolo, e … mia madre l’ha presa male … e così … eccomi qui, a disperarmi perché non la voglio più vedere, perché sono ancora arrabbiato con lei … perché ho ancora paura di lei … perché dopo questo, faccio fatica a fidarmi delle persone …>>
<< Anche di me.>> disse Sho, cupo. Masaki alzò il viso, mentre le lacrime si fermavano
<< Sai che non è vero!>> disse
<< Ah no?>> chiese Sho. Masaki si alzò e si riprese il biglietto
<< io di te mi fido, Sho-chan. Mi sono sempre fidato di te. Sempre. >> disse, e lo baciò. Poi uscì, arrabbiato.
<< Stupido di un Sho-chan.>> borbottò, per tutto il tragitto fino alla propria stanza.