Ame: Capitolo 11

Oct 15, 2010 16:50




DATI
Titolo: Ame 
Capitolo: 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 -11
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale
Pairing: Aiba Masaki x OC
Rating: PG
Disclaimer: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo
Trama: Era sempre stato molto affezionato alla sua famiglia. Certo, la sua vita era divertente, piena e soddisfacente, i suoi amici erano sempre con lui, i fan e chi collaborava con lui lo rispettavano, ma tutte le volte che era possibile tornava. Poi una serata con amici di famiglia lo portano a comprare dolci per gli ospiti e...

NOTE
Stavolta non so cosa dire XD Si sta facendo difficile, Aiba si muove da solo... a volte faccio fatica a capire cosa gli passi per la testa >_<
Quando vedete un * significa che c'è un nota alla fine del testo del capitolo

CAPITOLO XI: かき氷 Kakigori
Alla fine Aiba si era deciso: gli Arashi erano suoi amici e una cosa così importante non avrebbe mai potuto nasconderla a tutti meno che ad uno, per lui sarebbe significato tradire i restanti tre, senza contare che non avrebbe saputo scegliere quell'unico a cui raccontarlo. Questo comunque non significava che si sarebbe messo a fare una conferenza al gruppo spiegando la situazione, voleva, anzi, evitare che i ragazzi si influenzassero tra loro, cosa che poteva capitare se l'avesse fatto. A costo di doversi ripetere quattro volte, raccontò a tutti, uno per uno, quello che era successo fino a quel momento, quello che pensava e quello che temeva. Ohno e Sho erano i più realistici del gruppo, quelli che sembravano avere più di altri i piedi per terra. Masaki però era certo che Ohno non avesse ancora provato ciò che stava provando lui quindi, per quanto realistico e fidato potesse essere il suo consiglio, gli veniva dato sprovvisto dell'elemento sentimentale. Sho, lo conosceva bene, era una persona molto passionale quindi generalmente avrebbe parlato con più cognizione di causa, se non fosse che era anche estremamente geloso dei suoi amici e più volte lo aveva sentito dare consigli distorti dal suo timore di perdere preziosi compagni per colpa di una donna. Nino, nonostante avesse anche lui un profondo attaccamento al gruppo, non aveva mai frenato nessuno di loro e, anzi, era stato sempre il più esposto ai mass media per quanto riguardava le sue love-story. Si era concesso del romanticismo nella sua vita, proprio come lui, ma il suo consiglio era, al contrario, troppo romantico e poco pratico, realistico. Jun gli aveva detto solo che nessuno poteva realmente consigliarlo, era libero di fare come credeva e di dosare le parti della sua vita in equilibrio con i suoi impegni lavorativi, ma dipendeva esclusivamente da lui. E da lei. Queste erano state le parole dell'amico. Tutti, comunque, erano stati concordi su un punto «E' proprio da Aiba, innamorarsi della ragazza della porta accanto».
Insomma, gira che ti rigira non aveva preso nessuna decisione grazie a quei consigli. Non era corretto definirli "inutili", perchè effettivamente in quel tipo di questioni erano solo la sua parola e le sue convinzioni ad aver peso, non quelle degli altri. Lui stesso aveva preso le parole degli altri con un certo distacco sapendo come ne sarebbe stato influenzato: allora a cosa era servito domandare? Di per sè, forse, a niente, ma aveva capito che qualsiasi cosa sarebbe successa i ragazzi sarebbero stati con lui. Come sempre. Consapevole di quel sostegno aveva deciso che prendere una decisione, qualsiasi essa fosse stata, non sarebbe stato tragico.

Erano passate parecchie settimane dalla sua fuga dalla gara. Lei aveva mandato un messaggio di poco conto alcuni giorni dopo e Masaki non aveva mai risposto. In più era tornato al solito tran-tran quotidiano, ossia correva a destra e a manca per i servizi fotografici, le riprese o per l'elaborazione del nuovo album, il che significava che non tornava a casa dalla famiglia da moltissimo tempo. Se avesse voluto avrebbe potuto contattarla, anche vederla: se avesse voluto. Il suo problema era che ancora non si decideva e l'essere continuamente impegnato non lo faceva morire dalla voglia di occupare il suo poco tempo libero con un viaggio fino a Chiba.
Riuscì a tornare a casa solo ad estate già cominciata. Era la metà di Luglio e le date del concerto di quell'anno erano già state pubblicate da due mesi, sarebbe cominciata la campagna pubblicitaria in capo a qualche settimana e nel frattempo avevano praticamente concluso gli appuntamenti principali per la presentazione del nuovo album. Avevano un solo weekend di libertà e potevano trascorrerlo come volevano: non c'era dubbio che lui sarebbe tornato dalla famiglia.
Tornò nella notte di venerdì e dato che arrivò solo dopo il programma radiofonico, in onda alla mezzanotte, c'era solo la madre ad attenderlo sveglia. Indossava ancora i vestiti del lavoro, doveva aver fatto la chiusura quel giorno, e il venerdì come il sabato erano le serate cruciali della vita mondana di Tokyo e dintorni. Aveva delle occhiaie sul viso stanco, ma il sorriso che le illuminò lo sguardo, quando lo vide entrare in casa con lo zaino, sembrò cancellare qualsiasi preoccupazione o fatica. Gli spiaceva tornare così raramente, ma adorava il momento del ritorno: l'improvvisa ondata di amore che lo investiva quando era di nuovo tra le quattro mura dov'era cresciuto era una delle sensazioni che più adorava. Poi, il mattino dopo, Yusuke gli riservava sempre un brusco risveglio -da anni era il suo modo impacciato per mostrargli che era contento di averlo ancora a casa per fargli dispetti- e quando scendeva in cucina trovava la colazione pronta, la madre col grembiule, il padre che faceva zapping in tv per scegliere uno dei programmi del mattino... era la vita quotidiana di una volta. Uno degli unici due rifugi sicuri della sua anima: amava la sua famiglia.
Quella mattina, dopo mangiato, venne spedito al supermercato a comprare alcune cose che mancavano in casa e ci si avviò senza lamentarsi. Yusuke lo accompagnò per un tratto di strada raccontandogli di quello che era successo in università e in famiglia in quei mesi, poi lo salutò e si avviò al lavoro, ossia al ristorante. Masaki finì la spesa in pochissimo tempo e, dato che il sole si era alzato in cielo brillando senza pietà, sentì subito come aveva cominciato a fare seriamente caldo rispetto a quando era entrato nel supermercato. Decise quindi di deviare dalla strada principale e si infilò in una viuzza secondaria. Si comprò una kakigori ad un banchetto e riprese il cammino senza tornare sui suoi passi ma continuando a zigzagare per le case. Conosceva perfettamente quelle stradine, vi aveva passato tantissimi pomeriggi di luglio e agosto a giocare, da bambino, e a temporeggiare con i compagni, da ragazzo. Negli anni quella deviazione gli aveva fatto guadagnare tempo: tempo per pensare a cosa dire ai suoi quando gli avrebbe fatto leggere la pagella, tempo per finire una granita come quella prima di tornare a casa e farsi scoprire da Yusuke, ancora bambino, che avrebbe fatto i capricci per averne una anche lui, tempo per pensare a risposte da dare a delle ragazze che gli si erano dichiarate nel corso della sua carriera scolastica o per inghiottire un rifiuto ricevuto da altre di loro e poter poi mostrare sempre il sorriso una volta a casa.
L'umidità tipica della stagione delle piogge, che sarebbe cominciata presto, non era ancora arrivata, ma il caldo c'era comunque e dopo il piacevole fresco della kakigori si sentì improvvisamente intontito e stanco: era sicuramente lo sforzo dovuto al lavoro che improvvisamente gli riversava addosso tutto il sonno che gli mancava e il riposo che non si era potuto concedere in quelle settimane. Girò a destra ed entrò nel parco di quartiere guardandosi intorno per cercare una zona d'ombra sotto un albero dove riposarsi qualche minuto. Dopo una breve passeggiata vide la fontana, già accesa, che zampillava acqua nella grande vasca. Gli parve di poter vedere se stesso e Kokoro che guardavano le foto seduti lì in quella serata di primavera. Pensando a quello riprese a riflettere tra sè, mentre riusciva a trovare una fetta di ombra sotto un acero pieno di foglie. Si sedette sull'erba, appoggiando la schiena al tronco e mettendo da una parte il sacchetto del supermercato. Alzò lo sguardo per osservare gli spicchi di azzurro del cielo che apparivano e scomparivano dalle foglie. Lui era come quel cielo per la sua famiglia: era prezioso per loro, loro erano preziosi per lui, eppure appariva e scompariva nella vita di quella casa. Non perchè non li amasse, ma perchè tutto cambia: lui era cresciuto e non era più lo studente che viveva lì e andava a scuola o a giocare nel campetto di baseball lungo il fiume. Ora lavorava, aveva una casa sua, una vita completamente differente dalla sua famiglia, conosceva persone e frequentava amici che i suoi non avrebbero nemmeno saputo esistessero se lui non fosse stato un chiacchierone desideroso di raccontare sempre tutto a tutti loro. Sarebbe stato così ancora per molto, lo sapeva e, in un certo senso, lo voleva, perchè amava il suo lavoro, i ragazzi, quello che faceva per le persone e per se stesso. Non voleva cambiare. Quindi anche per una fidanzata sarebbe stato così: incostante. Le sue ultime storie erano state tutte con persone dell'ambiente quindi era stato naturale per entrambi e forse proprio per quello non era riuscito a costruire nulla di solido che fosse durato. Doveva quindi rimanere solo tutto il tempo in cui sarebbe stato uno degli Arashi? I suoi sentimenti non contavano? Doveva rinunciare a tutto? Socchiuse appena gli occhi quando realizzò che forse era proprio quella situazione che doveva averlo reso freddo in quel tipo di rapporti: finchè era solo per divertirsi andava bene, quando si arrivava al punto in cui era il caso di far evolvere una relazione diventava come quella kakigori. Ghiacciato e immobile.
Riaprì gli occhi di scatto, risvegliato dall'improvviso vibrare del cellulare. Si era addormentato appoggiato alla corteccia dell'albero, con il sacchetto appoggiato al polso destro e il bicchiere della granita in mano. Quando tentò di muoversi per tirar fuori l'apparecchio dalla tasca si rese conto di un peso sulla spalla e girò lo sguardo notando Kokoro al suo fianco, addormentata come lui: doveva essergli scivolata addosso ed esser finita con la testa contro di lui. Si mosse più cautamente per non farle perdere l'equilibrio e rispose all'apparecchio «Pronto? Ah si... si scusa... mi sono addorm... eh, scusa» sorrise impacciato, mentre parlava a mezza voce «Adesso torno» concluse annuendo e chiudendo la conversazione. Doveva essersi appisolato guardando il movimento ipotizzante delle foglie che ondeggiavano sopra di lui, erano venti minuti che lo aspettavano a casa, il che significava che doveva aver ronfato almeno il doppio ed era quindi uscito di casa circa un'ora e mezza prima! Tutto per un po' di tofu, delle carote, una cipolla e un pacco di udon freschi!
Come fosse finita lì la ragazza non lo sapeva proprio. Era certo di essersi addormentato che era ancora da solo e non ricordava minimamente di essersi svegliato per qualche sua parola o movimento. «Hanayaka san?» accennò dopo essersi schiarito la voce. Doveva essersi addormentata da poco perchè si svegliò subito «Mh.. cosa?» domandò stropicciandosi gli occhi
«Niente, ma credo sia ora di andare» spiegò trattenendo una risata
«Oh! Mi sono appisolata?» domandò spalancando gli occhi e raddrizzandosi per guardare l'orologio che aveva al polso «Da dieci minuti... temevo di più» sospirò sollevata. Si alzarono entrambi da terra: era buffa come quando l'aveva trovata a dormire in lavanderia, allora aveva una felpa di Doraemon, quel giorno invece indossava una maglietta di Sazae san**. «Ti piacciono proprio i cartoni di un tempo»
«Co.. ah no!» fece agitando la mano nell'aria davanti a sè «Quando ero al liceo ho fatto un lavoretto part time nel negozio di uno che stampava su tessuti ed era fissato con i cartoni della sua infanzia. Un giorno mi dovette licenziare perchè non aveva più abbastanza soldi per pagare una commessa e infatti la mia ultima paga me la diede in vestiti»
«A te capitano solo cose assurde» osservò mentre si avviò per il parco riprendendo a camminare
«Detto da uno che dormiva sotto un albero di sabato mattina...» fece notare la ragazza con una punta di scherno nella voce
«Ero un po' stanco» si giustificò abbassando lo sguardo: era stato beccato in una situazione stupida e imbarazzante. «Tu piuttosto, come mai eri lì?» tentò di tergiversare
«Passavo di qui e ti ho visto. Mi ero avvicinata per svegliarti e ti ho anche chiamato un paio di volte, ma non hai fatto una piega, allora ho pensato di sedermi un po' anche io prima di riprovare» si fermò davanti alla fontana mentre spiegava «Ma mi hai attaccato il sonno: è colpa tua!»
«Colpa mia? Come potevo? Io dormivo!» ribattè
«Si tua! Mi hai attaccato la stanchezza come un virus, non mi avrai mica attaccato anche la stupidera?» domandò facendo dei passi indietro per allontanarsi come se fosse stato infetto
«Ma sentitela! Tu mi avrai attaccato la dolcite, ultimamente mangio solo dolci e ho preso due chili: se diventerò grasso sarà colpa tua!» le puntò il dito addosso
«Cosa ti indichi! E' impossibile!» disse allungando la mano per fargli abbassare la sua «Manchi da un sacco di tempo e non ci vediamo da secoli, ci sarà stato qualcosa di velenoso nell'ultimo bignè che hai mangiato!» ridacchiò, ma smise praticamente subito notando come Masaki si fosse fatto improvvisamente serio a quelle parole. Per qualche secondo rimasero in silenzio «Ho detto qualcosa che non va?» domandò lei guardando a terra mentre riportava alcune ciocche dietro le orecchie
«No» rispose scuotendo il capo e osservando la fontana «Mi dispiace per quel giorno» si affrettò a dire, ma tutto sommato non sapeva bene di cosa scusarsi o forse lo sapeva, ma il suo atteggiamento era stato tanto insensato e stupido che anche scusarsene sembrava da idioti. «Non penso tu debba scusarti... tutto sommato non hai fatto nulla. Credo» farfugliò, anche lei confusa probabilmente «Mi ha fatto piacere vederti dopo tanto tempo, forse si è fatto tardi sul serio» disse poi annuendo
«Si, ho detto che sarei tornato subito» concordò
«Quanto rimani?» domandò lei di getto
«No, veramente devo anda...»
«Intendo qui, a Chiba»
«Riparto domani sera» rispose allora
«Capisco. Hai ancora cinque minuti?» continuò mettendo le mani nelle tasche dei jeans corti
«Si... penso di sì, se sono cinque»
«Cinque, prometto» assicurò prima di cadere di nuovo nel silenzio. «Aiba san»
«Si?» fece il ragazzo
«Non... non devi rispondere, era un modo per cominciare» fece lei arricciando il naso infastidita
«Oh, giusto! Scusa, scusa» unì le mani tra loro, tenendo ancora il sacchetto, per chiedere perdono. Lei si mise a ridere subito dopo «Nooo, ma così è veramente impossibile parlare con te!» esclamò passandosi una mano sugli occhi mentre ricercava un po' di concentrazione
«Ah, mi spiace! Accidenti, sto continuando a scusarmi. Non voglio passare cinque minuti a scusarmi» riflettè Masaki corrucciato
«Se stai zitto non dovrai farlo e io potrò parlare» gli suggerì con un sorriso
«Si, scu... giusto» annuì e si morse le labbra: che razza di discorsi assurdi! Avrebbe dovuto essere un momento particolare, infondo era veramente tanto che non si vedevano, o avrebbe dovuto essere un momento di tensione dato che sembrava voler fare un discorso serio dopo tutto quello che era successo. Invece si sentiva stranamente rilassato e continuava a scherzare. Era veramente impossibile per lui? Gli veniva naturale come un qualsiasi altro momento. Si divertiva, quando doveva cambiare relazione si agitava un po' e poi, incapace di elaborare i suoi sentimenti in maniera più profonda, si irrigidiva? «In questi giorni ho pensato molto a quello che è successo. Non mi riferisco alla gara, un giorno mi spiegherai che senso aveva quell'occhiata da stupido sbrodolato di crema pasticciera e la successiva fuga, ma non oggi» tagliò corto per non ridere ancora «Mi riferisco a... tutto il resto. E al fatto che non ci siamo visti per molto, che non hai nemmeno risposto alla mail o che non ne hai scritta una tu di tua iniziativa»
«Mi spia...» stava per dire, ma si bloccò quando la vide alzare il braccio e aprire la mano davanti a lui per bloccarlo
«Non devi dire nulla. Ora parlo io» fece seriamente «Mi piaci Aiba san. Inizialmente pensavo fosse solo perchè sei un idol e gli idol... beh sono belli altrimenti non sarebbero tali» provò a spiegarsi con un giro di parole per evitare di dirgli direttamente che lo trovasse bello «Ma sto bene con te, mi diverto e sei una persona piacevole. Sei semplice.. ah però sei anche complesso, quando ti metti a fare tutti quei pensieri globali sulla tua vita collegata alla vita degli altri e cose simili» come fecero a non ridere di nuovo entrambi? Chissà, ma riuscirono a trattenersi «Normalmente, dopo quello che c'è stato tra noi, non avrei aspettato tanto a farmi avanti con la persona che mi piace, ma l'hai ammesso tu stesso che non sei... normale, in senso buono ecco» Masaki annuì «Quindi mi ha preso più tempo e ho pensato che fosse anche giusto rifletterci con attenzione, anche nei tuoi confronti. Voglio dire... per una persona come te, rifiutare o accettare qualcuno saranno entrambe scelte difficili con conseguenze diverse e particolari data la tua posizione. E' giusto avere riguardo per te, no?» domandò aprendo di più gli occhi nell'osservarlo, segno che a quella domanda, seppur retorica, voleva una risposta
«Si, grazie» fece piano
«Ecco, ci ho riflettuto e questo è tutto» concluse riabbassando il braccio
«E' tutto?» domandò stupito
«Sì, è tutto» annuì Kokoro in un sorriso teso. Aveva parlato in tono abbastanza tranquillo, ma doveva essergli costato parecchio coraggio quel discorso «Oh... capisco»
«Cosa ti aspettavi?»
«Non lo so» scosse il capo. Continuava ad sentirsi irrigidito e dentro di sè non capiva cosa si agitasse. Non era teso, ma era emozionato: chi non lo sarebbe stato davanti ad una dichiarazione? «Fai come vuoi, dato il tuo silenzio ultimamente non mi aspetto niente» spiegò Kokoro, senza cattiveria nella voce; tutto sommato pareva rassegnata al rifiuto: abbastanza logico dato che non si era fatto sentire a lungo e dato che si stava dichiarando ad un personaggio famoso che, per definizione, è su tutt'altro pianeta rispetto agli altri ed è, perciò, irraggiungibile. «Ora torniamo a casa, è meglio»
«Va bene, cercherò di farmi sentire» annuì prima di avviarsi: stava chiudendo così la discussione? Senza una risposta? Senza nemmeno un "ci penserò"? Sembrava un vero e proprio rifiuto e anche se non lo era sentiva di non riuscire a comportarsi in maniera differente. Cosa gli gelava i sentmenti? I suoi piedi ripresero a camminare verso casa mentre metà di sè guardava alle sue azioni come se fossero la cosa più stupida e insensata del pianeta. «Oh, Aiba san!» lo richiamò lei prima che Masaki si allontanasse troppo
«Mh?»
«Bentornato» gli disse solo prima di voltarsi e tornare a casa a sua volta. La osservò che si avviava fuori dal parco con un passo apparentemente tranquillo, ma ogni tanto accelerava il passo di scatto tradendo delle forti emozioni dentro di sè: e probabilmente non erano positive. Aiba invece rimase sul posto, come impietrito. Sbattè un paio di volte le palpebre, con un'espressione ebete e stupita in faccia: di punto in bianco, a sorpresa, quel "Bentornato" suonava familiare e gli aveva lasciato una strana sensazione nel cuore. Non riusciva a dare un nome a quell'emozione: il freddo dentro di sè si era improvvisamente sciolto. Si sentiva così tranquillo... dove aveva già sentito quella piacevole sensazione? Quando quella parola gli aveva già fatto quell'effetto?

* kakigori è la granita giapponese. Fondalmentalmente è ghiaccio tritato (così come lo tritano in pezzotti nel sud italia non ghiaccio semi liquido come al nord) con dello sciroppo a vari gusti, ma esistonoa nche varietà più elaborate con pezzi di frutta o anko (fagioli azuki dolci). Qualche foto: QUI - QUI - QUI
** Sazae san è uno dei manga più famosi in giappone. Serializzato dall'aprile 1946 racconta umoristicamente della famiglia della protagonista usandola come specchio per raccontare della società Giapponese del dopoguerra

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