Ame: Capitolo 9

Aug 14, 2010 22:18




DATI
Titolo: Ame 
Capitolo: 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale
Pairing: Aiba Masaki x OC
Rating: PG
Disclaimer: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo
Trama: Era sempre stato molto affezionato alla sua famiglia. Certo, la sua vita era divertente, piena e soddisfacente, i suoi amici erano sempre con lui, i fan e chi collaborava con lui lo rispettavano, ma tutte le volte che era possibile tornava. Poi una serata con amici di famiglia lo portano a comprare dolci per gli ospiti e...

NOTE
A molti giorni di distanza arriva il nuovo capitolo. L'ho un po' scritto e riscritto, girato e rigirato. Sapevo cosa doveva succedere, ma non sapevo come. Non è stata un'impresa facile. Aiba è sempre un personaggio particolare da gestire.
Ancora più strano mi faranno i prossimi capitoli dove dovrò tornare a muovere personaggi di... beh di persone che ho visto dal vivo O_o cioè scrivere di sua madre e di suo fratello farà un po' uno strano effetto ora. Voglio dire... a quanti capita di scrivere di un personaggio che hanno incontrato realmente e con cui hanno parlato? (Mamma Aiba) fa un po' strano XD ahahah
Bacini a tutte *-*
Quando vedete un * significa che c'è un nota alla fine del testo del capitolo

CAPITOLO IX: 花びら餅, Hanabira Mochi [2#]

Aveva preso la sua decisione. Il suo lavoro, la sua stabilità e i suoi amici erano più importanti di una cotta passeggera. Quella sera si sarebbe comportato da amico impeccabile senza avere nessun comportamento strano, ma, anzi, facendo intendere un confine tra loro.
Non cambiò i vestiti di quel pomeriggio dopo averli asciugati. La pioggia cadeva ancora intensamente, quindi rubò l'ombrello a suo fratello e si avviò a passo spedito, evitando le pozzanghere saltellando da una parte all'altra. A metà strada si accorse della scarsa utilità dell'ombrello dato che non pioveva forte, ma il vento soffiava tanto da farla cadere di sbieco, ma ormai era inutile tornare indietro a prendere una mantella: accelerò il passo e arrivò alla casa azzurra che praticamente correva. «Ahi, ahi, ahi... mi sono bagnatooo!!» borbottò tra sè saltellando nel corridoio d'ingresso, scrollando i piedi dall'acqua. La porta si aprì quando stava per allungare la mano e bussare «Aiba san!» esclamò Kokoro comparendo sull'entrata
«Hanayaka san!» riuscì solo a dire lui di rimando «Non avevo ancora suonato, come hai fatto?»
«Fai talmente rumore che ti ho sentito sciacquettare nelle pozzanghere davanti a casa mentre arrivavi» rispose lei ridendo. Masaki rise a sua volta «Ah, scusa, scusa!» fece inchinandosi, mentre saltellava sul posto «Hai un asciugamano?»
«Si, ce l'ho qui» spiegò rivelando che ne aveva già uno in mano e passandoglielo «Ma.. Aiba san stai fermo, non ti serve saltare, schizzi ancora di più» continuò divertita. Masaki si tolse le scarpe e i calzini per asciugarsi i piedi mentre Kokoro metteva da una parte l'ombrello e recuperava un altro asciugamano. «Permessooo» annunciò il ragazzo tenendo le scarpe in mano ed entrando in casa scalzo «Accipicchia! E' piccola!» esclamò osservando l'appartamento. Lo spazio per le scarpe all'ingresso era circa un metro quadrato, con l'appendiabiti e una mensola sulla parete di sinistra, dietro la porta. Poco più avanti una porta doveva dare sul bagno perchè oltre la soglia vedeva delle piastrelle azzurre. Sulla destra c'era un'unica grande stanza divisa in due parti da uno shoji in carta di riso: prima veniva la cucina, un po' strettina ma completa di tutto ciò che serviva e una finestrella che dava sul corridoio d'entrata del palazzo, l'altra parte (grande più della metà del totale della stanza) era un soggiorno col pavimento in tatami, un tavolino basso, cuscini per sedersi. Alcuni mobiletti di plastica e delle mensole portavano diversi libri e oggettini di tanti tipi e una tv nell'angolo. «Ecco, qui» annunciò la ragazza mettendogli un asciugamano sulla testa «Mi spieghi come hai fatto a bagnarti anche i capelli se avevi l’ombrello?» domandò prendendolo in giro e sfregandogli i capelli con il panno
«Oh! Ehi, piano, piano, piano!» esclamò lui piegandosi per sottrarsi alla tortura, lei riusciva a farlo solo perchè si trovava sul gradino della casa, arrivando così più o meno alla sua stessa altezza. Le prese le braccia per fermarla «Sono solo umidiccio, non fradicio!» esclamò muovendo la testa per scrollarsi di dosso l'asciugamano ed osservarla. Se la ritrovò a pochi centimetri dal viso e dopo un primo secondo di spaesamento deglutì e aggrottò le sopracciglia «Posso usare il bagno?» domandò mantenendo un tono neutrale
«Oh, si. Certo!» rispose lei sentendo poi un rumore dalla cucina e distraendosi «Usa tutti gli asciugamani che ti servono. Se vuoi una maglietta di ricambio posso procurartene una» concluse lei lasciandolo fare ed avvicinandosi ai fornelli. Nel bagno si asciugò meglio i piedi e si frizionò per bene i capelli con l'asciugamano risistemandoseli davanti allo specchio anche se erano ancora un po' bagnati sulle punte. «Sarà la stagione delle pioggie in anticipo?» domandò spegnendo la luce
«Com'è possibile? Siamo ancora ad Aprile. Più che anticipo sarebbe uno sconvolgimento» rispose divertita mentre trafficava con una pentola
«Aspettati una nevicata il 25 di Agosto» scherzò lui avvicinandosi e appoggiandosi con la spalla allo shoji, osservando cosa stesse facendo «Allora, di cosa hai bisogno?»
«Lunedì partecipo ad un concorso» esordì lei mescolando dentro la pentola
«Di che tipo?»
«E' un concorso di pasticceria»
«Dovevo immaginarmelo, che domanda stupida» ridacchiò Masaki per poi smettere subito vedendo la sua occhiataccia
«Scusa se sono prevedibile» sbuffò arricciando il labbro inferiore «Ad ogni modo bisogna fare sufficienti porzioni per la giuria e per il pubblico dato che è una mostra-concorso. Questo significa che devo preparare un numero non ben definito di Hanabira Mochi*»
«Fai gli Ichigo Hanabira Mochi? Wow! Mi piacciono un sacco!» esclamò spalancando gli occhi eccitato all'idea di mangiare dell'anko** «Quindi cosa vuoi? Che faccia da assaggiatore?»
«Aiba san» sospirò «Pensavi sul serio che ti avrei fatto fare tutta la strada fin qui solo per assaggiare un Hanabira Mochi?» domandò sollevando le sopracciglia «Dovresti aiutarmi a farli. Pensi di farcela?»
«Eh?» domandò sgranando gli occhi «Io?» si indicò puntandosi il dito al naso «Ma io non so farli»
«E' più facile di quanto tu non creda: io ho preparato gli ingredienti, dobbiamo solo montarli» spiegò lei con voce naturale, aprendo un sacchetto di farina di riso e spargendola sulla tavola «Dentro questa pentola c'è il mochi, in questa l'anko. C'è bisogno di estrema precisione» fece indicandogli i vari contenitori «Ora guarda come faccio io, poi provi a farne uno tu e ti dò una mano, va bene?»
«Oh.. sembra una lezione di cucina come quelle che si vedono in tv» commentò Masaki, concentrato e pronto ad osservare i movimenti della ragazza «Perchè ridi?» chiese subito dopo, stranito
«Perchè è una cosa buffa detta da uno che la tv la fà» commentò passando le mani nella farina e prendendo un pugno di composto per mochi facendone una polpetta.
Con calma mostrò al ragazzo la procedura e gli spiegò qualche trucco, quando lo vide sicuro e pronto lo lasciò cominciare. All'inizio rimasero in silenzio, poi Kokoro si sciacquò le mani e accese lo stereo dal quale cominciò ad uscire semplicemente della musica tradizionale, principalmente pezzi di koto e shamisen. «A questo punto mi sbalordisco che tu abbia una televisione e un lettore MP3» commentò piano Masaki quando la ragazza tornò al tavolo
«Perchè?» domandò lei stranita
«Dolci tradizionali, musica tradizionale, non ascolti i nostri pezzi, fai la spesa al conbini del quartiere e non ti ho mai visto vestita... "alla moda" diciamo. Sembri vivere in un tempo diverso dal nostro» provò a spiegare
«Aiba san, mi dispiace di averti dato quest'impressione» spiegò finendo uno dei daikufu e posandolo nel vassoio che avrebbe usato per trasportare i dolci
«Non devi dispiacerti, lo dicevo in senso buono» spiegò Masaki. Quella situazione lo faceva stare bene: la pioggia fuori picchiettava sull'asfalto e sui vetri con regolarità, la musica era appena un sottofondo che non copriva nessun'altro rumore e passare il tempo a quel modo, concentrandosi su un compito così semplice e tranquillo, lo rilassava. Alzò gli occhi su Kokoro, per sbirciare il suo viso, ma incontrò il suo sguardo quando anche lei cercava di guardare dalla sua parte e tornò di scatto ad osservare le proprie mani mentre stava lavorando: così proprio non andava. Aveva l'impressione che l'atmosfera si stesse riempiendo di un sentore romantico che lui aveva deciso invece di evitare. Doveva finire in fretta e tornare a casa prima che diventasse tardi, prima che gli venisse voglia di passare più tempo in quella casa, con lei. «Per ringraziarti dopo ti offro del sake»
«Hai del sake in casa?»
«Chiaro, quale buon giapponese non ha almeno una bottiglia di sake in casa? In più io posso prendere, con un po' di sconto, quelle della pasticceria che sono di qualità ottima» e come si poteva dire "no" ad una buona bevuta di sake?
«Potremmo berne qualche goccio anche ora?» propose, spinto dall'idea che forse un po' d'alcool lo avrebbe sciolto per portare l'atmosfera da tesa e romantica ad amichevole e brillante. Non che con Kokoro avesse mai trovato difficoltà a parlare, ma dopo quel bacio si rendeva conto di essere lui a stare sulle sue, troppo attento a non strafare coi suoi soliti atteggiamenti sciolti e amichevoli per paura di dare l'idea sbagliata quando quello che si era prefisso era cancellare ciò che aveva fatto lui stesso qualche sera prima. Così invece otteneva l'effetto contrario e rendeva il rapporto tra loro teso e irrisolto proprio a causa di ciò che era successo, eppure non riusciva a sciogliersi.
Era difficile anche dire "no" ad un anticipo di sake, quindi la risposta della ragazza fu affermativa. Tirò fuori la bottiglia e le piccole ciotole piatte del servizio, così avrebbero bevuto piccoli sorsi mentre continuavano a lavorare senza ubriacarsi ed evitando così di sbagliare qualcosa nella preparazione.
Finirono gli Hanabira Mochi solo dopo un paio d'ore: erano tantissimi! Parlarono di tantissime cose: la famiglia di Kokoro, la sua, i loro lavori, i progetti dei futuri CD, le opportunità se avesse vinto il concorso di pasticceria, parlarono di film e dei loro amici. Masaki rimase sconcertato da quanto fossero diversi, da quanto il loro mondo e la loro vita fosse differenziata. Forse era così perchè la maggior parte delle persone che conosceva erano del suo ambiente, perchè gli Arashi erano quelli con cui stava più a contatto, perchè gli altri amici erano conoscenze dell'infanzia che non aveva lasciato andare e le cui vite aveva sempre seguito, pur non potendo sempre partecipare. Erano cresciuti entrambi in famiglie a posto che li avevano amati e avevano sempre voluto il meglio per loro, ma mentre lui aveva pian piano abbandonato gli studi per la sua carriera, Kokoro aveva concentrato le sue energie per svilupparla successivamente. Si stupì quando scoprì che frequentava un numero di amici più alto del suo (cosa che però cercò di non dare a vedere) e che seguiva ciascuno di loro con la stessa attenzione, parlando di ognuno con ammirazione e affetto. Non l'avrebbe mai detto, ecco perchè si era stupito: Kokoro era una ragazza particolare per lui, era avvolta da un'aura giallo tenue che emanava calore, pazienza, tranquillità e che profumava di dolci sfornati (era il suo lavoro, ma aveva notato come tutti i suoi vestiti, forse la sua stessa pelle, profumassero perennemente di dolce), legno (perchè l'aveva spesso incontrata nel negozio che aveva molte parti in legno, o perchè erano vicini a dei parchi: chissà) e tatami appena pulito (l'odore della sua casa, dove stava in quel momento). Scoprire che andava al cinema una volta al mese, che faceva shopping con le amiche e andava a bere in compagnia sembrava stravolgere completamente quell'immagine.
Immergersi nella vita di una nuova persona, prima d'allora sconosciuta, era un viaggio stupefacente. «A cosa stai pensando con quello sguardo perso nel vuoto?»domandò Kokoro dopo averlo lasciato sul divano a riposarsi, lasciandogli sul tavolino il servizio da sake e la bottiglia, mentre lei tornava vicino al tavolo a ritoccare meglio i dolci uno per uno. La casa era piccola e le due stanze comunicanti, quindi potevano parlare tranquillamente anche se non erano seduti vicini. «Che il mondo è proprio vasto e che l'umanità è composta da talmente tante persone che non riesco nemmeno ad immaginarle» rispose lui con sincerità, fissando il piccolo furin che non si muoveva, appeso alla finestra della sala
«Aiba san non dirmi che non reggi l'alcool!» esclamò lei divertita «Che pensieri buffi che fai, quando fin'ora abbiamo parlato di cose banali come telefonate alla famiglia e serate tra amici?»
«Si, ma è vero. In un certo senso è tutto collegato» spiegò gesticolando appena con le mani. Reggeva l'alcool, non aveva nemmeno bevuto troppo, era solo che si era messo a riflettere tanto su di lei e i pensieri erano corsi velocemente da un'idea all'altra... «Io non sapevo nulla di te fino a qualche ora fa e adesso posso dire di conoscerti un po' ed è tutto così diverso dal mio mondo che mi fa riflettere. Cioè, nel mondo ci sono milioni di persone, milioni e miliardi di persone, come posso pensare che la gente abbia una vita poco diversa dalla mia? Ci saranno sicuramente persone che vivono in un mondo talmente diverso che non posso nemmeno immaginarlo, che tu in confronto non fai nulla di così differente rispetto a me. E' tutto... tutto relativo, si» forse l'ultimo sorso di sake aveva cominciato a sortire qualche effetto
«Mi trovi così diversa?» domandò chiudendo contenitori e vassoi, spostando le ciotole vuote nel lavello e sistemando le ultime cose prima di prendere la propria ciotola e sedersi ai piedi del divano, a terra davanti al tavolo. «In confronto ad un tedesco che vive allenandosi per scalare le montagne più alte del mondo direi di no, ma nel nostro piccolo Giappone, sì... sì sei diversa»
«Solo perchè sei un personaggio famoso. Se fossi un ragazzo normale non ci troveresti nulla di strano o diverso nella mia vita» spiegò con quella che a lui parve una punta di fastidio, sul tavolino aveva appoggiato un piattino con due Hanabira Mochi. «Scusa» sospirò scivolando giù dal divano e sedendosi di fianco a lei per terra. Riempì nuovamente le ciotole di sake e le porse la sua «Non era uno "strana" in senso negativo»
«Ah no?» domandò prendendo il sorso che le veniva porto
«No» specificò con decisione, mandando giù il proprio «Intendevo che sei particolare, in senso positivo. Poi so che in realtà è tutto nella norma per te, sono io che non sono "normale" e quindi ti trovo interessante solo perchè è in realtà la mia vita a non essere come le altre» spiegò ridacchiando leggermente, appoggiando la coppa vuota al tavolino
«Mmmh» annuì semplicemente svuotando alla goccia la sua «Quindi sono interessante solo per te, mentre ritieni che per altri sarei una persona noiosa?». A quel punto cominciò seriamente a sudare freddo: in che discorso si era cacciato? Stava veramente dicendo quelle cose? Sembrava la stesse offendendo senza volerlo, oppure era lei che leggeva nelle sua frasi intenzioni che non c'erano affatto? «N-no... ecco io intendevo dire...» provò a farfugliare spostando gli occhi sulla bottiglia, concentrato, nel tentativo di cercare una spiegazione il più chiara possibile del suo discorso, che non fosse fraintendibile. Il suo tentativo venne fermato dalle risate di Kokoro, piegata in due dal divertimento. «Q-qualcosa mi sfugge» ammise Masaki completamente spaesato
«Non ti sfugge nulla» spiegò lei tra una risata e l'altra «Ti stavo solo prendendo in giro, scusa, scusa! E' che sei troppo carino quando cominci a non capire più nulla» era tanto divertita che quasi perse l'equilibrio per il troppo ridere
«Eh?» si ritrovò ad arrossire a quel complimento e cadde il silenzio. Ce n'erano di persone agli studi televisivi, tra le fan, tra i fotografi, le assistenti, truccatrici o anche normali amiche, che gli facevano complimenti anche migliori di quello che gli aveva fatto lei, diciamo pure eccessivi, o più allusivi a volte, eppure nessuno dava quell'effetto ai battiti del suo cuore, alla temperatura corporea e al colore delle sue guance. Kokoro era diversa: se lui lo paragonavano sempre al sole, al centro della festa che riceve e dà attenzione a tutti, lei era sicuramente come la luna, degna di attenzione, ma silenziosa osservatrice, sempre in disparte. Lui faceva tante cose, era sempre in movimento, sempre impegnato, lei invece sembrava sospesa in un mondo di pace e tranquillità, fatto di una placida routine. Era perchè era diversa che se ne sentiva attirato? Era perchè non la conosceva ancora bene che la sua naturale curiosità la rendeva più bella in vista di tutto quello che aveva da scoprire? Non riusciva nemmeno lui a capirsi.
«Oh, senti?» esclamò lei improvvisamente e Masaki sobbalzò, improvvisamente riportato alla realtà dalle sue parole. Si era tanto ripromesso di cancellare ogni traccia di romanticheria dalla loro relazione, ma sembrava in realtà l'unico che se ne preoccupasse. «Ha smesso di piovere, dato che abbiamo finito di lavorare dovresti approfittarne per tornare a casa rapidamente prima che riprenda» spiegò lei «Vado a vedere se le tue cose si sono asciugate». Mangiò rapidamente il Hanabira Mochi con il suo cuore di anko e si alzò in piedi, lasciando il suo fianco per dirigersi verso il bagno. «Mh, s-si» farfugliò appena lui, ancora preda per metà dei suoi pensieri. Si alzò a sua volta per avvicinarsi all'uscita e lei tornò porgendogli i calzini che si erano asciugati nel frattempo. Ringraziò e li indossò prima di rimettere le scarpe mentre lei trafficava ancora in cucina. La vide tornare verso di lui, che ancora si allacciava le scarpe rimanendo in piedi, con un sacchetto di plastica. «Ci ho messo un Hanabira Mochi a testa per la tua famiglia, spero che piacciano»
«Puoi star certa che io e mio fratello faremo a gara per capire qual'è il più grande ed accaparrarcelo. Quasi sicuramente mio padre lo capirà prima di noi e ci fregherà sul tempo» ridacchiò finendo di allacciare le stringhe e raddrizzando la schiena per tornare a guardarla «E' un classico» concluse con un sorriso. Sorrideva ancora quando la vice avvicinarsi al suo viso. Lei non fu frettolosa e rapida come aveva fatto lui, non tentò di coglierlo alla sprovvista, avrebbe avuto tutto il tempo di scostarsi o farsi indietro per evitarla e invece non lo fece. Ebbe quasi l'impressione, una volta capito cosa stava succedendo, di essersi piegato in avanti a sua volta per colmare più velocemente i centimetri che ancora li dividevano. Sentì le sue dita sfiorargli la guancia in una carezza leggera mentre per la seconda volta in pochi giorni si baciavano. Quella modalità così lenta e tranquilla di avvicinarsi sembrava proprio tipica di Kokoro, e quel bacio, come lei, fu rilassato, privo della fretta e dell'urgenza che aveva contraddistinto il suo precedente tentativo. Dimentico di tutti i principi che lo avevano animato da quando aveva messo piede fuori casa -e fino a pochi secondi prima- si lasciò trasportare dai movimenti della ragazza e ascoltò i propri battiti che, dopo un picco d'emozione iniziale, erano tornati normali, influenzati dalla tranquillità che lei sembrava trasmettergli ogni volta che stavano insieme.
Esattamente non avrebbe saputo dire quanto era durato quel contatto, solo che una volta finito rimase senza parole e improvvisamente aveva la mente completamente sgombra di qualsiasi pensiero, al contrario di come era stato durante tutto il resto della serata. «Grazie per avermi aiutato» disse lei a bassa voce. Era arrossita ed era riuscita a sostenere il suo sguardo solo per pochi secondi prima di lasciargli il sacchetto di Hanabira Mochi in mano, insieme all'ombrello. «Buona notte» farfugliò Masaki, come fosse in stato confusionale
«Mh» annuì lei aprendogli la porta «Buona notte». Uscì dall'appartamento, piegò il capo in un ultimo cenno e si avviò lungo il corridoio, ascoltando la porta chiudersi solo una volta che lui fu uscito dall'edificio.
Di nuovo solo con se stesso ancora non riuscì a riprendere controllo dei propri pensieri finchè non fu uscito dal cancello del giardino e non ebbe fatto qualche metro a passo sostenuto: una parte di sé, razionalmente, regolava la sua andatura preoccupata di non riuscire a tornare a casa prima di rischiare di prendere altra acqua. Era sbalordito. A differenza di Sho o Jun, piuttosto sicuri del loro aspetto e del fatto che difficilmente una donna non li avrebbe trovati affascinanti, lui si era sempre sentito incerto come un qualsiasi ragazzo. Non si era mai visto particolarmente attraente o tanto particolare perchè buona parte del sesso femminile lo trovasse sexy o irresistibile. Era sempre stato insicuro di se stesso quando si era innamorato o si era interessato a qualche ragazza. Quando gli succedeva di essere ricambiato, quando gli capitavano cose come quella sera, non gli pareva vero!
Quando si riprese e riuscì a formulare pensieri coerenti si rese conto di quanto era stato stupido. Si era frenato dando ascolto alla parte razionale di sé, ma nel momento decisivo non se n'era fatto niente e aveva agito di puro istinto. Avevano ragione i ragazzi a dire che ragionare con lui era spesso inutile dato che alla fine faceva solo quello che si sentiva in barba a quello che dicevano gli altri. Almeno per quanto riguardava le questioni personali, se si parlava di situazioni che coinvolgevano anche altri a volte agiva d'impulso e capitava che sbagliasse, ma il più delle volte ascoltava prima di tutto anche gli altri e spesso, anzi, si preoccupava anche troppo di quel che pensassero, prendendo a cuore il desiderio di ognuno. Quella però era una faccenda personale e, esattamente come dicevano loro, aveva agito senza ragionare. Ora, a cosa serviva ragionare di nuovo sul suo rapporto con Kokoro se poi con se stesso concludeva che non voleva andare più avanti di così, ma con lei ogni convinzione precedente si sgretolava al tocco delle sue labbra? Quella sera sapeva di anko, dolcissimo anko.
Scosse il capo cercando di distrarsi dai ricordi del bacio di quella sera, ormai era davanti a casa propria. Era il momento di accettare che qualcosa di importante si era instaurato tra di loro, ma anche di capire la portata di quell'importanza. Era libero di innamorarsi certo, l'agenzia non poneva particolari restrizioni alla vita privata degli idol, non dopo tutti quegli anni di lavoro ed esperienza, quando ormai sapevi quali atteggiamenti, luoghi e tipi di persone era meglio evitare. In ogni caso non era un'impresa facile frequentare un personaggio come lui, l'aveva imparato a sue spese nelle sue precedenti relazioni e in quel caso entrambi avrebbero messo in campo emozioni, libertà e pazienza alla ricerca di un equilibrio che concedesse una vita di coppia nonostante il suo lavoro. Ma non era facile, lo sapeva lui, a lei? E lui voleva veramente andare ad impelagarsi nuovamente in una storia d'amore dopo i fallimentari trascorsi? Per quanto gli piacesse Kokoro, ne aveva la forza spirituale e mentale?
Capì che era il momento di chiedere consiglio, ma un consiglio vero, dopo aver raccontato tutto. Rimaneva solo da scegliere quale dei quattro svitati interpellare.

*hanabira mochi, che poi è il titolo del capitolo, è un dolce tradizionale giapponese, chiaramente. Solitamente è un dolce per il nuovo anno, ma va bene anche come dolce per la cerimonia del te. la forma, la disposizione degli ingredienti, tutto è dettato a regola dalla tradizione che vuole che il dolce sia fatto in una particolare maniera. FOTO
**l'anko è una specie di marmellata fatta con gli azuki, i fagioli rossi. E' spesso usata come ripieno per i dolci giapponesi come per esempio o mochi e i famossissimi dorayaki! 

main:aiba, artist: arashi, ff:[language]italiano, ff:[type]long fic

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