DATI
Titolo: Akai Ito
Capitolo:
Prologo -
1 -
2 -
3 -
4 -
5 -
6 - 7
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale
Pairing: Sakurai Sho x OC / Masaki Aiba x OC
Rating: PG
Disclaimer: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo
Trama: Un filo ci lega alla persona cui siamo destinati: non importa il tempo che dovrà passare o le distanze che ci separano. Ma se questa persona fosse proprio davanti a noi e non riuscissimo a riconoscerla? Se la considerassimo antipatica tanto da non degnarla neanche di uno sguardo? E se l'avessimo trovata e noi stessimo vacillando nei dubbi? E ancora, cosa dice che non l'abbiamo già persa?
NOTE
Giusto come nota a margine. Il vestito che indossa Erina esiste, me sono innamorata due anni fa trovandolo online *_* un giorno, mi ero detta, l'avrei usato in una ff. E' questo:
QUINon ho avuto tante difficoltà a scrivere questo capitolo, l'unica cosa che mi preoccupa è di aver reso noiosa la prima parte. temo sia troppo tecnica anche se infondo non ho assolutamente usato tecnicismi del campo economico siccome non li so. Spero non sia troppo pallosa e che si sia capito qual'è il lavoro da svolgere, un po' come se fossero i produttori di uno spettacolo.
GraSSie a che commenta la ficcy *-* grazie, grazie, grazie!!
Mi sto divertendo un sacco a scrivere questa storia quindi il fatto che piaccia a qualcuno è semplicemente fantastico *_* che bello!! Per l'emozione vado e continuo a scrivere, i commenti danno sempre un po' di forza XD
Quando vedete un * significa che c'è un nota alla fine del testo del capitolo
7. Crossing paths again
Era sprofondata nei sedili posteriori del taxi con una penna tra il naso e il labbro superiore, una calcolatrice in una mano e nell'altra un mazzo di fogli. Altre cartellette aperte stavano sparse sulle sue gambe e sul resto del sedile. Confinata in un angolo c'era un'altra donna. Entrambe vestivano un tailleur gessato nero, ma una portava la gonna e l'altra un paio di pantaloni lunghi che accentuavano la sua altezza. «Erina san, per la miseria!» esclamò questa sbuffando e staccando il gomito dal finestrino del taxi «La vuoi smettere per due secondi?»
«M-mh» annuì smanettando sulla calcolatrice con il pollice
«Ehi, dico sul serio!» sbottò levandole la penna da sotto il naso «E levatela, sei orrenda con quella faccia da pesce lesso, veramente»
«Oh.. ehi!» esclamò allungando la mano per riprendersi il maltolto «Himejima san, ho accettato di venire se mi lasciava finire questo lavoro. Mi lasci fare per favore»
«Uffff» sospirò quella per tornare a guardare fuori. Le vie di Akasaka e i suoi palazzi brillanti e alti cominciavano a passare oltre il vetro. Dopo alcuni minuti la macchina si fermò «Siamo arrivati signore, sono seimilaottocento yen» annunciò il guidatore
«Oh, era ora! Ma lo sa che è stato lento? E dire che non c'era nemmeno traffico, accidenti» sbuffò ancora dando le banconote al tassista «Tenga il resto.... Erina san, ma allora?» domandò sgranando gli occhi «Vuoi raccogliere questi fogli, per la miseria? Siamo arrivate e non voglio fare tardi!»
«Come? Già arrivate?» si mise la penna dietro l'orecchio per avere le mani libere e raccolse rapidamente i documenti mettendoli tutti in una stessa cartella tranne uno che lasciò fuori per leggerlo. Scese dalla macchina, ma quando uscì e chiuse lo sportello non riuscì a vedere nient'altro «Ma che dia...» fece in tempo a farfugliare
«A-a-ah! Non provare a sbirciare!» esclamò la donna con lei, le aveva coperto gli occhi con una mano
«Si può sapere cosa sta succedendo?» chiese allungando una mano nel vuoto
«Allora, ti ho detto che volevo te per questo lavoro giusto? Te e nessun'altra vero?»
«Si, lo so» rispose Erina calmandosi «Ora mi spiega perchè?»
«Certo... tadaaaa!!!» esclamò quella liberandole la vista e indicandole con un gesto del braccio l'alto edificio davanti al quale si trovavano. Lei alzò lo sguardo osservando ciò che aveva davanti, stringendo i fogli tra le braccia. «Ma... io... non ci posso credere» farfugliò sgranando lo sguardo «Mi ha coperto gli occhi per un palazzo? Dove diamine siamo?»
«Cosa? Ma dai...» sospirò sgonfiandosi completamente, perdendo la sua eccitazione «E io che credevo che lo conoscessi. Voglio dire, che razza di fan sei?»
«Himejima san, di cosa sta parlando?» chiese corrucciata «Non rischiamo di fare tardi?» le sorrise incredula. La donna sospirò e scosse il capo per poi avviarsi verso l'entrata «Va bene, andiamo. Appena ti viene voglia di darmi un po' di soddisfazione e di ringraziarmi fammelo sapere. Anche un grido di gioia è ben accetto» commentò superando l'entrata a porte scorrevoli, camminando a passo sicuro sui tacchi alti. Erina scosse il capo con un sospiro e un sorriso divertito, quindi la seguì abbassando lo sguardo sul suo foglio. Oltrepassò l'entrata e si lasciò mettere alla giacca un pass come visitatrice, ringraziò mentre ancora leggeva con attenzione: per la verità era più concentrata su quello piuttosto che su dove andava, rischiò quasi di venir chiusa nelle porte dell'ascensore, ma fortunatamente Himejima la trattenne per lei. Mentre salivano cacciò fuori la calcolatrice dalla tasca e fece un paio di conti annotandoli. «Mi sono sempre chiesta come fai a far mille cose tenendole tutte in mano» sospirò la donna «E dire che quando non lavori la gente ti tiene lontana dalle cose fragili, o sbaglio?» domandò prima che l'ascensore si bloccasse e una voce femminile annunciasse il numero del piano. «Ehi, potresti mettere via quel lavoro adesso ed entrare nell'ottica di quello nuovo?» fece togliendole la penna dall'orecchio e ficcandogliela nel taschino della giacca del tailleur
«Si, io... mi scusi è che...» fu come se si fosse appena risvegliata dalla sua concentrazione
«Via i fogli, rassetta la gonna, cartella sotto il braccio» le ordinò in tono duro mentre uscivano dall'ascensore «Sistemati i capelli e... miseria, metti via quella calcolatrice!» sbuffò il secondo prima di girare un angolo e stamparsi in faccia il sorriso più smagliante del suo repertorio quando vide un uomo fuori da un ufficio. Erina rallentò, si sistemò al meglio e raddrizzò la schiena cancellando dalla propria mente tutti i pensieri riguardanti il lavoro che aveva appena richiuso in quella cartelletta sotto il suo braccio. «Siete le impiegate dell'Himejima Studio?» domandò l'uomo
«Si, sono Himejima Junko» rispose la donna inchinandosi a sua volta e consegnando il suo biglietto da visita
«Watanabe Yuuta, piacere di conoscervi» rispose porgendo il suo
«Sheridan Erina, una delle mie dipendenti» la presentò lei
«Grazie per essere venute, ma non sono io ad avervi chiamato. Se volete accomodarvi tra poco cominceremo. Vi assicuro che non dovrete aspettare a lungo» spiegò quello con un sorriso garbato aprendo loro una porta e facendole entrare in una sala da riunioni occupata da un grosso tavolo rettangolare e dalle pareti in vetro che davano sul luminoso panorama di Tokyo, illuminata dal sole di fine Luglio. Si sistemarono su due seggiole girevoli ed Erina si guardò intorno «Che rarità» disse ad alta voce, guardando la lavagna bianca con ancora qualche scritta mezza cancellata «Non capita spesso di lavorare con aziende giapponesi, cosa le ha fatto scegliere di accettare il lavoro?»
«Non è esatto dire che ho accettato un lavoro. E' una specie di appalto: cercano qualcuno che svolga questo lavoro e stanno interpellando vari esperti per decidere alla fine a chi rivolgersi»
«Ecco perchè è venuta lei in persona»
«Ed ecco perchè ho deciso di portare la migliore dal mio ufficio» sottolineò, non senza una punta d'orgoglio
«Non sono la migliore» fece notare Erina storcendo le labbra
«Beh diciamo che sei tra i migliori dei miei dipendenti: del resto sei giovane, non riusciresti a fare meglio di Katsumi san. Lui ha troppa esperienza» spiegò prima di puntare un dito sul tavolo «Ma sta in questo la mia scelta: per lavorare con gente giovane, ci vogliono giovani, modi di fare freschi e spigliati. Tu ce l'hai, tu puoi farci avere il lavoro... senza contare che pensavo saresti andata su tutte le furie se avessi dato proprio questo lavoro a qualcun'altro» ridacchiò per poi guardala in faccia. La sua dipendente continuava ad ascoltarla con lo sguardo spaesato «Sì, lasciamo stare» scosse il capo «Continua pure a pensare al lavoro di prima, tanto tra pochi minuti me la godrò a vedere il tuo faccino diventare ancora più pallido e riderò interiormente nel vedere come lotterai per farci avere l'appalto. Oh, non sto più nella pelle!». Erina non sapeva se ridere o rimanere disgustata da quella donna, ma la verità era che la adorava pure se era lunatica e strana, persino per lei. Himejima Junko, suo superiore e proprietaria dell'azienda per cui lavorava da meno di un anno, era una donna di Osaka con un fiuto eccezionale per gli affari e un modo di fare incredibilmente aperto con i suoi dipendenti... un po' con tutti a dir la verità. L'aveva praticamente fatta licenziare dal suo precedente ufficio pur di averla nel suo e da quando le aveva fatto firmare il contratto di assunzione le aveva affibbiato un lavoro dopo l'altro, man mano più impegnativo. L'Himejima Studio era di base uno studio di commercialisti, in realtà si occupava di qualsiasi aspetto o problema economico gli venisse richiesto. La sua particolarità era che principalmente si occupava dell'assistenza ad aziende e attività straniere in Giappone e, nonostante fosse stata fondata poco meno di due anni prima, aveva riscosso un enorme successo grazie al passaparola tra aziende e negli ambienti stranieri di Tokyo soprattutto grazie al fatto che forniva assistenza e documentazione bilingue quando necessario o richiesto. Himejima Junko aveva infatti fondato la sua piccola attività dividendola in settori: europeo, asiatico e americano. In ognuno lavoravano cinque persone che si occupavano dei vari progetti ed erano tutti perfetti conoscitori dell'economia internazionale così come di quella giapponese, nonchè esperti di una o due lingue straniere. Quello spiegava perchè avesse fatto i salti mortali per avere Erina con sè: sarebbe stata capace di mandare lettere minatorie al suo vecchio capo pur di farsi cedere una bilingue giapponese-inglese con una buona conoscenza del cinese, laureata in Economia Internazionale con voti alti alla Keio, era un potenziale che non si sarebbe mai fatta sfuggire. A quasi un anno da quando aveva cominciato ancora non aveva un posto fisso nel settore asiatico nè in quello americano, lei era il jolly preferito della Himejima che la sfruttava ogni volta le era possibile sia per le lingue, con le quali si destreggiava bene, sia per il fatto che lei aveva qualcosa che tutti gli altri dipendenti non avevano: affabilità. L'aveva sempre avuta e ai tempi dell'università era stata un'inclinazione che si era resa più evidente, soprattutto quando si era ritrovata a conoscere -seppur molti solo di nome o per averci parlato pochi minuti- almeno la metà degli iscritti ad Economia di qualsiasi anno.
Lo stupore di Erina derivava dal fatto che erano poche le volte che collaboravano con aziende giapponesi, il più delle volte accadeva perchè avevano rapporti con stranieri e serviva una mano per la consulenza e la documentazione. Non avrebbe compreso il reale significato della parola "stupore", se non cinque minuti dopo. Quando sentirono dei passi Himejima la incitò ad alzarsi in piedi ed attesero. «Scusate l'attesa» annunciò l'uomo che le aveva accolte, aprendo la porta e facendo passare la persona che era appena arrivata. La ragazza sbattè le palpebre un paio di volte osservando l'uomo che si inchinò davanti a loro «Molto piacere, perdonatemi per avervi fatto aspettare, ma ho fatto più velocemente possibile» si scusò
«Non c'è nessun problema, siamo appena arrivate» rispose con cortesia la donna
«Sono Matsumoto Jun, lieto di conoscervi»
«Hamejima Junko» fece inchinandosi e porgendogli il biglietto da visita. Entrambi lessero i rispettivi biglietti poi il giovane dai capelli riccioluti alzò lo sguardo serio sulla più giovane delle due «La sua segretaria?» domandò con garbo
«No, è una mia dipendente» rispose volgendo il capo verso Erina abbastanza perchè l'altro non la vedesse. Le mimò una grassa risata soddisfatta vedendola completamente spiazzata. «Allora lascio anche a lei il mio biglietto» fece lui vedendo che quella non parlava
«Oh si... grazie» sorrise a sua volta, ma pareva più una smorfia che altro «Sheridan Erina, lieta di conoscerla» riuscì quindi a dire porgendo il suo biglietto e prendendo quello di Jun. Dovette rileggerselo due o tre volte per crederci, e non contenta lo squadrò insistemente da capo a piedi. Lui e il suo capo cominciarono a parlare sedendosi al tavolo e Erina ebbe il tempo di abbassare gli occhi sul suo pass da visitatrice: c'era sopra lo stemma della Johnny's Enterateinment. Ripensandoci una delle receptionist all'entrata doveva aver detto qualcosa del tipo "Benvenute alla Johny's", ma lei era troppo presa dagli ultimi calcoli per rendersene conto. «Posso chiederle come ha saputo del nostro studio?» domando Himejima accettando poi una tazza di te offerta dall'uomo che le aveva accolte
«Vi sorprende tanto?» fece Jun
«Oh beh... veramente...» tentennò la donna accorgendosi di aver appena ammesso da sola di essere parte di uno studio piccolo e fuori dalla portata di una possibile collaborazione con un colosso come la JE. «Credo che il mio capo non sia stupita, ma semplicemente curiosa. All'Himejima Studio capita raramente di avere a che fare con aziende esclusivamente giapponesi quindi non siamo così conosciuti nell'ambiente. Non tanto da arrivare alle orecchie di un agenzia imponente come la vostra» spiegò Erina intromettendosi «Ci siamo fatti un nome nell'ambito dell'economia internazionale più che altro» concluse sistemando la situazione. Fino a quel giorno aveva avuto davanti a sè ostinati uomini d'affari coreani, minacciosi e ricchi speculatori cinesi, a parte lo stupore iniziale non poteva aver certo paura di parlare con un personaggio dello spettacolo. «Capisco... beh è presto detto. L'anno scorso abbiamo collaborato con molti artisti e tecnici stranieri e abbiamo affidato buona parte del lavoro a Ichihashi Masato che si è rivelato un bravo commercialista. Grazie alle sue conoscenze abbiamo avuto pochissimi problemi con i contratti per i collaoratori stranieri e quest'anno, anche se non intendiamo riproporre il progetto, ci avrebbe fatto piacere affidare a lui tutto il lavoro»
«Quindi è stato Ichihashi san a parlarvene?» si riprese Himejima
«L'ho contattato un mese fa per proporgli l'affare, ma mi ha onestamente detto di star lavorando per il vostro studio. E' un bravo dipendente e un uomo onesto: mi ha consigliato di prendere in considerazione d affidare a voi il lavoro, ma che era giusto guardassimo anche ad altre possibilità. Ecco perchè questi colloqui» spiegò Jun per poi prendere dei fogli dalla pila che avevano portato nella stanza «Questo è il progetto di lavoro per quest'anno. Va da Luglio a fine Gennaio, coprendo tutta la durata del tour di concerti di quest'anno. Quest'anno mi sono personalmente riproposto di creare nel dettaglio anche la parte finanziaria: gli altri anni abbiamo speso soldi che potevamo evitare di sperperare e non voglio ripetere l'errore. In più ho un progetto personale per i concerti per cui serve una consulenza per quanto riguarda la fattibilità della cosa, i costi e il modo migliore per attuarlo»
«Leggo che volete gestire separatamente dalla JE il pagamento del personale impiegato in ogni concerto, l'affitto degli stadi e il consumo» notò Erina spulciando i fogli
«Si, ormai l'agenzia gestisce molti gruppi e molti fanno anche concerti nel nostro steso periodo. Dopo l'esperienza dell'anno scorso, in cui abbiamo parzialmente gestito da soli le faccende economiche, abbiamo pensato di renderci del tutto autonomi» annuì il bel giovane appoggiandosi allo schienale della sedia
«In pratica volete sollevare l'ufficio economato della JE dal lavoro, lasciandolo a svolgere quello degli altri gruppi, per affidarlo ad una specie di ufficio parallelo che però faccia sempre rapporto a voi e all'agenzia»
«Esattamente» annuì il ragazzo «Più che altro all'agenzia, perché il gruppo è molto occupato e non può certo preoccuparsi ogni giorno di queste questioni, non è nemmeno il nostro lavoro» fece con un sorriso divertito
«Chiaramente» annuì Erina sorridendogli a sua volta «Se posso...» spostò lo sguardo sulla Himejima che annuì e Jun le fece un gesto con la mano, segno che poteva parlare. Si alzò con il foglio in mano e prese possesso della lavagna magnetica dove cominciò a scrivere le idee man mano che le venivano in mente. Di base l'idea era di gestire l'ufficio separato alla stessa maniera in cui si gestisce l'organizzazione della produzione di uno spettacolo teatrale, perchè un po' era di quella che si trattava in fin dei conti. Il capo era stata chiara: se avessero avuto quel lavoro sarebbe stato suo, quindi spiegò il progetto con l'idea ferma in mente che sarebbe stata sua la direzione dei lavori. Era dell'idea che chi fa da sè fa per tre, quindi avrebbe svolto tutto da sola chiedendo solo l'appoggio di due consulenti dell'agenzia, uno che rimanesse sempre alla scrivania a lavorare facendo da tramite fisso con la JE, l'altro che andasse in giro con lei per i sopralluoghi e i pagamenti fungendo da ambasciatore della JE sul campo. A meno che non volessero indicare dei tecnici particolari avrebbe gestito tutto così come avrebbe gestito uno spettacolo teatrale andando a reclutare di persona gli addetti alle luci, al suono, i lavoratori del palco, a contrattare per le date disponibili negli stadi e quant'altro sarebbe servito. In venti minuti aveva spiegato come intendeva svolgere il alvoro e aveva elencato quanti più fattori utili possibili le venissero in mente. «Spero di essere stata abbastanza chiara» spiegò chiudendo il pennarello e riprortando la completa attenzione ai suoi ascoltatori «Ammetto di non aver mai gestito il bilancio di uno spettacolo quindi potrei non aver tenuto conto di punti fondamentali, ma anche per quello credo che l'aiuto da parte dell'agenzia sarà fondamentale. Sarà uno scambio bilaterale direi: avrò bisogno di assistenza per ogni caso in cui la mia scarsa esperienza non mi faccia tener conto di qualcosa, ma sarò dispostissima a lavorare fianco a fianco, alla pari, con qualcuno della JE senza pensare che si stiano intromettendo in un lavoro che devo fare da indipendente». Ci fu qualche secondo di silenzio: Jun ancora guardava il foglio e la lavagna, l'uomo al suo fianco osservava le sue scritte allibito e Himejima sogghignava soddisfatta. «Perdonatemi» fece prendendo un bel respiro «Da questo silenzio non capisco se state valutando la proposta o se ho detto tante scemenze da lasciarvi senza parole». Il ragazzo trattenne una risatina che sarebbe stata poco professionale e poi annuì «Sto valutando. Vaglieremo insieme ai progetti di altre aziende e vi faremo sapere»
«E' stata esaustiva direi» annuì Watanabe san al suo fianco «Ho capito persino io che di economia non so niente»
«Sì, è stato strabiliante. Credo sia la prima proposta di progetto che posso dire di tenere in considerazione perchè ho intuito di cosa si sta parlando» lo spalleggiò Jun
«E' naturale spiegare le cose complesse in maniera semplice» fece spallucce Erina tornando a sedersi «Il più delle volte tocca spiegare un piano economico a stranieri il cui vocabolario giapponese in campo economico si limita a "quanto vengono le mele?"» trattenere una risata fu impossibile per gli altri tre nella stanza
«Aggiungiamo che Sheridan san ha esperienza in campo economico da circa sei anni, ma ha cominciato a fare proposte indipendenti da un anno solo, quindi si può dire che ancora non è diventata una commercialista vecchia, ferma sui paroloni dell'economia» si intromise Himejima «La sua giovinezza la rende più comprensibile ai più oltre che più elastica» ridacchiò prima di alzarsi dalla sedia «Bene, se non avete altre domande questa è la nostra proposta»
«Si, è stata illuminante. Non ho domande» annuì l'uomo guardando Jun per avere una conferma.
I quattro si salutarono con mille inchini poi le donne ripresero l'ascensore. «Matsumoto Juuuun!!!» stillò Erina non appena si chiusero le porte scorrevoli «Aaaaaaah!!! Aaaaaah!!» continuò ad urlare cercando di prendere fiato. Himejima scoppiò a ridere di gusto: non sembravano più le due signore compite che avevano contrattato per un lavoro fino a poco prima. «Perchè non i ha avvisato subito che stavamo entrando alla JE??» domandò sgranando gli occhi
«Ma io credevo riconoscessi il palazzo!» si difese
«Non l'avevo mai visto prima» scosse il capo lei
«Pensavo che le fan sapessero tutto» fece una smorfia e le porte dell'ascensore si aprirono al piano terra «Pazienza... allora cosa mi dici?» domandò sollevando le sopracciglia
«Aaaah, grazie capo, grazie!!» esclamò applaudendo come poteva con la cartelletta sotto il braccio
«Aaah, così si dice. Di più, di più.. voglio sentire i complimenti» ridacchiò ridando il pass di visitatrice all'entrata
«Capo, lei è un genio. La adoro! Da dove le vengono queste ideone?» domandò seguendola fuori «Ha un supercervello! Il suo supercervello pensa sempre a lavori straordinari! Sarà mica un robot?»
«Adesso basta con le scemenze» la rimproverò improvvisamente. Finiva sempre così, Himejima san voleva il riconoscimento dei suoi dipendenti che cominciavano a farle tanti di quei complimenti da passare alle assurdità: ma lo sapeva che il suo non era un ufficio di persone normali, era convinta di saper reclutare persone geniali e completamente fuse allo stesso tempo.
Era un mix perfetto comunque perchè anche quella volta arrivò una lettera di risposta dai commissionanti, in questo caso la JE: avevano il lavoro.
Den-en Chofu* ore 5:00
Suonò la sveglia e Sho la silenziò con un gesto deciso della mano. Era perfettamente sveglio. la sera prima era rincasato a mezzanotte da una riunione con la redazione di NEWS ZERO, aveva cenato, fatto un po' di zapping sulla televisione, quindi era andando in camera sua per dormire, ma non si era mai addormentato. Era riuscito a chiudere gli occhi per un'oretta forse, abbandonandosi ad un sonno leggero e agitato.
Due settimane prima aveva accolto con entusiasmo l'idea di Jun di gestire in maniera autonoma le risorse a loro disposizione per i concerti, ma da quando pochi giorni prima gli aveva messo in mano i documenti firmati per l'avvio di quell'idea non sapeva più se continuare ad esserne entusiasta, era caduto in uno stato di irrequietezza: prima di qualsiasi altro dettaglio era stato il nome di una straniera ad attirare la sua attenzione in quelle facciate piene esclusivamente di caratteri, quando poi aveva realizzato quale fosse il nome si era sentito come se improvvisamente gli fosse caduto un pianoforte sulla testa. Di tutte le aziende di commercialisti che esistevano a Tokyo proprio quella in cui lavorava lei? Ma soprattutto, tra tutti i dipendenti che probabilmente avevano in quegli uffici, proprio lei sarebbe stata l'incaricata per quel lavoro? Sho aveva fatto gestire i colloqui e l'avvio del progetto a Jun da solo, come loro portavoce, pensando che gli sarebbe servito per distrarsi un po' dato che, a ragione, era particolarmente depresso negli ultimi tempi e pareva di vederlo sorridere solo quando si dedicava al lavoro. Avrebbe fatto meglio ad aiutarlo, ma ormai era tardi: l'accordo era siglato. Non che non volesse incontrarla, era solo agitato all'idea di quell'eventualità e parte di sè avrebbe preferito evitarla. Questa parte si consolava pensando che lui raramente aveva avuto a che fare con quella parte dell'organizzazione dei concerti: doveva solo fare le prove, ballare, provare i passi e aiutare con il sound check; di solito era Jun che si interessava di cose più specifiche. L'altra parte di sè chiaramente si rammaricava di ciò.
Quella mattina doveva andare sul set di un servizio fotografico, quindi decise di farsi una doccia rilassante per cancellare le tracce di tensione e stanchezza che avrebbero potuto trasparire dal suo viso. Si sarebbe vestito in stile casual e assolutamente anonima per prendere un autobus e arrivare allo studio fotografico che stava in periferia, tutto sommato non tanto lontano da casa sua.
Dopo cinque minuti che aveva aperto l'acqua stava godendosi il getto caldo sulle spalle nude e suonò il cellulare. Con un sospiro spense l'aqua e aprì la porta di vetro del box doccia per allungare la mano fino al lavandino e prendere l'apparecchio. «Pronto?» fece abbassando lo sguardo sui propri piedi e cominciando a schiacciare le goccioline sul pavimento della doccia
⎨Sho kun, buongiorno⎬salutò una voce pacata dall'altra parte
«'giorno MatsuJun, come mai mi chiami a quest'ora?»
⎨Sei l'unico che si svegli così presto tra tutti noi⎬rispose con una risatina lieve
«A parte te» gli fece notare «Avevi bisogno di qualcosa?» chiese cercando di rimanere calmo: sapeva che quella mattina ci sarebbe stata la riunione del team di lavoro per l'organizzazione del tour e sapeva che Jun avrebbe partecipato, il che significava che l'avrebbe incontrata.⎨Si, per la verità ho chiamato te non solo perchè sapevo fossi già sveglio, ma perchè sei l'unico che potrebbe darmi una mano in questo momento⎬
«Sono tutto orecchi» lo incitò. Jun non chiedeva aiuto quasi mai e nonostante quello fosse un periodo doloroso e duro da vivere per lui continuava a lavorare come se non fosse successo nulla.⎨Ho la riunione oggi, lo sai no?⎬
«Si, vedi di non farci fare brutta figura» scherzò ridendo mentre passava il dito sulle piastrelle della doccia per unire le gocce tra loro
⎨E' di questo che vorrei parlarti⎬cominciò Jun con un sospiro⎨Non voglio creare problemi, sul serio. Ne abbiamo già tanti, siamo sempre impegnati sia come gruppo che per i lavori di ognuno di noi... ma se devo essere sincero non penso di farcela⎬
«Problemi sul set del drama?» chiese preoccupato
⎨No, va tutto bene. Takeuchi san è un'ottima collega. Sto parlando della riunione⎬
«Perchè?» domandò di getto. Quella domanda non avea senso, ma si sentì subito punto sul vivo⎨In che senso?⎬
«No, niente. Dimmi allora, c'è qualcosa che non capisci dei fogli? Sai che puoi chiedermi una mano, è la mia materia»
⎨Appunto. Vedo quanto state facendo tu e gli altri per me in questi giorni e ve ne sono grato, ma tra i nostri programmi, le sessioni fotografiche abitudinali, le interviste, la radio... ora c'è anche il drama e tutto quello che lo riguarda. E' una grossa pressione e per quanto più lavoro io abbia da fare meno penso ai miei problemi... credo di essere arrivato al limite: non posso farcela⎬
«Capisco, sei già abbastanza pieno così, vero?» domandò cominciando a tremare di freddo nella doccia spenta e bagnato da capo a piedi
⎨Sai che mi piace lavorare ai nostri concerti, ma non credo di poter seguire anche questo progetto⎬
«Beh ma devono lavorarci gli altri, no? Mica tu» chiese aprendo la porta a vetri e cercando di legarsi in vita un asciugamano usando una mano sola
⎨No l'agenzia ha chiesto che uno di noi segua il più possibile questi lavoro. Sai che hanno sempre apprezzato che fossimo noi, io di solito, a occuparci di tante cose. Speravano di poter creare un team di quattro: due dell'agenzia, l'impiegata dello studio e uno di noi che presenzi quando possibile⎬ spiegò Jun, aveva una voce tranquilla e di sottofondo non si sentiva alcun rumore. Sho immaginò che fosse in casa sua steso sul divano con il computer portatile sullo stomaco, a parlargli con l'aria afflitta.⎨Non mi hanno detto niente perchè sanno che mi piace farlo, ma quando mi hanno detto che avrebbero preferito lasciar fuori Nino da questo compito, dato che sta lavorando al film, ho intuito che infondo avrebbero preferito non coinvolgere nemmeno me per lasciarmi concentrare sul drama di questa stagione⎬
«Rimaniamo io, Aiba e Ohno»
⎨Ad Aiba affiderei la mia vita, ma non il compito di seguire l'organizzazione e il finanziamento dei nostri concerti⎬
«E io non li lascerei da soli» borbottò tra i denti Sho tenendo il telefono tra la spalla e la guancia finalmente riuscendo a chiudere l'asciugamano
⎨Chi?⎬
«Niente» sospirò il ragazzo «Ohno non ce lo vedo e poi sembrava tanto contento di potersi finalmente riposare tra la fine di "Kaibutsu kun" e l'inizio del tour»
⎨Sho kun tu hai tempo tutto sommato e poi sei l'unico ad avere addirittura le competenze per fare una cosa del genere⎬. Avrebbe fatto meglio a saltare di gioia o a cercare una scusa qualsiasi per tirarsi indietro? «Un attimo!» esclamò fermandosi sulla soglia del bagno «Questo vuol dire che devo andare alla riunione di stamattina?» domandò con voce tremante
⎨Sho kun non sei costretto, te lo sto chiedendo come favore personale. Ma lo sai che non voglio creare altri problemi, già sto facendo preoccupare tutti voi ultimamente⎬
«Lo farò» rispose con decisione
⎨Ma non...⎬
«Non dire altro MatsuJun, se ti azzardi ad aggiungere qualcosa mi tiro subito indietro, quindi ti conviene accettare la mia disponibilità senza discutere» lo minacciò per poi ridere «Non ti taglierò fuori dalla questione comunque e se avrò bisogno io di una mano ti contatterò, quindi sii sempre rintracciabile. Ti farò sempre una copia dei documenti» lo rincuorò: sapeva quando Jun avesse dovuto sforzarsi per ammettere di non riuscire mentalmente a star dietro a quel lavoro che tanto gli piaceva. L'amico lo ringraziò poi gli mandò per mail orario e indirizzo della riunione.
Meidaimae 27 Luglio 2010, ore 8:25
La luce filtrava dalle tende oscuranti della camera ed Erina, infastidita, si girò verso il muro per continuare a dormire. Fuori dalla finestra si potevano sentire cinguettare un paio di uccellini e il suono delle biciclette sull'asfalto lanciate a tutta velocità lungo la discesa della strada davanti a casa. Tenendo gli occhi chiusi tastò il futon per cercare il lenzuolo e metterselo in faccia, il caldo era torrido e doveva averlo calciato via durante la notte. Quando ritrovò un po' di ombra dietro le palpebre sospirò e ricadde immediatamente nel sonno, rilassata. Pochi minuti dopo sentì un peso alla spalla «Nǐ zài xiū xī ma?» sentì pronunciare, ma non mosse un muscolo. «M-mh» farfugliò in automatico, in realtà non aveva nemmeno realizzato chi stesse parlando e cosa le stesse dicendo, era solo una risposta di riflesso ad un rumore lontano che pareva avere tono di domanda
«Xǐng ne» e venne scossa leggermente dal punto in cui sentiva pressione sulla spalla
«M-mh» mugugnò scocciata cercando di girarsi a pancia in già per liberarsi di quella presa fastidiosa
«Eri xǐng ba!» venne urlato «Zāogāo! Xǐng ba!»** e solo quando venne tirato via il lenzuolo Erina si svegliò del tutto. Ying, la sua coinquilina, le aveva appoggiato un piede sulla spalla e tirato via la coperta. «C... che ore sono?» chiese sbattendo le palpebre più volte
«Le otto e mezza» rispose lanciando il lenzuolo lontano dal futon. Indossava dei pantaloncini di cotone e una maglietta rosa con un cono di gelato stampato sul davanti. Erina era vestita alla stessa maniera, ma la maglietta era verde. «Otto e mezza...» sospirò mettendosi a pancia in su «Otto e mezza???!!!» stillò subito dopo scattando in piedi «Come "otto e mezza"?»
«Non capisci nemmeno più la tua lingua?» ironizzò quella sedendosi sul suo futon, lì a fianco «Non avevi una riunione importante stamattina?»
«Si, si che ce l'avevo!» raggiunse l'armadio a muro e lo spalancò cominciando a rovistarvi dentro «Cioè.. ce l'ho. Sono ancora in tempo se mi sbrigo»
«Ah ecco, mi pareva. Visto che non ti alzavi ho pensato di svegliarti» osservò Ying che aveva in mano una ciotola dalla quale beveva di tanto in tanto
«Dovevi svegliarmi prima, scema!» esclamò l'altra tirandole una camicia addosso
«Ehi, ma sei impazzita! Ancora un po' e verso la misoshiru sul letto!» le rispose rilanciandole l'indumento «Smettila di perdere tempo col darmi fastidio e spicciati»
«Non lanciare i miei vestiti, sei impossibile!» tirò fuori un tailleur grigio «Com'è questo? Com'è?» domandò con urgenza
«Devi fare la contabilità per un impresa di pompe funebri?» domandò la cinese scuotendo il capo
«Aaaah! E allora cosa metto?» angosciata guardò di nuovo nell'armadio
«Ma non ne abbiamo già parlato ieri? E l'altro ieri ancora?» sospirò appoggiando la ciotola al davanzale della finestra aperta e avvicinandosi all'armadio
«Si, è solo che...»
«Cosa? Avevamo optato per quello blu, no?» fece cercandolo tra le grucce
«Si, ma ieri l'ho tirato fuori per stirarlo e mentre aspettavo che si scaldasse il ferro ho caricato la lavatrice, mi è caduta la candeggina sul completo»
«Eri, ma si può essere più cretini di te?» sospirò per poi chiudere l'armadio con un gesto scocciato e aprire quello di fianco «Te ne presto uno mio, bada che mi piace un sacco, se gli fai solo un graffio ti affogo nell'ofuro*** appena lo scopro»
«Allora non lo voglio, lo sai che succederà qualcosa per forza» scosse il capo rifiutando
«Eri, sei in ritardo, hai passato tre giorni a chiederti cosa mettere dato che incontrerai i tuoi cantanti preferiti e... mi fido di te» concluse a denti stretti. L'altra la guardò in faccia e fece una smorfia «Non ci sei riuscita» la accusò
«No? Scusa, è più forte di me»
«Allora smettila di fingere» ribattè prendendole il completo dalle mani
«E tu non prendertela... cosa ci posso fare se so perfettamente che lasciarti in mano qualcosa significa riaverlo indietro rotto, strappato, macchiato o non riaverlo affatto perchè l'hai perso?» allargò le braccia l'amica «E quello cerca di non strapparlo solo perchè non ci entri di seno»
«Ammazzati» sbuffò lanciandosi verso il bagno per lavarsi
«Tīng nǐ de»**** sospirò la coinquilina per tornare in cucina con la ciotola vuota.
Tokyo, Akasaka 27 Luglio 2010 ore 9:30
Era arrivato con un anticipo spaventoso. la riunione sarebbe cominciata solo entro mezz'ora e ancora non c'era nessuno nella sala che avrebbero usato. Quando entrò e la vide vuota tirò un sospiro di sollievo: pensava di trovarci già qualcuno, pensava di trovarci lei. Si allentò il nodo della cravatta e prese il cellulare in mano quando suonò. Uscendo compose la mail di risposta mandando l'ennesima riga di scuse allo studio fotografico per essere scappato tanto in fretta dal set. Tutti l'avevano rassicurato che erano solo contenti di avere un po' di riposo prima dell'arrivo di Nino per fare la sua parte, ma lui si sentiva comunque un maleducato, si era atteggiato come se volesse finire gli scatti il primo possibile, come se non ci tenesse e fosse solo una seccatura. In realtà doveva solo finire, cambiarsi e scappare dalla periferia al centro di Akasaka, in sede, senza poter usare la propria auto. Rincuorato dai collaboratori chiuse l'apparecchio e andò ai distributori del piano.
Osservò le bibite cercando di respirare a fondo: un faccia a faccia inaspettato con la sua fiamma di una volta, l'amore di sempre, la ragazza che l'aveva respinto e che non era mai riuscito a far sua. Se avesse saputo quello che sarebbe successo quel giorno forse avrebbe preso sonno la notte precedente e non si sarebbe più svegliato fino a riunione finita, invece era lì. «Sono una carota, sono una carota, sono una carota» mormorò tra sè scegliendo del caffè nero in lattina. Da un anno a quella parte era diventato il motto preferito degli Arashi tutte le volte che erano troppo tesi e sentivano di non riuscire a trovare la forza per affrontare il loro lavoro. Se lo ripetevano tra loro e ridacchiando tutto sembrava assumere una piega più semplice ed il coraggio ritornava.*****
Si mise a sorseggiare il caffè guardando fuori dai vetri del corridoio, scrutando le macchine che sfrecciavano nella via principale davanti al palazzo. Cominciò a perdersi nei suoi pensieri: quanto doveva essere cambiata in tutto quel tempo? Dalla fine del secondo anno di università si erano visti pochissimo dato che i successivi due anni si dedicavano a corsi più specialistici e avevano scelto una via differente: praticamente non avevano più avuto materie in comune. Solo nell'ultimo periodo del quarto anno erano finiti a contatto più spesso e poi si erano laureati lo stesso giorno, insieme a compagni e amici comuni. Infine l'aveva vista per pochi minuti più di un anno prima! Ricordava ancora quell'incontro inaspettato, era stato terribilmente breve eppure sapeva di essere rimasto colpito da quanto gli fosse rimasto impresso, dalle emozioni forti che gli aveva suscitato. Erina gli faceva ancora quell'effetto? Si era chiesto. E ora che gli sarebbe capitato addirittura di lavorare al suo fianco come avrebbe reagito? Che sensazioni avrebbe sentito entro pochi minuti, dentro a quella stanza, davanti ad altri completamente estranei al mondo che avevano condiviso loro due una volta? Immerso nei suoi pensieri scrutava tutti i taxi che passavano lì davanti, certo che se fosse arrivata così l'avrebbe riconosciuta anche dal terzo piano. Eppure non poteva fare a meno di chiedersi che tipo di persona era diventata Erina: era ancora la giovane spigliata e socievole che aveva incontrato all'università o era diventata una seria donna d'affari? Prima dell'università non sapeva che tipo di ragazze gli piacessero, non si era mai innamorato seriamente, poi c'era stata lei e dopo... dopo aveva cercato nelle donne una personalità completamente diversa dalla sua. Ripensandoci in quel momento, a posteriori, era come se avesse speso anni a fuggire dall'idea di Erina, temendo di rimanere legato al suo ricordo si era invece messo a valutare le donne con cui uscire proprio usando lei come metro di giudizio: meno si somigliavano meglio era. E nessuna l'aveva respinto. Semmai l'avevano lasciato dopo o era stato lui a lasciarle. Il suo carattere non faceva coppia con i loro, quelle donne erano introverse, possessive e gelose. L'opposto di Erina che era sempre stata amichevole, inafferrabile e, soprattutto, che non l'aveva mai amato. C'era da chiedersi se non fosse un po' masochista infondo.
Rischiò di farsi andare il caffè di traverso quando riconobbe la testa rossa della ragazza, ma se non fosse stato per quello non l'avrebbe riconosciuta da così in alto. Solo quando la vide sparire all'interno del palazzo, sotto di lui, gli balenò in testa una domanda che, tanto era agitato e confuso, ancora non si era fatto ma che avrebbe dovuto mettere tra le prime della lunga lista: Erina era fidanzata o no?
Tokyo, Akasaka 27 Luglio 2010 ore 9:45
Seduta sul sedile posteriore del taxi Erina cercava ti sistemarsi i capelli al meglio guardandosi nel piccolo specchietto del passeggero, l'autista l'aveva gentilmente abbassato per lei. Fortunatamente era entrata nel vestito di Ying. Era chiaramente un capo d'abbigliamento non giapponese, ma le piaceva e anche se non era un tailleur era sufficientemente elegante per indossarlo ad una riunione di lavoro. Fondamentalmente era un vestito di seta verde aderente che le arrivava fino alle ginocchia. la seta arrivava fino alle scapole e dava alla scolatura un taglio quadrato, il resto della schiena, il collo e le maniche erano di un tessuto verde più chiaro ricamato d'oro con intrecci simmetrici da una spalla all'altra tipicamente cinesi. Prima di arrivare di nuovo alla sede della JE, ad Akasaka, riuscì a sistemarsi i ricci rosso fuoco in una crocchia alta sulla nuca grazie all'uso di numerose forcine. Pagò il tassista, ma si riprese il resto: era in situazioni finanziarie migliori rispetto ai tempi dell'università, ma non era benestante quanto Himejima san da potersi permettere simili atti di generosità.
Quando scese dall'auto quasi si sentì traballare sulle scarpe a tacco alto, non perchè non fosse abituata, ma proprio perchè era emozionata. Da quando aveva compreso che avrebbero potuto lavorare con gli Arashi non aveva fatto altro che pensare a Sho e ad Aiba. Il secondo non lo vedeva da anni, forse proprio dalla sera in cui l'aveva rifiutata, mentre Sakurai lo aveva incontrato nell'inverno 2009, poco più di un anno prima. L'aveva riconosciuta subito. Da quando avevano finito l'università erano passati gli anni ed erano cambiate tante cose. Ricordava ancora il primo CD degli Arashi che aveva preso in un negozio vicino casa, addirittura due o tre mesi dopo l'uscita: ora era una loro sostenitrice quanto bastava per comprare i dischi il giorno stesso dall'uscita e per non perdersi nessuna puntata dei loro programmi. Quando le chiedevano chi fosse il suo preferito rispondeva sempre che era Masaki, mentre di Sho non diceva nulla. Non era propensa a far sapere in giro che erano stati compagni di università, ma ogni volta che sentiva altre fan parlare di lui non poteva fare a meno di ascoltare e, interiormente, vantarsi di conoscere un Sakurai Sho che nessuno aveva mai visto. Ad ogni modo con il tempo si era appassionata a tutti e cinque, così anche incontrare Matsumoto Jun la settimana prima era stato elettrizzante e l'idea di rivederlo quella mattina la agitava. Avrebbe incontrato anche gli altri? Aiba si sarebbe ricordato di lei? Continuava a chiederselo mentre stava sull'ascensore per arrivare alla sala della riunione.
C'era però una domanda, tra tutte, che non aveva il coraggio di porsi: con quale faccia avrebbe guardato Sho quando si fossero rivisti? Non era quello il giorno, sicuramente, ma prima o poi sarebbe successo quindi doveva cominciare a pensare a come comportarsi.
Akasaka, sede della JE ore 10:00
«Scusi, sono in ritardo?» domandò uscendo dall'ascensore, trafelata. In realtà era la tensione a darle quell'aria ansiosa. «Assolutamente Sheridan san, siete in perfetto orario. Cominciamo alle dieci» rispose un uomo che attendeva fuori dalle porte
«Sono le dieci e qualche secondo, dovremmo essere già intorno al tavolo e aver preso il fiato per cominciare a parlare» spiegò inchinandosi «Non so come scusarmi per il ritardo»
«Non si deve preoccupare. Sappiamo che per gli ospiti può volerci un po' di tempo per prendere il pass e raggiungerci» spiegò quello sorridendole
«La soluzione è semplice: regalatemene uno» propose lei apprestandosi a seguire i passi dell'altro
«Vedremo cosa sarà possibile fare» rispose quello rigido
«Ehi, stavo scherzando» fece osservare guardandolo perplessa. L'uomo le sorrise a stento «Mi scusi, è che sono un po' nervoso. E' il primo lavoro importante che i miei superiori mi affidano, è così importante per me fare bella figura» spiegò fermandosi davanti ad una porta
«Non posso dire di saperne più di lei, ma le assicuro che nelle mie esperienze di lavoro di gruppo la cosa migliore si rivelava sempre essere se stessi. Se sta così sulle sue potrebbe non avere il coraggio di indicarmi un errore e così rovinerei tutto quanto» ipotizzò
«Ma lei non potrebbe mai sbagliare, mi hanno detto che è molto brava... io invece sono solo un impiegato semplice e... veramente» sembrava sempre più nel panico «Non so se può capire» spiegò abbassando la voce, ancora non aprendo l'entrata della sala «Ma gli Arashi al momento sono il gruppo di punta dell'agenzia, occuparsi di loro significa occuparsi dell'immagine dell'agenzia stessa. Nuocere a loro significa colpire l'agenzia direttamente. E' una grossa responsabilità»
«Senta...» abbassò lo sguardo sul cartellino attaccato alla giacca dell'uomo «Ogura san, lei era felice di aver ricevuto questa opportunità, vero?»
«Chiaramente» annuì lui
«Allora la sfrutti al meglio e faccia vedere a tutti che se l'è meritata e che la loro fiducia è ben riposta. Inoltre deve pensare che io sono nella sua stessa situazione: hai idea di quanto sia importante questo lavoro per il mio ufficio? Se fallisco verrò probabilmente licenziata. Dato che nessuno di noi vuol fare una brutta fine... diamoci dentro» concluse sorridendogli. L'uomo sembrò seriamente rincuorato e annuì prima di aprire la porta. Erina sospirò: aveva fatto la sbruffona, poteva permettersi di parlare a quel modo solo perchè era giovane e se avesse perso il lavoro avrebbe potuto trovarne un altro, ma quell'uomo doveva essere sulla quarantina quindi non era vecchio, ma sicuramente non avrebbe trovato facilmente altri impieghi se avesse rovinato il colosso della Johnny's Enterateinment. Così parlando però si era anche fatta coraggio da sola: la tensione per via degli Arashi non era niente paragonata alt errore che provava a dover affrontare quel lavoro tanto importante completamente da sola, quello sì che le faceva venire voglia di scappare lontano urlando.
«Scusate l'attesa» annunciò Ogura san aprendo la porta «Ero andato a recuperare la signorina Sheridan all'ascensore». Erina trattenne il fiato quando girò gli occhi nella stanza, rimanendo sulla soglia, per guardare in faccia le persone con cui avrebbe collaborato per parecchi mesi. Mancava qualcuno. «Nessuno problema, tanto Sakurai san ancora non è arrivato» rispose un secondo uomo che si alzò dalla sua sedia e le venne incontro con aria seria «Molto piacere, io sono Setsuna Kimura» fece inchinandosi e porgendole un biglietto
«Piacere di fare la sua conoscenza. Il mio nome è Sheridan Erina» rispose completando lo scambio dei biglietti da visita
«Sheridan san è l'incaricata dell'Himejima studio, vero?» domandò questi dopo aver letto il foglio
«Si, esattamente. Solo...» cominciò scrutando i due uomini in viso, con attenzione «Dato che lavoreremo per molti mesi, posso chiedervi di chiamarmi...»
«Erina san, giusto?» domandò una voce alle sue spalle. Quando volse il capo Sakurai Sho stava con un braccio alzato appoggiato allo stipite della porta, indossava una giacca grigia su una camicia bianca stretta all'altezza dello stomaco da un gilet nero. La cravatta era dello stesso colore della giacca e i jeans verde acqua scuro gli calzavano a pennello sopra le scarpe nere. Il viso dalla pelle liscia aveva un sorriso appena accennato ad abbellirlo e una frangetta scompigliata arrivava fin poco sopra gli occhi scuri, brillanti, che la guardavano.
«Si, giusto. Lo preferirei» rispose continuando a fissarlo
«Effettivamente suona un po' strano "Sheridan san"... senza offesa» osservò Ogura san
«Vada per "Erina san". Allora, Erina san, questo è Sakurai Sho» glielo presentò Kimura san come se ce ne fosse bisogno: a prescindere dal fatto che già si conoscevano -ma lui non poteva saperlo- chiunque in Giappone sapeva chi fosse Sakurai Sho.
*Den-en Chofu è un quartiere di lusso nella zona sud di Tokyo. Non so minimamente dove abiti Sho, chiaramente, ma ho pensavo che questo fosse un buon posto dove piazzare una famiglia con padre in politica, madre professoressa universitaria e figlio uomo di spettacolo famoso (prima o poi diventeranno qualcuno anche la sorellina e il fratellino, è destino! XD)
**Ying è cinese, dato che Erina ha studiato cinese all'università le può parlare in cinese. Generalmente non credo metterò cose in cinese, ma qui ci stava bene perchè tutto sommato nemmeno Erina, come il lettore, sta capendo nulla: è troppo addormentata!
Queste le frasi tradotte:
你在休息吗? nǐ zài xiū xī ma? = Stai dormendo?
醒呢 xǐng ne = svegliati eh
Eri 醒吧! Eri xǐng ba! = Eri svegliati!
糟糕! 醒吧 zāogāo! xǐng ba! = Maledizione! Svegliati!!
***La vasca dei bagni giapponesi
****听你的 tīng nǐ de = Ti ascolterò. In questo caso è l'equivalente di una ironica risposta "lo farò" in italiano.
*****Capitolo 3 di Zakuro, quando Yun-seo scambiò la parola "ninjin" (carota) con "ningen" (essere umano)