Nick Autore:
yukiko_no_nijiTitolo: Kimi ga koko ni inai nara kono sekai ni miru mono wa nai. {Seasons - Akanishi Jin}
Numero Parole: 1361 @
fiumidiparolePairing/Personaggi: Yaotome Hikaru/Inoo Kei
Raiting: NC17
Genere: Erotico, Sentimentale, Death fic!
Avvertimenti: Slash, One-Shot
Intro/Note: I protagonisti di questa storia non mi appartengono - eh, magari -, ma si appartengono tra di loro interscambiandosi. La storia di cui sotto è tutta mia immaginazione.
Il titolo 'Se tu non ci sei allora in questo mondo non c'è niente da vedere' è tratto da Seasons di Akanishi Jin.
Questa storia partecipa al "Carnevale delle Lande" per la community
kinkmemeita con il prompt "Angry sex" di
vogue91 Kimi ga koko ni inai nara kono sekai ni miru mono wa nai.
Quella sera Hikaru si sentiva strano.
In realtà erano giorni che sentiva come se qualcosa non stesse andando per il verso giusto.
Non sapeva perché, e per un certo periodo aveva avuto paura di indagare, perché in realtà, in fondo al suo cuore, sapeva già che cosa stesse succedendo intorno a lui.
Era rientrato in casa e l’aveva trovata deserta.
Kei non avrebbe dovuto lavorare quel pomeriggio e dopo aver fatto un giro per la casa, il biondo si accorse che il suo fidanzato non gli aveva lasciato neanche un messaggio da qualche parte.
Controllò il suo cellulare, ma anche lì nessuna mail era segnata.
Sospirò, buttando l’aria fuori dai polmoni, pieno di rabbia.
Sapeva che cosa stesse succedendo, ma non avrebbe voluto trovarsi davanti alla realtà.
O forse sì.
Si tolse la giacca che aveva indossato quel pomeriggio e la posò distrattamente sul divano.
Si guardò intorno e prese a camminare avanti e indietro nel piccolo salotto.
Quell’appartamento non era grande, ma era il posto in cui lui e Kei erano stati capaci di creare un ambiente intimo, un luogo tranquillo in cui tornare la sera, dopo stressanti ore di lavoro, passate a ballare, a condurre programmi e a sentire le urla delle fan che chiamavano i loro nomi.
E per molti mesi era stato come vivere nel paradiso.
Quando Kei gli aveva chiesto di uscire assieme a lui, e dopo qualche mese che si frequentavano, gli aveva chiesto di andare a vivere insieme, Hikaru si era sentito al settimo cielo.
Per mesi si era sentito bene e in pace con se stesso.
Amava Kei e sapeva di essere ricambiato.
Lo vedeva sorridere ad ogni sua affermazione, se lo ritrovava sempre vicino quando preparava qualcosa da mangiare, o alla sera, quando guardavano la televisione, gli si buttava sempre addosso, abbracciandolo e non staccandosi mai da lui.
Ma poi, giorno dopo giorno, le cose erano cambiate.
Inoo aveva iniziato a farsi più silenzioso e quel sorriso che prima era sempre sulle sue labbra, era diventato più unico che raro in presenza di Hikaru.
Ed il più piccolo odiava quella situazione.
Odiava non avere le cose sotto controllo.
Quando sentì la serratura della porta fare rumore, si affacciò all’entrata della casa, trovandosi davanti un Kei affannato.
Aveva corso.
Probabilmente aveva corso per riuscire ad arrivare in casa prima di lui, per infilarsi nella doccia e togliersi di dosso quell’odore che aveva già pervaso la stanza.
Hikaru lo conosceva bene quell’odore. E lo conosceva perché anni prima era stato a stretto contatto con la persona che stava cercando di portargli via Kei.
“Dove sei stato?” gli chiese Hikaru accusatorio, conoscendo già la risposta.
“Hikka… non è come pensi...” tentennò l’altro.
“E cosa starei pensando, Kei? Ti ho solo chiesto dove sei stato” ripeté ironico, con un tono gelido.
“Lo sai dove sono stato.”
Kei fece per superarlo, per entrare nella camera da letto, ma Hikaru lo bloccò, prendendogli il braccio con una mano, quando sentì il profumo di Yabu Kota pervadergli i sensi.
Con la mano libera mollò uno schiaffo violento su una guancia di Kei, facendogli voltare la testa di lato.
Vedeva già il rossore affiorare su quella pelle delicata, su quella pelle che tanto amava.
Ma sentì che non sarebbe più riuscito a frenarsi.
Kei lo aveva tradito.
Kei lo aveva tradito con Kota.
Kei lo aveva tradito con Kota, il suo ex.
Lo trascinò dietro di sé nella stanza da letto.
Se aveva così voglia di farsi scopare, non si sarebbe fatto pregare.
Lo spinse sul letto e lo fece cadere di schiena sul materasso, poi gli montò sopra cavalcioni.
Gli tolse con violenza la felpa che indossava e strappò la maglia di cotone che aveva sotto.
Aaprì la cintura dei pantaloni e glieli sfilò insieme ai boxer.
Vedeva il terrore negli occhi di Kei.
Non lo aveva mai visto così spaventato in vita sua.
“Hikka…”
Hikka?
Lo aveva seriamente chiamato Hikka?
Aveva voglia di scherzare, evidentemente.
Hikaru si avventò sul suo collo, mordendolo con rabbia, tenendo le piccole spalle dell’altro piantate sul materasso.
Lo sentì urlare di dolore.
“Hikaru smetti… per piacere…”
“Non ti è dispiaciuto tanto farti scopare da Yabu, non è vero?”
Vide una lacrima scivolare sul volto di Kei.
“Hikaru… mi dispiace.”
“A me no” mentì il biondo. “Ti sei solo rivelato per quello che sei veramente… una piccola puttana succhia cazzi.”
Non era vero.
Non era vero che pensava una cosa simile.
Se solo non gli avesse risposto in quel modo…
“Lo sai dove sono stato…”
Se solo non avesse sentito l’odore di Kota sulla sua pelle, non sarebbe mai impazzito.
Ma la rabbia lo aveva totalmente accecato e l’unica cosa che voleva fare era togliere dalla faccia di Kei quel suo sorriso che adesso non era più suo. E soprattutto voleva togliere dal suo corpo l’odore dell’altro.
Si liberò della tuta che aveva indosso quel pomeriggio, senza curarsi di togliere la maglia.
Vedendo l’altro fremere di paura si era eccitato all’invero simile.
Si portò una mano sul membro e lo scoprì già duro e bagnato.
Non si curò di prepararlo.
Voleva vederlo negli occhi.
Voleva vedere la sua faccia provare dolore, piangere lacrime amare, perché era quello che si meritava.
Hikaru aveva fatto tutto per lui, ed era stato ripagato con un tradimento.
Entrò in lui con una spinta secca, violenta, e non dette tempo a Kei di respirare, perché era già fuori dal suo corpo, per poi rientrarci di nuovo.
“Hikaru… ferma-ti.”
La voce dell’altro era strozzata, vedeva le lacrime scorrere sul suo volto.
Portò una mano sul suo petto e con le dita iniziò a dargli pizzicotti ovunque, senza curarsi della forza che utilizzava.
“Allora, che cosa pensi?” urlò, mentre continuava a penetrarlo con violenza, sempre più veloce.
Sentirlo così resistente gli faceva annebbiare i sensi, ma fece di tutto per rimanere concentrato su di lui.
“Credi che sia più bravo di me? Credi che possa renderti più felice di me?”
Non gli importava niente della voce sofferente di Inoo che cercava di fermarlo.
Quando il più grande tentò di spingerlo via, portando le mani sul suo petto e spingendo, Hikaru si fermò un attimo e con una mano prese con violenza entrambi i polsi di Kei e strinse con tutta la forza che aveva in corpo.
Lo sentì urlare nuovamente di dolore e si ritrovò a sogghignare.
Con l’altra mano lo schiaffeggiò nuovamente, stavolta colpendo anche il suo naso.
Vide un rivolo di sangue scendergli da una narice, finire nell’apertura della bocca, ma non se ne curò.
Riprese a penetrarlo con forza, fino a che non sentì di essere quasi al culmine della sua resistenza.
Si avvicinò ancora di più al suo corpo e gli morse un capezzolo.
L’urlo che gli arrivò alle orecchie, lo fece arrivare al culmine della resistenza e venne dentro di lui, continuando a muoversi convulsamente.
Aveva ancora i suoi polsi tra le mani, quando si sfilò da lui e buttò le braccia sul suo corpo, lasciandolo andare.
Lo vide raggomitolarsi su se stesso, piangere sommessamente.
Vedeva il volto di Kei in lacrime e la sua voce arrivò troppo lontana perché lui gli fosse davvero così vicino.
“Non volevo. N-non così.”
Non voleva crederci.
Non poteva crederci.
“Sei solo un falso” sibilò a labbra strette.
Perché sapeva che prima o poi sarebbe finita così.
Perché sapeva che Kota gli avrebbe portato via Kei.
Hikaru si sentì morto dentro.
Lo vedeva, così piccolo accanto a sé.
La pelle arrossata, le tracce dei suoi morsi sulla sua pelle.
Il naso sanguinante.
Si odiò, perché anche in quel momento lo trovò perfetto.
Si odiò, perché sapeva che ormai non era più suo, perché sapeva di averlo perduto.
Si odiò, perché sapeva che avrebbe potuto fare un’unica cosa, per liberarsi finalmente di lui, per non vedere la sua perfezione anche quando gli aveva fatto tutto quello.
Se non avrebbe potuto averlo lui, allora nessuno avrebbe avuto l’amore di Kei.
Prese il cuscino che aveva lì vicino e lo avvicinò alla faccia del più grande.
Ancora scosso dai singhiozzi, l’altro non ebbe tempo di reagire e non poté frenarlo.
HIkaru premette con tutta la forza che aveva.
Vide le braccia di Kei dimenarsi, le sue gambe cercare di colpirlo, ma dopo qualche secondo, Hikaru non avrebbe saputo dirlo con sicurezza, vide il corpo dell’altro rilassarsi, smettere di muoversi.
Gli tolse il cuscino dalla faccia e lo guardò.
Le guance rigate dal pianto, il sangue che si era sparso sul suo viso.
Hikaru si chinò su di lui, leccando diligentemente lo sporco, per poi tornare a guardarlo.
Aveva il sapore del sangue dell’altro nella sua gola.
Si avvicinò di nuovo a lui e lo abbracciò, sapendo che ormai quel corpo e quell’anima non sarebbero mai stati più di nessuno.
Si addormentò, cullato dal suo odore sul corpo di Kei.