[Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo] A little bit of love [02/02]

Feb 12, 2014 15:23

Titolo: A little bit of love
Fandom: Percy Jackson e gli dei dell’olimpo
Pairing: Gareth Mahe (OC) x Nico Di Angelo ; Percy Jackson x Annabeth Chase ; Nathaniel Yukase (OC)
Rating: NC17
Avvertenze: Slash, su tutta la seconda saga
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: Nico raggiunse il Campo Mezzosangue insieme a Gareth subito dopo i suoi incubi. Nico sapeva che le cose non avrebbe potuto fare altro che peggiorare, ma di certo non si aspettava che precipitassero in quella maniera. Rivedere Nathaniel Yukase dopo quasi dieci anni, era come buttare sale su una ferita ancora aperta.
Note: Scritta per il COW-T di maridichallenge con il prompt "Leggenda; e per la 500themes-ita con il prompt "118. Una strada luminosa che mi lascia soloquot;
Note 2: Seguito di " You are the only light I ever saw".
Il personaggio di Nathaniel Yukase viene da * questa* storia, una long-fic ancora in corsa.
WordCount: 6.388 fiumidiparole

Di fronte alla macchina dell’autonoleggio, Nico osservò i due compagni.
La voce non gli era ancora tornata e più si sforzava di parlare più gli sembrava che una mano invisibile si stringesse sempre di più sulle sue corde vocali, bruciandogli la trachea.
Alla fine aveva desistito, arrendendosi al destino.
« Bene. Qualcuno di voi sa guidare? » chiese Nate « Io so guidare solo le moto. Le macchina non mi piacciono. »
Nico scosse la testa.
« Cosa? Mi state dicendo che nessuno di voi due sa guidare una stupidissima macchina? » esclamò Gareth esasperato.
Afferrò le chiavi della mattina dalla mano di Nate con uno sbuffo. L’idea di farsi dieci ore di viaggio non lo entusiasmava per niente.
Nico alzò le spalle, come a dire “Beh, che ci vuoi fare? Io viaggio nell’ombra!” e avrebbe anche trasportato entrambi i suoi compagni fino a Lincoln in un viaggio unico, ma era troppo stanco anche solo per portare sé stesso.
Aveva perso troppo sangue e, anche se gli seccava ammetterlo, aveva bisogno di mangiare qualcosa. Seduto sui sedili posteriori della macchina, Nico iniziò a sgranocchiare dei biscotti al cioccolato di Gareth.
In quel momento avrebbe tanto voluto svegliarsi nel suo appartamento e scendere a comprarsi un cappuccino o una enchiladas.
Sbuffò, portandosi una gamba al petto e osservando fuori dal finestrino. Gareth aveva messo la sua musica infernale e Nate, amante della musica classica, si lamentava. Nico si estraniò. Non avrebbe fatto lo stesso errore del treno, quando si era addormentato.
Si passò una mano sulla ferita bendata della fronte. Sentiva solo un debole pulsare adesso. Nate doveva avergli tolto davvero tutte le schegge di vetro. Non credeva davvero che la crema che gli avesse spalmato potesse davvero funzionare in quella maniera miracolosa.
Si chiese dove l’avesse presa, prima di ricordarsi che Apollo era anche il patrono della medicina e dei dottori. Ovviamente, Nate doveva essere bravo anche in quello.
Si scoprì ad odiarlo.
Era così maledettamente perfetto che provare odio nei suoi confronti era facile come respirare.
Strinse le mani sull’elsa della spada, osservandola.
Era semplicemente stanco Nico. Andava avanti per inerzia, perché gli andava bene così, perché era più facile così.
Perché desiderava solo vivere in santa pace, nulla di più.
E ogni volta che gli sembrava di raggiungere un piccolo appiglio di tranquillità, arrivava subito qualcosa o qualcuno a strappargli la roccia su cui si era aggrappato, buttandolo di nuovo giù dal burrone.
Osservò Gareth che cantava a voce alta, mentre Nate si era arreso, ottenendo solo che si potesse abbassare un po’ di volume.
Sonnecchiò di tanto in tanto. Aveva perso appetito e Gareth non sembrava perdere mai la concentrazione. Di tanto in tanto anche Nate si arrendeva al sonno, socchiudendo gli occhi. Ma Nico aveva la sensazione che qualunque cosa facesse, le immagini del futuro tornavano a tormentarlo.
Chissà se aveva passato le due settimane di completa cecità come un dramma, come aveva tentato di far passare da Chirone, o se fossero state due settimane di pace completa.
Non vedeva niente. Né il presente e nemmeno il futuro.
Forse, per Nate, erano stati i giorni più belli della sua vita, suonando la sua arpa e la sua chitarra sulla cima di una montagna innevata, in compagnia solo di monaci tibetani che predicano la pace e la tranquillità.
Non mancava molto. Avevano passato da poco il cartello di confine del Nebraska. Lincoln doveva essere vicina e anche il loro incontro con Percy ed Annabeth.
C’era stato qualcosa nel suo sogno che continuava a stonare. Come se Hermes si fosse arrabbiato troppo o che avesse detto qualcosa in più.
“Non è mia intenzione riportare in vita nessuna. Nemmeno il mio sfortunato figlio” così aveva urlato ai suoi amici, mentre i due serpenti sul bastone si contorcevano, sibilandogli contro.
C’era qualcosa. Qualcosa in più. Qualcosa che Annabeth non aveva detto ma che Hermes già sapeva.
Prese un profondo respiro, buttando fuori il fumo della sua ennesima sigaretta. Osservò sconsolato il pacchetto di sigarette. Ne era rimasta solo una, solitaria, che veniva sballottata ad ogni passo.
Nico evitò di paragonare quella sigaretta a sé stesso. Non c’era tempo per piangersi addosso.
In più, gli girava la testa e si sentiva fiacco. Si portò una mano alla testa e quando tolse le dita vide che erano piene di sangue. Spostò allora lo sguardo sulle braccia e si toccò ancora il viso. Anche la spalla aveva ripreso a pulsare per il dolore.
Si portò le mani davanti al viso, osservandole intimorito piene del proprio sangue. La voce ancora non era ritornata.
Iniziò a sbattere nervosamente una mano sulla spalla di Gareth, che appena vide le sue condizioni dallo specchietto retrovisore sterzò verso la prima uscita disponibile.
Nico si lasciò ricadere contro il sedile, la vista leggermente annebbiata, il respiro affannato. Riuscì solo a vedere Nate che saltava accanto a lui, tirandolo a sedere meglio che poteva.
Il figlio di Ade avrebbe voluto scostarsi, ma non ci riusciva. Stava male. Per ogni goccia di sangue che scivolava via, Nico sentiva che un pezzetto di vita moriva.
Letteralmente.
Nico aveva provato il dolore della morte. Aveva sofferto e urlato. Ma quello che aveva passato nel Tartaro non era minimamente paragonabile a quello che stava passando in quel momento.
Semi sdraiato contro Nate, mentre stava velocemente perdendo coscienza e mentre avrebbe voluto chiedergli scusa per aver inondato la camicia di marca di sangue, Nico sentiva che era arrivata la fine.
Nate stava frugando nel suo zaino, gli stava cambiando garze, gli stava tamponando la perdita di sangue in qualunque maniera possibile.
Ma non una divinità Nate. Era solo un figlio di Apollo tanto bravo in molte cose, ma non poteva impedire la morte.
La frenata lo riscosse leggermente.
Vide la portiera posteriore aprirsi e Gareth catapultarsi di fronte a lui. Nico tentò di abbozzare un sorriso, afferrandogli nervosamente la mano, stringendola con le ultime forze che aveva.
Avrebbe voluto sussurrargli o anche solo mimargli un “Grazie di tutto”, ma non ci riuscì.
Quando chiuse gli occhi, l’ultima cosa che vide fu Gareth che era rimasto immobile di fronte a lui, troppo sconvolto per dire o per fare qualunque cosa.

Quando riprese i sensi era notte fonda. Non sapeva avrebbe saputo dire esattamente quanto tempo era passato da quando aveva creduto di morire dissanguato in una macchina a noleggio mentre stringeva la mano di Gareth.
Sbatté le palpebre un paio di volte, tentando di abituarsi al buio. Doveva trovarsi dentro un letto, forse era la stanza di un motel. Sentiva le bende a contatto con la pelle, strette intorno alle braccia e intorno alla testa. Il sangue doveva aver smesso di uscire e si sentiva abbastanza in forze.
Non era in ottima forma (ma Nico non era mai . ottima forma, forse aveva ragione Hazel quando gli diceva che doveva mangiare di più) ma sempre meglio della morte imminente dell’ultima volta.
Tentò di muovere le gambe, sentendole intorpidite, come se non le muovesse da anni e si irritò, schioccando la lingua contro i denti.
Sentiva un peso sul braccio e delle dita che gli stringevano la mano destra. Provò a muovere il braccio sinistro, ma riuscì solo a muovere le dita. Il resto del braccio sembrava completamente addormentato.
La persona addormentata accanto a lui si mosse leggermente. Si ricordò che c’era qualcuno che gli stringeva la mano e subito Nico sentì il cuore battergli più velocemente petto, pensando a Gareth.
Era rimasto con lui tutto quel tempo?
« Mh… Nico? »
Il semidio sentì un macigno piombargli a peso morto sul petto. Non era Gareth.
Era solo Percy.
« Eh? Nico? » esclamò l’amico, svegliandosi di colpo.
Nico serrò gli occhi quando Percy accese le luci della stanza all’improvviso. Impiegò qualche secondo prima di azzardarsi a riaprirli
Percy troneggiava su di lui, al suo fianco. Aveva gli occhi lucidi, il volto sembrava devastato dalla stanchezza. Due brutte occhiaie spuntavano sotto i suoi occhi, rendendolo ancora più magro.
Il semidio si avvicinò ancora di più.
« Stai bene? »
Nico annuì, ancora spaesato da tutto quel rumore e dalla luce improvvisa. Stava lentamente riprendendo possesso del suo corpo.
« Come ti senti? Ti fa male da qualche parte? Oh miei dei! Pensavamo tutti che saresti morto ad Indianapolis! » mormorò poi abbattuto.
Nico tentò di alzarsi a sedere, ma il figlio di Poseidone glielo impedì, appoggiando delicatamente una mano sulla spalla sana. Nico arrossì, spostandosi debolmente.
« Rimani giù, devi riprenderti. Prova a parlare, dovresti… essere guarito del tutto. »
Il più piccolo fece finta di non aver sentito la nota di incertezza nella sua voce, come se Percy avesse voluto dire “Ehi amico, sei vivo per fortuna, ai miracoli ancora non ci arrivo, ok?” e annuì.
Inghiottì un po’ di saliva, sentendo la gola secca.
« Dove… sono… gli altri? » gracchiò con voce roca, non riuscendo a scandire bene ogni parola.
Si chiese se Percy era riuscito a capirlo. Portò una mano alla gola. La sentiva bruciare, come se avesse buttato giù un sorso di fuoco infernale.
Percy si lasciò andare ad un verso di soddisfazione, abbandonandosi contro il divanetto dietro di lui, passandosi le mani sul viso.
« Sono giù a mangiare qualcosa. Annabeth ha portato via Nate e Gareth prima che iniziassero a picchiarsi. »
Nico alzò un sopracciglio, come a chiedergli ulteriori spiegazioni. Non si fidava della propria voce ancora.
Percy parve comprenderlo e si passò una mano fra i capelli, scompigliandoseli ancora di più.
« Boh, non lo so. Non ho capito nemmeno io che cosa è successo. Un secondo prima Nate e Gareth si stavano bendando, il secondo dopo erano in piedi che litigavano. Quindi Annabeth li ha portati via. » ripeté.
Nico accennò un sorriso, tossendo leggermente.
« Almeno… le sa tenerli… buoni. » mormorò piano.
L’altro scoppiò a ridere.
« Oh diamine, sì. » confermò.
Nico tentò di nuovo di alzarsi a sedere, ignorando le proteste di Percy, di nuovo al suo fianco per aiutarlo a sistemarsi.
Si guardò intorno.
La stanza era abbastanza piccola. C’erano tre letti, due matrimoniali e un singolo. Nel singolo c’era lui e il proprio letto era sistemato contro il muro più lungo. Vicino alla porta del bagno c’era un piccolo mobiletto, pieno di garze e disinfettanti, mentre nel cestino o sul pavimento erano abbandonate garze insanguinate.
Sparse un po’ per tutta la stanza, bacinelle d’acqua.
Dovevano trovarsi in un motel vicino o nella periferia di Indianapolis.
« Te la senti di rimanere da solo qualche minuto? Scendo a chiamare gli altri, per dirgli che ti sei svegliato. »
Nico annuì.
« Se discutono… ti autorizzo ad abbatterli. » brontolò tirando le lenzuola più su, coprendosi le braccia.
Percy rise ancora.
« Va bene, lo farò. Ti porto qualcosa da mangiare? » chiese poi.
Nico sentì lo stomaco stringersi ancora di più e scosse la testa, con un verso di insofferenza. L’altro annuì e si chiuse la porta alle spalle.
Intorno a lui tornò il silenzio. Si appoggiò al muro, socchiudendo gli occhi, sospirando profondamente.
Il fatto che ci fosse qualcuno particolarmente arrabbiato con lui, ormai era indubbio. Nico si chiese solo quale divinità aveva fatto arrabbiare. Non si era mai preoccupato di nessuno di loro (a malapena prestava attenzione al padre) e quindi era assolutamente certo che nessuna delle sue azioni degli ultimi mesi avrebbe potuto irritarli.
Mosse le dita di mani e piedi, sentendole di nuovo proprie, insieme alle gambe e alle braccia.
La spalla gli faceva solo un po’ male se la muoveva bruscamente. Si portò una mano alla testa. Il sangue aveva smesso di uscire da tutte le sue ferite, anzi, alcune erano già chiuse. Di quelle più profonde, come quella sulla spalla e sulla tempia, rimaneva solo la crosta.
Osservò di nuovo le bacinelle d’acqua e ripensò a Percy accanto a lui con quella faccia stanchissima.
Probabilmente era stato lui a salvarlo, con il suo potere da figlio di Poseidone. Doveva essere arrivato davvero al limite delle sue forze per aiutarlo.
La porta si aprì di nuovo, più violentemente questa volta e per istinto Nico puntò i suoi occhi sulla propria spada, abbandonata nel letto accanto. Ma non c’era nessun pericolo. Era solo Gareth che si scapicollò al suo fianco.
« Come stai? Ti senti bene? Ti fa male qualcosa? »
Nico alzò gli occhi al cielo, osservandolo storto.
« Sto bene. Tranquillo. »
Gareth sorrise, ignorando i suoi versi di disappunto e si sedette al suo fianco, stringendogli una mano. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma rimase in silenzio, come se si fosse ricordato improvvisamente di non essere da solo.
« Allora, cos’è successo mentre dormivo? » chiese Nico, parlando sempre con fatica.
« Mah, nulla di che. » rispose Gareth « Ti abbiamo salvato, abbiamo difeso il tuo corpo inerme da un gruppo di mostri assetati di sangue, ci è saltata in aria la macchina, abbiamo camminato sotto al sole prima di raggiungere questo motel e poi hai dormito per due giorni. » concluse contando tutti gli eventi sulle dita, come se stesse elencando la lista della spesa.
Nico alzò un sopracciglio.
« Oh. » si limitò a dire « Mi dispiace per aver creato tutti questi problemi. Di solito sono più bravo a combattere. » meditò pensieroso.
Annabeth uscì fuori dall’ombra di Nate. Sembrava abbastanza scossa.
« Non è colpa tua. » disse « Non ti stavi semplicemente dissanguando. I tuoi tessuti epiteliali… stavano marcendo Nico. Se Percy non ti avesse curato in tempo… »
« Sarei diventato un mucchietto di polvere marcia. » concluse per lei, amaramente « Ah, Annabeth, ascolta. Quando siete andati da Hermes, che cosa gli avete detto esattamente? »
Lei ci pensò un secondo.
« Percy, che è sempre molto diplomatico, gli ha chiesto se per caso avesse assunto un Negromante per rubare la lista dei morti a Tanato. E, se non lo aveva fatto, chi avrebbe potuto spacciarsi per lui in maniera così evidente. »
Nico annuì e si frugò nella tasca del jeans. Il suo pacchetto di sigarette era ancora là. Se ne accese una, ignorando la faccia sconvolta di Annabeth e l’avvertimento “Non fumare” appuntato dietro la porta.
Gareth sospirò, limitandosi ad alzarsi per aprire la finestra che dava sul corridoio del motel.
« Davvero, perché non ti hanno ancora nominato ambasciatore del Campo Mezzosangue? » chiese ironico il figlio di Ade, osservandolo.
Percy si limitò ad alzare braccia e spalle, a mò di scusa.
Nico buttò fuori una boccata di fumo, facendosi pensieroso.
Si ricordava bene cosa aveva detto il dio nel suo sogno, prima di volare come un pezzo di legno fuori dal finestrino.
« Sono abbastanza sicuro che ci sia Hermes dietro tutto questo. » affermò spegnendo la sigaretta in un bicchiere pieno d’acqua.
« Quando c’è stato l’incidente con il treno mi ero addormentato e nel mio sogno lui ha detto “Non è mia intenzione riportare in vita nessuna. Nemmeno il mio sfortunato figlio” e se voi gli avete chiesto delle informazioni, allora deve sapere per forza qualcosa in più. Può aver comprato lui il Negromante. »
« Quindi Hermes ha intenzione di far resuscitare Luke? »
« Sarebbe terribile. » si limitò a dire Annabeth, dopo svariati secondi di silenzio.
« Già. » commentò Gareth « Non ho idea di chi sia questo Luke, ma quando tornano in vita i morti non sono mai di buon umore. Non gli piace essere disturbati durante il loro sonno. »
« Questo non cambia nulla. » replicò Nico « Qualunque sia lo scopo di Hermes a noi non deve importare. Dobbiamo impedire che Luke torni in vita permanentemente, oppure l’equilibrio fra la vita e la morte sarà sbilanciato. E a quel punto ci dovresti pensare te, no Gareth? Di certo noi semidei non possiamo riportare Luke indietro. »
« Sì, decisamente è un problema che gradirei evitare. Non solo anche per i Negromanti può essere complesso riportare indietro un’anima resuscitata, ma non sappiamo nemmeno se adesso si trova nel Campi Elisi o nei Prati Asfodeli. Se un’anima viene riportata alla vita mentre si trova nei Prati Asfodeli ed è quindi in attesa di rinascere in un altro corpo umano, questa sarà per sempre costretta a vagare nella pena e nel dolore dell’Oltretomba. E’ come se avesse perso per sempre il suo biglietto della coda. » confermò Gareth, con un lunghissimo discorso, prima di tornare di nuovo in silenzio.
Ognuno di loro guardava in una direzione diversa.
« Qualcuno ha una vaga idea di dove possiamo trovare questo maledetto tablet? » domandò esausto Percy.
Nico notò che sembrava ancora più distrutto di quando si era risvegliato. Tutte quelle notizie su Luke dovevano averlo sconvolto.
Nate tossicchiò, facendosi avanti.
« Da quando siamo partiti ho avuto solo una fugace visione. Ho visto un fiore di loto rosa. Può essere d’aiuto? » chiese perplesso.
Annabeth e Percy si guardarono e Nico si passò una mano sul volto. Sembrava che tutta la stanchezza gli fosse piombata all’improvviso sulle spalle.
« Sì. » mormorò Annabeth « Vuol dire che domani in mattinata partiamo per Las Vegas. » continuò con un sospiro « Destinazione Casinò Lotus. »
Gareth guardò Nico.
« E’ un posto tanto brutto? » domandò.
L’interessato finse di pensarci.
« No, se non ti interessa passare il resto della tua vita chiuso in un casinò a giocare per tutta la vita e a fare tutto quello che ti pare. Per il resto, è peggio dell’Inferno. »
« Oh. » Gareth fece per dire qualcos’altro, ma rimase in silenzio « Quindi partiamo domani mattina? Ti senti meglio? »
Nico annuì.
« Sì. Ora dormo un po’, così… mi riprendo del tutto. » abbozzò un sorriso « Su. Smetti di guardarmi come se stessi per morire da un momento all’altro. Guarda, posso perfino alzarmi! » esclamò poi a disagio, scostando le coperte e allontanandosi nel silenzio dei suoi compagni.

Nico raggiunse la piscina del motel. Grazie agli dei nessuno lo aveva seguito o tentato di dirgli qualcosa.
In realtà si sentiva ancora fiacco, come se il potere di Percy stesse lentamente perdendo efficacia. Si sentiva come un castello di carte che sta per controllare su sé stesso.
Si accese una nuova sigaretta, sedendosi sul bordo della piscina, osservando la superficie leggermente disturbata dal vento.
Dalla tasca del giacchetto sbrindellato tirò fuori una manciata di semi. L’ultima volta che li aveva mangiati era stato per sopravvivere sei giorni dentro una giara. I semi di melograno lo avrebbero mandato in una specie di coma indotto e avrebbe impedito di creare altro problemi al gruppo.
La missione era troppo importante perché si perdesse tempo dietro ad un ragazzo che aveva attirato su di sé l’ire di qualche divinità psicopatica.
Infilò di nuovo i semi al loro posto.
Si rialzò in piedi, rientrando dentro la stanza. Vide che tutti stavano già dormendo, addormentati alla bell’è meglio alla velocità della luce.
Percy ed Annabeth in un letto matrimoniale, Nate in quello singolo. Gareth era già rotolato su un fianco in quello matrimoniale, abbracciato al suo bastone da Negromante.
Nico inciampò nello zaino di Gareth. Si ricordò che si era portato dietro dei libri e li prese, tornando di nuovo fuori sul corridoio. Si sedette a terra, schiena contro il muro, fumando ancora.
Stava albeggiando quando si accorse che iniziava a sentirsi stanco.
Ponderò che sarebbero partiti da lì a tre o quattro ore e gli conveniva riposarsi un po’. Rientrò in stanza, si stese nel letto accanto a Gareth e abbandonò i libri fra di loro, addormentandosi di colpo.

Nico si svegliò a causa del trambusto dei suoi compagni. Si alzò a sedere spaesato, sbadigliando, osservando come gli altri si stessero già preparando. Accanto a lui sul letto, i libri di Gareth e il suo bastone. Il suo Negromante stava uscendo dal bagno con uno spazzolino in bocca, intento a lavarsi.
Nico si rese conto che negli ultimi due mesi, da quando avevano iniziato a frequentarsi in quanto amici di letto e avessero iniziato a condividere la sua casa anche prima che scoprissero di essere semidio e negromante, non aveva mai visto Gareth in atteggiamenti così normali.
Quando si svegliava o dormiva ancora o era già andato a lavoro.
L’altro lo distolse dai propri pensieri agitando una mano in segno di saluto e Nico accennò un sorriso. Si alzò in piedi, avvicinandosi ad Annabeth, riprendendo un libro in mano.
« Ho studiato i libri di Gareth questa notte. » esordì aprendolo ad una pagina specifica « Potremo utilizzare questo incantesimo. E’ la versione complessa di quello che usa già Gareth per muoversi nell’ombra. Potremo arrivare immediatamente a Las Vegas, evitando parecchi intoppi. »
Annabeth prese il libro, studiando immediatamente l’incantesimo con una voracità e una curiosità tipica dei figli di Atena.
La loro voglia di sapere riusciva anche a superare la paura e il timore dell’ombra e dei morti.
« Sì. Ma Gareth lo sa fare? »
« E’ il miglior Negromante del mondo. » rispose senza aggiungere altro.
Annabeth lo scrutò come faceva quando era ragazzo e Nico si chiese cosa stesse leggendo di lui in quel momento.
Si sentì messo a nudo. Non voleva che intuisse che fra lui e Gareth c’era qualcosa. Quel loro legame particolare era solo suo. Suo e di nessun altro e non voleva dividerlo con anima viva o morta che fosse.
Gli diede le spalle, avvisando Gareth che sarebbe giunti a Las Vegas usando quella pratica. L’altro non fece una piega, annuì sorridendogli e finì di lavarsi, correndo poi a spostare mobili e letti per iniziare a disegnare i suoi simboli e cerchi alchemici.

L’ingresso dell’Hotel Lotus era esattamente come se lo ricordava Nico quando aveva dieci anni. Imponente, pieno di luci e di colore, pieno di persone del servizio che entravano ed uscivano.
Nessuno parve far caso a quattro semidei e un negromante che spuntarono fuori dal nulla attraverso una nube di fumo e un cerchio alchemico, ma Nico sapeva bene che c’era sempre qualcuno pronto ad osservarli.
« Va bene ragazzi. Entriamo dentro questo casinò e rivoltiamolo da capo a piedi. Ricordatevi di non mangiare niente all’interno del Casinò, oppure uscire da questo posto diventerà praticamente impossibile. »
Nico annuì.
Aveva passato settant’anni là dentro e gli era sembrato si e no un mese. L’idea di entrarci di nuovo gli faceva rivoltare le viscere nello stomaco, ma sapeva che non c’era altra alternativa.
All’interno, Nico fu subito stordito dalla musica a tutto volume, dai profumi troppo forti, dal vociare altissimo delle centinaia di persone che erano chiuse là dentro da chissà quanti anni o secoli.
Gareth si strinse a lui, guardandosi intorno con fare circospetto. Stringeva con nervosismo il bastone nella mano, analizzando ogni singola cosa con occhio critico.
« Dove andiamo adesso? » chiese poi.
« Io, Nate e Percy proviamo a dirigersi verso le slot machine. Voi andate nell’area del gioco d’azzardo. Ci incontriamo di nuovo qua, alla macchina, fra un ora. » organizzò Annabeth osservandosi intorno.
Nico annuì, afferrando Gareth e dirigendosi a grandi passi alla sua destra. Poteva già vedere i tavoli delle carte o della roulette.
Iniziarono subito a controllare in ogni angolo, senza fermarsi un solo secondo. Nico tossì.
Iniziava a respirare male e ogni volta che una ragazza gli offriva un fiore di loto era sempre più difficile rifiutarlo.
Si fermò un secondo, guardandosi intorno.
Era abbastanza sicuro che Gareth fosse dietro di lui a controllare sotto un tavolo fino a due secondi prima.
Girò su sé stesso più volte, osservando ogni volto che lo circondava. Che Gareth si fosse allontanato senza dirgli niente gli sembrava improbabile. Gli aveva detto chiaramente di non dividersi perché l’Hotel Lotus poteva essere insidioso.
Lasciò la sala, iniziando a cercando, chiamando a voce alta per tutte le sale. Non riusciva a trovare nemmeno Percy, Annabeth e Nate.
Sembrava che i suoi quattro compagni si fossero volatilizzati nel nulla. Cominciò ad innervosirsi. Via via che si muoveva, che passava più tempo là dentro, gli sembrava di tornare indietro nel tempo, tornando sempre più piccolo.
Vide passargli accanto un Nico di circa vent’anni che era appena uscito da un crisi depressiva. Aveva gli occhi più cerchiati, più tristi. I vestiti più trasandati, i capelli incolti. Si guardava intorno, quel fantasma di sé stesso, come se non riuscisse a capire chi era, ma con la consapevolezza che era vicino al suo obiettivo.
Poco dopo un Nico di diciassette anni che stava rientrando nell’Oltretomba dopo un periodo di vagabondaggio in giro per l’America. Stava ancora cercando sé stesso.
Rivide sé stesso a quattordici anni. Dopo la sconfitta di Gea. Quando aveva perso tutto ciò che possedeva dentro al Tartaro.
E poi un piccolo Nico di dieci anni. Piangeva tutto solo in un angolo di un bosco. Percy gli aveva appena detto che Bianca era morta e lui lo odiava così tanto che faceva quasi male provare così tanto rancore e così tanto odio.
Avrebbe voluto avvicinarsi a quel piccolo bambino, dirgli che non doveva odiare, perché odiare porta solo ad altra sofferenza. Avrebbe voluto dirgli di concentrarsi fin da subito su sé stesso, di smettere gli abiti da lutto perché tanto Bianca non sarebbe più tornata indietro per lui e da lui.
Proprio mentre si stava chinando verso la propria immagine, tutto intorno a lui iniziò a vorticare e a ruotare e a cambiare.
Non era più nell’Hotel Lotus, accanto alla macchina da corsa, ma dentro l’Oltretomba. Non era più fatto di carne e sangue, ma di spirito.
Tentò di toccarsi, ma era inconsistente. Una proiezione di cosa era, di come era al momento della morte.
Nico aveva frequentato abbastanza spettri da sapere che non ci si rende conto di essere morti per un po’. Che non ci si ricordava il momento della propria morte e che solo quando si riusciva a rimettere insieme i pezzi della propria vita, a ricostruire un filo logico e temporale, l’anima veniva giudicata.
Solo in quel momento si veniva a sapere se si era condannati a vagare nelle pene o se si era degni di raggiungere la reincarnazione.
Nico si guardò intorno, cercando di fare mente locale. Stava cercando Gareth perché era scomparso. Si era lasciato prendere dal panico, lo ammetteva, per l’idea di perderlo lo faceva impazzire. Aveva cercato dappertutto, aveva travolto più di una ragazza con i fiori di loto e poi doveva essere successo qualcosa.
Qualcosa che lo aveva condotto ad una morte così rapida e violenta che la sua mente aveva estirpato ogni ricordo.
Si passò le mani fra i capelli, socchiudendo gli occhi, cercando di concentrarsi di più. Doveva ricordarselo, doveva per forza esserci qualcosa che poteva essere di qualche aiuto e allora…
« Nico? »
Il semidio si voltò di scatto. Non avrebbe mai e poi mai dimenticato quella voce.
Di fronte a lui si avvicinava una ragazza di circa quattorcidi anni, con una tunica bianca, i capelli castani sciolti. Aveva i piedi nudi, un bracciale dorato sul braccio e un diadema fra i capelli raffigurante una piccola Artemide.
Era vestita come il giorno del suo funerale.
« Bianca? » ansimò Nico, sentendo di nuovo la voce mancargli.
Erano quasi dieci anni che non la vedeva più. Era convinta che fosse già rinata, in qualche altro corpo umano.
« Come sei cresciuto Nico. » mormorò lei con dolcezza, avvicinandosi a lui, accarezzandogli il viso lentamente « Sei finita qua troppo presto. Sei avventato, come sempre. »
Nico le strinse dolcemente le mani intorno ai polsi, allontanandosi da sé e continuando a fissarla.
« Perché sei qua? Io credevo… »
« Sono qua perché ti aspettavo Nico. Sono il tuo giudice e tu sarai colui che potrà darmi finalmente la pace eterna. »
Lei gli strinse una mano, girandosi e indicando un porta circondata dall’erba, dai fiori, da colori chiari e tenui.
Nico non l’aveva mai vista, ma era quasi sicuro che fosse la porta che conduceva le anime ai Prati Asfodeli.
« Io ti reputo degno di entrare Nico di Angelo. Se entrerai con me, potremo reincarnarci insieme. Come quando ero in vita. »
Nico la seguì di qualche passo, prima di fermarsi e osservarla, confuso.
« Bianca, c’è qualcosa che non va. Io… non posso essere morto. Non… non torna, io… non è possibile che qualcuno mi abbia ucciso. E non è possibile che sia tu a giudicarmi. Dov’è Minosse? »
Lei ridacchiò, coprendosi elegantemente la bocca con la mano. Gli strinse di nuovo le mani, baciandogli una guancia.
« Oh Nico, mio piccolo Nico. Nessuno di noi si ricorda di come è morto. Potresti impiegare anche mesi, lo sai? E tu hai ricevuto un grande dono da nostro padre, che ti ama molto. Puoi stare con me. Anche adesso che siamo morti entrambi, possiamo stare di nuovo insieme in una vita successiva. Ho atteso questo momento così a lungo, Nico. » concluse lei, sorridendogli.
Nico serrò ancora gli occhi.
Non andava bene. Decisamente, non andava bene.
Doveva trovare i suoi amici, i suoi compagni. Dove impedire che…
Nico osservò Bianca.
Cos’è che doveva impedire? C’era qualcosa che stavano cercando, ma non ricordava cosa.
Era con qualcuno sì. Ne era sicuro. C’era Annabeth e Nate.
Ma c’era anche qualcun altro.
Gemette. Più tentava di pensare e di ricordare, più un dolore atroce alla testa lo costringeva a rinunciare.
« Nico. » lo chiamò ancora la sorella « Smetti di farti del male. E’ giusto il tuo momento. » lo baciò ancora su una guancia e Nico sentì il suo corpo ancora più leggero, la testa ancora più vuota.
In fondo, se era morto, perché continuare a preoccuparsi dei vivi?
Erano un capitolo a parte, no?
Annuì, osservando la sorella. Le strinse di nuovo la mano, facendo condurre verso la porta. Lasciavano una scia luminosa dietro di loro, che illuminava debolmente l’ambiente dell’Oltretomba e che sveniva via via che andavano avanti, lasciandoli immersi nel buio, da soli. Mancavano pochi metri. La porta si stava già aprendo, mostrandogli uno scorcio di Paradiso Terreste e gli piacque.
Si voltò un secondo, sentendo qualcuno che urlava il suo nome, ma Bianca lo strattonò in avanti. Nico incespicò nei suoi passi e vide in quel momento un cumolo di diamanti. Si chinò, lasciando andare la sorella.
Che ci facevano dei diamanti nell’Oltretomba. Gli balenò nella mente il volto di una ragazza con i capelli ricci, di carnagione scura.
Sapeva di conoscerla.
Ma chi era?
La voce nel buio lo chiamò ancora. Aveva freddo e paura, come quando era nel Tartaro.
Si chiese cosa ci fosse andato a fare nel Tartaro. Si allontanò dalla voce di un passo, intimorito e Bianca apparve accanto a lui. Solo con un tocco della sua mano si tranquillizzò. Lei sorrise, allungando una mano verso di lui.
Si alzò in piedi, stringendola.
Era fredda la mano di sua sorella, ma era sicuro che poco prima era calda, come se fosse ancora viva.
Strinse le dita intorno alle sue, facendo qualche altro passo.
Sentiva di nuovo dolore alla testa e lasciò andare i pensieri. Era stanco di stare male. La voce si fece più vicina e gli sembrò incredibilmente familiare.
Era arrivato davanti alla porta.
Era incredibilmente luminosa adesso e ciò che vedeva oltre era anche terribilmente invitante. Pace e tranquillità. Nulla di più.
Bianca varcò la soglia e si voltò verso di lui.
« Vieni Nico. Non volevi stare sempre con me? Non mi hai chiamato più e più volte in questi ultimi anni? Adesso che potevo solo apparsa, solo per te. Vieni, e staremo sempre insieme. »
Sì, Nico aveva voluto stare sempre con sua sorella.
Prima che lei lo tradisse per andare a combattere con Artemide, prima che lei morisse in battaglia.
Con il tempo se ne era fatto una ragione e solo durante quel viaggio (anche se non ricordava bene di qualche viaggio stava tentando di ricordarsi) si era reso conto che c’era un’altra persona con cui voleva stare sempre insieme.
La voce continuava a chiamarlo, insistentemente.
Si concentrò sulla sua voce. Voleva ricordare il suo nome un’ultima volta. Una volta passata la porta avrebbe bevuto le acque del fiume Lete e avrebbe scordato tutto.
Il suo corpo e la sua anima si sarebbero finalmente purificate, dandogli la possibilità di vivere un’altra vita.
Gareth.
Forse si chiamava Gareth.
Nel momento in cui la sua mente concretizzò quel nome, un miliardo si immagini si fusero nella sua mente, facendolo gridare dal dolore.
Nico si accucciò a terra, portandosi la testa fra le mani, desiderando di spaccarsela per poter smettere di soffrire così tanto.
Vide sé stesso e Gareth al fast-food, in casa sua, mentre andavano in giro, mentre facevano sesso, mentre dormivano abbracciati l’uno all’altro, mentre Nico lo guardava dormire e desiderava che tutto quello non finisse.
Lo vide mentre lo sceglieva come Negromante e solo quando si ricordò per davvero di quanto era importante per lui, l’oscurità svanì.
Si guardò indietro e lo vide correre verso di lui, che continuava ad urlare il suo nome.
Bianca fu di nuovo al suo fianco.
Adesso non sembrava più molto eterea e bellissima come prima. Aveva il volto deformato dalla rabbia e stringeva le sue lunghe dita intorno al suo braccio.
Quando Nico chinò gli occhi su di lui, vide che non erano mani. Ma artigli.
Artigli di mostro, di arpie.
Tentò di divincolarsi, ma lei aveva ripreso a muoversi verso la porta, trascinandolo.
Si voltò verso Gareth.
Urlò il suo nome e fu in quel momento che Gareth lanciò il suo bastone verso di lui.
Quando Nico lo afferrò, sulla soglia della Porta degli Asfodeli, tutto si dissolse. Si lasciò cadere sulle ginocchia, perdendo i sensi.

Nico si svegliò che era da solo nel tempio di Ade del Campo Mezzosangue.
Stranamente, il sole riusciva a filtrare attraverso i fitti rami del bosco in cui si trovava. Si sentiva bene.
Si toccò, tastandosi, assicurandosi di non essere uno spirito o altro.
Era vivo.
Quello che aveva sognato o vissuto era solo un’illusione. Bianca non c’era, era solo un mostro che lo stava illudendo.
Si alzò in piedi uscendo dal tempio, cercando i suoi amici.
Quando raggiunse il campo di allenamento, il primo a notarlo, fu Annabeth. Urlò il suo nome, sollevata, correndogli incontro e abbracciandolo con forza.
Nico rimase stupito nel sentire le sue lacrime contro il collo, lacrime di sollievo e di felicità.
« Sei tornato fra noi. » ansimò fra i singhiozzi « Gareth aveva paura che fosse arrivato troppo tardi e che la sua anima fosse rimasta nell’Oltretomba. »
Nico sentì un fiotto di calore inondargli il petto.
Gareth lo aveva salvato. Gareth aveva rischiato la vita per lui. Gareth era l’unica cosa che nell’Oltretomba lo aveva salvato.
Non Percy o Nate, che lo aveva affondato, seppur in maniera diversa.
Bensì Gareth, che aveva illuminato la sua oscura vita e che gli aveva fatto vedere che ci poteva essere anche felicità nella sua esistenza.
Desiderava vederlo.
Allontanò delicatamente Annabeth e gli sorrise.
« Anche io sono felice di essere vivo. » ammise « Dov’è Gareth? »
« E’ andato al lago. »
In uno slancio di affetto, Nico abbracciò Annabeth, che rimase immobile e stupita fra le sue braccia.
« Continua a prenderti cura di quel pesce lesso, va bene? » sussurrò al suo orecchio.
Annabeth annuì, soffocando un singhiozzo e lo lasciò.
« E’ difficile, ma lo farò. »
Nico corse verso il lago e vide Gareth steso sull’erba, al sole.
« Gareth! » chiamò « Che Negromante sei? Mi abbandoni nel mio tempio da solo? »
Il più piccolo si alzò su un gomito, guardandolo emozionato. Si alzò in piedi, abbracciandolo e senza pensarci due volte Nico si chinò su di lui, baciandolo. Nico sentì le mani di Gareth stringergli la maglietta dietro la schiena, ricambiando quel bacio.
« Sei un idiota per essere un figlio di Ade. » ansimò Gareth scostandosi leggermente « Come hai fatto a non capire che era tutta un’illusione? »
Nico alzò le spalle.
« Non lo so. Ma, senti Gareth, io… »
« No, adesso mi fai parlare. » lo interruppe il più piccolo « Fino adesso ho fatto come volevi te e pensavo che ci fosse una qualche contorta logica masochistica dietro i tuoi atteggiamenti, ma mi sono reso conto che sei solo tonto come una pietra. »
« Cosa, io…? »
« Nico di Angelo, ti amo. Fin da quando ti ho visto a lavoro, ti ho desiderato e ti ho amato. E adesso non posso più aspettare che tu te ne renda conto da solo perché credo che morirò prima del tempo se sto qua ad attenderti. Io voglio stare con te. Seriamente. Non solo per il sesso. Insomma, ti amo. »
Nico sentì di nuovo la testa vuota e gli parve di galleggiare in un bolla d’acqua sottilissima.
Non era mai stato pienamente convinto che qualcuno avrebbe potuto dirgli che lo amava e che lo desiderava non solo per il sesso.
Lo rendeva… euforico.
Sorrise. Leggermente. Poi scoppiò a ridere.
Tirò di nuovo a sé Gareth, baciandolo più dolcemente.
« Anche io ti amo. » si limitò a dire.
E per Gareth, fu la più bella dichiarazione della sua vita.
Nico si lasciò cadere sull’erba e Gareth si sedette al suo fianco.
« Allora, cosa è successo? » chiese.
« Ti abbiamo perso all’Hotel Lotus. Ti abbiamo cercato dappertutto e quando siamo arrivati all’ingresso c’era la sua spada e dei semi di melograno. Ho capito allora che dovevi essere finito nell’Oltretomba, quindi ho lasciato Percy, Nate ed Annabeth all’Hotel e sono venuto a prenderti. Trovarti è stata una vera impresa. E’ stato un po’ come nella leggenda di Orfeo ed Euridice, hai presente? Ero andato nell’Oltretomba per cercare la mia amata donzella in pericolo! » scoppiò a ridere e Nico gli diede un leggero schiaffo sulla testa.
« Continua, senza perderti in considerazioni personali! » lo riprese con un sorriso.
« Paradossalmente siamo stati nell’Oltretomba tantissimo perché quando siamo usciti e ho raggiunto Percy e gli altri, erano già tornati al Campo Mezzosangue. Mi hanno spiegato che in realtà era stato tutto organizzato da Persefone con lo scopo di ucciderti. Aveva ingannato Hermes dicendogli che poteva far tornare in vita Luke e che lei non poteva assumere nessun Negromante per rubare il tablet di Tanato. Hermes gli ha creduto e quando lo ha rubato siamo spuntati noi con la nostra missione volante. Credo di aver capito che sull’Olimpo c’è stato una specie di processo dove Hermes si è pentito e ha accusato Persefone di voler uccidere il figlio di Ade. E poi tutto il resto è ancora da vedere. Non credo che tuo padre sia molto felice in questo momento. »
Nico annuì.
Era ancora sconcerto dall’odio di Persefone nei suoi confronti, ma non poteva farci niente. Adesso per un po’ sarebbe stato in pace.
Strinse la mano a Gareth, baciandolo ancora.
In quel momento, aveva tutto quello di cui aveva bisogno.
Fino alla prossima missione.
« Ehi, ti ho comprato un regalo! » esordì Gareth allontanandosi e frugandosi in tasca « Mi hanno detto che in realtà tu sei degli anni Trenta, no? Quindi, diamine, sto con un vecchiaccio. E dato che ultimamente sembri sempre sull’orlo della morte, ti ho comprato questo? »
Confuso dal fatto che Gareth sembrava così tranquillo, prese il regalo di Gareth.
C’era una specie di display con dei pulsanti, attaccati ad una cordicella da portare al collo.
« Cos’è? »
« Un mini cerca persone settato sui numi degli ospedali e dell’ambulanza. Mica potrò essere presente per salvarti, no? Hai già qualche idea sull’ospizio dove vuoi essere ricoverato? » rise ancora.
Nico arrossì per la vergogna e l’imbarazzo.
« Io ho solo venticinque anni, imbecille. » gli lanciò contro quell’aggeggio tecnologico « Non sto per morire! »
Gareth gli circondò la vita con le braccia, tirandolo su di sé sull’erba, baciandolo ancora.
« Lo so. Altrimenti non potresti essere così focoso a letto. » bisbigliò sulle sue labbra.
Il rossore di Nico aumentò.
In quel momento, Gareth era tutto ciò di cui aveva bisogno.
Fino alla prossima missione.
Se non lo avesse ucciso prima con le sue mani.

challenge: 500themes ita, pairing: jackson x chase, pairing: mahe x di angelo, pg: nathaniel yukase, fandom: percy jackson, challenge: cow-t4

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