Titolo: The thing that you don’t know - It’s dark inside
Fandom: Percy Jackson e gli dei dell’olimpo
Pairing: Percy Jackson ; Annabeth Chase ; Nico di Angelo ; Jason Grace ; Piper McLean ; Leo Valdez ; Hazel Levesque ; Frank Zhang ; Nathaniel Yukase (OC)
Rating: G (capitolo) - NC17 (storia)
Avvertenze: Slash, sulla seconda saga “Gli Eroi dell’Olimpo”
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: Annabeth crede che di dover compiere una missione pericolosa. Parte con Percy e Nico e Nate, uno strano (e irritante) figlio di Apollo. Tutto sembra andare abbastanza bene fino a che Percy non scompare e al suo posto trovano Jason. La missione originaria improvvisamente si interrompe, trascinando i semidei in un’altra missione. Molto più pericolosa e molto più distruttiva, che costringerà tutti loro a mettere in gioco qualcosa di molto più importante della loro stessa vita.
Note: Scritta per il ChaCha di
fiumidiparole e per la
500themes-ita con il prompt “03. Sprazzi di euforia”
WordCount: 1530
fiumidiparole Annabeth allungò una mano, afferrando senza vedere la sua enorme tazza di caffè allungato e portandoselo alla bocca.
Senza staccare gli occhi da un progetto dell’interno di un tempio, bevve un lungo sorso, facendo una faccia schifata.
Era freddo, ma continuò a berlo. Doveva rimanere sveglia un altro po’, giusto il tempo per concludere quel progetto. Chinò lo sguardo sul foglio 50x70 che era steso sulla scrivania e sospirò. Forse era meglio andare a fare a prepararsi un’altra caraffa di caffè. Il foglio non era proprio bianca, ma quasi.
Si guardò intorno. I suoi fratelli e le sue sorelle sembravano nella sua stessa condizione. Chi studiava, chi parlava, chi disegnava. Solo uno o due dormiva, ma perché sapeva che non chiudevano occhio da più di due giorni.
Osservò lo sfondo del pc. Il triangolo blu di Dedalo lampeggiava di fronte a lei e Annabeth si concentrò di nuovo sul foglio.
Prese le squadre, concentrandosi sul foglio.
Aveva un sacco di idee in mente, un sacco di progetti per l’Olimpo. Era già a buon punto. Aveva già progettato le case di molte divinità minori e non vedeva l’ora di concentrarsi sulle divinità maggiori.
Le responsabilità era più grandi, ovviamente.
Annabeth continuò a disegnare. Avrebbe voluto mettersi delle cuffie, anche solo per isolarsi dal mondo e per estromettere le voci dei suoi fratelli, ma aveva paura di distrarsi troppo.
Negli ultimi giorni, a causa degli incubi che le impedivano di dormire e all’improvviso silenzio dell’Olimpo, trovava sempre più difficile concentrarsi su qualcosa..
Prese un profondo respiro, un lungo sorso di caffè e tornò a dedicare la sua attenzione al computer per confrontare il proprio disegno con un progetto originale di Dedalo.
Erano mesi che trafficava con quel computer, eppure riusciva sempre a scoprire qualcosa di nuovo. A volte era un disegno, altre volte un progetto, alcune volte gli erano capitati spezzoni di profezie che non avevano senso (anche se al primo ascolto, nessuna profezia aveva un senso, senza offesa per Rachel, ovviamente) che lei aveva deliberatamente ignorato.
Cliccò su una cartella denominata “I Tesori Perduti”. Là dentro Annabeth vi aveva trovato schemi e disegni di monumenti andati perduti nel corso della storia.
Quelli che amava di più, nonché i più famosi, erano le sette meraviglie del mondo antico. A volte passava ore ad osservarle, a studiarle, a concentrarsi su ogni loro piccolo centimetro chiedendosi se avrebbe potuto ricostruirle, riportarle al loro antico splendore.
Annabeth non dubitava che il Re degli Dei avrebbe apprezzato nel giardino del suo nuovo tempio, una propria riproduzione della “Statua di Zeus ad Olimpia” scomparsa nel 475 d.C.
Come ogni sera, Annabeth avviò il programma di controllo del computer. Lo faceva sempre, per assicurarsi che non ci fossero problemi. Certo, aveva salvato tutto il salvabile dentro altre memorie esterne, ma la ragazza era sicuro che se il pc fosse andato perduto, non avrebbe mai scoperto cosa nascondeva realmente tutta quell’ammazzo di conoscenza e cultura.
Aveva sempre la sensazione che ci fosse qualcosa che gli sfuggiva e dopo gli innumerevoli incubi in cui sua madre gli chiedeva di recuperare ciò che era stato perduto, pena la distruzione del mondo che conosceva, quella sensazione non aveva fatto altro che acuirsi.
Disegnò un altro paio di linee, osservando di tanto in tanto la barra di avanzamento del controllo, che procedeva spedito come sempre.
Sbadigliò. Il caffè non funzionava proprio in quei giorni. Forse avrebbe dovuto semplicemente arrendersi di fronte all’evidenza e andare a dormire.
Si alzò, stiracchiandosi, iniziando a sistemare i propri attrezzi, riponendo con cura i fogli dei progetti dentro i tubi, ognuno numerato e catalogato secondo una personale classificazione.
Stava quasi per andarsene a dormire, lasciando il pc in stand-by quando un allarme sonoro la risvegliò completamente.
Come se non fosse già abbastanza nel panico, lo schermo iniziò anche a lampeggiare una luce rossa, mentre sullo schermo apparve anche un messaggio, il quale l’avvertiva che “Stava tentando di accedere ad un’area protetta. Inserire la password per eseguire l’accesso.”
Annabeth si sedette di nuovo alla scrivania, le mani che gli tremavano. Lei non aveva tentato di accedere a nessuna area protetta.
Forse era scattato qualcosa quando aveva fatto il controllo con la cartella dei “Tesori Perduti” aperta?
Inserì la prima password che potesse venirgli in mente. Dedalo. Ovviamente niente. Un teschietto sorridente gli diceva che aveva sbagliato.
Accesso negato.
Picchiettò le dita sulla fronte e provò di nuovo. Tesori di Dedalo. Ancora nulla. Il teschio lampeggiò di nuovo.
Accesso negato.
Tesori Perduti.
Ancora niente. Questa volta apparvero altri due teschietti. Solo due tentativi rimasti.
Annabeth si fermò un secondo per ragionare. Non poteva essere così difficile.
Quattordici caratteri.
Forse c’entravano contemporaneamente semidei e tesori? Doveva per forza essere collegata alla cartella. Altrimenti non sarebbe scattata proprio con quella aperta. Giusto?
Si morse un labbro, contando le lettere a mente.
Tesori e semidei. Si accorse di quanto potesse essere stupida come password solo quando cliccò su Enter.
Solo un tentativo rimasto.
Annabeth iniziava ad irritarsi e a perdere le speranze. Era l’unica possibilità che aveva.
Ripensò a tutto quello che aveva visto in quel computer. A tutti i progetti, a tutti i disegni, a tutti i testi scritti e ricopiati da altri testi antichi affinché non andassero perduti, a tutti gli stralci di profezie che aveva letto e ignorato, a tutto…
Qualcosa in quel preciso istante si accese nel suo cervello.
Di che cosa hanno bisogno i semidei per lasciare il Campo?
Di una profezia (forse una delle tante che lei stessa aveva letto, perché no?). Poteva trattarsi di una qualunque profezia, a lei non interessava in quel momento.
E perché avevano bisogno di una profezia?
Per partire per un’impresa. Forse era un’impresa sui tesori perduti?
Una parte di sé sapeva che quella sarebbe stata la sua impresa. Sua madre gli chiedeva di cercare qualcosa che era andata perduta e rubata e il pc si accendeva proprio quando frugava nella cartella dei tesori perduti.
Non poteva essere una coincidenza.
Annabeht non credeva alle coincidenze. Solo ai fatti.
Emozionata digitò ancora, incrociando mentalmente le dita. Era la password giusta.
Doveva esserlo, oppure tutto sarebbe andato perduto.
Imprese Semidei.
Cliccò Enter con il dito che le tremava.
Per un lunghissimo secondo il computer si spense, diventando completamente nero. Annabeth stava già per lasciarsi andare contro il tavolo, disperata, quando lo schermo si illuminò nuovamente, permettendole di osservare dei coriandoli scivolare dall’alto verso il basso
La cartella criptata adesso era visibile e Annabeth poteva giurare che fino ad una manciata di minuti prima non c’era.
Al suo interno c’era un file. La ragazza lo aprì e scoprì che era solo un documento di testo.
Coordinate, luoghi, immagini, città e percorsi.
Mostri e metodi per abbatterli.
Pericoli naturali, mortali e divini, quasi fosse una specie di manuale di sopravvivenza a quella ricerca.
Poi lesse che era un tesoro scomparso caro ad una divinità maggiore. Che la sua scoperta avrebbe potuto portare stabilità sull’Olimpo oppure distruggerlo (“Tanto per cambiare”, pensò cupa Annabeth).
Il tesoro si trovava a Roma. Quella vera. Quella in Italia, lontana milioni di anni luce da loro.
Non poteva essere altrimenti.
Quelli erano chiari indizi della sua missione. Della ricerca del tesoro di Atena, anche se non sapeva ancora che cosa era.
Spazzi di euforia e adrenalina la fece scattare immediatamente in piedi.
Adesso sì che aveva bisogno di una profezia.
E di svegliare Percy.
Quando Percy si svegliava di soprassalto di solito impiegava almeno un paio di minuti per comprendere dove si trovava, in che giorno si trovava e per chiedersi quale mostro privo di cuore stava attaccando il campo alle quattro e venti di notte.
Impiegò un paio di secondi anche a registrare che c’era una voce intorno a lui che gli parlava senza fermarsi, ma appena si fu stropicciato gli occhi, riconobbe Annabeth. Sorrise, inconsciamente.
La ragazza si agitava lungo la stanza, intorno al suo letto, parlando di profezie, di tesori perduti e di una missione.
Percy non recepì tutto il discorso. Era troppo intontito dal sonno e dal desiderio di baciarla.
Lei si fermò, notando il suo smarrimento e gli indicò il volto.
« Potresti avere l’accortezza di asciugarti la bava, Percy Jackson? Io ti sto parlando di una missione e tu mi guardi con quell’aria da idiota? »
Il giovane trasalì, asciugandosi immediatamente la bocca, imbarazzato. Odiava quando Annabeth gli ricordava che nel sonno, a volte, sbavava sul cuscino.
« Hai capito almeno una parola di quello che ti ho detto, Percy? » chiese poi lei, osservandolo attentamente.
« Eh? Certo che sì… Umh… Missione, tesoro perduto, Atena e… qual’era l’ultima parola? »
Lei si lasciò andare ad un verso di esasperazione e poi lo afferrò per un polso, trascinandolo giù dal letto.
« Ti spiegherò di nuovo tutto dopo. Adesso dobbiamo andare da Chirone e da Rachel. Abbiamo una profezia e un viaggio da organizzare. Muoviti. »
Senza nemmeno avere il tempo di infilarsi le ciabatte, Percy fu trascinato lungo il campo. Osservò la schiena di Annabeth, la sua coda di riccioli biondi che si muovevano ondeggiando ad ogni passo, e si chiese cosa avesse mai potuto fare di tanto speciale nella sua vita precedente per meritarsi il suo amore e le sue attenzioni.
Nemmeno i sassi che si piantavano nelle piante dei piedi riuscirono a distrarlo.
Se Annabeth aveva ragione, a breve sarebbero partiti per una missione e fuori dal Campo avrebbe avuto ben poco tempo per lasciarsi andare a quei ricordi.
All’improvviso, una sensazione di gelo risalì lungo la colonna vertebrale.
L’ultimo sogno troneggiava ancora nella sua testa.
Si chiese se questa volta sarebbe andato tutto bene e, soprattutto, se fosse sopravvissuto.