[Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo] A little bit of love [01/02]

Feb 09, 2014 23:48

Titolo: A little bit of love
Fandom: Percy Jackson e gli dei dell’olimpo
Pairing: Gareth Mahe (OC) x Nico Di Angelo ; Percy Jackson x Annabeth Chase ; Nathaniel Yukase (OC)
Rating: NC17
Avvertenze: Slash, su tutta la seconda saga
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: Nico raggiunse il Campo Mezzosangue insieme a Gareth subito dopo i suoi incubi. Nico sapeva che le cose non avrebbe potuto fare altro che peggiorare, ma di certo non si aspettava che precipitassero in quella maniera. Rivedere Nathaniel Yukase dopo quasi dieci anni, era come buttare sale su una ferita ancora aperta.
Note: Scritta per il COW-T di maridichallenge con il prompt "Slow Dancing In A Burning Room - John Mayer" e per la 500themes-ita con il prompt "469. Eco di un legame"
Note 2: Seguito di " You are the only light I ever saw".
Il personaggio di Nathaniel Yukase viene da * questa* storia, una long-fic ancora in corsa.
WordCount: 7.648 fiumidiparole

Nico uscì dall’ombra con un piccolo salto, tirandosi dietro Gareth, continuando a stringere nella propria la mano del Negromante. Si guardò intorno, trovandosi nelle ombre di un bosco all’interno del campo. Il viaggio era durato meno di un battito di ciglia ed era proprio per quel motivo che Nico lo preferiva a molti altri viaggi.
Era sicuro e rapido. Utile in combattimento quanto nella sua vita privata.
Gareth strinse con più forza la mano di Nico, osservando tutto intorno a sé.
« Questo è il Campo Mezzosangue? » chiese andandogli accanto con tono quasi eccitato.
Nico si incupì. Non gli piaceva il Campo. Ricordava solo cose spiacevoli del campo, nonostante con alcune persone fosse riuscito più o meno ad integrarsi. Non gli piaceva stare là, non per troppo tempo almeno.
E gli piaceva ancora meno starci con Gareth.
Dietro la sua maschera di innocenza e di ingenuità, Nico aveva intuito che c’era ben altro, che era molto più sveglio ed intuitivo di quello che dava a vedere.
Non gli piaceva come sembrava analizzare ogni suo movimento, ogni sua espressione, ogni sua parola. Gli dava l’impressione di essere studiato e quando se ne accorgeva si irritava sempre di più.
Annuì per rispondere alla domanda di Gareth. Non avrebbe dovuto essere scortese con lui. Magari era solo un tipo curioso.
Avrebbe dovuto dargli almeno il beneficio del dubbio.
« Sì, qua è dove si rifugiano i figli mezzosangue degli Dei. Ognuno di loro ha una casa, un tempio dedicato al padre o alla madre divina. Fanno lezioni di scherma e arco e anche lezioni sui mostri, su dove e come combatterli. C’è chi vive qua tutto l’anno, di solito quelli che non hanno nessuno, o chi ci vive solo per l’estate. »
Nico vide Gareth annuire, guardandosi intorno, per poi sorridergli.
« E casa tua? Dov’è? » chiese « Possiamo andare a vederla? »
« E’ di là. » indicò dritto davanti a lui, nel centro di un piccolo e cupo boschetto « Ma adesso dobbiamo andare da Chirone, aiuta Dioniso a gestire il campo. » esclamò poi incamminandosi verso la direzione contraria « Non abbiamo tempo per un giro turistico. »
Nico si voltò dopo una decina di passi per poi fermarsi e voltarsi. Gareth era ancora immobile nel punto in cui erano arrivati, che fissava la direzione che gli aveva indicato, nel bosco.
Si chiese a cosa diamine stesse pensando.
« Gareth! » urlò « Muoviti, non abbiamo mica tutto il giorno! » esclamò seccato.
Se ne voleva andare da là il prima possibile, tentando di incontrare meno persone possibili. La sola idea di trovarsi là, dopo aver fatto quegli incubi terribili, lo rendeva nervoso.
Gareth si voltò verso di lui, iniziando a seguirlo e Nico riprese a camminare. Passò costeggiando il bosco, raggiungendo finalmente la casa di Chirone.
Entrò senza preoccuparsi di bussare e si fermò sulla soglia quando vide Percy ed Annabeth nel salotto del centauro.
« Ehi, ma è per metà caval… »
Nico interruppe Gareth, dandogli una gomitata nello stomaco. Il più piccolo si chinò sul ragazzo, tenendosi una mano sulla pancia e appoggiando la fronte nella sua schiena, emettendo dei versi doloranti.
« Ehi, ciao Nico. » salutò Percy « Come stai? »
« Mh. Potrei stare meglio. » mugolò il più piccolo distogliendo lo sguardo, incrociando lo sguardo di Chirone.
« Nico, è strano vederti venire di tua spontanea volontà al Campo. »
Il figlio di Ade scosse le spalle.
« Poco fa… ho avuto un problema e ho pensato che fosse il caso di venire per riferirtelo. »
Nico sentiva sulla sua schiena gli occhi di Gareth, ma continuò a non muoversi.
Percy si avvicinò a lui, dandogli una pacca sulla spalla con fare amichevole.
« Questa volta rimarrai per più di dieci minuti? Potremo allenarci insieme, che ne dici? L’ultima volta sei praticamente scappato! »
Nico scostò malamente la mano di Percy dalla propria spalla e nel farlo incrociò gli occhi di Gareth che lo fissava sorpreso. Lo vide spostare lo sguardo da un all’altro, come se li stesso scrutando entrambi.
Nico si voltò verso Chirone, schioccando la lingua. Quello era esattamente il motivo per cui non voleva un Negromante fra i piedi. Capivano di più, loro. Erano abituati a parlare con i morti, a usarli, a comprenderli, fino in fondo nonostante i loro enigmi, i loro indovinelli e i loro imbrogli. Capire un umano non doveva essere poi così difficile.
Chirone sospirò.
« Cosa ti porta al Campo, Nico? » chiese il centauro, tentando di bloccare sul nascere quello che sembrava in tutto e per tutto una discussione.
« Ho fatto un sogno questa notte. » iniziò Nico con voce ferma « Il Campo bruciava, i semidei morivano e Percy moriva affogato nelle acque del lago per mano di suo padre. » si morse un labbro, piano « Pensa che sia un… segnale credo. Di qualcosa che deve accadere. »
Nico intravide con la coda dell’occhio Percy ammutolire, preoccupato. Ma non sembrava preoccupato per sé stesso o per il sogno, ma per qualcos’altro.
Alzò un sopracciglio, voltandosi finalmente verso di lui, in attesa di una spiegazione. Nico si fermò a guardarlo.
Percy aveva ventotto anni ed era più luminoso del sole. I suoi capelli neri erano umidi, come se fosse appena uscito dalla doccia, gli occhi grandi e verdi che brillavano di luce propria, la sua pelle più scura di come l’aveva visto un paio di mesi prima e sembrava essersi fatto più muscoloso.
O era uscito per una missione oppure si era finalmente deciso a concentrarsi seriamente negli allenamenti di scherma. I suoi occhi si spostarono verso il basso e sentì una fitta al cuore quando vide le sue dita strette intorno a quelle di Annabeth.
« Beh, quello sguardo da pesce lesso significa qualcosa? » domandò caustico.
« Sì, io… » si passò nervosamente una mano fra i capelli « Ecco, io ho sognato te nel Tartaro. » ammise.
Nico si irrigidì. Aveva fatto di tutto pur di dimenticare quella piccola parte della sua vita. Aveva fatto di tutto per non farsi schiavizzare da quei ricordi, per trovare le forze per andare avanti. Ma aveva bisogno di dimostrarsi più forte di quello che era in realtà.
Incrociò le braccia al petto, emettendo un verso simile ad una risatina.
« Non è mia intenzione tornare nel Tartaro, se è quello di cui ti preoccupi. Il Tartaro è… »
« No. Non hai capito. » lo interrupe Percy agitato « Ho sognato… la tua prigionia. Dai tuoi occhi. Come se io fossi te e… mi dispiace. » mormorò a voce bassa.
Nico si ammutolì, alzando gli occhi per fissarlo in viso. Si sentiva tremendamente pallido, incapace di pronunciare una sola parola.
Facendosi forza, Percy riprese a parlare.
« Nico, sono passati tanti anni da allora e le cose sono cambiate, ora non sei più solo e… »
« Appunto. Sono passati molti anni da allora e non è mia intenzione riaprire questo discorso. Ne abbiamo già parlato all’epoca, alle Porte della Morte. Basta così. » concluse amaramente.
Chirone fece scalpitare le zampe anteriori, nervoso.
« Ma parlando d’altro per adesso. » esordì ancora una volta il centauro « Il ragazzo dietro di te è un semidio? Come ha fatto ha sopravvivere fino a quest’età senza essere stato trovato da un satiro? »
« Lui è Gareth. » iniziò Nico senza girarsi « E non è un semidio. »
« E’ impossibile. » esclamò Annabeth « Solo i semidei possono mettere piede nel Campo. »
« E’ un Negromante. » disse solo il figlio di Ade, voltandosi a guardarla « E’ un mago, un servo di Tanato e di Ade. Ecco perché può entrare. »
Nico non dovette sforzarsi più di tanto per leggere oltre gli occhi spalancati di Annabeth. Era una reazione a cui era abituato anche lui. Si irritò.
Solo perché lavoravano tutti e due nelle ombre e con i morti voleva dire automaticamente che erano dei serial killer psicopatici?
Improvvisamente Nico si ricordò perché aveva abbandonato il Campo. Percy era stata solo la punta dell’iceberg. Proprio l’essere figlio di Ade gli aveva dato più preoccupazioni e delusioni dell’amore per Percy.
Era stanco di essere guardato come se potesse uccidere qualcuno con uno sguardo, di essere messo da parte.
Se proprio doveva rimanere da solo, allora sarebbe stato da solo per propria scelta, lontano dal Campo e da chi lo abitava.
« Ed è con te per un motivo specifico? » domandò Chirone riportandolo alla realtà.
Nico sbatté gli occhi un paio di volte, osservandolo in silenzio.
« Sì. E’ il mio Alfiere. Diciamo che è un dono di mio padre. Una specie di gigantesca palla al piede versione umana che ha l’obbligo di seguirmi dappertutto. »
« Ehi! » si indignò Gareth « Per noi Negromanti è un onore essere al servizio dei figli di Ade! » esclamò.
Nico socchiuse gli occhi, prendendo un profondo respiro.
« Ma tutto questo non porta assolutamente a nulla. Io sogno di Percy che affoga grazie a Poseidone, lui sogna me nel Tartaro, cosa vuol dire? Annabeth, tu per caso hai sognato qualcosa? »
« N-No. Non ancora. » ammise senza guardarlo.
« E’ una situazione delicata, è ancora notte fonda. Direi di riposarci. I vostri incubi devono avervi distrutto. Domani, dopo la colazione ne parleremo tutti insieme, insieme al signor D. »
Nico sbuffò e infilò le mani in tasca.
« Nico, preferirei che tu e… il tuo accompagnatore rimaneste al Campo questa notte. »
« Ma… »
« Te lo chiedo per favore. Questi sono sogni specifici, destinati a voi in particolare. E’ una cosa pericolosa per voi semidei sognare. Ci sono potenze forti all’opera. Il figlio di Ade e il figlio di Poseidone sono fra i semidei più potenti e più pericolosi in circolazione. »
Il figlio di Ade schioccò la lingua, innervosito.
« Va bene. Ma smettiamo di perdere tempo. Ho una vita fuori da questo Campo. »
Gli diede le spalle, uscendo dall’alloggio e Nico poté sentire Gareth che salutava gli altri e lo seguiva a passo svelto.

Rientrato nel tempio di Ade, Nico si diresse quasi subito nella stanza da letto, lasciandosi ricadere sul letto. In effetti Chirone aveva ragione.
Si sentiva stremato e forse dormire almeno un paio d’ore lo avrebbe davvero aiutato a riposarsi. La porta della stanza si aprì e quando Nico si voltò vide Gareth nella penombra. Gli sembrava pensieroso.
« Che fai là in piedi? Vieni a letto, no? » esordì, solo per spezzare il silenzio.
« Sì, certo. »
Il ragazzo si sdraiò accanto a lui, passando un braccio sotto alla testa, osservando il soffitto. Nico avrebbe voluto chiedergli cosa avesse o a cosa stesse pensando, ma rimase in silenzio. Non era nella sua natura intromettersi nella vita altrui.
Socchiuse gli occhi.
Sentì Gareth girarsi sotto le coperte, sentendo poi il suo braccio intorno alla sua vita, tirandolo verso di sé e nascondendo il viso nella sua spalla.
« Che hai? » sbadigliò il semidio.
« Niente. Mi andava di abbracciarti, non posso? » brontolò stringendo ancora un po’.
« Mh. Fai quello che vuoi Gareth. Anche se ti dicessi di non farlo, lo faresti comunque, vero? »
Gareth sorrise contro la sua spalla, annuendo. Nico in realtà adorava quando lo stringeva in quella maniera. Gli sembrava che tutto potesse essere migliore. Afferrò il polso di Gareth, tirandolo più in avanti, come se fosse una coperta e si sistemò meglio contro il suo petto.
Nemmeno si rese conto di crollare addormentato fra le sue braccia.

Nico si svegliò dopo poche ore. Gareth stava ancora dormendo e si alzò in piedi, rivestendosi con i vestiti delle ore prima. Anche volendo, non aveva altro.
Infilò gli stivali, uscendo dal tempio e sedendosi sui scalini, accendendosi una sigaretta. All’improvviso Nico si alzò in piedi, mettendo una mano sulla propria spada, sempre attaccata ai propri fianchi quando era fuori casa.
Si guardò intorno, guardingo e rimase stupito quando vide sbucare nella piccola radura Annabeth.
La ragazza sembrava a disagio, più a disagio del normale nello stare sola con lui. Nico ci era abituato e ormai, almeno con lui, tentava di non farci caso.
La conosceva da talmente tanti anni, che tentare di mantenere il rancore era solo una pura questione di formalità.
« Annabeth. Che ci fai qua a quest’ora? » domandò, sinceramente curioso.
Lei si storse le mani, nervosa.
« Io… volevo chiederti del tuo sogno. Qualche informazione in più. »
Nico si appoggiò ad una colonna del tempio, passandosi una mano fra i capelli, pensieroso. Il sogno era stato talmente vivido, che se provava a concentrarsi un po’ di più avrebbe di nuovo sentito la pelle bagnata, l’acqua nei polmoni, il fuoco nella gola che gli bruciava fino alla bocca per la mancanza di ossigeno.
Ricordava come annaspava nelle profondità dell’oceano, come tentava di nuotare per risalire verso la superficie, ma qualcosa lo bloccava sul fondo. Sentiva la sua paura, la sua disperazione.
Raccontò per filo e per segno ad Annabeth il suo sogno e via via che parlava la vedeva sbiancare sempre di più.
Ora, mentre lei rimaneva in silenzio facendo muovere le piccole rotelline nel suo cervello da figlia di Atena, era Nico che iniziava a sentirsi a disagio.
Annabeth non l’aveva mai trattato male. Anzi, era stata una delle poche a preoccuparsi seriamente per lui. Eppure lei continuava ad essere diffidente, perennemente sul chi va là. Forse perché temeva che potesse rubargli il fidanzato o che Percy potesse improvvisamente scoprirsi gay dopo dieci anni che stavano insieme.
E poi, se anche fosse successo, a quel punto sarebbe stato Nico a non volerlo.
Aveva di meglio, adesso, che pensare costantemente a lui.
« Che ne pensi, Nico? » chiese all’improvviso lei.
« Mh? Io? Penso che ci sia qualcuno di veramente incazzato questa volta. Più di Gea o di Crono o di tutti gli altri. Penso che sia stato fatto un torto personale a qualche divinità. E che dovremo imbarcarci con gioia verso un’altra mortale missione per accontentare qualche capriccio. Ecco cosa penso. »
Annabeth annuì, come se avesse confermato le sue teorie. Chirone aveva ragione. Quelli erano sogni specifici. Qualcuno che sapeva che sarebbe andato al Campo Mezzosangue, che sapeva che Percy si sarebbe rivolto a Chirone e che Annabeth sarebbe rimasta sempre e comunque al fianco del figlio di Poseidone.
Quindi, o era una semplice trappola per incastrarli tutti e tre e farli finalmente fuori, o qualcuno aveva una richiesta da fare ai semidei. Qualcuno che aveva scelto dei sogni perché, evidentemente, mandare una raccomandata con ricevuta di ritorno tramite i figli di Hermes era troppo semplice e scontato.
Nico sentì qualcuno mugolare dall’interno del tempio e riconobbe la voce di Gareth, che iniziava a svegliarsi. Si voltò verso l’interno, osservando l’ombra, immaginandosi bene il ragazzo che si alzava dal letto. Era abituato ormai Nico a trovarselo in casa al risveglio o quando andava a letto. Era abituato a vederlo girare per l’appartamento anche senza averlo invitato e ritrovarsi a baciarsi e a toccarsi come due animali.
Si riscosse da quella visione del proprio corpo premuto contro il tavolo da quello di Gareth. Non aveva tempo per distrazioni.
Il figlio di Ade spense la sigaretta, accendendosene subito un’altra. Era dal momento del risveglio che sentiva una sensazione di disagio crescente, come una mano che si stringeva improvvisamente a pugno sulla bocca dello stomaco.
Non piaceva a Nico sentirsi la preda, costantemente braccato.
Guardò ancora una volta la ragazza, come a chiedergli se aveva altro da dire o altre domande da fare.
La ragazza si avvicinò, leggermente intimorita.
« Sei pronto per la colazione? »
« Non so nemmeno se la farò. Non ho fame. »
« Dovresti. Lo sai che la colazione è uno dei pasti più importanti della giornata? Sai che… »
Nico alzò una mano per interromperla. Non era intenzionato ad ascoltare la copia delle filippiche di sua sorella.
Annabeth arrossì, come se si fosse resa conto della propria stupidità.
« Comunque. E’ tornato Nathaniel al campo. » mormorò piano, senza guardarlo. « Pare che sia molto importante. Non torna spesso. »
Nico si sentì di nuovo la terra scivolare da sotto i piedi. Sbarrò leggermente gli occhi, chiedendosi perché fosse tornato solo in quel momento. Le coincidenze non esistono, Nico lo sapeva bene.
« Ho sentito che anche lui ha avuto degli incubi, anzi, delle premonizioni. Da quando se ne è andato il suo potere di preveggenza si è sviluppato sempre di più. E’ tornato in fretta e furia e… »
« Mi stai dicendo che me lo ritroverò davanti quando andremo da Chirone? » sospirò Nico.
Ma era più rassegnato che irritato.
Odiava essere un semidio. Odiava non avere una vita normale. Odiava dover tornare là per ogni minimo problema.
Si passò le mani sul viso e sussultò quando qualcuno abbassò le mani sulle sue spalle. Istintivamente Nico si divincolò, diede un calcio allo stomaco del suo aggressore e sfoderò la spada dello Stige, puntando alla gola.
Osservò per un paio di secondi Gareth negli occhi, tentando di metterlo del tutto a fuoco prima di far cadere la spada lungo la linea del fianco.
« Sei un idiota. Per essere un Negromante se veramente imbecille. » sibilò arrabbiato
Gareth lasciò finalmente uscire il respiro dalla bocca, lasciandosi ricadere contro la colonna del tempio. Nico vide che nella sua mano era apparso un bastone, il bastone del negromante, con cui effettuava tutte le proprie magie da stregone.
« Hai ragione. E’ stata colpa mia che ti ho preso alla sprovvista. »
Nico lo fulminò con lo sguardo, poi gli diede le spalle e si allontanò velocemente dal tempio, inoltrandosi nel pieno dell’oscurità del bosco.

Nico avrebbe dovuto immaginare che la sua giornata non avrebbe potuto che andare peggio. E peggiore di incontrarsi faccia a faccia con Percy Jackson, per lui era schiantarsi letteralmente contro il petto di Nathaniel “Nate” Yukase.
Nico cadde a terra e osservò dal basso verso l’alto il ragazzo, alla soglia dei trent’anni.
Non lo vedeva da secoli ormai. L’ultima volta che lo aveva visto, Nico si era sentito dire di non essere abbastanza per lui, che non era una persona per la quale valeva impegnarsi più di tanto. Nico gli andava bene per baciarsi contro il muro di un tempio, ma per nient’altro.
Era il figlio di Apollo prediletto. Quello il cui padre gli voleva più bene di ogni altro fratello. Portato per qualsiasi cosa che comprendesse la musica e le arti, era il semidio che più si avvicinava ad un Oracolo.
Ogni volta che sognava, vedeva il futuro. Ogni volta che qualcosa nell’aria lo stuzzicava particolarmente, riusciva a vedere uno stralcio di quello che lo avrebbe aspettato. Erano più le volte che vedeva la vita che ancora avrebbe dovuto vivere, di quella che effettivamente viveva.
Inoltre, era anche il più desiderato all’interno dell’intero campo. E Nathaniel era un ragazzo che non si faceva nessun scrupolo.
Se a Gareth piaceva divertirsi, Nathaniel non aveva nessun limite morale od etico. Qualunque cosa si muovesse o respirasse, uomo o donna, se lo interessava lui se lo prendeva, calpestando ogni sentimento, ogni emozione, ogni moralità.
Nate aveva lunghi capelli biondi ed enormi occhi azzurri a mandorla, ereditati dalla madre giapponese. La pelle era leggermente olivastra, come se fosse un misto fra varie culture. Era diventato più alto, più muscoloso con un atteggiamento forse un po’ meno strafottente di quello che ricordava nella sua adolescenza.
La bocca sottile era leggermente aperta per lo stupore di trovarsi davanti proprio lui, il piccolo Nico di Angelo che aveva abbandonato in un angolo del Campo Mezzosangue perché era troppo giovane per portarselo a letto.
Se solo ci ripensava, Nico sentiva il sangue ribollire nelle vene. Percy almeno non lo aveva mai ingannato regalandogli false emozioni. Non gli aveva fatto credere che potesse amarlo e che fra loro avrebbe mai potuto esserci qualcosa di più di un’amicizia.
Nico odiava Nathaniel ancora dopo dieci anni. Era più forte di lui. Ogni volta che pensava a lui sentiva il continuo eco di un legame che poteva formarsi e che non era mai avvenuto. Sentiva il bocca il sapore amare dell’“avrebbe potuto essere”.
Era diverso da Percy. Nathaniel aveva solo giocato con lui, come fa un burattinaio con una piccola marionetta indifesa.
Paradossalmente, l’unico in cui aveva visto una piccola luce era stato proprio Gareth. Nel suo essere così limpido nelle sue intenzioni, Nico sapeva che nulla avrebbe mai potuto ferirlo.
Gareth sapeva quello che voleva e Nico, sapendolo, si era subito adeguato.
Andava bene così. Anche solo sesso.
Niente legami, niente pensieri. Forse era anche meglio.
Nathaniel aveva provato ad allontanandolo ferendolo. E l’unica cosa che Nico aveva guadagnato, era stato sentirsi sporco ripensando a quelle notti in cui si erano baciati come due amanti che non si sarebbero mai più separati.
Lo aveva quasi spezzato Nate. E lui sentiva che mai più avrebbe potuto fidarsi di un altro essere umano.
« Nico di Angelo… » mormorò la voce suadente di Nathaniel « Sei tornato all’ovile? » domandò con il suo solito sorriso smagliante.
« Non sono affari tuoi, Yukase. » ringhiò alzandosi in piedi, scrollandosi la polvere dai pantaloni neri.
Lo superò di corsa, raggiungendo i grandi tavoli della colazione. Sentiva il cuore battergli oltre ogni limite, le guance arrossate, la testa confusa.
Sotto alle tende intravide la testa bionda e in disordine di Gareth. Si guardava intorno, come se lo stesse cercando. Fra le mani stringeva una collana in argento con un pendolo bianco incastonato in una morsa, argentata a sua volta.
Nico si fermò davanti a lui, assottigliando gli occhi.
« E’ così che mi trovavi sempre? Con un pendolo? »
Gareth alzò gli occhi su di lui, sorridendogli.
« Sono testardo quando trovo qualcuno che mi piace. » si grattò nervosamente la testa, imbarazzato « Mi dispiace per prima Nico. »
Nico alzò le spalle. Più che essere arrabbiato con lui si era spaventato. Quando aveva visto la punta della propria spada nera contro la gola di Gareth, aveva provato la paura vera per la prima volta dopo tanti anni.
Paura di poterlo ferire, solo per un proprio errore.
« E’ colpa mia che mi sono fatto prendere alle spalle. Non sono più abituato a questa vita. Non mi piace essere qua. » ammise a voce bassa, sedendosi sulla panca davanti a lui.
Gareth allungò timidamente una mano, sfiorando le sue dita con le proprie e gli sorrise.
« Tutti noi abbiamo brutti ricordi Nico. L’importante è non essere da soli, no? »
Il diretto interessato alzò lo sguardo verso di lui.
« Siamo sempre soli Gareth. Anche in mezzo alla folla, siamo sempre soli. » concluse amaramente.
Vide Nathaniel entrare dentro la sala improvvisata con una grande ovazione da parte della casa di Apollo.
Era sempre stato così Nate. Un vincente. Uno che ha sempre tutto. Uno che ha sempre l’ultima parola. Uno che gli aveva strappato il cuore dal petto e lo aveva stritolato fra le sue lunghe e sottili mani da musicista che aveva amato con tutto sé stesso e che aveva desiderato che lo toccassero così come toccava i suoi amanti.
Il solo averlo davanti gli faceva stringere in una morsa dolorosa i pezzi che aveva faticosamente cucito di nuovo insieme.
Nico si morse un labbro, riportando la sua attenzione a Gareth. Il più piccolo lo fissava con uno sguardo che, di nuovo, non riuscì a decifrare e per una manciata di secondi Nico si sentì come se fosse tornato piccolo. Inadeguato, a disagio, sbagliato, malato.
Stava perdendo il controllo della sua vita e Nico non era abituato a non sapere cosa fare, cosa dire, come comportarsi.
Dopo lo scontro con Gea aveva cambiato la sua vita, ribaltandola. Era cambiato, maturato. Vivere da solo lo aveva aiutato a crescere, a rendersi conto di cosa volesse dire per la prima volta pensare a sé stesso, alla propri felicità.
« Non mi guardare così. » mormorò chiudendo gli occhi « Non mi piace. »
Di nuovo Nico sentì i polpastrelli di Gareth sfiorare il dorso della sua mano.
« Va bene Nico. Io farò tutto quello che vuoi tu. » lo sentì mormorare
Per il semidio, furono le parole che aveva bisogno di sentire. Si tranquillizzò, come se improvvisamente tutti i suoi dubbi si dissolsero.

Di nuovo nello studio dove erano stati ricevuti il giorno, questa volta Nico vide il Signor D seduto sulla sedia di pelle.
Continuava a tentare di bere vino, ma questo inesorabilmente tornava acqua. Chirone lo fissava scuotendo la testa, in silenzio, arresosi ormai all’evidenza. Nulla avrebbe fatto desistere Dioniso dai suoi tentativi.
« Signor D? » chiamò Percy dopo qualche minuto di silenzio.
« Mh? Ah sì, i vostri problemi. Jeckerson, perché ogni volta che ti vedo rischia di scoppiare una guerra? »
« Non lo so Signor D. Forse perché sono bellissimo? »
Nico alzò gli occhi al cielo, sbuffando.
« Potremo concentrarci per favore? Non stiamo giocando, lo sapete? »
Dioniso abbandonò la sua bottiglia di vino e di fissare i ragazzi che aveva davanti a sé. Che il dio odiasse qualunque forma di divinità per motivi che risalivano ad Arianna e Teseo, Nico si rese conto che sembrava estremamente serio.
« Oggi non avremo bisogno del nostro Oracolo per autorizzare una missione. Rachel adesso è malata a San Francisco, ha avuto un tracollo durante una mostra dei suoi dipinti a causa, probabilmente di una profezia. La cosa buffa è che contemporaneamente, dall’altra parte del mondo, ci è arrivato un Messaggio Iride da parte di Nathaniel Yukase. »
Nico storse la bocca.
Il suo nome però, eccome se se lo ricordava. La porta si aprì e Nico non ebbe bisogno di voltarsi per capire chi era appena entrato.
« Ehilà. Mi dispiace per il trambusto, ma sapete, quando il futuro chiama, io appaio sempre. »
Tutti si voltarono verso di lui. Annabeth fissò immediatamente Nico, cosa che lo irritò ancora di più.
Poteva non aver superato il proprio amore devastato, ma di certo non era così pieno di rancore da affibbiare a Nathaniel la colpa di essere stato torturato nel Tartaro.
Si era allontanato dal gruppo volontariamente, ingannato da quegli stessi spettri che avrebbero dovuto servirlo e ne aveva pagato le conseguenze.
Conseguenze di cui la pelle portava ancora i segni e che Nico non riusciva ad ignorare.
Le ferite dell’animo era peggiori di quelle fisiche. Quelle fisiche prima o poi guarivano. Lasciavano cicatrici, con il tempo scomparivano.
Quelle dell’animo… rimanevano sempre là, in agguato, sempre in attesa di un momento debole, come a dirti “Ehi, guarda che io sono qui! Ti ricordi? Io sono quella ferita fatta da una Empusa! Ricordi? Quando ti hanno versato il sangue della Gorgona nelle vene, facendoti impazzire!”
Erano ferite che non se ne andavano. Rimanevano là, sopite, un po’ come la brace fioca di un caminetto.
Sembra che stia per spegnersi, ma alla prima fiammella viva che riesce a percepire, il fuoco riprende a divampare, distruggendo tutto quanto quello che incontra.
« Potresti pensare un secondo di più al presente e un po’ di meno al futuro? » esclamò Percy seccato « Abbiamo da fare. »
Nico sapeva che Percy invece lo incolpava ancora di quello che era successo e un po’ gli fece piacere.
« Certamente ruscello di bosco. » Nate gli sorrise.
Il figlio di Apollo iniziò a spiegare tutta la sua storia, fin dall’inizio.
« Un mese fa, circa, mi trovavo in Tibet per un ritiro ascetico per aumentare la mia concentrazione sulla preveggenza, quando ad un certo punto ho sentito un turbamento nella forza. »
Percy gemette e Annabeth si passò le mani sul viso. Nate li ignorò e sorrise.
« Non sto scherzando. C’è stato davvero qualcosa che si è spostato. Ho continuato il mio ritiro per tutta la settimana seguente. Continuavo a non riuscire a dormire o a riposare e anche il mio terzo occhio si stava indebolendo, come se non riuscissi più a vedere il futuro. Ho iniziato a preoccuparmi e sono andato a chiedere consiglio a mio padre. Quando Apollo si è presentato, nemmeno lui capiva che cosa mi stava succedendo e allora è andato informarsi. Passa un’altra settimana e io divento completamente cieco. Del tutto. Anche la vista normale si era spenta. Dall’alto della mia enorme magnificenza riesco comunque a mantenere la calmo quando ecco il colpo di scena! » si ferma, guardandosi intorno «Una notte vedo Tanato nell’Oltretomba che parla con Ade, dicendogli che il tablet con tutta la lista dei morti gliela stato rubato. »
« Cosa? » esclamò Dioniso « Hanno rubato la lista dei morti di Tanato? E’ impossibile rubare qualcosa al Dio della Morte. »
« Beh, tecnicamente no. » si mise in mezzo Gareth.
Nico si voltò verso di lui, perplesso. Gareth ricambiò lo sguardo.
« Sì, insomma. Forse voi non potete farlo. Ma noi Negromanti sì. Non ci lasciamo dietro nessuna scia nell’Oltretomba. Siamo come degli spettri e Tanato non fa mai caso agli spettri. »
« Stai dicendo che uno dei tuoi colleghi ha rubato il tablet al Dio della Morte? » chiese Nico stupito da quell’insinuazione « Mi sembra strano. Voi non gli siete fedeli? »
« Noi Negromanti, Nico, siamo fedeli fin quando ci conviene, come tutti quanti. Ci sono anche Negromanti che sono disposti a vedere la propria anima per un po’ di denaro. » scosse le spalle con indifferenza « Ovvio, se Tanato lo scopre… beh, diciamo che non è una delle divinità più magnanime dell’Olimpo, ecco. »
« Ed è possibile sapere chi di voi lo ha rubato? » domandò Chirone.
« Purtroppo no. Come ho già detto, quando ci siamo nell’Oltretomba siamo come degli spettri. E quindi non lasciamo tracce. Però forse ci potrebbe essere un modo. » concluse pensieroso « Non mi è mai capitato di dover rintracciare un altro Negromante, però forse nei miei libri posso trovare qualcosa. Non ci dovrei mettere tanto, so già più o meno dove cercare. » si frugò nelle tasche, mettendo nelle mani di Nico il cellulare « So che voi non li usate, ma se me ne vado, è l’unico modo che ho per farmi tornare a prendere, no? » gli sorrise « A fra poco » esclamò.
Fece comparire nella mano il bastone da Negromante e scomparve in una nuvola d’ombra.
Nico rimase immobile, con il cellulare di Gareth in mano prima di infilarselo in tasca.
« Direi che a questo punto non ci serve l’Oracolo per una missione. Appena Gareth ritorna con le informazioni necessarie, dovete partire immediatamente per scoprire come recuperare la lista dei morti di Tanato, prima che l’intero equilibrio fra vivi e morti venga destabilizzato. » commentò a voce bassa Dioniso, come se non volesse farsi sentire da nessuno.
Nico storse la bocca. L’idea di partire per una missione con Percy, Annabeth e Nate non lo entusiasmava per niente. Anzi, avrebbe preferito amputarsi da solo le braccia pur di non andare, ma sapeva che non aveva altre alternative.
Se non fosse partito, suo padre ce lo avrebbe spedito a calci lo stesso.
Percy stava borbottando qualcosa che Nico non riusciva a capire e Annabeth stava sbuffando in un angolo. Nathaniel era troppo impegnato a guardarsi le mani per preoccuparsi del mondo che lo circondava, quindi Nico riprese in mano il telefono di Gareth, rigirandoselo da un palmo all’altro.
Non aveva mai tenuto in mano uno di quegli aggeggi tecnologici. Sia perché non li usava in quanto semidio, sia perché non capiva nulla di tecnologia. La sua cultura era rimasta ferma agli anni trenta e non aveva mai sentito la necessità di interessarsi agli anni che viveva.
Si lasciò ricadere su una poltrona, non guardando nessuno in particolare. Osservò il telefono in stand-by di Gareth, chiedendosi perché i mortali fossero così ossessionati da un aggeggio così piccolo.
Lo schermo si illuminò all’improvviso e Nico osservò l’immagine di una piccola letterina. Nico mosse leggermente il dito e si ritrovò davanti un testo.
“Sono tornato a casa tua con i miei libri. Se in una stanza dovessi vedere dei simboli alchemici non preoccuparti per i muri e per il pavimento. Vanno via con un po’ d’acqua. Ho trovato comunque il Negromante e credo anche per chi lavora. I morti parlano più facilmente di quello che sembra. Mi vieni a prendere?”
Nico si alzò in piedi.
« Vado a recuperare Gareth. » si limitò a dire lasciando la stanza.

Di nuovo nella stanza di Chirone, Gareth sembrava piuttosto agitato. Il bastone era ancora stretto nelle sue mani e aveva le dita sporche di inchiostro.
Percy ed Annabeth erano l’uno vicini all’altro, in apprensione. Il ragazzo aveva delle borse scure sotto agli occhi, segno che era già qualche giorno che non dormiva. I suoi sogni dovevano essere stati tremendi e se era vero che aveva sognato il Tartaro dal suo punto di vista, Nico non aveva difficoltà a crederlo.
Delle volte nemmeno lui riusciva a dormire o a dimenticare il dolore che aveva provato.
Chirone e Dioniso erano in attesa e fissavano Gareth come se potesse rivelargli chissà qualche segreto mistico.
Anche Nathaniel sembrava stanco. Si massaggiava le tempie, con gli occhi socchiusi, e sembrava molto meno curato di quello che ricordava. C’era un accenno di barba sul viso e le dita tremavano.
Alla fin fine, prevedere il futuro, non era poi chissà che gran cosa.
« Allora. Ho scoperto per chi il Negromante ha rubato la lista dei morti. » iniziò Gareth « Ed è una risposta che non mi vi piacerà per niente, perché qua si parla anche di resuscitare qualcuno. »
« E non è la stessa cosa che ha fatto Nico con Hazel? » chiese Annabeth.
« Hai resuscitato qualcuno? Sono ammirato! » esclamò Gareth voltandosi verso il figlio di Ade.
« No. Non ho resuscitato nessuno. Io ho solo portato via l’anima di Hazel che vagava nell’Oltretomba e poi lei ha ripreso da sola un corpo umano. Per via di Gea. Resuscitare qualcuno… pensavo che fosse impossibile. » commentò infine ricambiando lo sguardo.
« Tecnicamente sì, praticamente no. » replicò Gareth pensieroso « Nel senso, noi Negromanti potremo ma non dovremo. Ci sono delle regole molto severe riguardo il nostro contatto con i morti. La maggior parte dei Negromanti che sono stati scoperti ad esercitare queste pratica, sono stati tutti condannati a morte. »
« Da chi? » chiese Annabeth.
« Dal Concilio dei Negromanti, ovvio. Ma lasciamo stare la struttura interna dei Negromanti, ok? Rimane il fatto che ci vuole un potere enorme, che difficilmente un essere umano riesce a contenere senza morire. A questo punto non so se il Negromante sia morto o se abbia avuto un piccolo aiuto… diciamo… divino. » concluse lasciando vagare nell’aria una non tanta velata accusa.
« Quale divinità accetterebbe di aiutare un Negromante a rubare il tablet di Tanato per riportare indietro un essere umano? » chiese Percy, sconvolto.
« Ce ne sono tante a dir la verità. Tutti hanno un desiderio, anche gli dei e non sempre questi desideri possono essere avverati. » commentò Dioniso grattandosi pensosamente il mento.
« Ma queste congetture non portano a nulla. Gareth, hai detto che hai scoperto per chi stava lavorando il Negromante, giusto? »
« Beh. Sì. I miei informatori mi hanno detto che… lavora per Hermes. »
Per una manciata di secondi ci fu il silenzio più totale. Nico non era molto sicuro di sentire salde le proprie gambe e fu felice di avere Gareth al proprio fianco.
Stavano per partire per una missione. Lui, Gareth, Nate, Percy ed Annabeth.
Decisamente, Nico avrebbe dovuto immaginare che quella giornata non sarebbe finita bene.

Nico si strinse lo zaino sulle spalle, assicurandosi che la spada nera fosse ben ancorata alla sua vita, pronta all’uso.
Gareth al suo fianco non indossava l’armatura, ma solo un pantalone di pelle nera, spessa, una maglietta a maniche lunghe e una t-shirt con delle scritte color sangue. Sulle spalle anche lui aveva uno zaino con dei viveri e un paio dei suoi libri di magia nera che considerava indispensabili.
Percy ed Annabeth stavano ricontrollando le loro attrezzature, come facevano sempre, mentre Nate si trovava in fondo alla fila.
Nico si voltò di nuovo a guardarlo, lievemente preoccupato.
Non gli sembrava per niente al massimo della sua forma fisica. Distolse lo sguardo prima che Nate si accorgesse di lui.
« Da dove partiamo? » chiese Gareth con voce secca.
« Dovremo separarci. » esordì Annabeth avvicinandosi a loro « Quattro semidei e un Negromante attirano l’attenzione di troppi mostri. Specialmente tu, Gareth. Ho fatto delle ricerche. Attiri abbastanza mostri quanto un esercito di semidei. »
« Siamo piuttosto ricercati nell’Oltretomba. » confermò Gareth con un sorriso, sistemandosi i capelli biondi e ribelli, sparati in ogni direzione esistente.
Nico si chiese perché fosse così incredibilmente attratto dalla stessa tipologia di ragazzo. Alto, atletico, così incredibilmente perfetto e bello da sembrare irraggiungibile.
« E come vogliamo dividerci? E dove andremo? » domandò a voce bassa.
« Io e Percy potremo dirigerci verso gli uffici dell’azienda di Hermes. Voi intanto potreste dirigervi insieme a Nate verso il luogo della sua ultima predizione. Non ha voluto dirci dov’è. » aggiunse con evidente disappunto.
« Tranquilla Annabeth. Quando saremo arrivati alla nostra destinazione, ti manderemo un messaggio Iride. Vi raccomando di fare lo stesso quando avrete ottenuto notizie da Hermes. » e senza aggiungere altro, si incamminò oltre l’ingresso del Campo Mezzosangue.
A Nico non piaceva l’idea di seguire Nathaniel senza sapere a cosa andava incontro. Rimase comunque in silenzio, incamminandosi dietro il figlio di Apollo, tirando per una manica Gareth, ancora imbronciato e visibilmente seccato.

Quando raggiunsero la stazione centrale di New York, fermi su una banchina di fronte ad un treno in partenza, Nico si guardò intorno.
« Dove stiamo andando Nate? » chiese Nico accendendosi una sigaretta « Sai che odio andare in giro alla cieca. »
« Ci stiamo dirigendo verso Lincoln. »
« Nel centro del Nebraska? » esclamò Gareth « E cosa andiamo a fare? Ci spostiamo in Kansas e aspettiamo una tromba d’aria che ci porta nel paese di Oz? »
« Chissà, magari potresti ottenere un ruolo per la Strega dell’Est. » replicò con un sorriso il più grande.
Nico afferrò Gareth per una spalla, tirandolo dietro di sé, prevedendo aria di tempesta.
« Allora, mettiamo le cose in chiaro. Non intenzione di viaggiare e di rischiare la vita insieme a due galletti che litigano per il dominio nel pollaio, va bene? Quindi, patti chiari e amicizia lunga. Il primo che crea problemi se ne torna a casa con un bel calcio nel culo, intesi? » ringhiò Nico arrabbiato, osservando i due compagni.
Gareth borbottò qualcosa di poco carino nei suoi confronti, si allontanò di qualche passo e salì direttamente sul treno. Nico lo vide lanciare seccato il proprio zaino contro il sedile e sedersi con le braccia incrociate al petto, osservando dall’altra parte del finestrino.
Nate sfoderò un sorriso che avrebbe fatto impazzire chiunque essere senziente sulla banchina, ma che con Nico ormai non attaccava più.
« Come desideri. » si limitò a dire.
« Perfetto. Adesso, saliamo sul treno e vediamo di arrivare vivi e vegeti a Lincoln. »
Lanciò il mozzicone di sigaretta ormai arrivato alle dita nei binari, afferrò lo zaino che aveva appoggiato a terra e salì a sua volta sul treno.

Nico aveva appena chiuso gli occhi dopo quasi tre ore di viaggio. Aveva appoggiato la testa contro il finestrino e poi era scivolato lentamente nel proprio oblio.
Aveva sognato qualcosa, qualcosa che riguardava Percy ed Annabeth da Hermes. Il dio era infuriato, urlava che fossero solo menzogne, che non avrebbe mai tentato di riportare in vita qualcuno.
Percy teneva Annabeth dietro di sé, come a farle da scudo umano, la penne a sfera che diventava Vortice ben stretta nella propria mano, pronto a sguainarla e a combattere se necessario.
Ma il dio si era limitato a cacciarli fuori.
Il rombo della porta chiusa dietro di loro coincide con il boato di freni e acciaio che si accartocciava del treno e anche con qualcosa che lo colpì improvvisamente alla testa.
Nico sentì solo il fruscio del vento contro il viso, l’odore di bruciato che gli aggrediva le narici e l’impatto con il terreno duro.
Quando riuscì a riaprire gli occhi si ritrovò steso a terra, il volto sporco di polvere, mentre intorno a lui la battaglia contro delle Arpie che definire infuriate era a dir poco. Erano finiti in una tipica piantagione di mais dell’Indiana. Probabilmente erano dei pressi di Indianapolis o da quelle parti là.
Lincoln era ancora lontana, almeno un’altra giornata di viaggio.
Nico tentò di ricordare dell’ultima volta che le aveva combattute, ma ogni ricordo gli sembrava troppo confuso o sfuggente.
Si portò una mano alla testa, scoprendola piena di sangue. Passandoci delicatamente una mano, poteva sentire anche minuscole schegge di vetro, probabilmente il finestrino del treno.
Si alzò ugualmente in piedi, stringendo fra le mani la sua spada. Si guardò intorno e vide Nate che combatteva elegantemente contro una decina di arpie, mentre Gareth stringeva il bastone del Negromante.
Era immobile all’interno di un cerchio alchemico incomprensibile e nella mano libera aveva una spada di fuoco, con cui inceneriva un uccello dietro l’altro.
Nico si lanciò nell’attacco, iniziando a colpire un nemico dopo l’altro. La testa ferita gli pulsava e numerose unghiate gli stavano devastando il giacchetto, graffiandogli le braccia e il viso scoperto.
Stremato dalla perdita di sangue, invocò dei morti, l’unica speranza che aveva per sconfiggere qualche mostro in più.
Quando l’ultima arpia del suo gruppo fu uccisa, si lasciò ricadere in terra, subito raggiunto da Gareth.
« Nico! » urlò catapultandosi al suo fianco, uscendo dal suo cerchio di protezione.
Sulle ginocchia Nico tentò di urlare che c’era un’arpia proprio dietro di lui, ma la voce era bloccata in gola. Non riusciva a parlare e non per la paura, ma c’era qualche altra cosa.
Allungò una mano, mentre già vedeva come gli artigli dell’arpia si stringevano sulla testa di Gareth, stritolandola, quando all’improvviso due frecce si conficcarono una nel petto e un’altra nella fronte del mostro.
Questa si dissolse in una nube di polvere.
Gareth si voltò dietro di sé, stupito da sé stesso, mentre il figlio di Ade si voltò subito a vedere Nate poco lontano da lui.
Il semidio era in posa, l’arco ancora stretto in una mano e due frecce di riserva fra le dita della mano libera.
Nico si era dimenticato della potenza, della precisione e della ferocia con cui Nate riusciva a scagliare una freccia. Non per nulla, era il prediletto di Apollo.
Nico si sentì subito stringere fra le braccia calde di Gareth e si concesse due secondi di riposo. La testa urlava di dolore anche ad un solo pensiero e il braccio sinistra tremava. Chinò lo sguardo, osservando un profondo squarcio all’altezza della fine delle clavicole.
Faceva un male indescrivibile.
« Nico, sei pieno di schegge di vetro. Vieni, andiamo a ripararci da qualche parte, così posso medicarti. »
L’interessato annuì, lasciando che il più piccolo circondasse la sua vita con un braccia, facendosi trascinare all’ombra di un vagano deragliato.
Sembrava che potesse esplodere da un momento all’altro.
Nico si voltò verso Gareth, tentando di dirgli che non era sicuro rimanere fermi dopo un attacco del genere. Dovevano andarsene da là.
Aprì la bocca, ma di nuovo nessun suono uscì dalla sua gola.
Si portò una mano al collo, sbarrando gli occhi. Guardò Gareth, spaventato quanto lui.
« Arai. » si limitò a dire Nate, raggiungendoli.
Il figlio di Ade sentì il fiato iniziare ad accorciarsi. Non si era minimamente accorto della presenza delle arai in mezzo alle arpie. Gli sembrava anche impossibile che due animali del genere riuscissero a convivere.
Eppure per un Negromante che aveva derubato Tanato non doveva essere così difficile modificare la realtà, magari sfruttando la Foschia.
Gli vennero in mente le Sirene. Ne aveva uccise parecchie mentre vagava, folle, nel Tartaro. E adesso la loro maledizione si era presa la sua, di voce. Doveva solo aspettare, l’effetto della maledizione, adesso che le arai erano sconfitte, sarebbe svanito a breve.
Nate si sedette vicino a loro, porgendo al negromante un paio di rotoli di garze sterili, poi si avvicinò a lui con delle pinzette.
Nico sospettava vivamente che fossero quelle con cui si curava le sue perfettissime sopracciglia.
« Ora stai fermo. Ti tolgo le schegge, va bene? »
Il semidio storse il naso, poco convinto.
« Dai su. Non fare il ragazzino. Farà male, ma vedi di sopportarlo, ok? »
In risposta Nico sporse leggermente la testa verso di lui. In realtà Nico fu felice di non avere la voce in quel momento.
Per essere uno che si vantava di riuscire a “suonare un pianoforte con la stessa delicatezza con cui amava il corpo vergine di una donna”, Nate in quel caso fu tutto fuorché delicato.
Gareth nel frattempo si stava occupando delle sue braccia e del suo viso, disinfettando ogni taglio o graffio.
Finalmente, dopo quasi un’ora, Nico fu lasciato libero di muoversi e si ricordò anche del sogno che aveva fatto prima dell’incidente.
Afferrò Gareth per un braccio, infilando una mano dentro la tasca dei sui pantaloni, afferrando il cellulare del più piccolo.
« Aspetta, aspetta, cosa ti serve? » domandò Gareth nel panico osservando il proprio cellulare ultra moderno e tecnologico che veniva quasi picchiato da un ragazzo che sembrava non avere la più pallida idea di come funzionasse un cellulare.
Frustrato Nico mimò con le labbra le parole “Messaggio” e solo dopo un paio di tentativi il negromante comprese.
Lui e Nate rimasero in attesa, mentre con difficoltà Nico tentava di scrivere ciò che aveva sognato.
Nate sospirò.
« Direi che è arrivata l’ora di contattare i due piccioni in amore. » si guardò intorno poi fece cadere un po’ d’acqua alla luce del sole, sacrificò un paio di monete d’oro e si mise in collegamento con Percy e Annabeth.
Attraverso l’acqua Nico vide che anche Percy ed Annabeth non stavano messi bene. Dovevano aver combattuto.
Riprese a ticchettare nervosamente sul telefono di Gareth, passandoglielo velocemente.
« Umh… Nico chiede di vederci immediatamente nei dintorni di Lincoln. Dobbiamo parlare del vostro incontro con Hermes e di dove possa aver messo il tablet di Tanato. »
« Noi siamo ad Annapolis. » rispose Annabeth con il fiatone « Siamo venuti qua perché Percy ha sentito qualcosa provenire dal mare di New York che ci ha condotto qua. Abbiamo trovato solo un bel gruppo di sirene impazzite. »
Gareth si voltò immediatamente verso Nico, che aveva gli occhi sbarrati.
« Sirene? Aspetta, avete ucciso delle sirene? » chiese conferma Nathaniel.
« Sì, perché? »
Il più grande li informò velocemente delle arpie, delle arai e della perdita della voce di Nico. Annabeth sembrava abbastanza abbattuta dalla notizia. Sembrava che le azioni del gruppo fossero collegate fra di loro.
Specialmente nel far del male a Nico.
« Beh, effettivamente non è che tu sia il semidio più simpatico di tutti. » ammise Gareth osservando il ragazzo, una volta che il collegamento iride si fu interrotto « Magari hai maltrattato altri poveri commessi di fast-food messicani come hai fatto con me. »
Nico lo fulminò con lo sguardo, assottigliando gli occhi.
Avrebbe voluto ricordargli che non era andata esattamente così e che semmai era stato proprio il contrario. Lo aveva pedinato costantemente, portandolo ad un livello tale di esasperazione che alla fin fine l’unica cosa che Nico aveva potuto fare era stata quello di accontentarlo.
Gareth ridacchiò, passandogli una mano fra i capelli. Nico arrossì, scostandola e si allontanò.
« Sarà il caso di andare. » esordì Nate « Lincoln è ancora lontana. Dobbiamo raggiungere la città e noleggiare una macchina, credo che sia la via più veloce. »

challenge: 500themes ita, pairing: jackson x chase, pairing: mahe x di angelo, pg: nathaniel yukase, fandom: percy jackson, challenge: cow-t4

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