03 “Benvenuto!”
Il campanello appeso alla porta del locale trillò allegro, informando i gestori dell’arrivo di un nuovo cliente. Hikaru sorrise al ragazzo che lo accolse chiedendogli se avesse o meno prenotato.
“Ah, io veramente…”
“Hikaru!”
Yuya lo chiamò, avvicinandosi ai due, spiegando e facendo le presentazioni.
“Lui è con me, Daiki. Hikaru, Daiki. Dai-chan, Hikaru, l’insegnante di Yuri.”
“Oh, il tuo ragazzo!” esclamò il più piccolo.
“Dai-chan! Non dire fesserie!” Yuya gli diede un leggero scappellotto sulla nuca, imbarazzato, mentre Hikaru sorrise, stringendo la mano che il ragazzo più piccolo gli tendeva, divertito.
“Beh, scusa, è passato del tempo da quando mi hai presentato qualcuno. Io so fare due più due.”
“E allora riscriviti in prima elementare e impara a contare, scemo!” lo riprese Yuya, scusandosi con lo sguardo con Hikaru. “Io ho finito qui?” chiese all’amico, il quale si guardò attorno nel locale e annuì.
“Sì, posso cavarmela da solo adesso, Keito sta arrivando. Grazie, Yuuyan!” gli fu grato. “Vi scorto al tavolo!” fece da guida.
“Hai prenotato?” si stupì Hikaru.
“Ovviamente, è un posto molto chic, anche se non sembra!”
“Che vorresti dire?” lo riprese Daiki e Yuya rise. “Anche se non sembra…” ripeté Daiki, “Hikaru, devi sapere che, sebbene piccolo, questo ristorantino è molto quotato e per accontentare tutti e gestire la clientela, ci siamo organizzati in questo modo. Tutto per i nostri clienti!” recitò pomposo, orgoglioso dell’attività di famiglia.
“E io che ho detto?”
Yuya fece un’espressione fintamente sconvolta e Daiki lo guardò con la coda dell’occhio.
“Siediti, impiastro! Cosa vi porto?” domandò, consegnando loro i menu.
“Mmm, Yuuyan, cosa mi consigli?” chiese Hikaru, mostrando all’altro i fogli con i vari tipi di ramen.
“È molto buono il ramen tonkotsu molto gustoso” spiegò. “Oppure il ramen Shio” continuò, indicandogli i piatti. “Vero?” chiese conferma a Daiki che ponderò un attimo le scelte e poi diede il suo parere.
“Io opterei per il ramen Shio, a un appuntamento sconsiglio il tonkotsu, troppo ecco, ha un sapore troppo forte!” buttò lì guardandoli allusivo.
“Dai-chan!” lo riprese Yuya, arrossendo visibilmente.
Daiki sorrise divertito, guardando Hikaru il quale optò per quello consigliato da Daiki e che venne ordinato anche da Yuya.
“Avanti, non mettermi il muso. Le birre ve le offro io!” gli disse per cercare di rabbonirlo.
“Sarebbe anche il minimo!”
“Solo un giro però!”
“Sì, sì. Adesso vai, io ho fame!” lo liquidò il più grande, facendo cenno di allontanarsi e iniziare a lavorare.
“Mi spiace, non fa sempre così, non so cosa gli sia preso!” Yuya si scusò con Hikaru, una volta che rimasero da soli.
“Non devi preoccuparti. Non mi ha dato alcun fastidio. Si vede che siete molto legati e lo fa apposta perché tu te la prendi” gli disse, poi scoppiò a ridere. “Un po’ come Yuri e Ryo-chan” scherzò.
“Aaah… paragonato a mio fratello! Un bambino di quattro anni!”
“Beh” rettificò Hikaru, “veramente io dicevo più a Yama-chan. È lui che se la prende di continuo, Chii-chan è quello che la spunta sempre!”
Yuya finse indignazione e cercò di colpirgli un braccio, ma Hikaru aveva i riflessi sempre pronti e lo intercettò, ridendo, tirando indietro la mano, ritrovandosi con il volto di Yuya vicino al proprio. Si guardarono negli occhi e le loro teste si mossero quasi in contemporanea, ma quando le loro labbra stavano per sfiorarsi, una voce li interruppe.
“Ops!”
Yuya sbatté le palpebre un paio di volte, prima di allontanarsi, sentendo Hikaru mormorare un ironico ‘tempismo perfetto’.
Si separarono e videro Daiki con due bicchieri di birre in mano.
“Scusatemi!”
“Tranquillo, Dai-chan” lo rassicurò Hikaru, prendendo un boccale e tendendolo a Yuya che sollevò il proprio, brindando con lui.
Pochi istanti dopo Daiki era tornato al loro tavolo con le ciotole di ramen che i due ragazzi iniziarono a mangiare con gusto, continuando a chiacchierare per conoscersi meglio.
“Vi porto dell’altro ragazzi?” aveva chiesto una graziosa cameriera, prendendo i piatti sporchi.
“Era tutto squisito e sono pieno, ma io un posticino per il dolce ce l’ho ancora!” affermò Hikaru, guardando Yuya che annuì.
“Ah, te l’avrei consigliato, la madre di Dai-chan fa dei dolci buonissimi, li devi provare. Ci puoi portare, per favore, una porzione di daifuku?” scelse Yuya, rivolgendosi poi a Hikaru quando la ragazza si allontanò. “Ne fa di vari gusti e sono tutti buonissimi, anche come presentazione non sono male, così li assaggi tutti!” si entusiasmò.
Hikaru rimase ad ascoltarlo, poggiandosi con il braccio sullo schienale del divanetto, chinando la testa, guardandolo con un leggero sorriso.
“Che c’è?” chiese Yuya, confuso. “Ho parlato troppo, vero? Non c’è da essere così entusiasti di un dolce, hai ragione!” si scusò.
“No, ma che dici?”
Hikaru sollevò di scatto la testa, allungando la mano verso la spalla del più grande.
“Scusami, è solo che sono un po’ stanco, ma sto bene. È davvero una bella serata, sono rilassato e sto molto bene con te, per cui non farti problemi di nessun tipo” gli disse, portando la mano ad accarezzargli il collo e scivolando dietro la nuca. Yuya si chinò leggermente in avanti, spostando la mano che teneva accanto alla gamba piegata di Hikaru, sul suo ginocchio; si sorrisero, Hikaru si tese, schiudendo le labbra, Yuya socchiuse gli occhi.
“Eddai, però!” sbottò Daiki, interrompendoli ancora, voltandosi con il vassoio con il loro dolce in mano, indeciso se andarsene o meno.
“Giuro, adesso lo…”
“Yuuyan” lo riprese, divertito Hikaru.
Si separarono di nuovo e Yuya allungò il braccio per prendere l’ordinazione. Daiki sorrise colpevole, mormorando nuovamente le sue scuse e si allontanò.
Hikaru prese un dolcino, gustandolo con piacere, distratto poi dalla risata di un bambino che attirò la sua attenzione e quella di Yuya: videro qualche tavolo avanti al loro una famiglia, formata da una giovane coppia con una graziosa bambina. La piccola stava seduta sulle gambe del padre e tendeva alla mamma un dolcino di riso che lei prese di buon grado, imboccata dalla bambina, prima di sporgersi a baciare il marito sulle labbra.
“Ma che scena carina” commentò Yuya, dando un morso a un sakura mochi, attirando l’attenzione di Hikaru.
“Mh?”
“Dicevo che sono davvero carini. Proprio come Yama-chan e i suoi genitori. Yabu-kun e Keiko-san sono davvero una bella coppia. Ho parlato con lei prima dello spettacolo, è molto gentile, davvero una bella donna. Yabu-kun è molto fortunato. Non dovrei dirlo, ma si è anche commossa durante lo spettacolino” ricordò.
Hikaru annuì, cambiando immediatamente umore, ricordando la scena alla quale, suo malgrado, poi aveva dovuto assistere al bagno.
“Personalmente ho un debole per le famigliole così unite” ammise Yuya, riportando su di sé l’attenzione del più piccolo.
Hikaru lo guardò confuso, in attesa che si spiegasse meglio, ma l’altro scosse il capo.
“Non ci pensare, non mi va di parlare di cose tristi adesso!” minimizzò, alzandosi. Hikaru si alzò a sua volta, fermato però da Yuya che aveva insistito per offrire lui ed era stato mandato fuori ad aspettare.
L’insegnate si accese una sigaretta, rilasciando una lunga boccata, infilando la mano nella tasca dei jeans, urtando il cellulare con le dita, lo prese e lesse l’ora: erano quasi le undici di sera, forse non era opportuno disturbare, contando anche che lui era stato bene e il suo appuntamento con Yuya non era ancora finito, ma si ritrovò a inviare un messaggio a Yabu, senza neanche essersene reso conto.
Tutto bene?
“Hikka, scusami!”
Yuya lo raggiunse e Hikaru portò velocemente il telefono di nuovo in tasca, sorridendogli.
“Dai-chan non mi mollava più” rise, facendo sorridere l’altro.
“Che hai?” gli chiese, sollevando una mano, verso il suo viso, intercettata però da Hikaru che ne intrecciò le dita con le proprie, per rassicurarlo.
“Andiamo a fare una passeggiata?” gli chiese, ma Yuya fece un’espressione dispiaciuta.
“Purtroppo non posso. Mi dispiace, ma devo tornare a casa, ho lasciato Yuri con mia zia e devo andare a prenderlo. La prossima volta ti prometto che staremo di più insieme” assicurò. “Ti accompagno al motorino, però!” disse, mentre si avviavano.
Hikaru prese il casco da sotto il sellino e si sedette.
“Grazie della serata, Yu” gli disse, pronto a infilarsi il casco, quando l’altro lo fermò.
“Aspetta” Yuya gli prese i polsi e si avvicinò a lui.
Hikaru schiuse le gambe, per permettere all’altro di incastrarsi tra esse e poggiò il casco sul manubrio.
Yuya si avvicinò a lui con il viso e mormorò piano: “È la terza volta che tento di baciarti.”
Hikaru a sua volta sorrise e gli posò le mani sulle guance, attirandolo maggiormente a sé.
“Allora conviene che ci diamo una mossa, sarebbe alquanto fastidioso doverci interrompere proprio adesso, non credi?” lo provocò divertito.
Yuya rise, sfiorandogli finalmente le labbra con le proprie, posandogli le mani sulle gambe, lasciandole scivolare in una tenera carezza verso l’alto.
Hikaru si rilassò, schiudendo la bocca, andando incontro a quella di Yuya, ottenendo finalmente quel bacio tanto atteso.
Le mani del più grande risalirono sui suoi fianchi, mentre quelle di Hikaru scesero sulle spalle; Yuya si avvicinò maggiormente a lui e Hikaru lo abbracciò, approfondendo il bacio, lasciandosi andare completamente.
Si separarono qualche istante, prima di tuffarsi di nuovo l’uno sulle labbra dell’altro, poi Hikaru si mosse a disagio, sentendo il cellulare vibrare nella tasca dei pantaloni.
“Ignoralo” mormorò Yuya, scostandosi da lui, scivolando sulla guancia e intenzionato a raggiungere il collo e prolungare quei momenti, ma Hikaru gli mise una mano sul petto, fermandolo.
“Aspetta!” sussurrò divertito, rubandogli un bacio sulle labbra e aprendo il telefono.
Yuya che si era chinato su di lui, poggiandogli la testa sulla spalla e tenendolo stretto a sé per un fianco lo sentì irrigidirsi.
Si scostò e vide l’espressione contrita del suo volto.
“Hikka…”
“Devo andare!”
“Eh?”
“Scusami” ripeté, voltandosi per sedersi composto alla guida e si mise il casco; prima di allacciarlo diede un veloce bacio a Yuya e mise in moto.
“Ti chiamo in questi giorni, Yuuyan. Grazie davvero di tutto” gli disse, frettoloso e quando il più grande si allontanò, Hikaru partì.
“Tutto bene?”
“Ho bisogno di vederti.”
“Dove?”
“Al parco.”
“Sto arrivando.”
*
Hikaru fermò lo scooter nella zona dei parcheggi, scendendo e allacciando in tutta fretta il casco al manubrio, assicurandolo con il laccino. Intravide una figura in piedi accanto alla piccola fontana al centro del parco e si avvicinò a passo lento, cercando di calmare i battiti del proprio cuore: sembrava non voler rallentare affatto la propria corsa.
“Kota” lo chiamò quando lo raggiunse e l’interpellato si volse.
“Hikaru” rispose, levandosi la sigaretta dalle labbra, stringendo il filtro tra le dita, spegnendolo nell’apposito astuccio e gettando il mozzicone nel cestino.
“Mi dispiace di averti chiesto di vederci a quest’ora” si scusò Yabu, sedendosi sul bordo della vasca, guardando lo zampillo chiaro.
Hikaru scosse la testa, sistemandosi accanto a lui.
“Hai fatto bene, invece, e poi ti ho scritto io per primo” gli ricordò. “Ero preoccupato” ammise. “Come sta Ryo-chan?” gli chiese come prima cosa, guardandolo.
Yabu voltò il viso verso di lui e sorrise malinconicamente.
“Bene… si è tranquillizzato, anche perché Keiko, una volta arrivati a casa, è rimasta un po’ con lui” spiegò. “Io, però, avevo bisogno di uscire” confessò, passandosi stancamente una mano sugli occhi, aggiungendo in un mormorio. “Non avevo le forze per litigare di nuovo.”
Hikaru non disse niente, limitandosi ad ascoltare quello sfogo e come quel pomeriggio non aveva idea se dovesse o meno dire qualcosa. Yabu sembrava fidarsi di lui, altrimenti non l’avrebbe chiamato in piena notte, chiedendogli di vedersi, ma Hikaru non sapeva ugualmente come fosse più giusto comportarsi.
Yabu, dopo diversi istanti di silenzio, dove solo lo scrosciare dell’acqua aveva accompagnato i loro pensieri, parlò di nuovo, voltandosi a guardare Hikaru.
“Mi dispiace per questo pomeriggio. Non volevo creare problemi, è solo che è sempre più difficile continuare a… fingere. Hai sentito tutto?” gli domandò.
“No, ero appena arrivato. A Ryo-chan scappava la pipì e… Keiko-san è uscita poco dopo il mio arrivo, ma…” si affrettò ad aggiungere, “non dirò nulla a nessuno, davvero” lo volle rassicurare.
Yabu sorrise grato.
“Non è questo… lo so che sei una persona discreta. Mi dispiace che abbia dovuto sentire quelle cose. Kei-chan non… cioè lei vuole molto bene a Ryosuke” cercò di spezzare una lancia in favore della moglie, ma Hikaru si era ormai fatto la sua idea e non l’avrebbe cambiata, anzi, l’espressione di Yabu confermava che neanche lui credesse poi molto alle sue stesse parole, ma, forse per amore o per semplice affetto o, più veritiero, per mantenere le apparenze, era come se si sentisse in dovere di difenderla.
“Non dirò niente di sconveniente su di lei, ma, mi dispiace, non posso pensarla come te” ammise Yaotome, non potendo trattenersi dal dire in parte quello che pensava. Non si doveva intromettere, ma restare obbiettivo era difficile, lo era per l’affetto che provava per Ryo-chan e lo era per quei sentimenti a cui ancora non riusciva a dare un nome effettivo che sentiva di provare per Yabu.
“Posso chiederti una cosa?” gli domandò Hikaru e Yabu lo guardò un attimo, prima di annuire.
“Come mai Yamada non ha il tuo cognome?” chiese e quello era un dubbio che l’aveva subito colto, già dalla prima volta che aveva letto la scheda di Ryosuke.
Yabu distolse lo sguardo a disagio.
“Sempre se è una cosa che posso sapere, ovviamente!” si corresse Yaotome.
Yabu si alzò in piedi e lo guardò.
“Io non provengo da una famiglia ricca. Ho un lavoro abbastanza anonimo e sono lì dove mi trovo solo per intercessione del padre di mia moglie. Non avevo ancora finito l’università quando Keiko è rimasta incinta. Ci conoscevamo dai tempi delle medie e… non siamo stati attenti, ed è successo” iniziò a raccontare.
Hikaru lo ascoltava in silenzio.
“La notizia non è stata presa molto bene dalla sua famiglia. Avevano grandi progetti e riponevano tante speranze in Keiko, che un giorno avrebbe ereditato l’impresa di famiglia.”
“E allora?”
Yabu sorrise mesto.
“Non sono mai andato a genio alla famiglia Yamada, proprio per le mie origini, ma a quel tempo eravamo testardi e innamorati, credevamo di poter fare qualsiasi cosa solo con le nostre forze. Avevamo progetti insieme… grandi progetti” continuò a spiegare Yabu, con lo sguardo perso nel vuoto. “Quando Keiko rimase incinta e ne abbiamo parlato con i nostri genitori, il padre ci disse che dovevamo prenderci le nostre responsabilità. Dovevamo sposarci subito, prima che la cosa potesse trapelare e la voce espandersi nella società, disonorando la sua reputazione e poteva tenere il bambino, ma ci avrebbero aiutato a una condizione” fece una pausa e guardò Hikaru che comprese.
“Avrebbe preso il loro cognome” mormorò.
Yabu annuì.
“Aveva un erede, anche se la cosa non era stata studiata a tavolino come qualsiasi altra. Fosse stato per loro io sarei anche potuto sparire, ma questo avrebbe provocato dei pettegolezzi e non potevano permetterlo. Mi hanno inserito nella società perché gli servivo, per loro io non sono nessuno.”
“Ma è crudele, Kota!” Hikaru si alzò in piedi a sua volta. “Lui è tuo figlio! Perché hai accettato una cos simile?”
“Non potevo fare altrimenti!” Yabu strinse i pugni, aumentando appena il tono di voce che, fino a quel momento, era stato pacato, quasi rassegnato. Chissà quante volte doveva aver ripensato a quegli avvenimenti, chissà come si sentiva ad andare avanti giorno dopo giorno e stare a contatto con quelle persone che non lo apprezzavano, che non avevano in lui alcuna stima. Chissà come doveva sentirsi scoraggiato. Ora il suo comportamento, quelle espressioni, quella tensione e tristezza che Hikaru avvertiva ogni volta avevano un senso.
“Se non avessi accettato, Keiko avrebbe dovuto abortire” continuò, tornato nuovamente calmo. “Io desideravo questo figlio, credevo che le cose sarebbero state diverse” ammise.
Rimasero in silenzio, dopo che Yabu ebbe finito di parlare, e fu Hikaru a romperlo qualche istante dopo.
“Tu sei… sei ancora innamorato di lei?”
“Lo ero… adesso… lo faccio per amore di mio figlio. Se non ci fosse stato lui, probabilmente ci saremo lasciati dopo pochi mesi. La routine si stava già facendo pesante” ammise. “Voglio che Ryosuke possa essere sereno, lui merita davvero il meglio. È un bambino d’oro e capisce molto di più di quello che lo circonda, più di quanto noialtri possiamo pensare. Non voglio che resti ferito da questa faida familiare più di quanto non lo sia già.”
Hikaru, purtroppo, dovette concordare con lui: Ryosuke era un bambino molto sensibile, lo notava ogni giorno all’asilo dal modo in cui si rapportava ai compagni e anche da come si comportava con lui.
Yabu incontrò lo sguardo di Hikaru e gli sorrise.
“Scusami, non so perché ti ho rovesciato addosso la mia triste storia.”
“Non devi scusarti, per me non… insomma, è okey, io non dirò nulla a nessuno e se avrai ancora bisogno di parlare ci sarò. Puoi contare su di me, Kota” gli assicurò, posandogli una mano sul braccio, all’altezza del gomito. Yabu rimase stupito da quel contatto, ma la cosa gli fece piacere e gli scaldò un po’ il cuore, era da tanto che teneva per sé quei sentimenti e sapere che c’era qualcuno che lo comprendeva e che fosse disposto ad ascoltarlo, anche se la cosa non si sarebbe di certo risolta con così poco, alleviava un po’ il peso che si portava dentro.
Posò la mano sopra quella di Hikaru e sorrise.
“Grazie, grazie davvero” ripeté.
Il più giovane sorrise e il suo telefono squillò proprio in quel momento, interrompendoli.
“Scusami un attimo” gli disse, scostandosi e vedendo il nome di Yuya lampeggiare sul display.
Rispose, allontanandosi e aprendo la conversazione: “Pronto?”
“Hikka?”
“Yuuyan, che succede?”
“Sì, sì, senti, scusami lo so che è tardi… volevo solo sapere se andava tutto bene. Ero un po’ preoccupato” ammise.
Hikaru sorrise.
“Sì, mi spiace ancora di essere andato via così in fretta” si scusò, abbassando il tono di voce, non voleva che Yabu lo sentisse.
“Nessun problema. Se stai bene allora sto più tranquillo.”
“Yuri?”
“Dorme come un ghiro, in realtà dormiva anche quando sono andato a prenderlo. Anche io sono esausto” ridacchiò.
“Riposati allora, buonanotte, Yu” mormorò.
“Mh… notte, Hikka.”
Chiuse la conversazione e vide Yabu avvicinarsi.
“Avevi un appuntamento, ti ho disturbato.”
Hikaru si affrettò a scuotere il capo.
“No, davvero. Stavo tornando a casa quando mi hai scritto, davvero, Kota” lo rassicurò e il padre di Ryosuke annuì.
“Ok… adesso forse è il caso che rientriamo anche noi. È tardi” constatò, sebbene non avesse poi tutta quella voglia di rincasare.
Hikaru se ne accorse, ma doveva lasciarlo andare, sarebbe rimasto con lui ancora, avrebbe passato la notte con lui in quel parco se solo fosse stato possibile, ma non lo era. Yabu aveva una casa, una famiglia o, per lo meno, suo figlio dal quale tornare, quello stesso figlio per il quale stava sacrificando la propria felicità.
“Hai ragione” si costrinse a dire, cercando di mostrarsi sorridente, l’unica cosa che poteva fare per Yabu al momento era mostrarsi così, non voleva aggravare le sue pene ulteriormente. “Torniamo a casa” disse.
Yabu annuì, ringraziando di nuovo Hikaru e poi entrambi presero la via di ritorno.
*
“È fredda! È fredda, papà!” Yamada risalì la spiaggia correndo, raggiungendo Yabu che stava sistemando il bastone dell’ombrellone nella sabbia.
“Ryo-chan, vieni qui che ci togliamo i vestiti e mettiamo la crema!” Yuya lo richiamò a sé, aiutando il fratello a cambiarsi.
Yamada si avvicinò a Yuya, seduto sul proprio asciugamano, che spalmava un po’ di crema sulle spalle di Yuri, in piedi tra le sue gambe.
“Yuuyan Onii-chan, tu non togli il costume?” chiese Yamada, allungando una mano e tirando la maglietta che Yuya ancora indossava.
Yabu rise, sistemando le loro cose all’ombra, avvicinandosi al figlio.
“Si dice non togli la maglietta” lo corresse, levandogli i pantaloncini e la canotta, conservandoli nella borsa insieme alla propria camicia.
“Questo è il costume” gli spiegò, indicando i propri boxer da mare e Yamada annuì, guardandosi poi tra le gambe.
“Uguale a te, papà!” disse, indicando la propria mutandina da bagno, riferendosi ai colori.
Yuya lo osservò e rise.
“Chiacchiera davvero tanto!” constatò, guardando Yabu e finendo di passare la crema sul petto e le braccia del fratello.
“Ecco fatto!” disse a Yuri, che si allontanò, vedendo Yamada prendere il suo posto e voltarsi di spalle, chinando in basso la testa, in attesa.
Yuya rise, abbracciandolo da dietro e facendogli il solletico sul collo con la bocca.
“Sei bellissimo, Ryo-chan, lasciatelo dire” affermò, spremendo un po’ di protezione solare sulle dita e passandogliela sulla schiena.
“È fredda!” ripeté Yamada, cercando di allontanarsi, fermato da Yuya che lo tenne vicino a sé per un braccio.
“Fermo!”
Yuri li osservava con le braccia conserte, seduto sul proprio asciugamano: aveva capito che tanto se anche si fosse lamentato, non sarebbe riuscito a spuntarla, anche perché il suo Onii-chan prendeva le parti di Yamada e lui non voleva venire screditato in quel modo agli occhi del fratello ma, intanto, li teneva d’occhio.
“Onii-chan, posso fare il bagno?” chiese Yuri quando finalmente il più grande ebbe finito e lo vide alzarsi per levarsi a sua volta la maglia e stare in costume.
“È ancora presto, Yuri, hai fatto colazione da poco!” gli spiegò. “Però, se vuoi, possiamo fare una passeggiata e bagnarci i piedi!” concesse.
Yuri si alzò e saltellò vicino a lui, tendendogli la mano, mentre con l’altra gli picchiettò un fianco.
Yuya lo guardò e lo prese in braccio.
“Che c’è, Yuri?”
“Niente, sei morbido, Onii-chan!” rise il più piccolo, facendosi scortare in riva alla spiaggia.
“Andiamo anche noi?” chiese Yabu al figlio il quale annuì.
“Però niente bagno, papà!” chiarì Yamada.
“Va bene, tranquillo, non entriamo in acqua!” gli assicurò il padre e, solo dopo quella rassicurazione, Yamada gli tese la mano, avvicinandosi al bagnasciuga, muovendo i piedi nell’acqua, schizzando un po’ le gambe di Yuri che ricambiò immediatamente.
“State buoni!” li ripresero i più grandi e Yuya guardò Yabu, scusandosi.
“Mi spiace che Ryo-chan abbia la fobia dell’acqua adesso” gli disse, mentre camminavano insieme ai piccoli sul lungomare.
“Non ti preoccupare, sono cose che possono succedere. Gli passerà, piano piano si abituerà di nuovo. Ah, grazie per avermi chiamato stamattina!” disse allora Yabu.
Yuya sorrise.
“Grazie a te per essere venuto senza preavviso, ci ho pensato solo stamani, data la bella giornata!”
“Oh, ma tanto eravamo svegli entrambi. Ryo era felicissimo di venire al mare con Yuri!” spiegò, osservando i due bambini che camminavano avanti a loro, intenti a cercare conchiglie e palle di mare, fermandosi per lanciare di tanto in tanto qualche sassolino nell’acqua.
“Bambini, giriamo, torniamo all’ombrellone!” disse loro Yabu, aspettando che facessero dietro-front e li precedessero, vedendo poi Yamada lasciare andare il bottino fino a quel momento racimolato, sotto lo sguardo sconcertato e sconvolto di Chinen -che si chinò a recuperarlo-, e iniziare a correre.
“Hikka-sensei!”
“Ryo-chan!” lo richiamò Yabu, notando il figlio andare incontro non molto stabilmente verso un’altra persona che faceva jogging sulla riva e procedeva in loro direzione.
“Ryo-chan!” esclamò Hikaru quando si fermò, vedendo il bambino correre verso di lui e prendendolo poi in braccio, guardandosi intorno alla ricerca dei genitori del bambino.
“Sono venuto con papà e con Yuuyan Onii-chan e Chii-chan!” gli spiegò Yamada, scalpitando per venire messo nuovamente con i piedi per terra, tirandolo poi per un braccio per raggiungere gli altri che aveva lasciato indietro.
Hikaru sorrise quando vide venire loro incontro Yuya e Kota insieme al piccolo Chinen.
Si chinò sulle gambe quando fu vicino e ammiccò a Chinen, sorridendogli.
“Ehi, Yuri!” lo salutò, facendo un cenno agli altri due più grandi. “Non mi saluti?” gli chiese, abbracciando Yamada che non lo aveva lasciato un momento, aprendo l’altro braccio per far posto al suo allievo più taciturno, ma vedendo Chinene nascondersi e fare il prezioso tra le gambe di Yuya.
“Yuri, che ti succede?” chiese il fratello maggiore e Chinen distolse il volto, guardando verso il mare.
“Ah, va bene!” disse allora Hikaru, con tono di sufficienza. “Vorrà dire che coccolerò solo te, Ryo-chan” gli disse, facendo per prenderlo in braccio e vedendo Chinen correre verso di loro e appendersi al collo di Yaotome.
Hikaru rise, sollevando entrambi i bambini e scoccando un bacio sulla guancia di Chinen che, nonostante tutto, non aveva perso quel piccolo broncetto imperscrutabile.
Yuya e Yabu risero e anche Yamada aveva sul viso un’espressione divertita, sporgendosi per abbracciare entrambi, l’amichetto e Hikaru.
L’animatore poi li mise entrambi per terra e si rivolse ai due più grandi, mentre Yamada e Chinen si erano accovacciati uno davanti all’altro e stavano raccogliendo piccoli granelli di sabbia.
“Buongiorno” li salutò. “Questa è davvero una coincidenza! Vi siete incontrati anche voi per caso?” chiese loro.
“A dire il vero, no” rispose Yabu. “Yuya mi ha chiamato stamattina chiedendoci se ci andava di venire al mare con loro” spiegò.
“Tu sei solo?” intervenne Yuya.
Hikaru annuì, indicando un asciugamano e una borsa per lo sport poco distante da loro.
“Vengo spesso a correre qui la mattina quando ho qualche ora libera, il posto è abbastanza tranquillo e non c’è molta gente” spiegò.
“Perché non ti unisci a noi!” gli chiese allora Yabu, guardando Yuya.
“Se non hai altri impegni, ovviamente” aggiunse quest’ultimo.
Hikaru annuì e sorrise.
“Sono liberissimo, mi farebbe piacere!” disse loro, poi Yamada sollevò su di lui uno sguardo curioso e gli tese il braccio, mostrandogli il palmo della mano.
“Hikka-sensei, guarda!” disse, mostrandogli una stella marina.
Hikaru si inchinò leggermente, posando le mani sulle gambe.
“È bellissima, Ryo-chan!” sorrise.
“La posso tenere?”
“No che non puoi!” intervenne Yuri, Yamada lo guardò in modo un po’ triste e Hikaru sospirò.
“Eh, mi sa tanto che Yuri ha ragione, Ryo-chan, la dobbiamo lasciare qui!” gli disse, invitandolo a riposarla sul bagnasciuga, vicino all’acqua.
“Vado a prendere le mie cose. Dove state?” chiese a Yuya che gli indicò l’ombrellone. “È quello arancione!”
“Hikka-sensei, posso venire? Ti aiuto!” si offrì Yamada.
“Ryo-chan” lo riprese il padre. “Non dare fastidio a Hikaru-sensei.”
Hikaru rise.
“Non mi disturba affatto. Yuri, vuoi venire anche tu? Sono sicuro che Ryo-chan avrà bisogno di aiuto per portare l’asciugamano” lo volle incentivare.
Chinen guardò Yamada che annuì convinto e cedette.
“E va bene” mormorò accondiscendente, facendo ridere i tre più grandi del modo in cui aveva risposto.
*
Hikaru uscì dall’acqua, vedendo Yabu che, in piedi sul bagnasciuga, osservava il figlio seduto sotto l’ombrellone sul proprio asciugamano, raggomitolato su se stesso..
I due fratelli stavano giocando nell’acqua con il più grande che faceva fare il motoscafo al più piccolo e Chinen rideva felice.
“Vado da lui” disse a Yabu, posandogli una mano sulla spalla.
“Ryo-chan!” cantilenò gentilmente, chinandosi davanti a lui, carezzandogli le ginocchia, facendo in modo che le stendesse. “Perché hai quell’aria triste? Non vieni a giocare?”
Yamada scosse il capo.
“Perché?” chiese Hikaru.
“Ho paura!” ammise Yamada.
Hikaru lo prese per le braccia, facendolo sollevare e stringendolo a sé.
“Dai, sconfiggiamo insieme la paura” lo spronò, rimettendosi in piedi, tendendogli una mano. Yamada titubò un momento, indeciso, vedendo un’ombra avvicinarsi.
“Non ti fidi di me?” gli chiese Hikaru, volgendosi poi a guardare Yabu.
“Ryo non vuoi andare con Hikaru-sensei?”
Il piccolo scosse il capo, stringendo però la mano di Hikaru e guardando verso l’acqua.
“Chii-chan non ti farà niente, vedi, è lì che gioca con Yuuyan” gli disse il padre. “E poi ci siamo io e Hikaru-sensei” cercò di rassicurarlo, attendendo poi una sua risposta, di certo non potevano forzarlo a fare qualcosa che non avrebbe voluto, la cosa sarebbe stata controproducente.
Le parole del padre, comunque, parvero tranquillizzare il piccolo che prese anche la sua mano, pronto a raggiungere gli altri due.
Yabu e Hikaru entrarono piano nell’acqua, facendo in modo che Yamada li seguisse senza paura arrivando a fargli bagnare completamente il costumino, poi però, un onda un po’ più forte lo bagnò fino al collo e Yamada scoppiò a piangere, aggrappandosi al padre che lo sollevò tra le braccia.
“Ryo, stai tranquillo, non è successo niente, vedi?” gli disse, sfiorando l’acqua, mostrandogli che non ci fosse nulla da temere.
Yuya e Chinen si avvicinarono a loro per capire cosa fosse successo; Yuri osservava il compagno di classe con un’espressione confusa in viso, poi si bagnò le mani e si tese verso di lui, ma senza riuscire a sfiorarlo; Yuya comprese che volesse avvicinarsi e lo sollevò, vedendo Chinen bagnare con le proprie mani la schiena e le spalle di Yamada.
“Non ti fa niente!” lo rassicurò.
Yamada tirò su con il naso, smettendo di piangere, ma ancora spaventato, senza staccarsi dal padre; Hikaru fu intenerito da quella scena e si avvicinò a sua volta, asciugando il viso di Ryosuke, bagnandogli le labbra con le dita, sorridendogli quando il piccolo storse la bocca.
“È salata!” esclamò, guardando il maestro.
Hikaru guardò Yabu e gli fece cenno di avanzare verso di lui.
“Prova a entrare in acqua con lui, piano” suggerì.
“Yuri, andiamo!” Yuya tenne a sua volta Chinen in braccio e accompagnò Yabu quando si chinò sulle gambe, entrando in acqua facendo bagnare il figlio. In un primo momento Yamada si spaventò, ma poi, rassicurato dalle parole del padre e da quelle di Chinen che a sua volta gli parlava, dicendogli di fidarsi del padre così come lui si fidava del suo Onii-chan, lentamente Yamada riacquistò sicurezza e prese confidenza con l’acqua, superando la propria paura.
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