04 “Hikka- sensei! Hikka-sensei!” lo chiamava Yamada. “Ancora motoscafo!” gli disse, avvicinandosi alle sue gambe, ormai completamente a proprio agio nell’acqua anche da solo, tendendogli le mani.
Hikaru rise, decretando che quello sarebbe stato l’ultimo giro, prima dell’attracco, sistemandoselo poi sulle spalle e sorreggendo con un braccio Yuri aggrappato al suo collo, per uscire dall’acqua e tornare sulla spiaggia a riposarsi dove Yuya e Yabu li avevano già preceduti; consegnò fratello e figlio ai rispettivi ragazzi e si stese esausto sul proprio telo.
“Basta!” sospirò divertito.
“Ci dispiace!” mormorarono colpevoli Yuya e Kota all’unisono.
Hikaru si volse a guardarli e fece un gesto vago con la mano.
“E di che? Questo vuol dire che sono bravo a fare il mio lavoro, la cosa non può che rendermi felice. Ma tanto sapevo di essere il migliore.”
“Modesto” rise Yuya e Hikaru lo guardò allusivo.
“Come se non lo sapessi” gli rispose.
Yuya scosse il capo, finendo di asciugare i capelli di Chinen, sistemato tra le sue gambe.
“Onii-chan ho fame!” gli disse il fratello e anche Yamada annuì, rivolto verso il padre.
“Anche io!” alzò la mano Hikaru.
“I bambini sono diventati tre!” commentò Yuya, guardando verso Yabu. “Fai qualcosa, tu sei il più grande!” gli disse e Kota scosse il capo.
“Ehi, non vale, cos’è questa storia?” ci rise su, prendendo però la propria sacca ed estraendo il bento.
Hikaru si sedette a sua volta, rivolto verso gli altri quattro a formare un cerchio, prendendo anche il proprio pranzo.
“Beh, per essere dei ragazzi, comunque, siamo davvero organizzati!” commentò Hikaru, vedendo la quantità di cibo che avevano tirato fuori, accompagnato da bibite fresche e frutta.
“Stando fuori casa così tanto tempo, con dei bambini, bisogna essere previdenti!” asserì Yabu, preparando un piccolo piattino per Yamada e tendendogli le bacchette, iniziando poi a mangiare a sua volta.
*
“Hikka!”
Yabu richiamò Hikaru appena riemerso dall’acqua; il più giovane si volse e fece per uscire, ma Yabu lo fermò.
“Sto andando al chiosco in pineta a prendere un gelato ai bambini per fare merenda, vuoi qualcosa di fresco da bere?”
“Uh, aspetta, vengo con te!” si offrì, ma l’altro lo fermò.
“Tranquillo, rilassati ancora fintato che le piccole pesti dormono come angioletti” scherzò. “Che ti porto?” ripeté.
“Un tè allora, grazie!” gli sorrise, osservandolo risalire e parlare con Yuya.
Tornò di nuovo a nuotare, muovendo qualche bracciata per distendere i muscoli e riavvicinandosi alla riva vide Yuya in piedi sul bagnasciuga che lo aspettava.
“Senti che pace!” commentò Hikaru allegro. “Stanno ancora dormendo?” chiese.
“Sì, erano esausti!” affermò il più grande, avanzando nell’acqua.
“Vuoi fare un bagno?”
“Pensavo di approfittarne, ma entro da solo!” lo ammonì, vedendolo avvicinarsi e Hikaru rise, sollevando le mani.
“Tienile bene in vista. Non voglio che mi schizzi, è fredda entro da so-”
Non riuscì a finire il proprio ordine che Hikaru abbassò le braccia e raccogliendo un bel po’ d’acqua schizzò Yuya che si ritrovò bagnato da capo a piedi; schiuse la bocca, inorridito da quel tiro mancino, sentendo Hikaru ridere.
“Ti avevo detto…” esordì, scuotendo la testa e rincorrendo nell’acqua il più piccolo, schizzandolo a sua volta.
Hikaru cercò di fuggire, andando sott’acqua e riemergendo dietro Yuya, aggrappandosi alle sue spalle.
“Ho vinto!” dichiarò Hikaru, affannando leggermente, divertito.
Yuya si volse con il capo, passandosi una mano sul volto per ripulirsi dall’acqua guardando l’altro, ritrovandosi in quel modo vicinissimo a lui: Yaotome lo guardava a sua volta, le labbra leggermente socchiuse, mentre riprendeva fiato, i loro corpi bagnati erano a contatto. Yuya portò indietro una mano, cingendo l’altro per la vita, voltandosi in modo da ritrovarsi di fronte a lui e Hikaru gli passò una mano tra i capelli, scostandogli quelli che gli andavano sugli occhi.
“Ciao” mormorò Hikaru a voce bassa, vedendo Yuya sorridere e accostarsi a lui ancora di più, prima di sentire le labbra del più grande sulle proprie; chiuse gli occhi e aprì leggermente la bocca, trovando risposta in quella di Yuya che protese in avanti la lingua, approfondendo da subito il bacio al quale Hikaru non si negò.
Yuya lo strinse maggiormente per i fianchi, sentendo le mani dell’altro scivolare sulla sua schiena e risalire sulle braccia e le spalle, prima di separarsi.
“Ciao a te” gli rispose divertito, accarezzandogli il viso con le mani. “Non mi hai richiamato” gli disse.
Hikaru annuì, consapevole.
“Mi dispiace per l’altra sera, davvero, sarei voluto restare. Poi ho avuto alcuni pensieri e non ho avuto modo di contattarti.”
Yuya scosse il capo, prendendogli una mano, intrecciandone le dita con le sue.
“A dire il vero credevo di non averti fatto una bella impressione. Ho pensato di aver corso troppo” ammise.
“Scemo!” lo riprese Hikaru, attirandolo di più contro di sé, passandogli una mano sul petto. “Se non fossi stato un minimo interessato a te non ti avrei baciato” gli disse, tendendosi di nuovo a cercare le sue labbra.
“Il problema dell’altra sera è stato risolto?” domandò Yuya.
Yaotome si incupì un istante, poi scosse il capo.
“In parte… in parte no, ma non ti preoccupare, si risolverà” mentì, non sapendo che altro dire, passandogli dietro e salendogli sulla schiena.
“Yuuyan, Onii-chan, mi porti su?” gli chiese, imitando in falsetto la voce di Chinen, stringendolo in collo; Yuya lo afferrò bene sotto le gambe, cercando di risalire.
“Non sei esattamente un peso piuma!” lo prese in giro, colpendogli il sedere con una mano.
“Ma senti un po’ da che pulpito! Io sono in perfetta forma, sai, quello che dovrebbe perdere peso qui sei tu!” lo prese in giro, pizzicandogli i fianchi.
“Guarda che ti lascio cadere. E, poi, io vado benissimo così come sono. A Yuri piaccio, dice che sono morbido” affermò con un certo tono compito.
Hikaru rise e si sporse a sussurrargli all’orecchio con fare malizioso: “Oh, non ne dubito, sei tutto da mordere” disse, baciandolo dietro l’orecchio e scendendo dalle sue spalle quando intravide una testa scura avanzare in lontananza. Quando anche Yabu si accorse di loro, sorrise mostrandogli la busta con la loro merenda.
“Yabu-san” cantilenò a sua volta Yuya. “Hikaru-sensei dice che sono grasso” finse di piangere, raggiungendo Yabu che li guardava sconvolto.
“Lui l’ha detto prima a me!” si difese Hikaru in una perfetta imitazione dei suoi alunni, spingendo il più grande e correndo verso Yabu, inseguito da Yuya. Yaotome prese Kota per le spalle, nascondendosi dietro di lui, giocando con Yuya in quel modo altamente infantile di rincorrersi.
“Su, su, fate i bravi, altrimenti niente merenda” li rimise in riga Kota, posando la busta all’ombra sotto il parasole e svegliando i bambini.
*
“Benvenuti!”
“Buonasera!”
“Oh, Yuuyan! Hikaru!” Daiki salutò sorpreso i due ragazzi e il più grande, prevenendo qualsiasi possibile commento da parte dell’amico di infanzia, gli fece cenno di essere discreto, indicando verso il basso.
“Ciao, Dai-chan!” lo salutò Chinen e Arioka comprese.
“Yuri-chan, benvenuto!” lo salutò a sua volta, rivolgendosi poi al nuovo cliente che era entrato dietro i suoi amici, dando anche a lui accoglienza.
“Dai-chan, lui è Yabu Kota, il padre di Ryosuke, ti ho parlato dell’amichetto di Yuri all’asilo!” gli ricordò Yuya.
“Ah sì, il tuo fidanzato!” precisò Daiki e Chinen arrossì, negando fortemente.
“Non è il mio fidanzato! Dai-chan, io sposerò Onii-chan!” chiarì per l’ennesima volta.
“Aaah, hai ragione, perdonami!” si scusò Daiki, presentandosi al più grande e assegnando loro un tavolo.
“Benvenuti!” sorrise loro educatamente, chinandosi poi verso Yamada, tendendogli la mano.
“Ciao, Ryosuke” gli disse.
Il piccolo, dapprima diffidente, notando il sorriso spontaneo e solare di Daiki, ricambiò, stringendogli la mano.
“Buonasera” rispose educatamente e Daiki guardò il padre, complimentandosi con lui.
“È un amore tuo figlio.”
“Grazie!” rispose il più grande.
“Quanti anni hai, Ryo-chan?”
Il piccolo misurò con la mano, mostrandogli quattro dita.
“Così!” gli disse e Daiki non riuscì a trattenersi dall’abbracciarlo.
“Di qui a fine serata me lo porterò a casa!” scherzò, ricomponendosi e scortandoli al loro tavolo.
Con solerzia, poi, Daiki prese i loro ordini di ramen e al giovane venne chiesto se fosse possibile dividere in due ciotole più piccole quelle di Yuri e Ryosuke.
“È davvero carino qui!” si complimentò Yabu, guardandosi attorno.
“Sì, è intimo e molto familiare. Qualche volta dovresti venirci con Keiko-san!” gli propose Yuya e sia Hikaru che Yabu a quel consiglio sobbalzarono ma, fortunatamente, Yuya non parve farci caso.
“Sì, beh, potrei… la prossima volta magari!” assicurò, mentre arrivavano i loro piatti e insieme poterono iniziare a cenare.
“Com’era?” chiese loro Daiki, una volta che tutti ebbero finito e Yabu si complimentò direttamente con lui per il gusto saporito dei piatti; anche Ryosuke annuì e il ragazzo ne fu oltremodo entusiasta.
Portò poi loro il dolce e Hikaru prese un daifuku tendendolo a Yamada.
“Ryo-chan, questo è alla fragola!” gli disse, dividendolo a metà, dandogliene un pezzo, lasciando l’altro accanto a lui sul tavolo. Gli occhi del bambino brillarono e, con le guance gonfie di dolce, Yamada mangiò con gusto, volendo fare anche il bis.
“Ne voglio un altro, papà!”
“No, Ryo, altrimenti poi ti fa male il pancino!” gli disse il padre, cercando di farlo ragionare, ma l’altro non pareva affatto incline a lasciarsi sviare.
Insistette ancora un po’ fino a che Chinen, che stava seduto accanto a lui, non divise a metà il proprio tendendolo al compagno di giochi.
“Ecco, mangia e zitto!” gli disse.
Yamada lo guardò grato e annuì.
“Grazie, Yuri Chii-chan!” disse educatamente, prendendo un grande morso.
Quando poi dovettero andarsene, Daiki consegnò a Yabu una scatola con dentro dei dolcini.
“Visto che gli sono piaciuti tanto te ne ho messo qualcuno, spero possa accettarli” gli disse.
Yabu guardò il figlio, il quale osservava Daiki con aria sognante per quell’inatteso regalo e lo spinse ad avanzare di qualche passo.
“Come si dice?”
Yamada prese Daiki per una mano chiedendogli di abbassarsi e così l’altro fece.
“Grazie, Dai-chan Onii-chan!” mormorò con una piccola vocina e Daiki lo strinse.
“Di nulla, Ryo-chan. Me lo dai un bacino?” gli chiese, volgendo di lato il viso in attesa. Yamada sollevò le mani e, sotto lo sguardo basito dei presenti, le posò sulle guance di Daiki, facendolo voltare verso di sé, stampandogli un bacio sulle labbra.
Yabu si chinò a prendere in braccio il figlio, ammonendolo divertito; Hikaru era piegato in due dal ridere, si abbassò sulle ginocchia e si avvicinò a Chinen che osservava sconvolto Daiki.
“Geloso eh?” lo provocò e Yuri si gettò tra le gambe del fratello che lo prese in braccio a sua volta.
“Sei pessimo, Hikka!” lo riprese, mentre l’altro si stringeva nelle spalle.
“I bambini sono troppo divertenti!” affermò, poi, salutando nuovamente il gestore del ristorante, il quintetto uscì fuori, ognuno pronto per tornare a casa.
*
“Permesso!”
Hikaru aiutò Chinen a togliersi le scarpe, vedendo Yuya attenderli all’ingresso.
“Hikka, grazie infinite!” disse il padrone di casa, prendendo in braccio il fratello.
“Figurati, ci mancherebbe!” lo tranquillizzò l’insegnante.
“Ti sei divertito con Hikaru-sensei?” chiese il più grande al fratello.
“Sì!” Chinen annuì vigorosamente. “Hikka-sensei mi ha portato a mangiare il gelato, ma mi ha detto di non dirlo a Ryo-chan e agli altri bambini altrimenti sono gelosi!” spiegò con voce bassa.
“Oh, davvero?” si stupì Yuya. “Quindi è un segreto tra voi?” gli chiese, mettendolo di nuovo a terra.
Yuri annuì.
“Però Onii-chan, tu lo puoi sapere!” assicurò, correndo poi in cucina, rovesciando la scatola delle costruzioni.
“Grazie davvero, mi spiace averti dato questo impegno, ma purtroppo mi sono dovuto trattenere di più al ricevimento, il professore è arrivato in ritardo!” spiegò nuovamente.
“Davvero, Yuuyan, è tutto apposto!” assicurò una volta di più.
“Perché non entri? Ti fermi un po’, ti offro qualcosa per sdebitarmi” propose.
Hikaru annuì e si tolse le scarpe, avanzando verso il più grande che aveva iniziato a camminare per spostarsi in cucina, bloccandolo però contro il muro sporgendosi verso di lui, unendo le loro labbra.
“Perché non ti fermi a cena?” domandò Yuya dopo che si separarono, sentendo ancora le mani di Hikaru su di sé. “Io e Yuri siamo soli stasera” lo informò.
Hikaru sorrise e si addossò maggiormente contro di lui, infilandogli le mani sotto la canotta, accarezzandolo.
“Lo so, Yuri me l’ha detto. I bambini chiacchierano sempre di qualsiasi cosa venga loro in mente e speravo che me lo chiedessi, per questo ho voluto incentivarti” gli disse divertito, sentendo Yuya stringersi a lui e sospirare. Il più piccolo chinò il volto, cercando nuovamente la bocca di Yuya, per baciarlo.
“Piano, c’è Yuri di là” gli disse, allontanandogli le braccia e prendendogli le mani. Hikaru si fermò, dandogli pochi altri baci a fior di labbra, prima di scostarsi e seguirlo in casa.
Mentre Yuya preparava i loro aperitivi, Hikaru raggiunse Chinen sul pavimento e iniziò a costruire qualcosa con lui.
“Che vuoi realizzare?” gli chiese, prendendo alcuni mattoncini colorati.
“Un elefante!” disse Yuri, raccogliendo i pezzi grigi e formando un mucchietto, separato dal resto degli altri.
“E come si fa?” mormorò confuso l’insegnante.
Chinen prese da dentro il barattolo il foglio con le istruzioni in cui veniva spiegato come realizzare alcuni animali della Savana con i mattoncini mostrandoglielo.
“Però, sono tecniche avanzate!” esclamò Yaotome rivolto verso Yuya che rise.
“Ma dai, non c’è bisogno che stai con lui anche adesso, sa giocare da solo!”
“Ma io mi diverto! Oddio, aspetta, adesso che mi ha chiesto l’elefante, forse no” ammise, cercando di incastrare i pezzi come in figura, ma non riuscendo, venendo fermato da Yuri che gli prese i tasselli di mano.
“Hikka-sensei, lascia perdere, faccio da solo!” gli disse con sufficienza, riuscendo a dare forma all’animale.
“Vieni qua!” rise di lui Yuya, quando Hikaru gli rivolse uno sguardo oltraggiato.
“Ma l’hai sentito il tono che ha usato?”
Yuya annuì.
“Ovviamente, ti ha detto che sei un caso senza speranza!” lo prese in giro Yuya, servendo da bere al tavolo; Hikaru prese posto davanti a lui, sorseggiando la bevanda fresca che l’altro aveva preparato.
“Grazie!” disse, sollevando il bicchiere, facendolo scontrare con quello di Yuya per brindare. “Buono!” degustò con piacere.
Yuya guardò Chinen che continuava a giocare e di tanto in tanto parlava con l’animale in costruzione e Hikaru notò la sua espressione dolce.
“Siete molto uniti” commentò, interrompendo il corso dei pensieri del più grande.
“Sì, non so come farei se non avessi lui. Anche se sono io il maggiore, avere Yuri con me mi ha salvato” disse, notando lo sguardo confuso dell’altro.
Yuya si alzò, andando a controllare a che punto di cottura fosse la loro cena e Hikaru lo seguì, portandosi dietro il bicchiere.
“Dov’è vostro padre?” chiese, abbassando la voce per non farsi udire dal più piccolo.
“Molto probabilmente in questo momento sta cenando in un ristorante elegante con la sua amante” rispose senza alcuna inflessione nella voce, come se stesse parlando del tempo o di qualcosa che non lo riguardasse in prima persona. “I nostri genitori hanno divorziato un anno fa più o meno” confidò.
“Mi dispiace, Yuu, non avevo idea” si rammaricò il più piccolo.
In effetti, quando aveva letto la scheda di Chinen non aveva fatto caso allo stato di famiglia; giustamente, sulla scheda dei contatti erano indicati il numero di cellulare di Yuya e quello di entrambi i genitori, ma non si era mai chiesto il perché fosse sempre e solo Yuya colui che lo andava a prendere e lo portava all’asilo e il solo che partecipasse alle feste di fine settimana.
“Non ti preoccupare!” gli disse Yuya con un sorriso, spegnendo il fuoco e scolando il riso, facendolo freddare un attimo nella ciotola.
“Yuri, è pronto, va’ a lavarti le mani!” disse al fratello, il quale prima rimise a posto i giochi che aveva usato, lasciando da parte l’elefante che avrebbe poi completato e correndo in bagno.
“Onii-chan, ho fatto la pipì!” urlò Chinen e Hikaru che stava bevendo, per poco non sputò tutto nel lavello.
“A scuola non è così, giuro!” assicurò. “Sembra quasi un bambino normale adesso!” si stupì e Yuya sorrise.
“Perché non vuole dare fastidio a nessuno, fa’ il duro, ma in realtà è molto dolce, solo che lo dimostra solo a chi vuole lui!” spiegò.
“Ah, questo l’avevo compreso. Lascia, vado io, così puoi sistemare la tavola!” si offrì Hikaru, individuando Chinen che spingeva un piccolo sgabello davanti al lavandino e si tendeva a prendere il sapone per le mani.
Hikaru lo aiutò, osservandolo con occhi diversi per un istante; non aveva mai pensato che quella di Chinen potesse essere una maschera, che il suo modo di comportarsi non dipendesse solo ed esclusivamente dal suo carattere, ma che fosse una sorta di meccanismo di difesa, dovuto anche alla particolare situazione che avevano in famiglia.
Quando tornarono in cucina, Yuya aveva già preparato i piatti e servito in tavola.
“Hikka-sensei mangia qui?” chiese Yuri, come se si fosse reso conto solo in quel momento del fatto che l’insegnante si sarebbe trattenuto con loro.
“Sì, l’ho invitato dal momento che è stato gentile a passare il pomeriggio con te, non va bene?” chiese Yuya e Chinen scosse il capo, iniziando a mangiare.
“Mi piace, Hikka-sensei!” disse, in uno slancio di sincerità improvvisa e Hikaru sorrise, intenerito da quella confessione.
*
“Scusami, non ne voleva sapere di addormentarsi, ho dovuto raccontargli due storie e tenergli la mano. Era un po’ agitato” spiegò Yuya a Hikaru, il quale lo stava aspettando nella sua stanza.
“Come mai?”
“Forse per la giornata intensa di oggi e poi è sempre così quando non c’è mio padre; lui riesce a calmare me, ma io non sono molto bravo a farlo con lui” ammise quella sua mancanza.
“Ma non è vero! Yuri ti adora!” lo corresse.
Yuya si sedette sul proprio letto e fissò il pavimento.
“Forse, ma non è felice. Ha bisogno di stabilità e una famiglia normale” disse.
Hikaru lo raggiunse, sedendosi accanto a lui, prendendogli una mano.
“Cosa è successo?” chiese.
Yuya sorrise tristemente e Hikaru aggiunse: “Sempre se ti va di parlarmene, non voglio essere indiscreto.”
“Non è questo. È che non voglio ammorbarti con questa storia” ammise, guardandolo e sorridendo.
Hikaru gli mise un braccio sulla spalla e infilò una mano tra i suoi capelli.
“Non dirlo neanche per scherzo e se ti fa bene parlarne, io ti ascolto e lo terrò per me” assicurò. “Né giudicherò in alcun modo” gli assicurò.
Yuya sorrise mestamente, accostando la fronte a quella del più piccolo, allontanandosi poi e stendendosi sul letto. Hikaru rimase a osservarlo, mentre a sua volta Yuya fissava il soffitto, forse raccogliendo le idee e poi lo sentì parlare.
“Ricordi quando ti dissi che invidiavo la famiglia di Ryo-chan?”
Hikaru annuì e si tese indietro, per guardarlo meglio.
“Anche noi prima eravamo così… sereni e uniti. O, per lo meno, era quello che ho sempre pensato. Non avevo idea che mio padre, un anno dopo la nascita di Yuri, avesse iniziato una relazione con un’altra donna. Non ho idea di dove si siano conosciuti, non so perché, che cosa abbia fatto sì che mio padre smettesse di amare mia madre e, soprattutto, di amare noi, ma è successo. Questa cosa è andata avanti per altri due anni, poi lo scorso inverno è uscito allo scoperto. Non so se perché messo alle strette dalle domande di mia madre, la quale aveva iniziato a sospettare qualcosa, ma il quadretto della bella famigliola felice si è distrutto” confidò, sempre tenendo gli occhi fissi sul soffitto, senza guardarlo. “La cosa che maggiormente mi manda fuori di testa è che per ben due anni lui ha mentito a tutti quanti. Mi chiedo come possa essere possibile convivere con la propria coscienza, agendo in modo così ipocrita” affermò tristemente.
Hikaru si stese accanto a lui, cingendogli un fianco con il braccio e Yuya volse il viso per guardarlo.
“Purtroppo il lavoro part-time di mia madre non le ha permesso, dopo il divorzio, di avere la custodia di Yuri e l’unica cosa che lei vuole è il suo bene, per cui ha accettato di vederlo solo poche volte al mese, pur di non fargli mancare niente” spiegò, facendo una pausa.
“E tu?” domandò.
Yuya lo guardò.
“Perché sei rimasto con tuo padre, volendo tu potresti avere una scelta.”
“Ho perso qualsiasi stima nei confronti di mio padre per il modo in cui si è comportato, non mi piace l’idea di dover stare con lui e vivere sotto il suo stesso tetto, ma lo faccio anche io per Yuri. Lui è quasi sempre assente per lavoro e poi non voglio che Yuri abbia, in alcun modo, contatti con quella donna. Mio padre vorrebbe introdurla nello stato di famiglia. Vorrebbe sposarla, ma Yuri una madre ce l’ha già, è ancora piccolo, non può capire completamente quello che gli accade attorno. Ha sofferto molto il distacco da mia madre, lei soffre molto il non poter vedere crescere suo figlio e non ho intenzione di procurarle altro dolore, concedendo il mio permesso affinché quella donna venga a vivere qui. Se lui vuole continuare a vederla, fuori da questa casa, non mi interessa che sia intestata a suo nome” disse duro.
“Puoi permetterti questo? Tuo padre non… cioè, lui non può imporre la sua presenza comunque?”
Yuya scosse il capo.
“Mi sono informato e anche mia madre, per il bene di Yuri è stato chiarito anche dal giudice che l’equilibrio familiare non venga alterato più di così” spiegò, sospirando appena.
Hikaru accarezzò Yuya passandogli una mano tra i capelli, per fargli sentire il suo supporto.
“Mi dispiace molto, Yuu” disse, avvicinandosi e posando la testa accanto alla sua, guardandolo negli occhi.
Il più grande sorrise, voltandosi su un fianco e sorridendo.
“Te l’avevo detto che era una storia triste” ammise.
“Non importa. Sono contento che ti sia confidato e fidato di me. Sei molto coraggioso e molto forte Yuuyan.”
“Forse non abbastanza!”
“E invece sì, prima mi hai detto che Yuri ti ha salvato, secondo me la cosa è reciproca. Yuri è cresciuto così bene grazie a te, grazie al tuo amore e al tuo affetto, perché tu lo stai proteggendo dalle cose brutte del mondo. Per essere così piccolo ha già avuto un assaggio di com’è la vita, ma tu stai facendo un buon lavoro. Non è una tua mancanza, Yuuyan, è la vita appunto, ma grazie a te” ribadì, “Yuri diventerà forte e soprattutto avrà sempre te come punto di riferimento” concluse.
Yuya lo ascoltò attento, toccato profondamente da quelle parole e si avvicinò maggiormente al corpo di Hikaru, abbracciandolo.
“Credo di essermi appena innamorato completamente di te, Yaotome Hikaru” confessò, sporgendosi a baciarlo.
Hikaru gli sorrise, schiudendo la bocca, accogliendo quella di Yuya, voltandosi completamente, in modo da ritrovarsi su di lui e Yuya schiuse le gambe, permettendogli di incastrarsi tra le sue; le mani scivolarono sotto le maglie, levandole, lasciando entrambi a petto nudo. Hikaru discese con le labbra lungo il torace del più grande, disseminando la pelle di baci, sentendolo sospirare, tornando poi a occuparsi della sua bocca.
Yuya spingeva verso l’alto il bacino, strusciandosi su di lui, facendo in modo che le loro erezioni entrassero in contatto, costringendoli a gemere.
Hikaru si scostò, sollevandosi sulle ginocchia e slacciandosi i pantaloni, vedendo Yuya imitarlo, sollevandosi poi a sedere, afferrandogli la nuca per baciarlo di nuovo con urgenza. Hikaru allungò una mano verso il basso, liberando il sesso del più grande, iniziando ad accarezzarlo, sentendo le dita di Yuya stringere la sua erezione, regolando i movimenti su di lui con quelli che a sua volta Hikaru compiva sul suo corpo. Si stesero di nuovo sul letto, uno di fianco all’altro, continuando a masturbarsi a vicenda, soffocando poi la voce quando vennero l’uno nella stretta dell’altro, contro la bocca del compagno.
Esausti restarono distesi, i respiri accelerati e i corpi ancora scossi. Hikaru strinse Yuya in un abbraccio e questi si voltò, dandogli le spalle, stringendogli una mano e Yaotome nascose il volto contro il collo del più grande, baciandogli leggermente il collo.
Yuya tirò indietro la testa, cercandogli le labbra, in un bacio al quale Hikaru si concesse senza riserve.
“Sarà bene che adesso vada!” mormorò Hikaru dopo un po’, lasciando andare Yuya.
“Potresti fermarti qui, stanotte” propose l’altro.
Hikaru lo baciò, ma si dovette alzare.
“Mi piacerebbe, ma domani devo aprire io, per cui devo essere lì prima dell’arrivo dei bambini” spiegò, chinandosi a recuperare la propria maglia, infilandola.
Yuya si inginocchiò sul materasso dietro di lui, stringendolo, baciandolo sulla nuca.
“Allora ci vediamo domani, Hikka-sensei” mormorò divertito, lasciandogli modo di alzarsi, accompagnandolo all’ingresso.
“Grazie di tutto, Hikka” bisbigliò, aprendo la porta.
L’altro annuì e lo salutò con un bacio, sbrigandosi poi a uscire; cercò le chiavi del motorino nelle tasche dei jeans e si ricordò anche di avere un cellulare. Lo prese e notò che sul display lampeggiava la spia dell’avvenuta ricezione di due mail e una chiamata senza risposta; le aprì, constatando che erano ormai passate delle ore da quando qualcuno l’aveva cercato e vide che due notifiche su tre erano da parte di Kota.
Il suo cuore perse istintivamente un battito e portò lo sguardo verso l’ingresso della casa di Yuya, dove la luce che vedeva dalla finestra era ancora accesa.
Fu tentato di richiamare Kota, ma poi si rese conto che l’ora era davvero tarda e poteva disturbare, quindi lesse la mail.
“Hikaru-sensei” esordiva, seguito da uno smile sorridente. “Mi dispiace disturbarti dopo l’orario di lavoro, ma mi chiedevo se dopodomani sera avessi da fare. È il compleanno di Ryosuke e saremo soli a festeggiarlo io e lui. Gli ho chiesto se avesse particolari richieste di passarlo con qualcuno e lui ha fatto il tuo nome. Se non ti crea disturbo, farebbe piacere anche a me se potessi venire. Ma se lo ritieni sconveniente, non ti preoccupare, so che è una richiesta un po’ sconclusionata da parte mia.
A ogni modo ci vediamo domani, Hikka.
Kota Yabu.”
Hikaru rimase un istante a osservare la mail e non dovette ponderare poi molto la propria decisione, perché la risposta era apparsa chiara nella sua mente, già mentre scorreva la mail con gli occhi, riga dopo riga.
“Mi spiace non aver visto prima il tuo messaggio, Kota." si scusò. “Per l’invito, invece, ne sarei molto onorato. Non potrei mancare, mi farebbe davvero piacere stare con voi.
A domani.
Hikka.” E concluse con uno smile decorativo.
Ripose il cellulare in tasca e stava allacciando il casco, quando sentì una nuova vibrazione; prese il telefono e lesse il nome di Yabu e la sua risposta.
“Non ti preoccupare. E sono davvero contento che abbia accettato. Ryosuke sarà felice.”
La mail era terminata, ma mentre stava premendo nuovamente il tasto di risposta, ne arrivò un’altra, sempre dallo stesso mittente.
“Buonanotte, Hikka.”
Hikaru sorrise.
“A domani. Buonanotte, Kota.”
*
“Buon compleanno!”
“Hikka-sensei!”
Hikaru prese in braccio Yamada che gli andò incontro, saltandogli addosso.
“Sei venuto!” gli disse felice, voltandosi verso il padre. “Papà ha detto che avevi un impegno!” gli disse, guardando il genitore con rimprovero e Kota sorrise.
“Volevamo farti una sorpresa, non sei contento?” gli spiegò Yabu, tendendo le mani per prendere il figlio. “Giù, però, non dare noia a Hikaru-sensei, non deve lavorare anche qui” gli spiegò e il bambino annuì.
“Vieni, Hikka-sensei, ti faccio vedere cosa mi ha regalato la mamma insieme al papà!” gli disse, felice, correndo verso la finestra e tirandosi in piedi sulla poltrona. “Guarda è lì, è una bici!” gli spiegò, indicando la piccola bicicletta con le ruotine. “È rossa!” la indicò Yamada contento.
“Oh, ma che bella, Ryo-chan” gli disse, accarezzandogli la testa. “E ci sai andare?” chiese.
Il bambino annuì.
“Papà, posso farglielo vedere?” gli chiese e Yabu annuì.
“Sì, metti il casco però!”
“Sì, sì!” assicurò Yamada, tornando a rivolgersi a Hikaru e scendendo svelto dalla poltrona. “Anche il casco è nuovo. Il casco è rosso” specificò per l’ennesima volta, accompagnando il suo ospite nel cortile e salendo sulla bici.
“Mi aiuti?” chiese all’insegnante, infilandosi il casco e chiedendogli di allacciarlo.
“Va bene, attento eh!” si raccomandò Hikaru, reggendolo per il sellino e, quando Yamada se ne accorse, gli spostò le mani.
“Hikka-sensei, no, togli, togli, ce la faccio!” gli disse, sbandando un po’ e Hikaru considerò più saggio farlo andare da solo, vedendo che il piccolo non se la cavava affatto male.
“Arrivato!” disse Yamada quando giunse dall’altra parte del cortile, vicino al cancello d’entrata.
“Bravissimo, Ryo-chan!” lo applaudì l’insegnante, vedendolo tornare.
“Ecco, tieni!”
Yabu gli tese una birra, osservando a sua volta il figlio pedalare piano, facendo pressione con le gambette.
“È uno spasso!” rise Hikaru.
“Sì, è buffissimo!” concordò con lui Yabu.
Quando Yamada tornò da loro e scese dalla bicicletta, Hikaru gli porse una busta.
“Questo è da parte mia!” gli disse, chinandosi verso di lui, estraendo una scatola rettangolare e porgendogliela.
“Hikaru!” lo riprese Yabu.
“Che c’è?”
“Non dovevi!” gli disse e l’altro scrollò le spalle.
“È una cosa da niente e poi mi faceva piacere. Ecco, Ryo!” gli disse, tendendo il pacco al più piccolo che, imbarazzato, si sporse a dargli un bacio sulla guancia.
Hikaru sorrise, osservando il bambino strappare la carta e illuminarsi quando vide il disegno raffigurato.
“Papà, guarda!” sollevò la scatola, smuovendo i pezzi del puzzle al loro interno, mostrandoglielo. “È un cane!” si stupì e Yabu si chinò su di lui, apprezzando il dono.
“È bellissimo, tesoro!”
“Grazie, Hikaru-sensei! Il cane è il mio animale preferito!” gli disse e Hikaru rise.
“Lo so, Ryo-chan, me l’hai detto!” gli disse, divertito, vedendolo correre di nuovo all’interno della casa e rovesciando sul tavolo tutti i pezzi, voltandoli per vedere l’immagine.
I due adulti rientrarono insieme a lui, vedendo come si dava da fare per riprodurre la figura come da illustrazione e, nonostante le tessere fossero grandi e di facile intuizione, impegnarono il piccolo Ryosuke per diverso tempo, così da permettere a Yabu e Hikaru di chiacchierare tranquillamente.
“Dov’è Keiko-san?” domandò Hikaru.
Yabu lo guardò e rispose calmo.
“Aveva una cena di lavoro a Osaka, doveva incontrare dei clienti importanti e starà via stasera e domani sera” spiegò.
Hikaru continuò a osservare Yamada e Yabu parlò di nuovo.
“Non si può comprare l’affetto di un bambino con una bicicletta e un casco rosso” constatò e Hikaru spostò lo sguardo su di lui.
“Suppongo di no” ammise. “Era molto dispiaciuto?” chiese, riferendosi alla reazione che aveva avuto il piccolo Yamada.
Yabu sorrise con fare mesto.
“La sua prima reazione è stata di delusione, voleva spegnere le candeline e mangiare la torta tutti insieme, ma poi le ha sorriso e le ha detto di andare, che le avrebbe tenuto da parte un pezzo di dolce” spiegò.
Hikaru annuì guardando Yamada e spinse verso il piccolo un pezzo di cartone, come suggerimento.
“Grazie! Hikka-sensei?” lo chiamò Yamada, sollevandosi in piedi sulla sedia, sedendosi poi sul tavolo.
“Ryosuke!” lo ammonì il padre e il piccolo si alzò di nuovo, poggiando le mani sul piano saltellando sulla sedia.
“Poi c’è la torta!” lo informò Ryosuke, seguendo il corso dei propri pensieri. “Prima la cena, poi la torta. Ci sono le fragole!” spiegò nel dettaglio e Hikaru rise di gusto, prendendolo sotto le braccia, sollevandolo per farlo volare: inutile, quel bambino gli piaceva da morire ed era per lui una calamita di tenerezza.
Yamada rise e si afferrò ai capelli di Hikaru per non cadere, poi il più grande si sedette a terra, giocando con lui.
Yabu li osservava divertito, scuotendo il capo, iniziando a preparare il tavolo per la cena.
06