Una storia sbagliata 6/7

Nov 27, 2013 09:48

05

“Eccomi ho finito, Hikka, scu-”
Yabu si interruppe quando vide Hikaru fargli cenno con un dito sulle labbra di tacere; stava seduto sul divano e aveva Ryosuke addormentato contro il suo petto, la testa sulla spalla e una mano a stringergli i capelli sulla nuca.
Yabu sorrise, avvicinandosi, posando una mano sulla schiena del figlio.
“Era davvero esausto” commentò piano, sporgendosi per prenderlo, ma Hikaru scosse il capo.
“Lo porto io” gli disse, facendosi indicare dal padrone di casa la cameretta del figlio, mettendolo di persona a dormire dentro la sua culla. Una volta fuori, poi, Yabu chiuse la porta, accostandola semplicemente senza chiuderla, restando un istante a guardare il figlio riposare.
“Mi spiace averti lasciato anche il compito di farlo addormentare mentre io risistemavo la cucina” si scusò, mentre tornavano in cucina.
“Per me non è stato un problema, l’ho già detto, ma Ryosuke è un bambino d’oro. E poi non è stato difficile farlo addormentare” ammise.
Yabu sorrise, incrociando le braccia al petto.
“Forse devo iniziare a preoccuparmi, solitamente sono l’unico che riesce a farlo appisolare. Tu invece è già la seconda volta. Inizio a essere geloso, sei un rivale temibile” gli disse, scherzando.
Hikaru rise a sua volta, poi fece un’espressione confusa.
“La madre non riesce a cullarlo. Ci prova, ma Ryo non dorme mai, magari resta buono e in silenzio, ma non dorme o se lo fa, poi si sveglia subito, suppongo avverta il suo nervosismo” spiegò.
Hikaru annuì, poi gli domandò: “Tu come stai?”
“Bene” rispose fin troppo prontamente l’altro e Hikaru sorrise appena.
Uno strano silenzio poi calò tra loro e Hikaru osservò l’orologio.
“Sarà meglio che vada adesso. Grazie di tutto, Kota. Sono stato bene!”
“Grazie a te per essere venuto stasera, Hikaru” ricambiò il più grande, accompagnandolo all’ingresso.
Hikaru aprì la porta, scostandola, sentendo una mano di Yabu, posarsi sulla sua spalla; si volse e i loro occhi si incontrarono, mentre Hikaru sentiva una sensazione indefinita ma forte, prendere forma nel suo cuore.
“Io volevo…” esordì Yabu, passandosi una mano sugli occhi, sorridendo. “No, lascia stare, vai pure.”
“Non sono sicuro di volermene realmente andare” lo interruppe Hikaru, voltandosi appena un po’ di più verso di lui.
Yabu mosse un passò in avanti, lasciando scivolare la mano verso quella di Hikaru e sollevando l’altra, per richiudere la porta.
“Allora resta con me. Non andartene!” gli chiese, avvicinandosi a lui e sentendo poi le braccia di Hikaru circondargli il collo.
Yabu lo strinse a sua volta per la vita, talmente forte che Hikaru si sentì come sull’orlo delle lacrime, il cuore pieno di tristezza, come se fosse capace di assorbire quella dell’altro.
Si scostarono e si baciarono, con urgenza, con disperazione.
Yabu indietreggiò e Hikaru si tolse velocemente le scarpe, rientrando in casa, spingendo Yabu nel salotto, il quale si lasciò cadere seduto sul divano.
Hikaru si sedette cavalcioni su di lui, senza smettere di baciarlo un solo istante, le mani che correvano sui corpi, infilandosi sotto i vestiti, cercando il calore della pelle dell’altro. Yaotome sollevò la testa, respirando a bocca aperta, in cerca d’aria, sentendo le labbra di Kota percorrergli il collo e la giugulare, scendendo, mentre le mani slacciavano la camicia, esponendo il torace a quel gradevole supplizio. Hikaru abbassò il capo, stringendo il collo di Yabu, baciandogli i capelli, mentre sentiva la sua bocca, i denti e la lingua perlustrare il suo corpo. Lo fermò sollevandogli la testa, per baciarlo di nuovo, portando le mani all’orlo della maglia dell’uomo, sfilandogliela; con i polpastrelli percorse la sua pelle chiara, chinandosi a baciargli una spalla, mordendola appena quando le mani di Kota tornrono su di lui, slacciandogli i jeans.
Gemette, mordendosi le labbra per non fare rumore quando la mano di Kota si fermò sul suo sesso, accarezzandolo piano.
Si sollevò in piedi, spogliandosi dei pantaloni e della biancheria e Kota fece lo stesso con i propri, abbassandoli quel tanto che bastava per liberare la propria erezione.
“Hikka” ansimò Yabu, vedendo Hikaru inginocchiarsi tra le sue gambe e abbassare il capo: il più
piccolo gli leccò dispettoso la punta sorridendo quando lo sentì muovere in avanti i fianchi, combattuto.
Kota posò la nuca contro la seduta del divano, portando istintivamente la mano libera tra i capelli dell’insegnante e spingendolo contro di sé, muovendo i fianchi di modo che lo prendesse ancora più in profondità.
Hikaru lo assecondò per un po’, muovendo la lingua su di lui, poi si sollevò di scatto, allontanandosi, montando su di lui; prese una mano di Yabu, portandosi tre dita alla bocca, iniziando a leccarle in modo lascivo e sensuale, bagnandole con la propria saliva, fino a che l’altro non le allontanò, portandole sul suo sedere per prepararlo. Hikaru si resse a lui, posandogli una mano sulla spalla; quando si sentì pronto, si chinò a baciare Yabu sulla bocca e prendendogli una mano, la strinse, l’altro comprese e lo prese per i fianchi, penetrandolo lentamente, sentendo Hikaru scendere su di lui.
Kota gli prese il volto scrutandolo e baciandolo piano, cercando di distrarlo, riprendendo ad accarezzare il suo sesso, fino a che non lo sentì muoversi per sistemarsi meglio su di sé e allora spinse, muovendosi con lui, dentro di lui, raggiungendo il picco più alto del piacere.
Hikaru si accasciò contro il petto del più grande risollevandosi quando riprese un minimo di fiato, facendo in modo che Kota si sfilasse via da lui, sedendosi in ginocchio sul divano.
Yabu gli circondò le spalle con un braccio, prendendogli una mano nella propria, ancora in silenzio, cercando di riprendersi a sua volta completamente.
Non appena recuperò fiato, Hikaru si rivestì e anche Yabu si diede una rassettata, tirando nuovamente su di sé Hikaru, quando lo vide restare in piedi.
Il più piccolo sorrise e si lasciò andare contro il petto di Yabu, sporgendosi per baciarlo, intrecciando una mano con la sua.
“Fermati a dormire qui” gli suggerì Yabu.
“Come proposta è molto allettante, ma non posso. Domani” iniziò e Yabu gli baciò la fronte.
“Domani c’è l’asilo. Hai ragione, non ci avevo pensato.”
“Se vuoi, però, domani posso portare io Ryo a casa, hai detto che siete soli, vero?” ricordò.
“Sì, Keiko tornerà dopodomani sul tardi” affermò Yabu.
“Allora, senti, resto domani, se per te va bene. Così poi la mattina andiamo da qualche parte, io tu e Ryo” propose.
Yabu lo strinse a sé e sorrise.
“Mi sembra un’ottima idea, Hikka-sensei.”

*

Hikaru si sedette sul letto e osservò per qualche istante Kota dormire, prima di chinarsi e baciargli una spalla, destandolo. Il più grande si svegliò piano, voltando il viso verso Hikaru, schiudendo gli occhi.
“Buongiorno” biascicò, stiracchiandosi con le braccia sotto al cuscino, voltandosi sulla schiena, portandosi un braccio a coprirsi gli occhi, infastiditi dalla luce che proveniva dalla finestra.
Hikaru rise, accostandosi al più grande, sedendosi cavalcioni su di lui e scostandogli il braccio, facendogli ombra con il proprio corpo.
Kota aprì maggiormente gli occhi e Hikaru rise.
“Sei sempre così carino di primo mattino?” gli chiese, chinandosi su di lui per augurargli un buon risveglio baciandogli le labbra.
“Buongiorno” rispose, guardandolo con un sorriso.
Yabu annuì, ancora particolarmente taciturno, poggiandogli le mani sui fianchi.
“Ti ho portato il caffè” gli disse Hikaru, indicando il comodino con un cenno del capo e scendendo da lui, per permettergli di mettersi seduto.
“Grazie!” gli fu riconoscente l’altro, sorseggiando piano il gusto forte.
“Spero non ti dispiaccia che io abbia frugato tra le tue cose in cucina, ma dormivi così bene” gli disse.
Yabu scosse il capo, finendo il suo caffè e accendendosi una sigaretta, sporgendosi a baciare di nuovo Hikaru, in modo più deciso, stavolta.
Hikaru schiuse le labbra, infilando le mani tra i capelli del più grande, lasciandosi inebriare dal sapore di quel contatto, che sapeva di nicotina, caffeina e di Kota.
“Papà…”
Una vocina bassa e la porta della stanza aprirsi, interruppero quel momento intimo e poco dopo Yamada fece capolino nella stanza, stropicciandosi un occhio con la mano.
“Ryo, che succede?”
“Papà… mi sono svegliato” gli disse, avanzando verso il letto e salendo gattonando tra lui e Hikaru quando il padre gli fece cenno di avvicinarsi.
Yabu lo prese in braccio, pettinandogli i capelli e baciandogli una guancia, tendendo la sigaretta a Hikaru il quale ne diede una breve aspirata, prima di spegnerla nel posacenere.
“Hai fatto un brutto sogno?” chiese il genitore al figlio.
Yamada scosse la testa.
“No, papà, mi sono solo svegliato e non avevo sonno” gli espose, lineare. Poi si rivolse all’insegnante.
“Hikka-sensei, perché sei qui?”
Hikaru guardò Yabu che gli sorrise, rivolgendosi al più piccolo.
“Hikka-sensei ieri si è fermato a dormire qui, ma poi ha avuto un incubo ed è venuto a dormire nel lettone con papà!” gli spiegò.
Yamada guardò l’insegnante, chinando appena il capo e si alzò dalle gambe del padre, sedendosi su quelle di Yaotome, accarezzandogli i capelli e la guancia con una mano.
“Quando ho gli incubi, papà fa così. Adesso passa!” gli spiegò, assicurandolo della riuscita di quel metodo e Hikaru rise.
“Oh, grazie, Ryo-chan, mi sento già meglio!” lo ringraziò, passandogli a sua volta le mani sulla schiena, incontrando quella di Yabu che aveva avuto la stessa idea nel coccolare il figlio.
“Ryo?” lo chiamò poi Kota. “Oggi andiamo a fare una gita insieme a Hikaru-sensei, va bene?” gli chiese, vedendolo sorridere ampiamente a entrambi.
“E dove andiamo?” esclamò Yamada.
Hikaru ponderò un attimo le attrattive su cui avrebbero potuto improvvisare e rispose.
“In una piccola frazione qui vicino so che c’è una sorta di mini festival. Si può provare ad andare lì!” propose, rivolgendosi a Yabu il quale annuì.
“Dovremo tornare nel pomeriggio, però” gli disse e Hikaru concordò con lui.
“Sì, devo prendere le mie cose” mormorò, incupendosi un istante, prima di riprendersi. “Ma non pensiamoci adesso, dai, visto che siamo già tutti svegli possiamo prepararci e uscire prima, così la giornata sembrerà durare di più!” disse entusiasta, prendendo in braccio Yamada e uscendo dal letto. “Lo aiuto io a prepararsi, tu occupati del resto!” disse a Yabu, dividendosi i compiti.
Nel giro di un’ora, il terzetto era pronto per uscire; presero l’auto di Yabu e Hikaru si sedette accanto a lui, dopo aver assicurato la cintura a Yamada, seduto nei posti dietro, in mezzo a quelli anteriori di modo da vedere la strada ed entrambi i ragazzi.
“Papà! Se c’è lo zucchero filato me lo prendi?” chiese il figlio, il quale alla parola festival già immaginava il divertimento.
Yabu rise, guardandolo attraverso lo specchietto retrovisore.
“Se farai il bravo sì. Non puoi mangiare troppi dolci, altrimenti poi diventi una piccola palla e Yuri non ti vorrà più” scherzò, ma il figlio aveva la soluzione al suo problema.
“Non mi piace più Yuri Chii-chan!” affermò. “Io sposerò Dai-chan Oniichan!”
“Che cosa?” Hikaru si volse verso di lui.
“Sì!” annuì fermamente Yamada.
“E io? Sono stato scaricato?” si rivolse a Yabu che si strinse nelle spalle.
“Sei alquanto inquietante Hikka, sai?” lo riprese, guardandolo con la coda dell’occhio e sorridendo, gettando uno sguardo al navigatore, per controllare dove dovesse svoltare.
“Siamo quasi arrivati!” constatò, vedendo che mancavano pochi chilometri alla destinazione.
Il luogo dove si sarebbe tenuto il festival in effetti era abbastanza piccolo e gli stand da visitare non erano tantissimi, sebbene forniti delle più classiche bancarelle tradizionali dove i due ragazzi si divertirono a vincere premi, incoraggiati dal sostegno di Yamada al quale andarono tutte le loro vincite, tra pupazzi e caramelle.
“Le mangiamo piano, Ryo. Un po’ per volta o ti faranno male” lo redarguì il padre, vedendo che stava esagerando con gli zuccheri, prendendoglieli di mano.
“Vuoi che ti aiuti con quelli, Ryo-chan?” si offrì Hikaru, volendo tenergli qualcosa.
Yamada si fermò e prese due oggetti, un piccolo portachiavi a forma di pesciolino e un peluche tascabile che rappresentava un panda.
“Questo lo voglio regalare a Yuuyan Onii-chan e questo per Chii-chan!” affermò, tendendo i due regali a Hikaru. “Li tieni tu?” gli chiese, indicando la borsa, suggerendoli di metterli lì, tendendo la busta di carta con le altre vincite al padre.
“Papà!” disse poi, vedendo una giostra con gli animali. “Lì, andiamo lì!” propose, avviandosi da sé verso l’attrazione.
I due grandi lo seguirono e si sedettero ad aspettare su una panchina lì vicino che Yamada finisse il giro.
“Si sta proprio bene!” commentò Yabu e Hikaru annuì.
“Grazie, Hikka.”
“E di cosa? Mi sto divertendo e rilassando anche io” sorrise.
“Per me è un po’ diverso. Non mi sentivo bene in questo modo da molto tempo ed è tutto merito tuo” ammise.
“Kota…”
Hikaru non sapeva cosa dire, quel velo di malinconia era tornato a offuscare il suo sguardo e non voleva che la giornata si rovinasse.
“Non ci pensare. Adesso godiamoci il resto del pomeriggio” avvicinò la mano alla sua, discretamente, stringendogliela, sentendo Yabu ricambiare.
“Hai ragione!” annuì l’altro, alzandosi per andare a recuperare il figlio dalla giostra per continuare il giro, prima di rincasare.
“Andiamo già via, papà?” gli chiese deluso, Ryosuke che avrebbe voluto stare ancora alla festa.
“Eh sì, tesoro. Non sei stanco?” gli chiese, dal momento che aveva corso in lungo e in largo e aveva giocato tanto.
“No, volevo stare ancora!” specificò, mentre Yabu gli allacciava la cintura.
“Adesso dobbiamo rincasare, però, Hikaru-sensei deve tornare a casa sua! E poi stasera torna la mamma” gli spiegò.
“Torna?” domandò il piccolo e Hikaru, che aveva preso posto nel sedile davanti, si volse verso di lui.
“Certo che torna, Ryo-chan, deve mangiare la torta con te, no?” gli ricordò.
Yamada lo guardò un attimo perplesso, poi annuì.
“Sì. Ho tenuto un pezzo di torta per la mamma!” affermò.
Yabu salì in macchina, al posto di guida, ascoltando i due parlare, guardando poi Hikaru con espressione malinconica, immettendosi nella strada.
Quando Yabu poi parcheggiò l’auto nel vialetto di casa, si volse indietro, accorgendosi che Yamada si era addormentato. Hikaru lo osservò a sua volta e sorrise, intenerito.
“Non era stanco, eh?” mormorò al padre che annuì sorridendo.
Ci fu un istante di silenzio, poi Hikaru si slacciò la cintura.
“Adesso vado. Hai bisogno di me?”
“No, tranquillo, lo prendo e lo lascio riposare un altro po’, poi lo sveglio” gli disse.
Hikaru lo guardò, comprensivo e si sporse verso di lui, sentendo una mano di Yabu, sfiorargli dolcemente il collo, scivolando dietro la testa, baciandolo.
Hikaru gli allacciò le braccia al collo, schiudendo le labbra, approfondendo il contatto, allontanandosi da lui solo quando entrambi ebbero bisogno di aria.
“Grazie!” mormorò, prima che fosse l’altro a farlo stavolta e Yabu assentì con il capo.
“Ci vediamo, stai attento!” lo salutò, vedendolo aprire lo sportello dell’auto e aspettando che andasse via.
Quando sentì il rombo del motore dello scooter allontanarsi, si lasciò andare a un lungo sospiro, posò le mani sul volante e chinò la testa, chiudendo gli occhi, lasciando che quel senso di inadeguatezza e ansia, che in quelle ultime quarantotto ore era stato sostituito da una piacevole quiete, tornasse ad avvolgerlo.

*

“Devo andare” mormorò Hikaru, contro la pelle del collo di Yuya, il quale a sua volta era intento a torturare quello del compagno con le labbra.
“Dici?”
“Ci sono venti bambini nervosi per lo spettacolo finale e due adorabili fanciulle che potrebbero farmi la pelle se tardo ancora a portare ordine tra i pargoli” cercò di spiegare, infilando una mano tra i capelli di Yuya, cercandogli le labbra.
Il più grande sorrise, accontentandolo e sistemandogli la maglia che gli aveva sollevato, per riuscire ad accarezzarlo meglio.
“Yuu, YU!” lo placò. “Scemo, no, come spiegherei questo segno che prima non c’era?”
“Non se ne sarebbe accorto nessuno” lo tranquillizzò. “E poi, guarda?” disse, spostandogli la maglietta, mostrandogli come quel leggero rossore non fosse in un posto facilmente visibile.
Hikaru mosse il bacino contro il suo, allontanandosi dal muro, guardandolo con fare malizioso.
“Andiamo!” gli disse, facendo dei grandi respiri e bagnandosi la faccia e i polsi, cercando di placare i propri istinti.
Yuya lo imitò e quando furono sicuri di essere tornati in condizioni più o meno accettabili, uscirono, dopo che Hikaru ebbe controllato che non stesse passando nessuno.
“Ah, Hikka” esordì Yuya. “Che impegni hai dopo?”
“Relax assoluto fino a lunedì, perché?”
Yuya lo guardò con un sorriso luminoso.
“Se ti dicessi che oggi Yuri starà con mia madre, che mio padre non sarà in casa e che io mi sentirò molto solo e pensavo di chiederti se ti andasse di restare da me, cosa mi diresti?”
Hikaru si fermò in mezzo al corridoio e si voltò verso il ragazzo.
“Ti direi che questo è un colpo basso da parte tua!”
“Perché?” rise Yuya.
“Perché se tu mi avessi scritto stamani, mi sarei portato dietro il cambio e non dovrei passare a casa prima di venire da te!”
“Oh, ma io avevo calcolato tutto. Tanto” abbassò il tono di voce, mentre si avvicinavano all’aula dove tutti i bambini erano riuniti in attesa, “non credo che i vestiti ti servano poi a molto, no?”

*

“Yuya-san?”
Il ragazzo che stava parlando con Hikaru mentre sorvegliava il fratello che voleva fare da sé per dondolarsi sull’altalena, si volse.
“Keiko-san, buon pomeriggio!” ricambiò Yuya, vedendo la donna sorridergli.
“Volevo ringraziarti personalmente di aver invitato Ryo-chan e mio marito al mare.”
“Oh, si figuri, ha fatto molto piacere a me la loro compagnia” ricambiò con gentilezza, poi la donna spostò lo sguardo sul ragazzo di fianco a lui.
“Hikaru-sensei, buon pomeriggio” salutò anche lui, chinandosi leggermente.
“Sono felice che, nonostante i suoi impegni di lavoro, sia riuscita a venire anche questa volta per lo spettacolino.”
“Oh, non avrei potuto perdermelo per niente al mondo. Ryosuke è stato proprio bravo!”
“Tutti i bambini si impegnano giorno dopo giorno per poter fare bella figura davanti alla mamma e al papà” gli disse, Hikaru, guardando la donna dritta negli occhi; era inutile che si impegnasse tanto, non riusciva a farsela andare giù, sperava davvero, però, che l’astio che aveva tentato di nascondere con quelle parole, non si avvertisse.
“Ah” aggiunse lei dopo, prendendo sottobraccio il marito e posandogli l’altra mano al colletto della camicia, con fare intimo.
“Kota mi ha detto che ha portato un regalo a Ryosuke per il suo compleanno.”
Hikaru spalancò leggermente gli occhi, ma non diede modo di farsi cogliere impreparato.
“Ho letto sulla scheda che sarebbe stato il suo compleanno e a fine giornata gli ho dato un piccolo omaggio. Non è niente di che” si schernì, “l’ho fatto con piacere” rise, indicando poi una bambina poco distante da loro. “Quest’oggi è il compleanno di Nao-chan e le ho regalato un libro da colorare” spiegò, vedendo come, per l’appunto, la bambina stesse mostrando ai genitori il dono ricevuto, indicando Hikaru. “Scusatemi un momento” si congedò l’educatore, raggiungendo l’alunna che gli andò incontro con il chiaro intento di saltargli in braccio.
“Ci sa proprio fare con i bambini per essere così giovane” aveva commentato Keiko, guardando Yabu e ricevendo in cambio un assenso anche da parte di Yuya.
“Yuri Chii-chan, ti posso spingere?” aveva chiesto Yamada, avvicinatosi al bambino, guardandolo in attesa.
Il piccolo annuì e Ryosuke si spostò dietro di lui, spingendolo appena, ma facendo muovere di pochissimo la seggiola.
“Ryo-chan, ti aiuto!” gli disse Yuya, spostandosi dietro Chinen e spingendolo appena stando attento che Ryosuke non si facesse male quando tornò indietro verso di loro.
“Tesoro, forse dovremo andare, stasera abbiamo quella cena… dobbiamo prepararci e Ryosuke deve ancora fare la doccia” parlò di nuovo Keiko, guardando il marito.
“Ah, sì, andiamo. Ryo?”
“Nooo, papà, possiamo stare ancora?”
Yabu si chinò verso di lui e Hikaru, che in quel momento si era liberato dai convenevoli e stava tornando da Yuya, si fermò.
“Non possiamo, Ryo-chan, dobbiamo andare dai nonni. Non vuoi portare loro i tuoi disegni?” cercò di incentivarlo.
Ryosuke non sembrava convinto, ponderò un momento l’idea guardando la madre e, anche se controvoglia, dovette annuire.
“Papà, posso portare il puzzle che mi ha regalato Hikka-sensei?” gli chiese, posandosi un dito sulle labbra, con fare dubbioso.
Il padre sorrise e gli scompigliò i capelli.
“Certo che puoi, andiamo!” gli disse, prendendolo per mano, ma il bambino gli sfuggì.
“Hikka-sensei!” urlò Yamada, vedendolo e correndogli incontro. “Io vado. Vado a portare i disegni al nonno!” spiegò e Hikaru annuì, abbassandosi sulle gambe e sorridendogli, sentendo una strana sensazione stringergli il cuore; lo abbracciò, senza che fosse l’altro per primo a farlo e lo strinse forte a sé.
“Fai da bravo, Ryo” mormorò, usando un tono dolce e al contempo triste, espressione che non aveva mai usato con lui, prima di lasciarlo andare.
Yamada si portò una mano alla fronte, come fosse un piccolo soldato, annuendo.
“A domani!” lo salutò, facendo ridere Hikaru, l’indomani e quello dopo ancora non si sarebbero visti, ma non era importante in quel momento, per cui, a sua volta, rispose.
“A domani, Ryo-chan!”
Salutò con un cenno della mano i genitori di Yamada, soffermandosi un istante di più sulla figura di Yabu, poi tornò da Yuya, che era rimasto a spingere Chinen.
“Meno uno!” gli disse il più grande quando si avvicinò.
“Anche per oggi è quasi finita!” disse Hikaru, incrociando le braccia al petto, mettendosi davanti a Chinen, facendogli le smorfie quando lo raggiungeva, facendo ridere il più piccolo che cercava di prendergli le mani, ma senza riuscirci, perché tornava indietro troppo presto.
“Stavo pensando una cosa” disse d’un tratto Hikaru, rivolto a Yuya. “Potrei chiedere alle ragazze se possono fare il servizio pulmino al posto mio, così posso venire da te prima.”
Yuya lo guardò a sua volta e annuì.
“Dico che mi sembra un’ottima idea.”

*

“Dorme?” chiese Hikaru, guardando Yuya rientrare nella stanza.
“Dorme!” affermò l’altro, saltando sopra il letto, raggiungendo il compagno, riponendo il cellulare sul comodino, dopo essersi accertato di averlo spento, salendo cavalcioni sulle gambe di Hikaru, riprendendo da dove erano stati interrotti.
“Mi dispiace, fino a che non ha parlato con me non si è tranquillizzato!” spiegò Yuya, chinandosi di nuovo verso il collo di Hikaru, passando le mani sul suo petto.
“Non fa niente” ansimò l’altro, accarezzandogli la schiena e abbassandogli l’elastico della tuta.
“Adesso non dovrebbe interromperci più nessuno. Il tuo telefono è spento, vero?” chiese Yuya sorridendo, cercandogli le labbra, ansimando quando sentì le dita di Hikaru infilarsi oltre la biancheria.
“Quale telefono? I miei pantaloni sono rimasti in salotto, insieme a tutto ciò che c’era nelle tasche” rise, ribaltando le posizioni e sovrastando il corpo del compagno con il proprio.
Lo spogliò completamente, levandosi a sua volta anche l’intimo e scendendo su di lui, a perlustrare quel bellissimo corpo di baci; i gemiti di Yuya invasero la stanza quando Hikaru infilò due dita dentro di lui, per prepararlo e tutto sembrava perfetto: avevano la casa a loro completa disposizione, Yuya era bello, pronto per lui e l’intera notte da passare insieme.
Sarebbe dovuto essere felice, Hikaru mentre sentiva quel corpo sciogliersi e arrendersi sotto le sue cure, avrebbe dovuto trarre solo piacere da quella situazione, la sua mente avrebbe dovuto essere vuota, piena solo dei propri ansimi e di quelli sempre più alti di Yuya, ma non riusciva a concentrarsi, non riusciva ad appartenere solo a lui.
La sua memoria correva ai giorni precedenti, a quelli passati con Kota e Ryosuke, alle volte in cui aveva fatto l’amore con Kota, a quanto aveva gridato e a quanto avesse fatto gridare il compagno che era stato costretto a soffocare i gemiti contro il suo collo, contro la sua spalla, per non svegliare il proprio figlio.
“Hikka…”
Yuya lo chiamava, la sua voce sempre più bassa, roca, quasi faticava a uscire dalla gola.
Hikaru aprì gli occhi, osservando il volto del più grande sfatto dal piacere, mentre le mani stringevano le sue braccia e le gambe avvolte dietro la schiena, mentre si spingeva in lui, mentre continuava ad affondare, fino a che non sentì Yuya gemere forte, quando si fermò.
Rimase fermo dentro di lui, sorreggendosi sulle mani, sentendo quelle di Yuya accarezzargli le spalle e sollevarsi per baciarlo. Bacio che Hikaru concesse, urgente e disperato, un bacio triste e ingiusto, perché anche se provava del sincero affetto per Yuya, anche se Yuya gli piaceva, anche se tra loro vi era un’incredibile sintonia, non era con lui che avrebbe voluto essere, non erano le sue mani che voleva sentire su di sé, non era sua la bocca che voleva baciare e non voleva possedere quel corpo.
Iniziò a muoversi, uscendo e spingendo di nuovo, completamente dentro di lui, sentendo Yuya gridare e stringersi a lui; gli affondò una mano tra i capelli, tirandoli, facendogli sollevare il volto per baciarlo ancora, mordergli le labbra, facendosi ferire a sua volta, come una punizione. L’altra mano era corsa tra i loro corpi, alla ricerca del sesso del più grande, iniziando a masturbarlo velocemente, sentendolo venire con un grido roco; aveva sentito come l’altro volesse resistere al piacere, per farlo perdurare ancora di più, ma alla fine aveva dovuto cedere, come stava facendo adesso Hikaru che, con un grido malcelato, era venuto dentro quel corpo caldo.
Si lasciò andare di fianco a Yuya, uscendo da lui troppo presto, sentendolo gemere di disappunto.
“Scusami” biascicò, ansimando.
Yuya mugolò e scosse il capo, avvicinandosi a lui, stringendolo, strusciando una guancia su quella del più piccolo e abbracciandolo.
Hikaru allungò un braccio, volendo ricambiare, ma senza riuscirci, ben preso il respiro affrettato per lo sforzo fisico si tramutò in un affanno differente, dove l’aria che doveva sostituire era quelle di cui le lacrime, che non era riuscito più a trattenere, lo stavano privando.
Yuya sollevò di scatto la testa, guardandolo con occhi enormi e confusi e Hikaru si portò entrambe le mani al viso, cercando di calmarsi; non voleva che Yuya lo vedesse così, non era giusto che piangesse, non aveva il diritto di farlo.
“Hikaru” lo chiamò Yuya preoccupato. “Hikaru, che hai?” gli chiese, cercando di scostargli le mani, ma Hikaru non glielo permise. Si sollevò, mettendosi a sedere e gli diede le spalle, i piedi che toccavano il pavimento freddo; rabbrividì quando Yuya non si arrese e gli mise una mano sul braccio, stringendolo, sentendo il suo petto posarsi contro la sua schiena.
‘Non farlo’ pensò, ma dalla sua bocca fu solo una la parola che uscì.
“Scusami…”
Yuya era confuso.
“Cosa? Perché, Hikka, che hai? Mi stai spaventando.”
Ma Hikaru non rispose, limitandosi a scuotere la testa e scrollando le spalle; si rivestì in fretta, andando per la casa alla ricerca dei propri vestiti e afferrando la borsa che aveva portato per trascorrere lì la notte.
“Aspetta, Hikaru! Che stai facendo?”
Yuya l’aveva raggiunto e l’aveva bloccato, facendolo voltare finalmente verso di sé.
“Non posso stare Yuya, mi dispiace. Devo… ho bisogno di pensare a… ti chiamo io. Per favore, lo so che non mi sto comportando bene, ma devo andare” gli disse, riuscendo a liberarsi dalla sua stretta e uscendo di casa.
Yuya rimase a osservare la porta dell’ingresso chiudersi e in lontananza solo il rumore del motorino di Hikaru partire nella notte.

07

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