Titolo: There’s a thousand lies about the way you smile [POV - McFly]
Fandom: RPF - Hey! Say! JUMP
Personaggio: Yaotome Hikaru, Yabu Kota
Pairing: Hikabu
Rating/Genere: R/AU, malinconico
Warning: slash
Wordcount: 1.009
fiumidiparoleNote: la storia è scritta per la
think_angst per il set Dialoghi con il prompt “La mia gentilezza nascondeva il mio odio per te” e per la
500themes_ita con il prompt ‘eco di un legame”.
Disclaimer: I protagonisti di questa storia non mi appartengono, non li conoscono personalmente e i fatti di seguito descritti non hanno fondamento di verità. La storia non è scritta a scopo di lucro.
Tabella:
DialoghiTabella:
500themes Hikaru si girò tra le coperte per cambiare posizione e aprì gli occhi, sbattendo le palpebre più volte quando vide il proprio fidanzato seduto sul letto.
“Kota?” mormorò, sollevandosi con il busto e posandogli una mano sul braccio. “Cos’hai? Non ti senti bene?” gli domandò, sedendosi a sua volta, passandosi una mano tra i capelli.
“No, sto bene” rispose l’altro senza guardarlo.
“Non riesci a dormire?” provò ancora il più piccolo, guardando l’orologio, vedendo che segnava le quattro del mattino. “È ancora presto…” constatò. “Vieni, proviamo a riprendere sonno” gli propose, tornando a sdraiarsi e tirando l’altro con sé, sentendo però il suo corpo opporre resistenza.
Hikaru rimase perplesso da quel comportamento, non sapendo cosa passasse per la mente del più grande.
“Come fai, Hikaru?” si sentì domandare d’improvviso.
“Mh?” Yaotome non afferrò subito. “A fare cosa?”
“A tacitare la tua coscienza in questo modo. A dormire sonni tranquilli.”
Hikaru sospirò, mettendosi di nuovo a sedere, portandosi il lenzuolo sopra le ginocchia piegate al petto.
“Cosa ho fatto stavolta?” chiese allora con tono esasperato tanto che Yabu si volse a guardarlo sorpreso.
“Non fare quella faccia, Kota… è da qualche giorno che sei strano ma ho pensato fosse perché stiamo lavorando tanto e fosse dovuto alla stanchezza, ma a quanto pare non è solo questo, no? Fai prima a dirmi cosa hai, così che possiamo tornare alla normalità” gli chiese.
Yabu sorrise distrattamente, in fondo allora Hikaru non era così egoista come pensava.
“Tornare alla normalità” lo citò. “Dimmi, c’è mai stato qualcosa di normale tra noi?”
“E adesso che cosa vuoi dire? Kota, senti, io non ho idea di quello che ti passi per la mente, non possiamo parlarne domani? Anche se adesso dubito veramente di poter continuare a riposare” recriminò.
“Proprio non ci arrivi…” borbottò Yabu.
“A cosa?” chiese innervosito Hikaru.
“Lo sai che giorno è oggi?”
Hikaru sollevò gli occhi al cielo, l’unica cosa che poteva fare, arrivato a quel punto, era assecondarlo. “Oggi… oggi…” si sforzò di fare memoria. “Il quattro Marzo, e allora?” domandò, rendendosi poi conto solo dopo averlo detto ad alta voce a quale ricorrenza quella data rimandasse.
“Kota… mi dispiace” si scusò, avvicinandosi a lui e sollevando un braccio per cingergli le spalle, ma il più grande si scostò. “Scusami, io non sapevo che giorno fosse, io… mi dispiace non pensavo che…”
“È sempre stato questo il tuo problema Hikaru. Tu non pensi o meglio lo fai, ma gira tutto intorno a te. Non ti curi degli altri e li calpesti per tornaconto personale” gli disse con una punta di cattiveria.
“Kota, non è giusto. Ho sbagliato e forse continuerò a farlo, ma sono umano e soprattutto sono qui” gli disse, volendo che lo guardasse negli occhi, l’espressione seria; non voleva litigare con Kota, ma ogni anno si sentiva ripetere sempre le stesse cose ed era stufo.
“Anche io soffro cosa credi? Ma vado avanti, io una vita ce l’ho ancora. E anche tu” gli ricordò. “Ce l’abbiamo insieme” continuò.
Yabu si volse a guardarlo e sollevò le sopraciglia.
“Ancora una volta ti sbagli, vedi? Hai di nuovo frapposto te davanti a tutto.”
“Non ti seguo, Kota. Davvero, io non riesco a capirti. Lo so che era tuo amico, ma continui ad accusarmi di colpe che non ho.”
“Ah no? Lui ti amava!”
“E io ho amato lui. Ma non tutte le storie hanno un lieto fine Kota. Qual è il tuo problema?” gli chiese nervosamente. “Perché ogni volta dobbiamo finire per parlare di questa vecchia storia? Dobbiamo andare avanti, perché tu invece…” Hikaru scosse il capo, non comprendeva per quale motivo dovessero continuare a sollevare quel coperchio di dolore.
“Io non ci riesco” ammise Kota.
“Cosa?” Hikaru spalancò gli occhi.
“Non riesco ad andare avanti… non riesco a stare più al tuo fianco.”
“Aspetta, aspetta!” gli chiese Hikaru, passandosi una mano sugli occhi. “Perché d’improvviso te ne esci con una cosa del genere?” gli chiese, era impossibile che non si fosse mai accorto che i sentimenti di Kota nei suoi confronti fossero cambiati così tanto.
“Non è improvviso” lo contraddisse Yabu guardandolo senza alcuna espressione in volto, se non indifferenza.
Hikaru aggrottò le sopraciglia: “Quindi non mi hai mai amato? È questo che stai cercando di dirmi?” lo provocò di modo che lo smentisse.
“La mia gentilezza nascondeva semplicemente il mio odio per te” ribatté Kota con assoluta calma.
“Io… io non capisco. Allora… allora perché ti sei messo con me?”
“Per capire.”
“Capire cosa, Kota?”
“Cosa ci trovasse Kei in te e per quale motivo il tuo abbandono l’abbia portato al suicidio” rispose amaro. “Ma tutto questo continua a non avere senso, perché tu non meritavi la sua morte” gli disse.
Hikaru trattenne il fiato, le parole dure di Kota gi rimbombavano nelle orecchie, mentre l’eco di un legame a quanto pare mai esistito si faceva sempre più lontano.
Chinò il capo, arreso, sopraffatto dalle parole di Kota, di quella verità sbattuta in faccia in modo così freddo, senza sentimenti come se di lui non gli importasse niente e forse così era: Kota voleva ferirlo e ci era riuscito ampiamente.
“Hai ragione, io non meritavo la sua morte. Ma nessuno è talmente importante da meritarla. Tu, io, lo stesso Kei. È stato un codardo, se proprio lo vuoi sapere. Se proprio vuoi sapere quello che penso, sì, penso che non meritassi che lui morisse per me, ma non è un mio problema in fondo, Kei ha scelto la via più facile, invece di affrontare la realtà ha preferito arrendersi.”
“Anche per morire ci vuole coraggio, cosa ne vuoi sapere tu?”
“Lo stai giustificando?” Hikaru rise appena, scuotendo il capo. “Allora è proprio vero che per me non hai mai provato niente.”
“È qui che ti sbagli. Ti ho odiato, Hikaru.”
Hikaru annuì, sentendo il proprio cuore spezzarsi.
“D’accordo” mormorò solo, voltandosi per dargli le spalle, scivolando fuori dal letto. “Vado a dormire sul divano. Domattina preparerò le mie cose” gli disse, senza guardarlo, camminando a piedi scalzi fuori dalla stanza.
“Hikaru” lo richiamò Kota prima che si chiudesse la porta alle spalle. “Sei stato tu a dirlo, dopotutto, non tutte le storie hanno un lieto fine.”