Titolo: Kimi ga boku wa tsuyoku laser yo (Quel qualcuno che mi ha reso più forte sei tu) [Love Rainbow - Arashi-]
Fandom: RPF - Hey! Say JUMP
Personaggio: Yabu Kota, Chinen Yuri
Pairing: Yabuchii
Rating: nc-17
Avvertimenti: slash
Wordcount: 1.613
fiumidiparoleNote: la storia è scritta per la
think_angst per il set Dialoghi con il prompt “Non sopporto più i tuoi capricci” e per la
500themes_ita con il prompt ‘nelle mani di un bambino’.
Disclaimer: I protagonisti di questa storia non mi appartengono, non li conoscono personalmente e i fatti di seguito descritti non hanno fondamento di verità. La storia non è scritta a scopo di lucro.
Tabella:
DialoghiTabella:
500themes Chinen stringeva tra le dita le lenzuola, sollevando impaziente il bacino per andare incontro a quella bocca calda che lo preparava e quelle dita che lo stuzzicavano insieme alla lingua regalandogli un piacere intenso.
Il più grande si allontanò da lui quando sentì le mani di Yuri spingergli la testa via da sé e poi mettersi a sedere; lo guardò confuso, mentre Chinen si metteva in ginocchio e afferratolo per le spalle gli chiedeva di risollevarsi a sua volta.
Chinen lo fissò negli occhi, sorridendo maliziosamente tendendosi verso le labbra del ragazzo più grande facendole sue, assumendo il controllo del bacio e mettendosi cavalcioni su di lui scendendo sul suo sesso teso, facendolo scivolare dentro di sé.
“Chii, aspetta” gli chiese l’altro, massaggiandogli la parte bassa della schiena, attirandolo contro di sé.
“Lo sai che non mi piacciono i preliminari che durano troppo” ribatté prontamente Yuri, trattenendo un ansimo, ma continuando a scendere su di lui.
Kota scosse il capo, sospirando beato per quello stretto calore che sentiva avvolgerlo, ma indispettito dai modi di fare del più piccolo che, per quanto quella storia tra loro ormai andasse avanti da quasi un anno, continuava a sembrargli una follia.
Ma nonostante questo non riusciva a smettere.
Così si lasciò andare, cercando per quanto gli fosse possibile di aiutare Chinen, di fare in modo che non sentisse dolore più del necessario, cercando di fargli provare piacere e fare in modo che anche lui rimanesse soddisfatto.
Quando Chinen si sedette completamente su di lui, Kota avrebbe voluto aspettare che si abituasse alla sua presenza, ma l’altro non lo ritenne necessario, perché si tese meglio su di lui reggendosi alle sue spalle e iniziando a muoversi, facendo in modo che si sfilasse quasi completamente lasciandosi andare su di lui quasi di colpo.
Kota non poteva fare a meno di godere di quel trattamento e se anche il suo corpo si sentiva appagato e ne voleva sempre di più, la sua mente gli imponeva quasi dei freni, remore che i sospiri e i gemiti di Chinen che diventavano sempre più alti abbatterono velocemente.
Kota si concentrò sul proprio piacere e quello del più piccolo, infilando una mano tra i loro corpi e iniziando a massaggiarlo, lasciando scorrere il palmo dall’alto verso il basso con movimenti veloci e decisi, sentendolo poi venire nella sua stretta e accasciarsi contro di lui, mentre lo stringeva contro di sé, muovendosi ancora in lui e raggiungendo a sua volta l’orgasmo.
Yabu si distese sulla schiena, trascinando Chinen sopra di sé, attendendo alcuni secondi, giusto il tempo di permettere a entrambi di recuperare un po’ di fiato prima di uscire piano dal suo corpo, lasciando che l’altro potesse riprendersi, ma sentendo Chinen scostarsi e scivolare di nuovo sul materasso dandogli la schiena.
Lo faceva sempre e Yabu non ne comprendeva il motivo: provò a raggiungerlo, circondandogli la vita con un braccio con l’intento di attirarlo contro di sé, ma sentì Yuri irrigidirsi.
“Perché fai così?” sospirò Kota, osservando quella schiena minuta, sembrava così fragile. “Perché devi fingere sempre tutta questa indifferenza? Perché continui a farti ancora più male?” gli chiese a bruciapelo e quella era una domanda che si era posto davvero tante volte, da quel giorno che Chinen era andato a bussare alla sua porta vomitandogli in faccia quella verità a cui Yabu non sarebbe mai arrivato da solo.
“Hikaru ti tradisce con Yuya” questa era stata la semplice affermazione che aveva fatto.
E Kota era caduto dalle nuvole, non ci voleva credere e non l’avrebbe fatto se non avesse letto negli occhi del più piccolo tutta quella tristezza e delusione dovuta a quell’amore che Chinen provava e che purtroppo non sarebbe stato ricambiato mai.
E da lì tutto era cominciato, da quell’abbraccio con cui Yabu aveva stretto il più piccolo per consolarlo, da quegli interminabili pomeriggi passati insieme a parlare a sfogare le reciproche frustrazioni senza avere però il coraggio di prendere una decisione, perché nonostante il dolore del tradimento, nonostante la falsità di quel rapporto che andava avanti, i sentimenti che entrambi provavano rispettivamente per Hikaru e Yuya erano troppo grandi e troppo reali per lasciarli andare.
“Perché tu invece continui a non voler vedere in faccia la realtà? Quello che facciamo non è poi così importante” gli disse Yuri senza voltarsi a guardarlo.
“Sì, questo lo so, ma non ti sembra che così sia ancora più squallido? È già abbastanza triste non essere importanti per le persone che amiamo, se tra noi…”
“Basta, Kota!” lo interruppe Chinen, prima che continuasse e si volse verso di lui, mettendosi a sedere. “Come sei noioso. Me ne vado!” disse di punto in bianco, facendo per alzarsi dal letto, ma fermato da Yabu che lo trattenne per un gomito.
“No, aspetta, io non capisco Yuri! Non sei stanco di fingere in continuazione?” gli domandò Yabu.
“Io non sto fingendo. Non mi pare di aver finto poco fa” insinuò, cercando di portare la conversazione su un piano neutro, ma Kota non abboccò.
“Smettila per favore! Sono serio!” lo riprese. “Yuri, non sopporto più i tuoi capricci!” sbottò. “È ovvio che stai fingendo! Lo fai a casa quando sei con Yuya, lo fai quando sei con me, quando mi scosti, lo fai quando neghi a te stesso anche la minima opportunità di essere felice!”
“Di cosa dovrei essere felice, Kota? Dovrei essere felice di farmi portare a letto da te? Dovrei essere felice del fatto che il mio ragazzo mi tradisce e che sto con una persona che non è in grado di lasciarmi e aspetta che sia io a farlo? Di cosa esattamente dovrei essere felice? Non c’è niente, niente in tutta questa situazione che si possa definire tale!”
Kota ascoltò quel suo sfogo amaro e strinse forte i pugni: non voleva sentirgli dire quelle cose, non voleva vedere quegli occhi soffrire ancora e rendersi conto che la persona che gli faceva assumere quelle sfumature adesso era lui.
Spesse volte aveva pensato che tutto quello fosse sbagliato, come poteva pretendere di essere il sostegno di Chinen e affidare a sua volta il proprio dolore nelle mani di un bambino: quello era sempre stato per lui Yuri, lo conosceva fin da quando era piccolo e non aveva mai pensato a lui come a qualcosa di differente da un fratello, un amico, ma da quando l’esperienza del tradimento li aveva accumunati e avvicinati e Kota aveva iniziato a provare sentimenti che andassero al di là del lecito per Yuri, si era sentito un mostro. Pensava che non si sarebbe mai perdonato, che non fosse giusto approfittare in quel modo della tristezza di Chinen per alleviare di contro la propria e invece adesso quello che si sentiva abbandonato e usato, paradossalmente, era lui.
“E allora metti fine a tutto questo!” Yabu fu costretto ad alzare la voce. “Se non ti sta bene allora fai qualcosa! Cambia le cose una volta per tutte e fallo per te!”
“Ti sei stancato di me anche tu?” domandò Chinen di rimando.
“No, io… io al contrario, se non avessi te, se non avessi te non so dove sarei. La differenza tra me e te è che io almeno sono onesto nel dirlo. Non ho nessun problema nel dirti che ho bisogno di te e vorrei che le cose tra noi potessero essere diverse.”
Chinen si sedette meglio sul letto e lo guardò spalancando gli occhi.
“Kota, tu…” scosse il capo. “No, non può essere, tu non puoi chiedermelo davvero!”
Yabu lo guardò con espressione dolcemente malinconica, avvicinandosi a lui e sfiorandogli una spalla, ma venendo scostato dal più piccolo.
“Sì, invece. Sto dicendo che mi piaci Yuri, sto dicendo che mi sono talmente affezionato a te che sono pronto a lasciare Hikaru. Sono pronto a ricominciare tutto, con te” specificò.
Chinen scosse il capo e si alzò dal letto.
“No, non lo dici davvero! Tu stai confondendo l’amore con… con… non lo so, ma io non voglio essere un rimpiazzo!”
“Infatti non lo saresti! Io non lo so se è amore, probabilmente no, perché è troppo presto e sono ancora molto ferito dal comportamento di Hikaru, ma so che con te sto bene, so che tu mi puoi capire e che possiamo ricominciare insieme” gli disse con sicurezza, guardandolo negli occhi anche se Chinen cercava di fuggirgli.
“No!” si negò ancora l’altro. Cercò i propri vestiti, aggiustandosi velocemente. “No! Non doveva andare così non era questo che volevo!” parlò velocemente.
“Yuri, aspetta, parliamone, ragioniamo insieme, non pensavo che l’avresti presa così. Senti, mi dispiace” si ravvide poi, il più piccolo era sconvolto e non poteva lasciarlo andare via così.
“No, invece, non posso dimenticare Kota. Perché? Non doveva succedere!” disse ancora, guadagnando una certa distanza da Yabu che si alzò a sua volta dal letto andandogli dietro quando lo vide avvicinarsi alla porta della camera.
“Yuri! Yuri per favore, almeno pensaci, pensa a cosa ti farebbe stare meglio. Così non puoi continuare…” parlò piano, cercando di guardarlo, di toccarlo, ma Chinen sfuggiva ogni tipo di contatto con lui per non venire coinvolto. “Io non posso garantirti la felicità, ma so cosa sia il dolore, so cosa vuole dire non sentirsi amati e ti prometto che non ti farò soffrire” confessò, riuscendo a stringerlo tra le proprie braccia, sebbene il più piccolo non ricambiò.
“Lasciami, per favore” gli chiese Chinen poco dopo con voce malferma.
“No, dimmi almeno qualcosa… ti prego, non andartene così” gli chiese, poggiando il volto tra i suoi capelli, inspirandone il profumo, come se avesse il presentimento che sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe potuto farlo, lasciandolo poi andare.
Attese che si girasse, ma Chinen non lo fece, strinse la maniglia della porta.
“Penso che non dovevo fidarmi di te” gli rispose prima di uscire dalla stanza.