Part. 03 Diverse ore dopo, Daiki fu svegliato da un suono penetrante che non riuscì a comprendere da cosa provenisse, fino a che non fu costretto ad aprire gli occhi e realizzare che quello che sentiva era il suono del campanello di casa.
Si alzò, andando a vedere chi fosse a quell’ora tarda della notte e quando accostò la porta riconobbe la figura di Ryosuke, completamente bagnato dalla testa ai piedi, che affannava leggermente, probabilmente aveva corso fino a casa sua sotto la tempesta.
“Ryosuke…” lo chiamò sorpreso, spalancando la porta e si rese conto per la prima volta di che suono avesse quel nome pronunciato dalla sua voce.
Anche il più piccolo parve sorpreso di sentirlo tanto che sollevò la testa di scatto verso di lui e abbozzò un sorriso.
“Posso entrare?” gli chiese piano e Daiki annuì, facendosi da parte.
“Scusami se sono arrivato qui all’improvviso, io… io non sapevo se… ecco, in effetti forse non sarei dovuto venire” rifletté, scuotendo la testa, come se si fosse effettivamente reso conto solo in quel momento di quello che aveva appena fatto.
“Sei tutto bagnato, vieni ti do un asciugamano” gli disse, spostandosi nella camera da letto, prendendo qualcosa per permettere al ragazzo di asciugarsi.
“Grazie e scusami” ripeté Ryosuke, levandosi la felpa scura e restando solo con una maglietta leggera, coprendosi le spalle e frizionandosi i capelli.
Daiki rimase a osservarlo, chiedendosi per quale motivo Ryosuke si fosse precipitato in quel modo a casa sua nel cuore della notte; erano giorni che non si sentivano e non avrebbe dovuto avere nessun motivo per andare a cercarlo.
Eppure, nonostante sapesse che non dovesse illudersi, un po’ sperava che fosse effettivamente lì per lui, che ci fosse qualcosa sotto quell’improvvisata.
“Perché sei qui?” gli chiese allora, sedendosi sul letto e osservandolo. Ryosuke si irrigidì un istante, lasciando andare l’asciugamano, posandoselo sulle spalle.
“Io… ecco, ho sentito dire da altri ragazzi che Kei è stato mandato da un cliente al posto mio” spiegò.
“Credevo fosse un’agenzia seria, i clienti non sono sotto anonimato?” gli disse, vedendo Ryosuke spalancare gli occhi e fissarli nei suoi.
“Sì. Sì è così, ma… ma ci sono… paradossalmente abbiamo poche distrazioni e certe notizie diventano facilmente motivo di passaparola” rivelò, avvicinandosi e cercando di riprendere parte della baldanza che l’aveva sempre caratterizzato quando si trovava in compagnia del più grande.
Mosse qualche passo in avanti, restando in piedi davanti al cliente e allungando una mano a sfiorargli una guancia con le dita, allontanandosi subito, quando Daiki gli rivolse uno sguardo confuso, senza però accennare a muoversi.
“Posso sedermi?” gli chiese, vedendo Daiki abbassare lo sguardo sul letto accanto a sé e prendendo quella risposta per un sì.
“Kei è uno dei migliori” continuò a parlare Ryosuke. “Fa questo lavoro da più tempo è… è molto bravo. Molto più bravo di me” iniziò a parlare molto velocemente. “Come è stato? Sei… sei rimasto soddisfatto?” riuscì a chiedere, ridacchiando di tanto in tanto, per cercare di camuffare il proprio nervosismo, riuscendovi molto poco.
Daiki non gli rispose, limitandosi a guardarlo, a osservarlo intrecciare tra loro le dita e torturarle nervosamente, incapace di stare fermo, prima di sentirlo ridere e passarsi una mano sul viso, sollevandosi l’asciugamano sulla testa a coprire la sua espressione.
“Scusami, scusami davvero. Non volevo essere così indiscreto. È ovvio che sia andata bene” sospirò. “Io non so cosa mi sia preso, non so cosa ci faccia qui, in fondo hai già avuto quello che volevi e non avevo alcun diritto di… devo andare, ti prego di scusarmi!” gli disse frettoloso, senza più guardarlo, alzandosi dal letto e muovendo un passo in avanti, ma sentendosi trattenere per una mano.
“Ryosuke…” lo chiamò lo chiamò Daiki, alzandosi a sua volta.
“Daiki, lasc-”
“Non è successo niente con Kei” lo interruppe il più grande e sentì il corpo del ragazzo tendersi.
“Come?” mormorò il più piccolo, voltando appena il capo e Daiki lo tirò indietro contro di sé, allungando una mano a levargli la spugna dalla testa, accarezzandogli una guancia, chiedendogli di voltarsi.
“L’ho mandato via… non avevo bisogno di lui. Non volevo lui. Io avevo bisogno di te” mormorò, poggiando la fronte contro quella di Ryosuke, accarezzandogli uno zigomo con il pollice, asciugandogli una piccola lacrima che alle sue parole l’altro non era riuscito a trattenere.
“Davvero?” mormorò l’accompagnatore.
“Non era di una scopata senza alcun valore che avevo bisogno, non era per quello che ti volevo con me stasera, non era per quello che ti ho voluto con me dopo la prima volta. Io volevo te, Ryosuke” confessò, facendo scontrare i loro nasi e sentendo Yamada sospirare pesantemente, prima che altre lacrime leggere scivolassero sul suo viso e Daiki le raccogliesse con le labbra.
“Daiki!” mormorò il più piccolo, abbracciandolo forte, facendosi più stretto contro di lui, cercandogli le labbra in un bacio urgente e passionale.
Daiki lo assecondò, avvicinandolo ancora di più al proprio corpo, come se volesse fondersi con lui, mentre lo faceva voltare e indietreggiare verso il letto. Quando Ryosuke cozzò con le gambe contro il bordo della rete, si separarono, il tempo necessario a spogliarsi l’uno dei vestiti bagnati e l’altro del pigiama, abbracciandosi di nuovo, riprendendo a baciarsi e ad accarezzarsi con mani vogliose.
Arioka spinse Ryosuke sul letto, salendovi a sua volta, incastrandosi con il corpo del più piccolo, sfiorandogli il petto e le gambe, sentendo le mani di Ryosuke stringersi alle sue spalle e puntargli le unghie contro la pelle. Disseminò il corpo del più piccolo di baci, lungo il collo e la gola, attardandosi su ogni porzione disponibile, volendo recuperare tutto il tempo che avevano passato lontani, volendo redimere quel corpo e quell’anima per anni usurpati di sentimenti e affetto.
Ryosuke gemeva incontrollatamente, lasciando libera la voce, piegando le gambe, sentendo le labbra di Daiki in ogni più piccola parte del proprio corpo.
“Daiki!” urlò, quando lo sentì afferrargli i glutei con le mani, chiedendogli di sollevarli e poi un dito passare nel mezzo, fino a stuzzicarne l’apertura con la punta delle dita e la lingua, scivolando in un moto dal basso verso l’alto, con lentezza esasperante.
“Daiki!” lo chiamò ancora, premendogli le mani sulla testa, stringendogli e tirandogli i capelli, fino a che Arioka non si sollevò da lui e lo guardò con un sorriso malizioso. Si tese verso di lui, cercandogli le labbra, mentre con una mano lo preparava e con l’altra si occupava del suo sesso, massaggiandolo, muovendo le dita in una stretta decisa, sentendolo sciogliersi contro il palmo.
Ryosuke imprecò senza fiato, completamente appagato, abbandonandosi esausto con le braccia contro il materasso, mentre sentiva ancora le dita di Daiki dentro di lui muoversi.
Allungò un braccio, accarezzando i capelli di Arioka, esigendo un bacio che questi non tardò a concedergli.
“Io…” provò a parlare il più piccolo. “Io…”
“Ti amo” lo precedette Daiki. “Lo so che è folle, ma ti amo, ti amo, ti amo” gli ripeté, mentre sostituiva alle dita il proprio sesso e si spingeva in lui piano. “Ti amo” a ogni confessione affondava in lui sempre di più vedendolo stringere gli occhi e ansimare. “Ti amo” a ogni dichiarazione un gemito e una stretta sulle sue spalle.
Si fermò, quando fu completamente dentro di lui e lo osservò, reggendosi sulle braccia: era bello il suo Ryosuke, bello come se lo stesse vedendo per la prima volta, bello, desiderabile e caldo come se stessero facendo l’amore per la prima volta e forse un po’ era così.
Gli accarezzò una guancia con la mano, chiedendogli di aprire gli occhi e si abbassò su di lui cercandogli le labbra, coinvolgendolo in un bacio umido e sensuale, iniziando a muoversi, a ondeggiare appena i fianchi, prendendo in mano il suo sesso, riprendendo a masturbarlo a stringerlo, eccitandolo di nuovo; e contemporaneamente aveva aumentato la regolarità delle spinte, tirando indietro il bacino ed entrando di nuovo in lui, aprendolo, invadendolo completamente, acquisendo insieme quel ritmo che di nuovo costrinse Ryosuke a venire tra i loro stomaci e poi Daiki dentro di lui.
*
Daiki fu il primo a risvegliarsi, dopo qualche ora, vedendo che Ryosuke ancora dormiva profondamente accanto a lui; sorrise, sentendosi per la prima volta dopo tempo bene con se stesso. Protese la mano accarezzandogli i capelli, ma stando attento a non svegliarlo, perché voleva lasciarlo riposare ancora e destarlo in modo dolce, come credeva che nessuno aveva mai fatto. Si alzò dal letto, infilandosi i boxer e spostandosi in cucina; non era un grande amante di dolci, ma era sicuro di avere qualcosa nella dispensa, dandosi ragione quando individuò una bustina di cioccolata. Lesse le istruzioni sul retro della confezione e mise a scaldare un po’ di latte, unendo poi il contenuto in polvere, amalgamando il composto in una crema calda, prima di travasarlo in una tazza e disponendo il tutto su un vassoio insieme a qualche biscotto, bevendo un caffè per trovare l’energia necessaria a iniziare la giornata.
Tornò in camera, scoprendo con piacere che Ryosuke ancora riposava e aprì di poco le persiane per far entrare la luce del mattino; non aveva idea di che ore fossero e, a dire il vero, poco gli importava.
Poggiò il vassoio sul comodino e salì sul letto, sdraiandosi su un fianco, accarezzando con i polpastrelli la schiena di Ryosuke, posandogli poi un mano sulla spalla, chiamandolo piano, vedendolo schiudere gli occhi lentamente.
“Buongiorno” lo salutò, sussurrando.
Ryosuke si stiracchiò, mettendosi supino e sollevando le braccia, lasciandosi andare a un sorriso sereno e sincero.
“Buongiorno, Dai-chan!” augurò a sua volta, sollevandosi sui gomiti e sfiorando l’altro sulle labbra.
“Hai fame? Ho preparato una sorpresa per te, spero che ti piaccia!” disse il più grande, indicando con un cenno del capo il comodino e Ryosuke si volse, mettendosi a sedere, prendendo la tazza, inspirandone l’aroma.
“È cioccolata!” si entusiasmò, bagnando la punta del polpastrello e portandosi l’indice alle labbra. “In effetti ho consumato molte energie!” mormorò suadente, facendo sorride Arioka che si avvicinò a lui, prendendo un biscotto, bagnandolo nella bevanda calda e tendendoglielo. Ryosuke schiuse la bocca, mordendo il biscotto, assaporando deliziato quel mix di zuccheri, sentendo le papille gustative in festa.
“È quasi come un orgasmo!” si lasciò scappare, prima di rendersi conto di quello che aveva detto e scoppiare a ridere, vedendo Daiki scuotere la testa.
“So fare un gioco con la cioccolata, lo vuoi vedere?” gli chiese l’accompagnatore, osservando il contenuto nella tazza.
Daiki si accostò a lui, baciandogli la mascella e intingendo a sua volta un dito nella bevanda, prima di assaporarla, incatenando a sé lo sguardo del più giovane.
“Non vale, quello lo dovevo fare io!” protestò Ryosuke, voltandosi verso di lui, allargando le gambe per incastrarle a quelle di Daiki e sistemando la tazza tra loro, reggendola con una mano.
“Ti faccio vedere!” lo preparò, bagnando nuovamente il dito e prendendo un po’ di crema scura, passandolo poi sulle labbra dell’altro. “Non leccarla!” lo avvertì, sorridendo dello sguardo che gli lanciò l’altro, sfidandolo e disobbedendogli, prendendone un po’ con la punta della lingua.
“Daiki…” lo riprese, ripetendo il medesimo gesto, sporcandolo di nuovo e trovandosi poi con le labbra dell’altro sulle proprie, in un bacio a stampo.
“Oh, Dai-chan!” si lamentò, gonfiando le guance e facendo ridere Arioka.
“Ok, ok, adesso sto buono!” promise, arricciando le labbra e aspettando che per la terza volta Ryosuke le decorasse con il cioccolato, prima di avvicinarsi a lui e mormorare piano.
“Adesso guarda…” riprese, accostandosi e chinando di lato la testa, sporgendo in fuori la lingua, mantenendo un contatto visivo con il ragazzo di fronte a lui, procedere a ripulirlo dalla crema calda. Quando Daiki tentò di partecipare a quel bacio particolare, però, Ryosuke si scostò con la testa.
“Ah, no, fermo” gli ordinò, passandogli la lingua sul contorno labbra, posandovi di tanto in tanto le proprie, non resistendo lui per primo alla tentazione. Poi si portò la tazza alle labbra, bevendo un po’ di cioccolata e sporgendosi di nuovo in avanti a baciare il più grande, unendo i loro sapori a quello del dolce.
Quando si separarono, Daiki lo guardò con espressione passionale, leccandosi le labbra entusiasta.
“Niente male, ma… poco preciso, ti sei sporcato” gli fece notare, indicandogli una goccia di cioccolata alla base del collo. Quando Ryosuke fece per ripulirsi, Arioka lo trattenne per un polso e lo guardò di sottecchi.
“Faccio io…” parlò piano, ma prima prese dalla ciotola un po’ di crema e gli punteggiò la pelle in diverse zone, sulla spalla, sulla gola, sotto al mento, per poi ripulirlo con le labbra, leccando prima quelle macchie e poi succhiando appena per levare ogni traccia di sapore estraneo, sentendo Ryosuke sospirare e abbandonarsi a lui, piegando un braccio e infilandogli una mano tra i capelli.
Quando terminò di pulirlo, Daiki prese la tazza, posandola sul comodino e distendendosi sopra il ragazzo che si era nuovamente lasciato andare sul materasso.
“Grazie!” gli disse il più piccolo, guardandolo negli occhi.
“Per che cosa?” si informò Daiki, accarezzandogli un fianco, pigramente.
“Per non essere come tutti gli altri, per… per esserti innamorato di me nonostante quello che sono!”
“Tu sei una persona splendida, Ryosuke. Mi dispiace averti fatto anche solo sospettare che non fosse così. Io non ti ho mai considerato un oggetto. Fin dalla prima volta che ci siamo visti ho visto qualcosa in te che mi ha colpito e mi ha fatto innamorare di te. Ti volevo solo per me, ho iniziato a pensare a te durante ogni ora della giornata e mi mancavi quando eri lontano. Mi sono odiato quando abbiamo litigato, ci ho messo troppo tempo ad accorgermene, però, perdonami” confessò.
“Non ti devi preoccupare… l’importante è che adesso io sono qui con te e mi piacerebbe poter restarci per sempre!” confessò, consapevole che quel desiderio sarebbe stato difficile, se non impossibile, da realizzare.
“Ti porterò via da lì” promise Daiki, accarezzandogli una guancia.
Ryosuke non disse niente, non voleva illudersi più di quanto stesse già facendo, in quel momento voleva solo pensare alla propria felicità, a quello che provava in quel momento, a quei sentimenti che gli stavano scaldando il cuore. Si tese verso di lui, abbracciandolo e baciandolo, guardandolo da sotto in su, prima di sorridere in modo strano e sedersi sul letto, sfuggendo a quell’abbraccio caldo.
“Dove stai andando?” chiese Daiki, osservando il corpo nudo del ragazzo le cui condizioni non erano certo differenti dalle sue. “Torna qui” gli disse, divertito, ma Ryosuke gli fece cenno con l’indice di seguirlo, uscendo dalla camera.
“Ryo?” lo chiamò e la mano del più piccolo spuntò dal bagno indicandogli di seguirlo.
“Dai-chan?” lo chiamò a sua volta Ryosuke, nascosto dietro la tenda della doccia.
“Cosa stai…?”
“La mia proposta è ancora valida” mormorò suadente, scostando completamente la tenda e aprendo l’acqua, lasciando che il proprio corpo si bagnasse piano.
“Quale proposta?” chiese il più grande che al momento non riusciva a pensare a niente che non fosse il corpo nudo ed eccitato del ragazzo
“Vuoi guardare?” mormorò, addossandosi alle piastrelle e inarcando la schiena per il contatto freddo con la parete.
Daiki si avvicinò a lui entrando nel box doccia e Ryosuke allungò una mano in avanti, sfiorandogli il petto.
“Ho detto guardare…” mormorò suadente, “guardare ma non toccare” precisò, mentre riportava indietro il braccio e si passava le mani tra i capelli, bagnandoli completamente, esponendo il volto al gettito dell’acqua, abbassandole sul proprio viso, sul collo, in carezze parallele lungo la gola e giù sul torace, passò i palmi aperti sui capezzoli, proseguendo in discesa verso lo sterno e lo stomaco, aprendo di nuovo gli occhi e poggiandosi mollemente con una spalla al muro, discendere tra le proprie gambe, afferrandosi il sesso con una mano, iniziando a toccarsi, mentre incatenava gli occhi di Daiki a sé. Lasciò scivolare le dita verso l’alto, premette il palmo contro la punta gemendo e mordendosi le labbra, senza mai staccare gli occhi da quelli del più grande, allargando le gambe e con la mano libera, continuare ad accarezzarsi. Gli diede la schiena, osservandolo con la coda dell’occhio mentre combatteva con se stesso per impedirsi di avvicinarsi e mero palliativo per la sua eccitazione quella di iniziare a masturbarsi a sua volta, osservandolo.
Ryosuke si passò una mano sulla nuca, scompigliandosi i capelli, schiudendo le labbra e bevendo quella pioggia artificiale, passandosi la lingua sulle labbra, lascivo, mentre con la mano libera prese ad accarezzarsi il sedere, facendo scivolare un dito sul solco nascosto, premendo con l’indice contro il proprio corpo, trovandone l’accesso; si abbassò leggermente, portando avanti il braccio, usandolo come appoggio e poggiando la fronte contro il muro davanti a sé, continuando a prepararsi, lasciando momentaneamente da parte il proprio sesso e con la stessa mano scendere più in basso, infilando prima uno, poi un secondo dito, mentre iniziava a muoversi contro le proprie dita e affannare a labbra socchiuse.
Diede uno sguardo veloce a Daiki il quale si era sistemato accanto a lui, avvicinandosi di un passo, e continuava a masturbarsi, osservandolo svolgere da solo quel compito che spettava a lui e cercando di trattenere a sua volta i gemiti.
Ryosuke si tese, avvicinando il volto a quello del più grande, aprendo la bocca e cercando da subito la lingua del compagno che non tardò a farsi trovare, baciandosi in modo famelico e urgente.
“Mi dispiace” gli disse poi Daiki, staccandosi da lui e prendendolo per le braccia, facendogliele poggiare entrambe contro il muro, sistemandosi dietro di lui, lasciando che il petto aderisse alla schiena del più piccolo, divaricandogli le gambe con un ginocchio. “Mi dispiace, non ce la faccio!” ansimò contro il suo orecchio e spingendosi in lui.
Ryosuke gemette, quando con irruenza lo penetrò completamente, afferrandogli il sesso con una mano.
“Meno male, perché non ce la facevo più” ammise, gridando tutto il suo piacere quando lo sentì iniziare a muoversi dentro di lui a ritmo sostenuto, l’acqua che cadeva tra i loro corpi, facilitando quei movimenti e portando ristoro ai loro corpi bollenti, avvolgendosi di un calore ristoratore quando raggiunsero il completo appagamento.
*
Daiki iniziava a preoccuparsi, era diversi giorni che chiamava all’agenzia in cui lavorava Ryosuke per richiedere la sua compagnia, ma continuavano a dirgli che il ragazzo non fosse disponibile. Inizialmente non ci aveva badato più di tanto, aveva finto accondiscendenza, prima di insospettirsi e provare a chiamare a orari prestabiliti, ma la situazione non cambiava.
“Il ragazzo che ha scelto al momento non è disponibile” continuava a ripetergli quella voce che aveva iniziato a odiare.
Chiuse il telefono di malo modo alla segretaria, lasciandosi andare frustrato sul letto: era da quasi due settimane che non aveva notizie di Ryosuke, era giorni che voleva mettersi in contatto con lui ma non ne aveva l’opportunità. Credeva che, come quella volta, la sera in cui si erano riappacificati, Ryosuke una volta saputo delle sue chiamate sarebbe andato da lui, ma l’aveva aspettato invano; non sapeva cosa pensare, non aveva un recapito, un indirizzo personale, non aveva niente e non capiva perché non fosse stato l’altro ancora a mettersi in contatto con lui.
Attese alcune ore, prima di ritrovare la lucidità necessaria a prendere di nuovo in mano il cellulare e comporre un numero, ma stavolta, la sua chiamata fu inoltrata a un centralino diverso che lo avvisava che il numero che aveva composto risultava inesistente: a quel punto l’ansia di Daiki iniziò a crescere, i suoi sospetti su quello che potesse essere accaduto al suo Ryosuke si facevano sempre più preoccupanti e lui rischiava di impazzire.
Prese la giacca, intenzionato a uscire e andare direttamente alla sede centrale dell’agenzia, quando un bussare di pugni quasi disperato contro la porta lo fece correre all’ingresso e quando aprì la porta, un trafelato Ryosuke gli si fiondò tra le braccia, la felpa aperta e scivolata di lato, i capelli scompigliati e il fiatone.
Daiki chiuse la porta, stringendo immediatamente le braccia attorno al corpo del giovane, baciandogli i capelli, infilando le mani tra essi.
“Ryo… Ryo… grazie al cielo!” esalò sollevato Daiki, sollevandolo appena da terra, rimettendolo in piedi. Ryosuke non si staccava da lui, con il volto rintanato contro il suo collo respirava a fatica e gli dava di tanto in tanto dei piccoli baci.
“Ryo, cosa è successo? Dove sei stato? Io… io non riuscivo a contattarti, mi hanno detto che non c’eri mai e…”
Le labbra di Ryosuke posate d’improvviso sulle sue lo costrinsero a tacere, così come poi suoi occhi tristi e stanchi lo portarono a parlare ancora.
“Cos’hai?”
“Mi hanno scoperto, Daiki! Mi dispiace è tutta colpa mia, io dovevo stare attento, ma ero così felice e non vedevo l’ora di rivederti…”
“Non capisco. Non capisco Ryo, fermati. Cosa vuoi dire con questo? Chi ti ha scoperto? Cosa…?” chiese, prendendogli il volto con le mani, cercando di tranquillizzarlo, accompagnandolo in sala e facendolo sedere sul divano, sistemandosi accanto a lui.
Ryosuke gli prese le mani tra le sue, come se non potesse fare a meno di mantenere un contatto tra loro.
“Il mio capo lui… lui sa di noi. Non so come l’abbia scoperto, ma… ha iniziato a darmi degli incarichi strani, io sono così stanco” si lasciò sfuggire.
“Cosa ti ha fatto fare, Ryo? Cosa…?”
Il più piccolo scosse il capo.
“Mi ha dato più lavoro, clienti importanti e di un certo nome. Ha detto che mi avrebbe premiato, ha detto che io sono una promessa dell’agenzia e che da adesso in poi avrei avuto a che fare con persone di un certo livello. Sono stato affiancato a Kei” gli spiegò e Daiki comprese.
“Non ho scampo, Dai-chan, io non potrò più vederti!” disse, chiudendo gli occhi, sentendo un incredibile dolore nel cuore nel pronunciare quelle parole; si sporse di nuovo verso di lui, abbracciandolo, nascondendosi in quella stretta, portandosi le braccia al petto.
“Ryo…”
“Non dovrei essere qui adesso, non so quanto potrò stare, ma volevo vederti, avevo bisogno di vederti e farti sapere che stavo bene. Non volevo lasciarti senza dirti addio!”
“Cosa? Cosa stai dicendo, Ryo?” chiese Daiki colto dal panico, stringendolo per le spalle, passandogli poi più dolcemente una mano tra i capelli.
“Non posso più vederti Daiki, credimi è meglio non avere niente a che fare con me. Queste sono persone pericolose non è facile!”
“Non puoi chiedermi questo! Cosa dovrei fare secondo te adesso? Lasciarti andare? Dimenticarmi di te e… Non puoi chiedermelo sul serio, Ryo, non lo farei mai!”
Ryosuke abbassò il capo, prendendogli una mano e baciandone le nocche, passandosela sul volto, socchiudendo gli occhi.
“Devi dimenticarmi… io non voglio che ti rovini la vita per me. Sei giovane troverai…”
“Smettila!” Daiki urlò per la prima volta da quando si conoscevano e Ryosuke tremò appena davanti a lui. “Smettila, per favore” chiese Daiki con minore furia. “Te l’ho già detto, Ryo, io ti amo e non ti voglio lasciare. Tu per me sei tutto. Troverò un modo.”
“Non esiste un modo!” Ryosuke scosse il capo.
“Sì, sì, io lo troverò. Devi solo avere pazienza, dammi un po’ di tempo, devi solo aspettare e fidarti di me. Io lo so che è difficile, ma…”
“Io ti amo!” gli confessò Ryosuke, interrompendolo, sollevandosi e sedendosi sulle sue gambe, stringendolo in collo, bisbigliando contro il suo orecchio, i loro cuori che battevano veloci, all’unisono. “Ti amo, ti amo, ti amo” ripeté, mai stanco. “Ti amo, Arioka Daiki!”
“Allora non smettere. Non mi dimenticare e aspettami! Io troverò una soluzione per tirarti fuori e poi staremo insieme, sempre. Non ti lascerò mai!” dichiarò, guardandolo sorridendo, cercando di abbattere il velo di dubbio che ancora vedeva tra loro.
“Ryosuke?” lo richiamò a sé, baciandogli le labbra dolcemente, a lungo. “Ryosuke, ti amo.”
“Yamada…”
“Cosa?”
“Yamada Ryosuke” pronunciò, arrossendo appena. “È il mio nome” gli disse. “Per l’agenzia siamo solo dei numeri, siamo solo cose che non hanno bisogno di aggettivi. Io volevo che tu lo sapessi” gli sorrise appena, socchiudendo gli occhi e poggiando la fronte contro quella di Daiki.
“Ti amo, Yamada Ryosuke e ti giuro sulla mia stessa vita che ti ridarò la libertà!” assicurò.
Yamada sorrise, annuendo.
“Mi credi?”
“Ti credo!”
“Mi aspetterai?”
“Sì…”
“Promettimelo!”
“Te lo prometto!”