*Part 02* Hikaru mangiava in silenzio la propria cena, Kei faceva baccano, discutendo con Yuya circa qualcosa da guardare tutti insieme in televisione, ma i loro gusti cozzavano terribilmente l’uno con l’altro.
Yabu, seduto accanto a lui, li osservava divertito, passando di tanto in tanto una mano sulla schiena del fidanzato, per incitarlo a calmarsi.
“Ko, non mi vuole dare il telecomando! Oggi tocca a me scegliere il drama!” si impuntò Kei, voltandosi a guardare Yabu con occhi imploranti. Il più grande sorrise, alzando la mani davanti al viso.
“Ah, io non ci voglio entrare in queste disquisizioni da bambini!”
“Ma oggi era il mio turno!” si impuntò Inoo, sporgendosi per prendere il telecomando dalle mani di Yuya, il quale glielo allontanò di scatto.
“Yuu” lo riprese appena Yabu, era più forte di lui, comunque, prendere le parti di Kei.
“Vedi che sei viziato? Guardiamo questo film oggi, è bellissimo!” propose il più grande, indicando la programmazione.
“Non mi piace, non ci capisco niente io!”
“È sottotitolato, scemo, basta che leggi sotto!”
“No, mi viene mal di testa!”
“Non sai fare due cose contemporaneamente Kei, mi deludi!” lo provocò Yuya.
“Ti sorprenderesti di sapere quante e quali cose so fare, invece, ma non ho alcuna intenzione di dirtelo!” gli disse, facendogli la linguaccia, guardando poi un secondo Yabu, facendolo arrossire.
Hikaru li osservava battibeccare come due bambini, iniziando a sparecchiare quando Yabu lo guardò implorante, chiedendogli tacitamente aiuto.
“Ah, no, io non mi ci voglio immischiare” se ne tirò fuori.
Riordinò le stoviglie nel lavello, iniziando a far scorrere l’acqua, versando nella bacinella il detersivo, aspettando che si colmasse. Sistemò i piatti e le bacchette che avevano usato, insieme ai bicchieri, lasciandoli un po’ a bagno, affacciandosi di nuovo nel piccolo cucinino dove ancora quei due litigavano e Yabu cercava di farli ragionare.
Sorrise appena: la situazione pareva essersi sistemata rispetto alle ultime settimane, con Kei non avevano ovviamente risolto nulla e, come di comune accordo, entrambi si ignoravano, si scambiavano poche parole, giusto per non destare sospetti, ma il loro rapporto si era decisamente raffreddato. Anche se, a volte, Kei sembrava quasi essere tornato quello di un tempo, scherzava con lui, si sforzava di fare conversazione, ma Hikaru aveva notato che lo faceva quasi sempre quando con loro c’erano anche gli altri due. Forse per dare ancora più spessore a quella sceneggiata, non ne aveva idea. E in quei momenti, Hikaru restava colpito, confuso ancora più di prima.
Con Yuya, invece, la situazione era leggermente diversa, anche con lui Hikaru non aveva più avuto modo di parlare, i loro rispettivi impegni gli impedivano di vedersi, ma Hikaru non pensava fosse una cattiva cosa dopotutto. In quel modo aveva avuto tempo di pensare, pensare al perché avesse agito in quel modo quella sera, pensare alla sua reazione e alle parole di Yuya e, ovviamente, non aveva trovato una risposta soddisfacente.
Era sempre punto e a capo.
Yuya gli piaceva, fino a quella sera avrebbe detto solo come amico, ma evidentemente non era così; non aveva di certo l’abitudine a baciare persone a caso, sebbene negli ultimi tempi iniziasse a sospettare di avere qualche strana malattia di cui ancora non era stata scoperta la cura. Era una spiegazione che, seppure assurda, era la più intelligente che era riuscito a formulare.
Sciacquò velocemente i piatti, riassettò e rigovernò l’angolo cottura, passando di nuovo per la sala, con l’intento di congedarsi, quando venne tirato in ballo da Kei, prima che potesse fuggire.
“Hikka!” lo richiamò il più grande, battendo le mani sul tavolo, sollevandosi.
“Eh?” questi lo guardò allibito.
“Mettiamolo ai voti!” propose Inoo.
“Che? A me non va di…” il più piccolo tentò di opporsi, ma lo sguardo implorante di Yabu, lo fece tentennare e fu costretto a sospirare e prendere posto a sedere. “Sentiamo…” accordò.
“Allora, al mio tre tutti indicheremo o il film di Yuuyan o il mio drama. La maggioranza vince!” spiegò le regole e gli altri annuirono, un po’ incerti, visto che vi era una discreta percentuale che quel piano non funzionasse, dato che loro erano un numero pari di persone.
“Pronti… via!” urlò Kei e i quattro ragazzi puntarono le dita sul giornale.
“Nooo!” si lamentò Inoo, che premeva ancora il dito di Yabu sul drama da lui scelto, giusto per precauzione e non perché pensasse che il fidanzato potesse votare a suo svantaggio. Come da predizione, infatti, il risultato fu un due a due pari per ciascuna scelta. “Hikka, perché?!” si lamentò, guardandolo con disappunto e il più piccolo si strinse nelle spalle.
“Mi piace di più” ammise.
Kei si lasciò andare sulla sedia, nascondendo poi la testa sul petto di Yabu, iniziando a frignare.
Il più grande lo coccolò, cercando di rasserenarlo, fino a che Yuya non cedette.
“Ah, sei una lagna Kei! Va bene, me ne vado in camera a vedere questo film. Ma la prossima te ne vai tu!” lo minacciò e Kei si rialzò subito, soddisfatto.
“Evviva!”
“Frignone viziato!” lo rimproverò Yuya, vedendo che l’altro neanche lo calcolava più, sistemandosi con i piedi su una sedia su cui stendere le gambe e adagiandosi indietro su Yabu.
“Non capisco come tu faccia a sopportarlo” chiese Yuya rivolto al più grande che sorrise, accarezzando i capelli di Kei.
“Gli occhi del cuore, suppongo” scherzò Kota.
“Sì, sì… il cuore proprio!” borbottò, alzandosi, per andare in camera da letto. “Non fate casino e tieni il volume basso tu!”
“Sì, sì, adesso vai, sta iniziando, silenzio!” lo liquidò Kei, muovendo una mano, puntando tutta la sua attenzione sullo schermo.
Hikaru rimase inebetito a osservare la scenetta, ascoltando le prime battute di quell’episodio pilota di un drama scolastico e, capendone già quale sarebbe stata la trama, si alzò dalla cucina per lasciare i due da soli e per non sentirsi ulteriormente il terzo incomodo.
Fece per andare nella propria camera, quando, passando davanti a quella di Yuya, ebbe un ripensamento; diede un’ultima occhiata a Yabu e Kei, persi nel loro mondo, e fece un passo indietro.
Sollevò la mano, indeciso se bussare o meno, prima di optare per l’unica soluzione possibile.
“Avanti” sentì la voce di Yuya rispondergli e aprì la porta, trovandolo seduto sul letto, con il telecomando in mano, intento ad abbassare il volume.
“Posso?” chiese educatamente.
“Certo… che succede?”
Hikaru si chiuse la porta alle spalle, poggiandovisi contro , ridacchiando.
“Perché hai fatto tutte quelle storie se tu hai la tv in camera?” domandò curioso.
Yuya si sistemò meglio con la testa sul cuscino, piegando un braccio sotto il guanciale, stringendosi nelle spalle.
“È divertente fare arrabbiare Kei, anche se a volte piacerebbe sul serio anche a me vedere un film in uno schermo più grande. Questo dopo un po’ mi fa venire mal di testa, infatti…” si interruppe, prendendo un astuccio dal comodino e sistemandosi gli occhiali sul naso.
Hikaru fu sorpreso.
“Porti gli occhiali? Non lo sapevo” disse, avvicinandosi e sedendosi sul letto, piegando una gamba. “Ti stanno bene, Yuuyan!” osservò.
L’altro, però, non era dello stesso avviso.
“A me non piacciono tanto, li uso quando studio molto, per il resto faccio senza o uso le lenti” disse, gettando un’occhiata allo schermo, sollevando appena il volume quando vide il film riprendere.
Hikaru se ne accorse e guardò il coinquilino.
“Senti, visto che questo film non mi dispiace, posso stare qui a vederlo?”
Yuya annuì con il capo e Hikaru lo ringraziò con un sorriso, sollevandosi.
“Cosa fai?” chiese Yuya.
“Mi prendo la sedia” fu l’ovvia risposta e il più grande si strinse nelle spalle.
“Come vuoi, ma se stai più comodo, puoi anche stare qui, non mi dai noia. C’è abbastanza spazio per tutti e due.”
Hikaru gli sorrise ancora, ringraziandolo e mettendosi a sua volta comodo sul letto, iniziando a guardare il film.
Erano arrivati a metà del lungometraggio e nessuno dei due, dopo quel primo scambio di parole, aveva più detto niente; Yuya sembrava essere tanto preso dalla visione di un film che conosceva pressoché a memoria, dato che, di tanto in tanto, muoveva le labbra anticipando le battute dei protagonisti e Hikaru era perso nei propri pensieri: si sentiva strano, non sapeva cosa fare, come comportarsi, era entrato nella stanza di Yuya per, non sapeva neanche lui cosa probabilmente, parlare, chiarire, farsi semplicemente compagnia, accertarsi che tra loro fosse tutto come prima, eppure non era giunto a capo di niente. Yuya non l’aveva aiutato a capire come dovesse comportarsi e, in fondo, non spettava neanche a lui farlo; quello che gli aveva detto la sera in cui si erano baciati gli ritornava alla mente e, voltandosi a guardarlo, vedendolo intento a seguire il film, capì cosa significava.
Lentamente, Hikaru si volse su un fianco, piegando un braccio sotto la testa, avvicinandosi al corpo steso di Yuya, allungando un braccio a cingergli la vita.
Il più grande volse il capo nella sua direzione, guardandolo senza una particolare espressione sul viso e Hikaru si avvicinò a lui: si chinò completamente posando le labbra su quelle di Takaki che era rimasto immobile, non aveva neanche chiuso gli occhi, limitandosi a stare nella medesima posizione.
Quando Hikaru si scostò, però, Yuya parlò per primo.
“Che intenzioni hai, Hikaru?”
“Mi sembra evidente, no?” Hikaru cercò di mantenere un tono che sottintendesse che avesse il controllo della situazione, ma che non ingannò il più grande.
“A me sembra che tu sia tanto confuso, Hikaru. Intendi baciarmi di nuovo per poi fingere che non sia successo nulla per dieci giorni come l’ultima volta? Ti ho detto che se pensi che io stia qui ad aspettarti o che possa fare di me-”
Hikaru lo interruppe, affrettandosi a spiegare: “No, no, Yuya. Non ho intenzione di giocare con te. Non sono il tipo che farebbe queste cose e se lo pensi-”
“Io non lo penso, Hikka” fu il turno dell’altro ora di intromettersi nel discorso. “Ma voglio che sia chiaro che io non ti sto chiedendo niente. Da te non voglio niente di più di quello che puoi darmi, ma devi essere tu a scegliere, non lo posso fare io per te e se adesso mi baci e tra noi dovesse succedere qualcosa, sappi che dovrai assumerti la responsabilità delle tue azioni. Io non fingerò domattina di non aver passato la notte con te o di aver semplicemente guardato un film da bravi amici” chiarì e Hikaru rimase colpito da quelle parole, perché Yuya era il suo opposto, stava iniziando a scoprirlo pienamente; Yuya sapeva quello che voleva, era un ragazzo forte e, anche se a prima vista poteva non sembrarlo, era abbastanza determinato e non amava che qualcuno si prendesse gioco di lui. Non l’aveva mai visto così serio e deciso e questo gli piacque molto.
Yuya era forse la persona che sarebbe stata in grado di cambiarlo e di rimettere ordine al caos nel cervello di Hikaru; non gli chiedeva niente, per il momento, su quello era stato chiaro, quindi, forse, Yuya aveva capito di lui più di quanto desse a intendere lui stesso e Hikaru ne rimase affascinato.
“Non voglio più fingere, Yuya” spiegò Hikaru. “Ma non voglio neanche correre, voglio… voglio capire cosa cerco senza pressioni esterne, anche perché adesso non so dare un nome a quello che sento per te. So solo che mi piaci, che con te mi trovo bene e che ho davvero una voglia matta di baciarti e di toccarti, Yuya” confessò, lasciando scorrere la mano sopra la stoffa del pigiama, sul petto, fino al collo, spostando le dita sulla nuca, accarezzandolo.
Sentì Yuya fremere appena e sorrise ammiccante, chinandosi ancora su di lui.
“E se dovessi volerlo anche tu-”
Non riuscì a portare a termine la frase perché Yuya gli mise una mano sulla testa, attirandolo a sé, naso contro naso, occhi negli occhi, i fiati che si mescolavano.
Hikaru sorrise, spostando una mano a sfilargli gli occhiali dal viso, piegandoli e sporgendosi per posarli sul comodino, finendo in questo modo completamente su Yuya, il quale mosse le gambe per permettergli di stare meglio su di lui. Il più grande gli circondò il collo con entrambe le braccia, mentre Hikaru, una mano alla base del collo e l’altra infilata oltre la maglia, aveva iniziato ad accarezzarlo, posando finalmente le labbra sulle sue.
*
Con un sospiro, Hikaru si volse pancia sotto, sprofondando la testa nel cuscino e spegnendo la sveglia. Lasciò il braccio penzolare fuori dal letto, le dita che sfioravano il pavimento, prima di decidersi ad alzarsi. Si mise in ginocchio sul materasso, stiracchiandosi, aprendo gli occhi: era stanco, aveva un sonno incredibile e la testa gli faceva un po’ male. Eppure, la sera precedente non aveva bevuto niente, che lui ricordasse per lo meno: era stato in camera di Yuya a guardare un film e poi era andato a dormire, anche se non ricordava che ore fossero; sicuramente tardi, perché la cucina era vuota e le stanze di Kei e Yabu al buio.
Si mise a sedere, grattandosi lo stomaco e uscendo per andare al bagno, chiuse la porta a chiave e si guardò allo specchio, svegliandosi completamente quando notò il segno rosso che aveva alla base del collo. Scostò di più la maglia del pigiama e quello era inconfondibilmente un succhiotto.
Allora non l’aveva sognato, era successo davvero! E gli aveva anche detto di fare piano!
Sorrise, ricordando gli eventi: avevano iniziato a baciarsi, lui aveva preso l’iniziativa, perché Yuya l’aveva, in un modo tutto particolare, messo con le spalle al muro, spronandolo a prendere una decisione e Hikaru aveva deciso di lasciarsi andare. Magari non era giusto usare Yuya come scappatoia per dimenticare, per togliersi dalla testa quegli strani sentimenti che provava per Kei, ma gli sembrava l’unica cosa da fare. Yuya gli piaceva e si trovava bene con lui, magari poi il loro rapporto si sarebbe evoluto in qualcosa di più importante, definito e definitivo e Hikaru non voleva precludersi niente.
Le mani di Yuya si erano infilate tra i suoi capelli, spostandosi sulla schiena, arrivando al bordo della maglia, prima di levargliela. Hikaru l’aveva assecondato, approfittando per sfilargli a sua volta il pigiama e tuffarsi sul suo petto, l’aveva ricoperto di baci, leccato e morso i capezzoli, aveva sentito Yuya sospirare pesantemente e la sua erezione premere vogliosa contro il suo stomaco. Hikaru aveva lasciato scivolare una mano tra i loro corpi, dentro i pantaloni e la biancheria, iniziando a stimolarlo.
Yuya si inarcava, reggendosi alle sue spalle, chiamandolo piano, mentre Hikaru continuava a muovere il palmo su e giù stringendolo, fino a farlo venire.
Si era steso al suo fianco e aveva potuto sentire il battito accelerato del suo cuore riempirgli le orecchie ed era stata una sensazione bellissima; gli aveva baciato la fronte, la tempia e scostato i capelli dal viso, aspettando che si riavesse.
Yuya poi l’aveva guardato e gli aveva sorriso in un modo bellissimo, prima di spingerlo per le spalle per farlo distendere: si era mosso su di lui in modo quasi felino, baciandogli il collo, succhiando la pelle sensibile alla base. Hikaru ricordava di averlo ripreso divertito.
“Non conosci il significato della parola discrezione, vero Yuuyan?” aveva domandato retorico, in un sussurro che l’altro non aveva faticato a ignorare, proseguendo nel suo percorso di discesa lungo il corpo del più piccolo; aveva afferrato l’elastico dei pantaloni del pigiama e li aveva lasciati scivolare via, insieme ai boxer, osservando malizioso l’erezione tra le gambe di Hikaru. Gli aveva accarezzato le cosce, sistemandosi tra esse, prendendo in mano la base, poggiando le labbra sulla punta. Hikaru aveva stretto le lenzuola sotto di sé, spingendo in avanti il bacino, mordendosi le labbra per non urlare e Yuya l’aveva guardato da sotto in su, ma non si era fermato, anzi, era scivolato su di lui con ancora più lentezza, sentendo Hikaru contorcersi impaziente sempre di più, emettendo un grido soffocato quando lo prese completamente in bocca, iniziando la risalita. Discendeva e risaliva, muovendo la lingua e le labbra sulla sua erezione portandolo lentamente alla pazzia. Hikaru aveva portato una mano alla testa di Yuya, spingendo i polpastrelli sulla nuca, stringendogli con l’altra un orecchio, per attirare maggiormente il volto contro il proprio corpo, prima di raggiungere l’orgasmo.
Si risvegliò da quei ricordi come in un sogno, gemendo di frustrazione: quel genere di pensieri non andava decisamente bene di prima mattina, specie se era stato così scemo da dimenticarsi l’asciugamano; sbuffando aprì la porta, tornando in camera a prendere l’accappatoio per andare a lavarsi e quando uscì vide Yuya avvicinarsi.
Il più grande stava sbadigliando e aveva sul volto un’espressione a sua volta assonnata; Hikaru mosse un passo in avanti e Yuya si accorse di lui quando l’ebbe al fianco, si guardarono e Hikaru gli sorrise vedendo Takaki sporgersi verso di lui tendendosi a sua volta, baciandolo.
“Buongiorno” mormorò il primo.
“Buongiorno, hai dormito?” chiese Hikaru in un bisbiglio per non farsi sentire dagli altri.
“Abbastanza bene, ieri ero molto stanco” disse Yuya con un sorriso malizioso.
Hikaru gli mise una mano sul fianco, chinando appena il capo, mostrandogli il collo.
“Potrei non parlarti più per questo, ti avevo detto-”
Yuya allungò una mano allargando lo scollo e passando due dita sul segno rosso sorrise soddisfatto.
“Se lo fai chi ti aiuterà con questo?” parlò piano, scostando con una mano la spugna, guardando verso il basso tra le gambe del più piccolo.
“Anche questo, di chi pensi che sia la colpa?” lo rimproverò, dandogli un pizzicotto e Yuya rise.
“Se sei un pervertito non è mio il problema” si strinse nelle spalle, divertito.
“Ah, adesso sarei io? Guarda che tu mi hai-”
Quando sentirono movimenti provenire dalla camera di Yabu si fermarono e Hikaru tirò Yuya per un polso, trascinandolo dentro la propria camera, quando vide quella di Kota aprirsi.
Lasciò cadere a terra l’accappatoio, addossandosi alla parete con il corpo di Yuya premuto sul proprio.
“Potevi dirlo che avevi tutta questa voglia di stare con me, mica ti avrei detto di no” giocò con lui Yuya e Hikaru lo attirò a sé, unendo le loro fronti.
“Takaki, sei insopportabile. Adesso fai qualcosa!” ordinò, tendendosi a baciargli il collo, sentendo le mani di Yuya scivolare su di lui.
*
“Cosa stai facendo?” domandò Yuya entrando in cucina e trovando Hikaru intento ai fornelli.
“Mi è venuta voglia di qualcosa di dolce e di ritorno dall’università ho comprato questo preparato. Dalle istruzioni mi è sembrato semplice da realizzare” spiegò.
“Non sapevo che fossi un pasticcere!” esclamò Yuya, avvicinandosi a Hikaru, posandogli le mani sui fianchi, baciandogli il collo.
“Yuu…” lo ammonì il più piccolo.
“Che c’è? Siamo soli, non c’è nessuno. Non puoi, a volte, semplicemente lasciarti andare? Mi controllo fin troppo tutti i giorni. Non puoi dire che ti sei trovato uno appiccicoso. Pensa come sarebbe stare con uno come Kei, quello sì che sarebbe un problema, addio relazione clandestina” scherzò e Hikaru a quell’affermazione si irrigidì un momento, stringendo con le mani l’impasto di farina uovo e zucchero che stava modellando.
Yuya se ne accorse e lo guardò confuso.
“Niente, niente, stavo pensando se avevo dimenticato qualcosa” mentì, guardando la ricetta sul retro della confezione.
Yuya si spostò appena da lui, leggendo a sua volta gli ingredienti a voce alta e Hikaru assentì a ogni voce che spuntavano.
“Ti posso aiutare?” si offrì Yuya, lavandosi le mani, mettendosi un fazzoletto di stoffa attorno alla testa, facendo sorridere il più piccolo.
“Sei carino!” ridacchiò, mettendogli una mano sotto al mento e sporgendosi per baciarlo sulle labbra.
Yuya ricambiò e attese i comandi di Hikaru per sapere cosa dovesse fare e insieme si misero a lavorare la crostata, decorando la superficie con il kanji del nome di Hikaru.
“Alquanto auto celebrativo, non ti pare?”
“Tutti i grandi artisti firmano le loro opere, non rompere!” lo zittì Hikaru divertito.
“Permaloso. Sei peggio di Kei. Non fa bene che vi frequentiate! Stai prendendo tutti i suoi brutti atteggiamenti” scherzò ancora Yuya, prima di proseguire, notando lo sguardo che gli rivolse Hikaru, tenendo a precisare. “Sembra che non lo sopporti, ma non è così, gli voglio bene, sia chiaro. È divertente litigarci, sai. Dovresti provare anche tu, non fa bene viziarlo sempre, è sufficiente Yabu per quello” affermò Yuya e Hikaru sorrise.
“Già… però ho notato che Kota è cambiato in questi anni, forse perché ha trovato qualcuno come Kei-chan” mormorò Hikaru, mentre infornava il dolce e impostava il timer. “Dobbiamo riordinare, adesso” disse, guardandosi intorno per capire da dove cominciare.
“Vero, tu e Yabu stavate insieme! Com’era a tredici anni?” chiese Yuya, mettendo le cose che avevano sporcato nel lavello e lasciando scorrere l’acqua.
“Mh… ingenuo, suppongo” ci pensò su, leccando dal mestolo i residui di crema.
“Quello lo è anche adesso” confermò Yuya.
Hikaru rise.
“Ma dai, che cattivo. Anche io lo ero. Tutti sono un po’ scialbi a tredici anni, poi si cresce, si cambia.”
“Ti stai pentendo di averlo lasciato?” chiese Yuya.
Hikaru scosse il capo, poggiandosi contro il mobile.
“Abbiamo dovuto, te l’ho detto. Lui doveva cambiare città e, è vero, eravamo troppo piccoli per un rapporto a distanza. Però non mi manca. Sono felice che siamo rimasti in buoni rapporti. Però, era proprio carino, io ne ero innamorato follemente e devo dire che crescendo si è fatto veramente un bel ragazzo” buttò lì.
Yuya lo guardò sollevando un sopraciglio, chiudendo di scatto l’acqua, prendendo dalle mani di Hikaru il mestolo di legno che stava ripulendo, mangiandone la crema, gettandolo nell’acquaio.
“Ehi!” si lamentò l’altro. “Che hai?”
“Niente” Yuya si voltò aprendo gli sportelli della mensola e Hikaru gli si avvicinò divertito.
“Sei geloso per caso? Perché ho detto a un altro ragazzo che è bello? Sei geloso di Yabu!” ragionò, ridendo, infilandosi tra il corpo di Yuya e il piano della cucina, per costringerlo a guardarlo.
“Affatto. Ma cosa dici, figurati se me ne frega qualcosa” fece il sostenuto, osservando di sfuggita il volto di Hikaru, notando che si era sporcato.
“Guarda qui, peggio dei bambini” commentò, prendendogli il volto, ripulendolo con il pollice e assaggiando la crema.
“Sei stato tu, mi hai preso il mestolo di prepotenza” obbiettò, leccandosi anche le dita sporche di impasto.
Yuya rimase a osservarlo, prendendogli la mano quando mancava solo un dito, portandoselo alle labbra, leccandolo, incatenando lo sguardo di Hikaru al proprio.
Il più piccolo scivolò meglio sotto di lui e gli allontanò la mano, abbracciandolo dietro il collo, levandogli il fazzoletto dalla testa, tendendosi per baciarlo, spingendolo lontano dal lavello e lasciandosi addossare contro il muro, mentre continuava a baciarlo con sempre maggiore trasporto. Schiuse le labbra, spingendo in fuori la lingua, incontrando quella di Yuya, mentre le mani del più grande scivolavano sotto la maglia, accarezzandogli lo stomaco e il torace, concedendo a due dita di infilarsi dispettose oltre la cinta dei jeans.
Hikaru sorrise, allontanandosi da quel bacio, inarcando la schiena, muovendosi sensuale contro il bacino di Yuya che gli afferrò il volto con entrambe le mani allontanandolo da sé.
Yaotome sorrise, abbassando il capo, baciando Yuya sul collo, sentendolo sospirare piano, ritrovando in pochissimo tempo la lucidità: lo scostò da sé, prendendolo per i fianchi, sollevandolo e dirigendosi nella propria camera da letto, dove gettò senza alcuna grazia Hikaru sul letto, il quale rise, scivolando con il sedere al centro del materasso.
Yuya si levò le maglietta, facendo altrettanto con quella di Hikaru che, comunque, non oppose alcuna resistenza, iniziando a slacciarsi i pantaloni, portando le mani a quelli dell’altro, portandole sua erezione.
“Che vorresti fare?” mormorò Hikaru, divertito, sentendolo spostarsi ad accarezzargli il sedere con fare deciso e sensuale.
“Tu mi provochi…” fu la semplice risposta di Yuya che gli portò via anche i pantaloni, lasciando scivolare i boxer fino a metà coscia, attirandogli le gambe verso di sé, chinandosi a baciargli il petto.
Hikaru gli portò le mani tra i capelli, sospirando pesantemente, cercando di restare lucido ancora per qualche istante.
“Ehi…” mormorò. “No, aspetta, chi ha detto che puoi stare sopra?” riuscì a domandare.
Yuya sollevò su di lui uno sguardo divertito.
“Paura?”
“No” rispose pronto Hikaru. “Non sarebbe la prima volta, ma…”
Yuya continuò a torturargli il petto di baci, spostandosi prima su un capezzolo, poi sull’altro, leccando e tirando con le labbra la punta.
“Allora goditelo, la prossima volta stai sopra tu” decise, lasciandolo completamente nudo.
Sollevò una mano portandola alle labbra di Hikaru, il quale iniziò a inumidirle, giocando con le falangi, scivolando su ognuna in modo erotico, mentre Yuya con la mano libera, si spogliava a sua volta, sistemandosi poi sopra di lui. Hikaru piegò le gambe, schiudendole, permettendo al più grande di trovare una posizione comoda, mentre sentiva le dita di Takaki insinuarsi piano dentro di lui: era da tanto tempo che non faceva sesso con qualcuno o, per lo meno, che non ricopriva quel ruolo. Solo a una persona aveva concesso di possederlo e se non avesse provato davvero qualcosa di profondo per Yuya, non gli si sarebbe mai concesso: non poteva dire che fosse amore, avrebbe mentito se l’avesse definito così, ma si fidava e lo stimava come persona, per quello si era lasciato andare così tanto con lui, Yuya era riuscito a risanare in parte il suo cuore confuso e tormentato e Hikaru voleva fargli capire quanto per lui fosse stata importante la sua presenza in quegli ultimi mesi.
Gemette più forte quando le dita aumentarono di numero e Yuya ebbe iniziato a muoverle dentro di lui, sfilandole appena, penetrandolo ancora, cercando di farlo rilassare e abituare.
Yuya era attento, osservava il volto di Hikaru, cercando di assecondare i suoni di piacere che uscivano dalle sue labbra, sostituendo poi alle dita la propria erezione, quando lo sentì pronto. Hikaru sollevò il bacino, agevolando l’ingresso del compagno, premendogli le mani sulle spalle, all’altezza delle scapole, sospirando pesantemente, cercando di trarre maggior piacere possibile da quell’intrusione, volendo godersi ogni istante.
Takaki lo osservava, accarezzandogli il volto e prendendo in mano il suo sesso, tra i loro stomaci, accarezzandolo, per fare in modo che si distraesse, baciandolo, quando spinse completamente dentro di lui, rubando per sé il grido roco che Hikaru non riuscì a trattenere. Rimase fermo dentro di lui per diversi minuti, rallentando le carezze sulla sua carne, stringendo poco, scivolando in un ritmico movimento, fino a che non sentì Hikaru muoversi sotto di lui e lasciar scivolare le mani sulle sue braccia, incentivandolo a muoversi.
Yuya obbedì, spingendo piano, ritraendosi ogni volta di qualche centimetro in più, affondando in modo deciso, ascoltando gli ansimi di piacere che il più piccolo non riusciva più a trattenere. Aumentò il ritmo degli affondi, concedendosi di pensare anche al proprio piacere, oltre a quello del compagno, lasciandosi andare, inarcando la schiena, puntando una mano sul materasso, per tenersi in equilibrio, mentre con l’altra continuava a masturbare Hikaru.
Quando non resistette più, il più piccolo si sollevò leggermente con il busto, sentendo Yuya scivolare maggiormente dentro di lui e, baciandolo in modo urgente e concitato, venne nella sua stretta. Si accasciò sulle lenzuola, respirando pesantemente, sentendo Takaki stringergli entrambi i fianchi con le mani e muoversi ancora in lui, fino a che, a sua volta, non raggiunse l’appagamento.
Si lasciò andare disteso di fianco a Hikaru, un braccio mollemente abbandonato sullo stomaco e l’altro sugli occhi, riprendendo fiato; il petto si alzava e si abbassava aritmico. Poco dopo Hikaru gli si fece più vicino, Yuya sentì la sua mano prendergli un polso, scostandoglielo dal viso e le labbra poggiarsi gentili sulle sue. Aprì gli occhi, specchiandosi in quelli ridenti di Hikaru; allungò una mano, premendola sulla testa, accarezzandogli i capelli, baciandolo di nuovo: schiuse le labbra, trovando risposta in quelle di Hikaru, cercando in modo pigro e lento la sua lingua, assaporando quel bacio, senza fretta.
Il suono del timer avvisò Hikaru che la torta fosse pronta e il più piccolo, mugolando di disappunto, dovette interrompersi, si lasciò andare sul letto, la fronte contro il collo di Yuya, il quale lo spronò ad alzarsi; Hikaru gli baciò la spalla e, infilandosi solo i boxer, andò a controllare il forno.
Yuya si crogiolò un istante di più a letto, poi si alzò per andare a farsi la doccia; si stava rilassando sotto il getto, quando sentì la porta aprirsi e un paio di braccia, stringerlo da dietro. Si volse e vide Hikaru sorridere.
“La torta è perfetta!” lo informò il più piccolo, poi, notando l’espressione con cui l’altro l’aveva guardato, chiese: “Vuoi che me ne vada?”
Yuya scosse il capo, voltandosi e imprigionando Hikaru nel suo abbraccio.
“Nhn… no” mormorò, poggiando la fronte su quella del più piccolo. “Ma se avessi saputo che bastava così poco per farti capitolare, ci avrei provato molto prima!” sorrise, prendendolo in giro.
“Chiamamelo poco” commentò con malizia Hikaru, passandogli le mani sulle spalle, baciandogli una guancia. “Girati, ti lavo la schiena” gli disse, prendendo il proprio bagnoschiuma e imbevendone la spugna, premendola, ricoprendo il corpo di Yuya di una profumata schiuma bianca.
Si lavarono vicendevolmente, scambiandosi di tanto in tanto qualche bacio, ridendo e sporcandosi il viso di schiuma, schizzandosi come due bambini.
“Dobbiamo pulire subito, altrimenti chi lo sente Kei” borbottò Yuya, osservando il pantano che avevano fatto fuori dalla doccia.
Hikaru mise i piedi sul tappeto, avvolgendosi l’asciugamano attorno ai fianchi e infilando le pantofole.
“L’ultimo che arriva in camera pulisce!” lo provocò, aprendo la porta del bagno.
Yuya lo guardò sconvolto.
“Non vale! Aspetta!” cercò di fermarlo, infilandosi velocemente l’accappatoio, intercettando Hikaru prima che riuscisse a entrare nella sua camera: lo afferrò per le braccia, racchiudendolo nel proprio accappatoio e Yaotome si chinò in avanti, ridendo, cercando di fuggirgli; fu in quel momento che si ritrovarono davanti i volti confusi e spaesati di Kei e Yabu, tornati in quel mentre dal fare la spesa.
I quattro si guardarono, un muto silenzio che non aveva nulla da spiegare, fino a che la risata di Yabu non lo infranse.
“Ah! Lo sapevo! Io te l’avevo detto, Kei-chan, vedi che non mi sogno le cose?” disse allegro al fidanzato, rimasto immobile, con le buste in mano, le braccia rigide lungo i fianchi che continuava a fissare inebetito Yuya che abbracciava Hikaru.
Il più piccolo si risollevò dritto e Yuya lo imitò, stringendosi l’accappatoio.
“Avevo notato che eravate piuttosto strani, però, potevate dircelo!” si imbronciò appena Yabu, chiudendo la porta che era rimasta aperta. “Da quanto state insieme?” volle sapere il più grande.
Yuya e Hikaru si guardarono e fu quest’ultimo a rispondere.
“Ufficialmente da una settimana.”
“Non volevamo nascondervelo, ma volevamo vedere come andava prima… insomma, sarebbe stato alquanto imbarazzante poi la convivenza” spiegò Yuya.
Yabu sorrise loro.
“Certo… avete ragione. Comunque sia, sono veramente felice per voi!” si congratulò, dando una pacca sulla spalla a entrambi, prendendo poi le buste di Kei, spostandosi in cucina. Il ragazzo, invece, ancora fissava i due coinquilini.
“Hikka, la tua roba è ancora qui?” sentì mormorare a Yuya, vicinissimo all’orecchio di Hikaru, il quale annuì. Il più grande aprì la porta della sua camera, entrando per primo, lasciando Hikaru a seguirlo.
Questi tentennò un istante, poi si volse appena e, dopo giorni, incrociò per interminabili secondi lo sguardo di Kei; non sapeva cosa pensasse, non sapeva se dovesse pensare o meno qualcosa e, nel qual caso, non era di certo affare di Hikaru, non doveva sentirsi così in colpa perché stava con qualcuno; Yuya era stata la sua ancora di salvezza, non voleva rischiare di affondare di nuovo.
“Congratulazioni” disse Kei, inclinando leggermente il capo, sorridendogli, cercando di essere il più convincente possibile, ma né Hikaru, né lo stesso Kei, riuscirono a persuadersi che fosse un augurio sincero.
*
“Kota!”
Quando vide il fidanzato in fondo alla strada, Kei gli corse incontro, saltandogli al collo, baciandolo sulle labbra, incurante che si trovassero per strada. Yabu lo tenne per i fianchi, ormai arreso al fatto che non aveva alcun senso rimproverare Kei ogni volta per quel suo comportamento così irruento e aveva deciso di imparare a essere anche lui più rilassato.
“Mi sei mancato tanto!” affermò, abbracciandolo, guardando alle sue spalle Hikaru, qualche passo più indietro che li osservava, fino a che anche Takaki li raggiunse e salutò il proprio ragazzo con un bacio sulle labbra.
Kei scostò lo sguardo, stringendo ancora di più Yabu, baciandolo di nuovo, schiudendo appena le labbra, sorprendendo il fidanzato.
“Kei-chan” rise Yabu, confuso da quel particolare comportamento di Kei. Il più piccolo scosse il capo, stringendosi nelle spalle.
“Mi sei mancato, te l’ho detto!” affermò di nuovo, prendendogli una mano, incamminandosi nuovamente sulla via di casa.
Yuya e Hikaru li osservarono, seguendoli e Takaki rise.
“Io non ti sono mancato?” chiese, imitando l’espressione che aveva fatto Kei e Hikaru gli diede un piccolo colpo con la propria spalla.
“Scemo!” lo riprese, sentendo la mano di Yuya scivolare poi nella sua.
Affiancarono gli altri due e Yuya domandò loro.
“Tutto bene a lavoro?” si informò.
Yabu guardò Hikaru sorridendo e quest’ultimo sbuffò.
“Cosa c’è?” chiese Yuya, curioso.
“Non glielo dici?”
“Io? Che?” domandò vago il più piccolo.
“Glielo devo dire io?” lo provocò, mentre Takaki e Inoo li guardavano senza comprendere.
“Non c’è niente da dire” Hikaru si strinse nelle spalle, “è stata una giornata molto normale” sottolineò e questo fece incuriosire e insospettire Yuya maggiormente.
“C’è qualcosa che mi devi dire?” chiese al fidanzato.
Kei osservava la scena in assoluto silenzio, come succedeva spesso quando i quattro si ritrovavano a trascorrere del tempo insieme, non era mai partecipe delle loro conversazioni, perso nei propri pensieri, si limitava a stringere di tanto in tanto le dita della mano di Kota, cercando di ignorare il senso di disagio che lo coglieva ogni volta che vedeva l’affiatamento creatosi tra Yuya e Hikaru, convincendosi che non era affar suo quello che i due amici facevano che lui aveva Kota al suo fianco e che fosse felice.
“Una ragazza oggi ha fatto il filo a Hikka!”
“Kota!” lo rimbeccò il più piccolo.
“Eh?” Yuya guardò il ragazzo, incredulo.
“Cos’è quella faccia? Guarda che è vero!” rimarcò Hikaru, il quale in un primo momento aveva pensato di negare per discolparsi da qualcosa che, ovviamente, non aveva fatto per non fare ingelosire l’altro, ma quando Takaki l’aveva guardato scettico, si era sentito punto nell’orgoglio. “Voleva che l’accompagnassi a casa perché le buste della spesa erano pesanti. In fondo, avrei potuto farlo, sono il fattorino del negozio!” appuntò.
Yuya ridacchiò, guardando Yabu, e i due più grandi risero.
“Guarda tu che antipatici! La prossima volta mi lascerò abbordare e l’accompagnerò fino in casa. Anzi, l’aiuterò a sistemare la spesa dentro casa” precisò, accelerando il passo, sentendosi tirare indietro da Yuya che gli circondò la vita con un braccio, attirandolo a sé.
“Hikka, Hikka… non ci crede nessuno.”
“Lasciami, Yuu” finse di infastidirsi.
“So benissimo che non mi tradiresti mai” affermò e Hikaru lo guardò con sfida.
“Non mettermi alla prova. Io non sono bravo a resistere alle tentazioni” gli disse, usando un tono divertito e scherzoso.
“Kei!”
I due più avanti si voltarono, vedendo Yabu chino che aiutava Kei a rialzarsi.
“Tesoro, come diavolo hai fatto?” chiese Kota al fidanzato, in ginocchio sul marciapiede che si ripuliva i palmi delle mani.
“Io… non lo so” mormorò il più piccolo, “sono inciampato” spiegò.
Takaki e Hikaru si avvicinarono e quest’ultimo, con naturalezza, tese la mano per aiutare Kei a rialzarsi, venendo guardato stranito dagli altri due.
Kei sollevò lo sguardo sulla mano di Hikaru, allungando la propria per stringerla, titubando un istante: il primo istinto era stato quello di afferrarla, si era sentito confuso dal discorso che gli altri stavano facendo e aveva smesso di guardare dove stava andando; aveva sentito forte l’impulso di stringere quella mano e nascondersi tra le sue braccia, voleva che lo stringesse, ma quei pensieri erano qualcosa di sbagliato, quelle sensazioni che sembravano schiacciarlo giorno dopo giorno lo confondevano e non poteva permettersi di stare ancora più male. Avrebbe dovuto continuare a ignorare Hikaru come stava facendo e presto si sarebbe abituato all’idea che stesse con qualcun altro e quei sentimenti che non sapeva neanche lui come definire, sarebbero andati via.
“Faccio da solo” mormorò indispettito, cercando subito il braccio di Yabu, stringendolo.
Il più grande gli mise una mano dietro la schiena e ripresero a camminare, lasciando indietro gli altri due.
*Part 04*