*Part 03* “Non ti sembra un po’ strano Kei in questi ultimi giorni?” aveva chiesto Yabu a Yuya nel frattempo che Kei si faceva la doccia e Hikaru cucinava qualcosa di veloce per la cena
“Mh, non più del normale, perché?” si informò l’altro.
Yabu si strinse nelle spalle.
“Non so, lo trovo diverso. Sta anche mangiando poco, ma non mi pare che sia stressato dallo studio. Mah, sarà una mia impressione” si ravvide il più grande, con fare sempre pensieroso.
Hikaru entrò in quel momento in cucina con i loro piatti e vide le espressioni cupe degli altri due: posò le pietanze e si avvicinò a Yuya, poggiandogli le mani sulle spalle, scivolando appena in avanti.
“Cosa succede?” chiese.
Takaki gli prese i polsi, attirandolo maggiormente contro di sé, poggiando il capo contro il suo petto.
“Yabu è preoccupato per Kei-chan” lo informò.
Kota sorrise appena, giocherellando con le posate e il cibo.
“Sono solo paranoico, non preoccuparti.”
“Io lo trovo sempre uguale… magari è solo fuori fase per lo studio” suppose Hikaru, mentendo in parte, perché anche lui si era accorto che il loro amico fosse cambiato, ma non poteva certo dirlo a Yabu o avrebbe dovuto svelare cose che era meglio restassero sepolte nel fondo dei loro cuori; non era il caso che ci andassero di mezzo altre persone, per uno stupido errore. Era una questione che sia lui che Kei dovevano risolvere tra loro.
“Sì, hai ragione, sarà così” sorrise Yabu, anche se non completamente convinto. “Kei!” si volse e salutò il fidanzato, comparso in quel momento sulla porta.
Hikaru si scostò da Yuya, mettendosi dritto, ma senza allontanarsi, stringendo le mani di Takaki. Inoo li guardò con la coda dell’occhio, concentrandosi poi su Yabu.
“Ko, posso dormire in camera tua stanotte?” chiese, sollevandosi la gamba del pantalone del pigiama.
Yabu lo guardò stranito.
“Certo, che domande. Stai male?”
“Mh, mi gira solamente la testa” mosse un passo indietro per uscire e Hikaru lo richiamò.
“Kei-chan?” disse, usando un tono che cercava di non far trasparire la propria preoccupazione o -e Kei fu l’unico a coglierne la sfumatura- il proprio senso di colpa. “Ho preparato qualcosa anche per te. Magari se mangi qualcosa…?” provò.
“Non mi va di cenare. Buonanotte a tutti!” salutò in fretta, in generale, senza guardare nessuno a parte Kota, sollevando poi una mano quando l’altro fece per alzarsi, chiedendogli di non preoccuparsi.
“Lascia la porta socchiusa!” gli urlò Yabu, prima che si allontanasse.
Hikaru osservò la schiena di Kei, mentre il ragazzo si allontanava, spostandosi poi a sedere per cenare con gli altri due.
“Scusa, Hikka” disse Yabu, guardando il piatto di Kei e il più piccolo sorrise.
“Tranquillo, Kota. Mi spiace solo che Kei stia male. Questo lo possiamo conservare, se mai gli venisse fame dopo o lo può mangiare domani” spiegò, iniziando a sua volta a cenare.
“Yabu, stai ancora qui?” domandò Yuya, dopo aver risistemato in cucina, vedendo il più grande che faceva zapping alla tv.
“Sì, tra poco vado, volevo lasciare Kei tranquillo ancora per un po’, quando è così si sveglia per un nonnulla” spiegò, sorridendo, continuando la sua ricerca di qualche programma.
Hikaru, intanto, aveva preceduto tutti per ritirarsi a dormire; uscì dal bagno, ma prima di tornare in camera, si fermò davanti alla porta della stanza di Yabu, leggermente aperta. La spinse appena, affacciandosi, restando in ascolto: sentiva il respiro leggero di Kei e cercò di scrutare nel buio il suo volto, ma senza successo.
Si lasciò andare a un sospiro, soprapensiero, sussultando quando una mano si posò sul suo braccio.
“Yuu, mi hai spaventato” mormorò, scostandosi dalla porta. “Mi era sembrato di sentire un rumore, pensavo stesse male” si affrettò a spiegare.
“Non ho detto nulla” commentò Yuya, sporgendosi a sua volta, per osservare Kei. “Dorme” disse il più grande, parlando piano.
Hikaru si allontanò dalla camera, poggiandosi contro il muro.
“Non ho voluto dire nulla davanti a Yabu, per non farlo impensierire maggiormente, ma anche io sono preoccupato. Voglio trovare un momento per parlare con Kei, non vorrei che avesse qualcosa per la testa, ma ce ne volesse tenere all’oscuro” commentò Takaki, sottovoce.
Hikaru lo guardò, sollevando le sopraciglia, sorpreso e Yuya rise piano.
“Che c’è?”
“Sembri un fratello in pensiero per il fratellino” esclamò Hikaru a bassa voce.
“Te l’ho detto, litighiamo spesso, ma gli voglio bene. Kei è un pasticcione. Magari non è niente, ma non si sa mai” ridacchiò.
Hikaru sorrise debolmente, prendendogli una mano, intrecciando le loro dita, tirandolo verso di sé; sollevò un braccio, circondandogli il collo, schiudendo le labbra per baciarlo lentamente. Yuya si spinse contro di lui e Hikaru introdusse una mano sotto la maglietta, accarezzandogli la schiena.
“Yuu” sospirò piano, sentendo le labbra dell’altro scivolare sulla guancia e avvicinarsi all’orecchio. “Andiamo in camera mia” suggerì.
“Pensavo fossi stanco” lo provocò Yuya e Hikaru sorrise contro la pelle del suo collo.
“Ho bisogno di rilassarmi. E ultimamente sono stato spesso fuori per lavoro. Ho trascurato troppo il mio ragazzo e adesso voglio fare sesso con te” parlò chiaro.
“Come siamo diretti” lo rimproverò Yuya. “Ma mi piace” ansimò nel suo orecchio, sentendo una mano di Hikaru scivolare sul cavallo dei pantaloni e l’altra stringergli il sedere, prima di trascinarlo via per un polso, chiudendosi la porta della propria camera alle spalle.
Spinse Yuya sul proprio letto, salendo cavalcioni su di lui, riprendendo a baciarlo; Yuya gli morse un labbro appena, scostandosi, cercando di ribaltare le posizioni, ma Hikaru fece forza per contrastarlo..
“Dimentichi? Ora tocca a me” lo guardò con cipiglio malizioso, accarezzandogli lentamente il petto da sopra la maglia.
“Come inizio mi piace” commentò Yuya, mettendogli le mani sui fianchi, sfilandogli la T-shirt.
“Tu non ti preoccupare… goditelo, no?” fu la pronta risposta, così come aveva fatto lui la prima volta.
Yuya si lasciò andare disteso sul materasso, sentendo Hikaru scivolare su di lui, baciandogli il collo e il petto, levandogli i pantaloni e la biancheria, inginocchiandosi tra le sue gambe aperte, prendendo in bocca la sua erezione, iniziando a muoversi con lentezza.
Yuya socchiuse gli occhi, portandogli una mano sulla testa, seguendo i suoi spostamenti, sollevando il bacino quando sentì la mano del più piccolo accarezzarlo e scivolare tra i glutei.
Trattenne un gemito di fastidio quando l’altro tentò di infilare un primo dito, tirandogli i capelli; Hikaru si fermò, sollevandosi da lui e baciandolo sulle labbra.
“Scusa… troppo in fretta” gli disse piano, allontanandosi da lui e aprendo il cassetto del comodino, prendendo del lubrificante, raccogliendo la crema con due dita, lasciando che si scaldasse appena prima di riprendere a stimolare Yuya e penetrarlo ancora.
Stavolta il più grande si lasciò andare maggiormente a quelle attenzioni, rilassando i muscoli della schiena, permettendo all’altro di scivolare con facilità dentro di lui. Hikaru tornò a occuparsi con la bocca del suo sesso, mentre lo preparava con attenzione, attento ai gemiti e alla stretta sulla propria testa da parte del ragazzo.
E quando Yuya fu pronto e iniziò a chiamare il suo nome, implorandolo di dargli di più, Yaotome si allontanò dal suo corpo lasciandolo completamente insoddisfatto.
Si spogliò, risalendo sul letto, prendendo Yuya per un fianco, chiedendogli di voltarsi, l’altro tentennò solo un momento, prima di accontentarlo, stringendo tra le braccia il cuscino di Hikaru, dal quale poteva percepire il profumo del più piccolo, affondandovi il volto. Hikaru gli accarezzò la schiena con le mani, massaggiò le spalle, mentre con la lingua scivolava lungo la spina dorsale, sentendo Yuya inarcarsi, mordendogli poi un fianco. Si stese adagio su di lui, portandogli le mani in vita e penetrandolo molto lentamente, in modo che entrambi potessero godere di quel massimo momento di appagamento.
Yuya ansimava, mordendo la federa e Hikaru dovette trattenersi non poco per evitare di spingere subito in lui; il calore che lo avvolgeva era così invitante che Hikaru avrebbe voluto iniziare a spingere subito in lui in modo sostenuto, ma fece ricorso a tutto il proprio autocontrollo per impedirselo.
Quando fu completamente parte di Yuya, si sdraiò su di lui, baciandogli la nuca, la base del collo, infilando una mano tra il materasso e il corpo del più grande, stringendo il suo sesso, cominciando a muoversi piano, prima di iniziare a spingere, sfilandosi, penetrandolo di colpo, sentendo presto Yuya abituarsi a quel ritmo e chiedergli anzi di dargli maggior soddisfazione.
Yuya si sollevò un poco sulle ginocchia, spingendo indietro il bacino per permettere a Hikaru di muoversi meglio, sentendo la presa sul suo sesso farsi più forte, liberandosi con un gemito roco, quando non resistette più.
Hikaru si resse con entrambe le mani ai fianchi di Yuya, spingendo ormai senza controllo, sfilandosi completamente, tirando indietro una gamba di Takaki, facendogliele allargare, spingendosi ancora in lui, venendo a sua volta con un grido roco dentro di lui.
Caddero esausti sul materasso, uno accanto all’altro, riprendendo fiato. Hikaru si sollevò sui gomiti, guardando il compagno, sorridendo appena: aveva gli occhi chiusi, il respiro affrettato e il volto sudato. Lo guardò e pensò di non meritare al proprio fianco una persona come Yuya, una persona che non era neanche stato in grado di guardare in viso mentre facevano sesso perché la sua mente era occupata da qualcun altro, perché l’aveva usato e stava continuando a farlo per quietare il proprio cuore che ancora non trovava pace.
Si sporse sul suo viso, dandogli un delicato bacio sulle labbra, vedendolo aprire un poco le palpebre; gli mise un dito sulla bocca, sorridendogli, accoccolandosi contro di lui.
“Perché non resti a dormire qui?” mormorò il più piccolo, baciandogli il petto.
Yuya gli fece passare un braccio attorno alle spalle, ridacchiando.
“Mh, in effetti è un po’ tardi… e fuori è buio, chissà che gentaglia potrei incontrare durante il tragitto” commentò scherzoso.
“Eddai… hai capito” lo riprese, guardandolo da sotto in su.
“Hai paura di stare solo?” lo provocò ancora Hikaru.
“Oh, Yuu, rovini sempre tutto. Sai cosa voglio dire.”
“Sì, ma dovresti essere capace di dire le cose come stanno ogni tanto. Faccio sempre tutto io.”
“Non è vero!”
“Sì che lo è!”
Hikaru sollevò il capo, guardandolo.
“Ok, Yuuyan, resta qui. Voglio dormire abbracciato a te. Così sei più contento?”
Yuya rise piano.
“Troppo sdolcinato, ma siamo sulla giusta strada.”
“Ah, ma non ti va mai bene niente!” reclamò Hikaru, tornando a stendersi, ma sorridendo.
“Oh, no, no, quello che è successo poco fa mi è piaciuto eccome!” puntualizzò.
“Poi sarei io il pervertito” lo rimproverò il più piccolo, trattenendo uno sbadiglio.
“Buonanotte, Hikka” mormorò Yuya, distendendosi su un fianco e stringendo l’altro.
“Buonanotte, Yuu” rispose Hikaru, sistemandosi meglio contro di lui.
*
Hikaru uscì dalla propria camera imbracciando i libri e le dispense su cui stava studiando; aveva bisogno di cambiare aria e soprattutto di non avere alcuna distrazione, tra computer e cellulare non riusciva proprio a concentrarsi.
Si spostò in cucina e si rese conto che anche qualcun altro aveva avuto la sua stessa idea; Kei, infatti, occhiali sul naso e i libri sparsi un po’ sul piano, stava a sua volta studiando. Il più grande non si accorse subito di lui, concentrato com’era a copiare qualcosa su un quaderno, fino a che Hikaru non posò le proprie cose e si sedette davanti a lui.
Quando sollevò lo sguardo, Hikaru sorrise appena.
“Ti disturbo se sto qui?” chiese, ma l’altro non lo calcolò più di tanto; si limitò a guardarlo e, sistemandosi meglio gli occhiali, tornò a scrivere.
Yaotome non ci fece molto caso, aprì le sue dispense, riprendendo il capitolo da dove l’aveva interrotto, ma da quando lui era arrivato, Kei non si era placato un secondo: continuava a sostituire una penna dopo l’altra, per sottolineare aveva cambiato un numero spropositato di colori e matite, fino a che non si era arreso e aveva raccolto le proprie cose.
“Puoi stare…” gli aveva detto Hikaru, ma l’altro aveva continuato a stare in silenzio, aveva preso di peso tutti i propri libri, posandovi sopra gli occhiali da vista e uscendo svelto dalla cucina, ignorandolo.
Hikaru allora l’aveva seguito, richiamandolo.
“Kei!”
Ma dall’altra parte non aveva ottenuto nessuna risposta.
“Kei! Ehi, parlo con te!” aveva alzato il tono di voce, afferrandogli un braccio, facendolo voltare verso di sé.
“Kei!”
“Lasciami in pace!” gli aveva urlato il più grande, voltandosi di nuovo di scatto e sbattendosi la porta della stanza alle spalle, posandovisi contro, sentendo Hikaru battere i pugni.
“Vattene! Devo studiare!”
“Aprimi la porta!”
“No, insomma, cosa vuoi? Torna in cucina!”
“No, se prima non mi apri!”
“Vattene!”
“No, perché ti sei chiuso in camera mia!” appuntò il più piccolo con tono severo e Kei si rese conto solo in quel momento di dove si trovasse.
Lui avrebbe dovuto chiudersi nella propria stanza, ma quando Hikaru l’aveva tirato, facendolo voltare, aveva perso il senso dell’orientamento e si era infilato nella prima stanza aperta che aveva trovato: ed era ovviamente quella sbagliata.
Si morse un labbro, indeciso e seccato per il modo in cui si era messo in trappola da solo, perché adesso doveva per forza di cose uscire di lì e fronteggiarlo.
Determinato, però, strinse i libri tra le braccia: non aveva nulla da dirgli e Hikaru non poteva costringerlo a starlo a sentire.
Si scostò, aprendo la porta, guardando l’altro di sottecchi, il quale lo osservava canzonatorio.
Fece per uscire, ma Hikaru allungò un braccio contro lo stipite, impedendogli il passaggio.
“Fammi passare!” ordinò, ma il più piccolo fu irremovibile.
“Perché te ne sei andato?”
“Non riuscivo a studiare.”
“Bugiardo, abbiamo sempre studiato insieme!”
“Beh, ci sono cose che non mi va più di fare con te e adesso” affermò, tentando di scostare il braccio dell’altro, “lasciami passare!”
Hikaru fece resistenza, spingendolo per una spalla, facendogli cadere i libri di mano.
Kei lo guardò con fare particolarmente indignato, cercando di raccogliere i libri, quando vide Hikaru poggiarsi allo stipite con una spalla.
“Perché te ne vuoi andare?” gli chiese con tono di voce più tranquillo e morbido.
Kei si fermò, restando in piedi.
“Per quale motivo dovrei voler restare qui con te?” chiese a sua volta, raccogliendo le proprie cose.
Hikaru entrò nella stanza, accostando la porta.
“Mi dispiace” mormorò e Kei si fermò con la mano sospesa, prima di afferrare gli occhiali e risollevarsi.
“Non capisco, non hai bisogno di scusarti di niente” disse, senza guardarlo.
“Mi dispiace per quello che è successo per… per averti baciato e-”
“Ah, non… lascia stare, non è il caso di parlarne più.”
Hikaru si spazientì.
“Ma sì che lo è, Kei! Anzi, avremo dovuto parlarne subito e non far finta di nulla, non dovevo scappare di fronte a quello che ho fatto.”
“Senti, non hai fatto niente e non mi pare il caso di ripercorrere quell’incidente, sono passati mesi ed è stato un errore, è tutto dimenticato.”
“No, Kei, perché tra noi è cambiato tutto e… ed è precipitato ulteriormente!” disse, ma Kei non voleva più ascoltarlo, si stava già trattenendo troppo e non voleva dire cose di cui poi si sarebbe pentito; scosse allora il capo, superando Hikaru.
“Kei!” lo trattenne ancora l’altro. “Io non ce la faccio!” ammise.
Kei strinse le braccia e le mani attorno alla copertina dei libri, sbuffando per mascherare una risata.
“Smettila, Hikka. Smettila di fare così! Smettila di… di esserci e smettetela di fingere che vi importi qualcosa di me.”
“Eh?”
Kei voltò appena il viso.
“L’altra sera, con Yuya vi ho sentito parlare di quanto vi dispiaccia per me. Ma non dovete dispiacervi di niente. Non ho bisogno di nessuno.”
Hikaru sbarrò gli occhi.
“Eri… eri sveglio?”
Kei rise.
“Sì… beh, sai, ho il sonno molto leggero e non siete stati discreti” lanciò quella frecciatina che a Hikaru fece serrare i pugni.
“Mi dis-”
“Smettila di ripeterlo. Non le voglio sentire le tue patetiche scuse. Non mi interessano, se vuoi fare qualcosa per me, lasciami in pace.”
“Ma io non voglio!” continuò Hikaru, avanzando di un passo.
“Non mi interessa!” lo liquidò Inoo, premendo sulla maniglia, ma Hikaru spinse la porta con una mano, facendola richiudere.
“Kei…” mormorò, vicinissimo al suo orecchio e il più grande rabbrividì: non ce la faceva più.
“Cosa?” sbottò, voltandosi. “Cosa vuoi da me, Hikaru? Cosa devo fare? Io sono stanco, sono al limite, ok? Tu prima mi dici di dimenticare, cosa che non riesco a fare. Solo perché tu ci sei riuscito e sei felice con Yuya adesso non pensare che sia così semplice anche per gli altri. Poi mi dici che vuoi parlare… ma parlare di cosa? Non c’è niente da dire, perché non è successo niente e… e io volevo dimenticare, perché non posso fare questo a Kota. Mi confondi, Hikaru, mi lanci segnali contrastanti che… cosa vuoi? Cosa vuoi da me?” gli chiese, diretto, voltandosi verso di lui, guardandolo negli occhi, scoprendolo troppo vicino: il suo profumo che lo inebriava, il ricordo del suo sapore e del suo tocco ancora troppo vivi nei suoi ricordi, sulle sue labbra e sul suo corpo.
Sentì una lacrima scivolare sul viso e lasciò cadere di nuovo i libri, asciugandola stizzito con il dorso.
“Non piangere, Kei” mormorò Hikaru con voce dolce.
“E cosa dovrei fare, secondo te? Io non ce la faccio più ad andare avanti con questo peso. È mesi che me lo porto dietro da solo.”
“Non è vero, anche per me è così.”
Kei rise, sarcastico.
“Ah, sì, beh hai un bel modo per nasconderlo. Non si direbbe, nessuno si è accorto di niente, mentre io ho sempre gli occhi puntati addosso e devo mentire doppiamente. Sono solo uno stupido, so che è solo colpa mia ed è un mio problema se io non riesco a dimenticare cosa è successo. Non riesco a dimenticare che ti ho baciato che mi sono lasciato andare in quel modo e, cosa che è ancora peggiore, è che volevo che succedesse qualcosa, volevo che non ti fermassi e-”
Non riuscì a concludere quel suo sfogo, perché Hikaru gli prese il volto con entrambe le mani, attirandolo a sé, tacitandolo con un bacio irruento: vi introdusse la lingua, alla ricerca di quella di Kei, cercando di stimolare il ragazzo a ricambiare il bacio.
Sulle prime, Inoo rimase sorpreso, con ancora gli occhi aperti, osservava il volto di Hikaru così vicino al suo: avrebbe dovuto fare qualcosa, qualcosa come scostarlo, come spingerlo per le spalle, mandarlo via, urlargli che non poteva continuare a prendersi in quel modo gioco di lui, che non poteva comportarsi così, ma non riuscì a fare niente del genere; il suo cuore, il suo cervello, il suo istinto e il suo corpo, per una volta, andavano tutti nella stessa direzione: gli strinse i polsi con forza, ma non con l’intento di allontanarlo, di più, per tenerlo legato a sé. Chiuse gli occhi e schiuse maggiormente la bocca, lasciandosi andare a quel bacio che divenne lento, urgente, passionale. Altre lacrime scivolarono dai suoi occhi, mentre il proprio corpo aderiva a quello di Hikaru, le cui mani gli lasciarono andare il volto, per permettere alle braccia di stringersi a lui, di abbracciarlo, mentre Kei si tendeva a circondargli il collo, inarcandosi verso di lui, infilandogli le mani tra i capelli, stringendoli, continuando a baciarlo e lasciarsi baciare.
Si separarono solo per un istante, per riprendere appena fiato, tuffandosi di nuovo l’uno tra le braccia dell’altro: Kei nascose il volto contro il collo di Hikaru, inspirando il suo profumo, inebriandosene fino a ubriacarsi dell’odore della sua pelle, gli strinse le spalle, facendogli quasi male, così come doloroso sembrava l’abbraccio di Hikaru sulla sua schiena.
“Mi dispiace” biascicò di nuovo il più piccolo e Kei scosse il capo, sempre attento a non allontanarsi da lui.
“Mi dispiace” gli rispose a sua volta, separandosi poi per guardarlo.
Hikaru gli asciugò il viso, baciandogli poi le guance, tornando a cercare le sue labbra, il suo sapore, l’urgenza di quel contatto che gli fece quasi paura: come aveva fatto tutto quel tempo senza di lui? Come aveva potuto resistere? Come aveva fatto a fermarsi quella sera?
Tutte quelle domande sarebbero rimaste senza risposta e al momento la cosa non gli importava, non esisteva un passato, non gli interessava delle conseguenze di quelle azioni, non esisteva un domani, quello che era reale e tangibile in quel momento erano solo lui e Kei; Kei con i suoi ansimi, con il suo chiamarlo per nome, in modo così accorato, urgente.
Si guardarono di nuovo, poi l’istinto e la passione presero il sopravvento sulla ragione e il buon senso: le mani corsero ai vestiti, levandoli senza cura, solo per permettere alle loro pelli accaldate di entrare in contatto. Kei si aggrappò alla maniglia della porta e ai decori del legno quando Hikaru scese a baciargli il collo, scendendo sul petto e la sua mano trovò il giusto posto sulla sua erezione.
Kei urlò, stringendo la testa di Hikaru, quando lo circondò con le labbra, succhiando quel poco che bastava per fargli desiderare di avere di più.
Lo scostò da sé, tirando il volto di nuovo verso il proprio, baciandolo, prima di prendergli una mano e iniziare a bagnare di saliva tre dita, facendole sparire tra le labbra, lasciandovi scorrere la lingua tra le falangi, mentre Hikaru lo eccitava ancora, fregandosi su di lui: poteva sentire il suo sesso premere contro lo stomaco e lasciò scivolare la mano libera tra le gambe di Yaotome, stimolandolo, sentendo Hikaru ansimare e chiamarlo per nome, sussurrandoglielo contro l’orecchio.
Con uno scatto, Hikaru si allontanò da lui, prendendolo per le spalle, facendolo allontanare dalla porta, voltandolo e spingendocelo di nuovo contro, addossandosi a lui. Con una mano gli separò i glutei, mentre con l’altra lo penetrò con le dita, preparandolo con urgenza e Kei gemeva, incurante del dolore, sopraffatto dall’eccitazione, volendo subito di più; Hikaru però trovò la forza per trattenersi, lo preparò ancora per qualche istante, prima di accontentarlo e affondare con il proprio sesso completamente dentro di lui.
Kei gridò di piacere, battendo la fronte contro la porta, cercando la lucidità ormai perduta, invocando il nome di Hikaru, afferrando la mano con cui l’altro gli teneva un fianco, inserendo le proprie dita negli spazi lasciati vuoti, palmo contro dorso, sullo stomaco, facendo in modo che lo circondasse completamente.
Il più piccolo continuava a spingere contro di lui, si sfilava, per affondare nuovamente con maggiore forza, facendo gridare Inoo. L’altra mano era corsa nuovamente al sesso di Kei, tornando a eccitarlo e il ragazzo era troppo sopraffatto dal piacere perché ci mise poco tempo a venire, liberandosi con un grido roco.
Hikaru sporse la testa sulla sua spalla, mordendogli il collo, succhiando, incurante dei possibili segni che avrebbe potuto lasciare su di lui, raggiungendo a sua volta l’orgasmo.
Immediatamente Hikaru strinse completamente il corpo di Kei, quando scivolò fuori da lui, sentendo le gambe del più grande cedere; Kei respirava a fatica, rincorrendo più fiato possibile, il viso rosso e sudato, voltato di lato, la guancia contro la porta e la bocca socchiusa. Hikaru lo abbracciò, poggiandosi contro di lui, sentendolo mugolare e piegare un braccio: con le dita gli accarezzò la guancia, come a rassicurarlo che fosse tutto a posto e Hikaru sorrise.
Lo fece voltare appena nel proprio abbraccio, sporgendosi per baciarlo sulle labbra, lasciando scivolare il braccio fino a metà schiena e prendendolo con l’altro sotto le ginocchia, sollevandolo per portarlo a letto. Kei gli circondò il collo, nascondendovi il volto, passandovi le labbra contro in modo tenero.
Hikaru poggiò un ginocchio sul materasso, chinandosi insieme a Kei, sistemandosi al suo fianco; gli accarezzò il viso, pettinandogli i capelli, aspettando che l’altro incrociasse gli occhi con i suoi e, quando finalmente lo fece, vide un leggero sorriso fare capolino. Si osservarono in silenzio, poi Kei si sistemò meglio contro Hikaru, sporgendosi lui stavolta a baciarlo, cercandolo per primo: Yaotome chiuse gli occhi, godendo di quel bacio lento, aveva paura di quello che sarebbe potuto succedere da quel momento in poi, aveva paura che i sensi di colpa e l’insofferenza di quei mesi potessero gravare ancora di più su di loro.
Quando si separarono, Kei tornò a guardarlo e parlò per primo.
“Non so cosa dire…” ammise.
Hikaru sorrise.
“Non dire niente allora.”
“Ma qualcosa dovremo dire, no?” gli chiese.
“Non lo so” confessò l’altro.
“Non sono pentito” precisò Kei, dopo qualche istante di silenzio, allungando un braccio a cingere il collo del più grande.
Hikaru annuì.
“Neanche io.”
“Anche se adesso non so bene…”
“Non lo so neanche io, Kei, ma so solo che era quello di cui avevo bisogno da tempo. Adesso sto bene e vorrei poter fermare il tempo a questo istante, per stare così con te per sempre.”
Kei ridacchiò piano.
“Esagerato. Sono io quello che ha queste uscite” lo prese in giro, sollevandosi sui gomiti per guardarlo.
“Ti ho rubato la scena, eh?” buttò lì, Hikaru, mettendogli le mani sui fianchi, attirandolo sopra di sé.
Kei lo guardò con aria di sfida, chinandosi a baciargli le labbra, scendendo sul mento, il collo, che il più piccolo sollevò, sospirando piano, sentendo le labbra di Inoo ridiscendere, posarsi sul petto, sullo stomaco, sull’ombelico, facendogli leggermente il solletico, scomparendo oltre le coperte.
“Ehi, ehi, fermo, cosa stai-?”
“Mi riprendo la scena, no?” mormorò malizioso Kei, iniziando ad accarezzarlo tra le gambe, posando le labbra sul sesso di Hikaru a riposo, stimolandolo, sentendolo crescere ed eccitarsi grazie alle sue attenzioni. Posò le labbra socchiuse sulla punta, aprendole, mentre scendeva, prendendolo completamente in bocca, iniziando a succhiare in modo lento, accarezzando le cosce di Hikaru, il quale le aprì maggiormente, facendo spazio al ragazzo che a sua volta si beava delle reazioni e dei gemiti di Hikaru per quel suo trattamento.
Kei, però, si allontanò da lui prima che venisse e, sollevandosi sulle ginocchia, discese lentamente sul suo sesso. Hikaru gli portò immediatamente le mani ai fianchi, aiutandolo a scendere su di lui con movimenti lenti; stavolta i loro occhi vennero incatenati e imprigionati da quelli dell’altro: Kei era così bello e sensuale, Hikaru si sentiva avvolto in quel calore afrodisiaco e voleva spingere subito, prendendolo di nuovo con forza, ma Kei gli posò una mano sullo stomaco, muovendo le dita, chiedendogli di aspettare, mentre ridiscendeva su di lui con lentezza esasperante, facendosi osservare. Aveva la bocca socchiusa, le labbra gonfie e gli occhi offuscati da un velo di pura lussuria.
Hikaru lo vide portarsi due dita alle labbra e giocare con esse, mentre continuava a scendere su di lui, sfilandosi un poco, prima di concedersi totalmente, ansimando, oscillando il bacino, mugolando piano, mentre scivolava a mano aperta sul petto, giungendo sul proprio sesso, dove iniziò a masturbarsi allo stesso ritmo lento con cui scendeva sul sesso di Hikaru.
Il più piccolo, steso sotto di lui, osservava eccitato quello spettacolo che Kei stava improvvisando per lui.
“Kei…” lo chiamò con voce roca, vedendo il più grande sorridere e allungare la mano per prendere quella di Hikaru a sostituire la propria, chinandosi su di lui, scendendo con il sedere facendo in modo che lo possedesse completamente.
Lo catturò in un bacio famelico, mentre dava il via a una danza erotica e sensuale che portò presto entrambi al raggiungimento del piacere.
*
Quando si risvegliarono, Kei stava disteso sul corpo di Hikaru che circondava il suo con un braccio.
“Ehi” mormorò il più piccolo quando Kei aprì gli occhi.
Quest’ultimo si stiracchiò pigramente, coprendo uno sbadiglio.
“Mi sono addormentato” affermò, spostando il capo in giro per la stanza. “Che ore sono?” chiese.
“Mancano dieci minuti alle sette” lo informò il più piccolo e Kei si mise a sedere, intristendosi e tornando ad avere quello sguardo serio che l’aveva caratterizzato negli ultimi giorni; si tirò le gambe al petto, stringendole.
“Devo andare a farmi una doccia… Kota sarà presto a casa e devo…” si interruppe, mordendosi un labbro, doveva di nuovo prepararsi a fingere, no peggio, a mentire al proprio ragazzo.
Hikaru lo comprese e sollevò una mano per accarezzargli il viso, voleva parlargli, rassicurarlo dicendogli che sarebbe andato tutto bene e che avrebbero pensato insieme a qualcosa, anche se entrambi sapevano che sarebbe stata una bugia, ma non ne ebbe il modo perché la porta della camera venne aperta di scatto e Yuya rimase fermo immobile sull’uscio, il nome di Hikaru intrappolato tra le labbra.
I due ragazzi si voltarono, spalancando gli occhi; Kei sobbalzò vedendo poi Takaki andarsene di fretta.
“Yuuyan!” lo chiamò, volendo alzarsi, ma Hikaru fu più veloce. Si mise i boxer e prima di uscire dalla porta gli sorrise. “Ci penso io” assicurò, andando poi svelto nella stanza del proprio ragazzo, senza neanche premurarsi di bussare e chiedere permesso.
“Risparmiami le tue scuse, le giustificazioni campate per aria o che altro perché non sono scemo, ho visto come stavano le cose, per cui non azzardarti a venirmi a dire che ‘non è come penso’” lo anticipò, senza neanche guardarlo.
“No, è esattamente come pensi, Yuya” non cercò neanche di mentire e l’altro sbuffò, sarcastico, restando a fissare oltre il vetro della finestra le auto che passavano di sotto.
“Allora? Sei soddisfatto adesso?” si sentì chiedere dal più grande.
“Come?”
“Hai finalmente fatto chiarezza? Hai ottenuto quello che volevi.”
Yaotome lo scrutò, sconvolto.
“Tu… lo sapevi?” chiese.
Di nuovo, un sorriso ironico sul volto del più grande.
“Mi credi uno scemo, Hikaru? Ti ho detto fin dall’inizio di non sottovalutarmi. Lo vedo il modo in cui lo guardi. È evidente il motivo per cui mi hai cercato. Per sfogare le tue frustrazioni, chiodo scaccia chiodo, no? Ma non funziona, vero?” chiese, voltandosi a guardarlo. “E adesso che cosa hai intenzione di fare?” domandò.
“Perché parli come se la cosa non ti riguardasse?” domandò Hikaru, non capiva il suo atteggiamento, si sarebbe aspettato una scenata, si sarebbe aspettato di essere picchiato, invece Yuya sembrava indifferente.
“Perché dovrebbe? Io sono quello che meno risentirà di questa situazione. Quello che soffrirà di più sarà Kei, te ne rendi conto?”
“Non lo dire a Kota, ti prego” supplicò Hikaru.
“È solo di questo che intendi preoccuparti?” domandò. “Ti avevo chiesto di fare chiarezza, Hikaru.”
“Lo so, e credevo di aver capito, ma…”
“Sei innamorato di lui?” gli chiese Takaki.
“Io…” ci pensò un attimo. “Io sono attratto da lui e sono stato male in questi mesi, pensavo di aver rovinato tutto e invece lui…”
“Oh, per carità, risparmiamelo, Hikka. Ma ti senti? Io sono ancora il tuo ragazzo e mi stai parlando del tuo amore per un altro… sei molto peggio di quello che pensassi” gli disse cattivo.
“Mi dispiace, Yuya… non volevo illuderti, non-”
“Io non mi sono illuso, sono grande abbastanza da assumermi le mie responsabilità, ma vedo che tu non capisci, per cui è anche inutile continuare a parlare” si arrese. “E adesso sei pregato di uscire.”
“Yuya, no, aspetta…”
“Se è per Yabu, stai tranquillo, io non aprirò bocca e più che augurarvi buona fortuna io non posso fare.”
“Non è per Yabu, Yuu. Noi… cosa ne è di noi?” domandò, avvicinandosi, ma lo sguardo di Takaki lo costrinse a rimanere fermo al proprio posto.
“Noi, Hikka? C’è mai stato un noi, per caso?” gli chiese. “Ti ho chiesto una sola cosa e tu cosa mi hai detto? Che avevi bisogno di me. Non ti sto rinfacciando niente, perché mi sono messo con te conoscendo tutti i presupposti, ma capirai che un tradimento è pur sempre un tradimento e adesso esci di qui, prima che non risponda di me” lo avvisò.
“Yuya…” cercò di richiamarlo, ma l’altro si era già voltato, dandogli le spalle: il discorso era chiuso.
Arretrò, aprendo la porta.
“Io… per quello che può valere, non volevo farti in alcun modo soffrire” ci tenne a dirgli, poi uscì dalla camera.
Tornò nella sua stanza e la trovò vuota; il letto era stato risistemato alla bene e meglio, i libri e i vestiti di Kei sul pavimento erano spariti. Si rivestì e passò davanti al bagno, dove il calore del vapore usciva dalla porta socchiusa, il profumo del bagnoschiuma di Kei che persisteva ancora nella stanza, poi si volse a osservare la camera del ragazzo, fece per bussare quando udì un lungo sospirò e un lamento; fermò la mano a mezz’aria e posò le dita sul legno, avvicinando la fronte: cosa doveva fare?
Kei stava piangendo e lui che era in parte la causa di quel dolore, non poteva fare assolutamente niente per alleviarglielo; avrebbe voluto entrare da lui, abbracciarlo, consolarlo, ma sapeva di non poterlo fare.
“Kota tornerà a momenti e io…”
Già, Kota sarebbe tornato e Kei doveva essere forte per indossare di nuovo quella maschera troppo stretta e soffocante e così doveva fare Hikaru. Così avrebbe fatto Yuya.
Sembrava tutto un incubo e Hikaru non trovava il modo per risvegliarsi.
*
Yabu si reggeva sulle braccia, spingendo nel corpo bollente del più piccolo che con una mano stringeva le lenzuola e con l’altra era aggrappato alla sua spalla, le gambe intrecciate dietro la sua schiena, ansimava pesantemente, cercando di non gemere troppo forte, di non chiamarlo con insistenza.
Si chinò su di lui, baciandolo con urgenza, stringendo il suo sesso quando si sentì vicino al proprio limite, costringendo il più piccolo a venire e subito dopo anche lui, con un gemito più forte, venne dentro il suo corpo.
Scivolò al suo fianco, riprendendo fiato, sentendo il compagno ansimare a sua volta, prima di muoversi e sollevarsi a sedere. Lo vide accendersi una sigaretta e aspirare a lungo, prima di passargli il filtro, in silenzio, sentiva il suo sguardo fisso, mentre a sua volta osservava il fumo grigio salire verso il soffitto.
“Sei sicuro che ti vada bene così?” si sentì domandare, quell’interrogativo arrivava sempre, puntuale.
“A te?”
“Sai già come la penso. Tra me e Hikaru, non c’è nulla. Nulla che valga la pena salvare, comunque. È solo sesso, lo è sempre stato. Io non ci sarò per sempre. Quando mi stuferò mi perderà, ma per il momento la situazione va bene a entrambi.”
“E' un rapporto maturo, allora” lo schernì il più grande.
“Io penserei al tuo.”
Ci fu una breve pausa, poi Yabu sospirò, mettendosi a sua volta seduto.
“Lo amo” rispose. “Questo non è cambiato. Ma non per questo sarò io a lavargli la coscienza, ad alleggerire il peso che si porta dietro. Se sta bene a lui...”
“Sta bene a te?”
Yabu sorrise, tristemente.
“Io amo Kei.”
La risposta era sempre quella, Yuya sapeva che non sarebbe mai riuscito a farlo ragionare. E, in fondo, lui non era nessuno per giudicarlo. La sua situazione con Hikaru era tornata punto e a capo: una sera, il giorno in cui Yabu e Kei erano usciti a festeggiare il loro anniversario, si erano ritrovati da soli a casa e avevano bevuto, ‘in amicizia’ così gli aveva detto Hikaru. Ma avevano esagerato ed erano finiti a letto insieme, perché Hikaru era triste, schiacciato dal peso di quella situazione che lui stesso aveva creato e dalla quale non riusciva a uscire.
‘Aiutami, ti prego, Yuu’ gli aveva detto, con gli occhi lucidi di tristezza e alcool. E Yuya non aveva niente da perdere, sapeva com’era fatto Hikaru, sapeva che amava Kei e nel suo cuore non ci sarebbe stato posto per nessun altro.
“E il tuo amore per lui è così forte da giustificare una vita di menzogne? Lui ti tradisce con Hikaru.”
“E io vengo a letto con te. Siamo pari.”
“Non è la stessa cosa. E lo sai. Tra noi è solo sesso, per loro è molto di più.”
“Sì, Yuuyan, ma mi sta bene così.”
“Secondo me dovresti dirglielo.”
“Perché?”
“Perché state sbagliando entrambi.”
“Ma perché io? È Kei quello nel torto. Te l’ho detto, non lo renderò libero di essere felice con qualcun altro che non sia io. Non è giusto.”
Yuya lo guardò e Yabu sorrise, sporgendosi verso di lui, sfiorandogli il petto con il braccio, per spegnere la sigaretta nel posacenere sul comodino.
“Lo so che non sei d’accordo, Yuya. E ti capisco se non vuoi più…”
“Non è questo, io semplicemente non capisco voi."
Yuya non li capiva, nessuno dei tre: Hikaru che amava Kei e si faceva portare a letto da lui; Kei che non riusciva a lasciare Yabu e indossava una maschera che giorno dopo giorno gli andava sempre più stretta e Yabu che, nonostante sapesse, continuava a recitare la parte del bravo fidanzato, coscienzioso e amorevole, che non perdeva occasione di ripiegare su di lui le proprie frustrazioni quando il proprio ragazzo fuggiva con il suo amante.
“Neanche io capisco te, allora” gli sorrise Yabu.
Yuya lo guardò e abbozzò a sua volta un sorriso, quelle conversazioni finivano sempre così, con un nulla di fatto e, in effetti, Yuya a volte, non capiva neanche se stesso che accettava passivamente di essere usato da entrambi, Hikaru e Yabu.
“Io, a differenza vostra, però, non ho niente da perdere. Posso tirarmi indietro quando voglio. Non ho legami.”
Ed era vero, Yuya, in tutta quella situazione, non aveva nulla da perdere, nulla a parte il proprio cuore, cosa che a ben pensarci, anche Yabu, Hikaru e Kei non avevano più.