[Hikanoo] All the feelings that you hide gonna tear you up inside 1/4

Nov 21, 2012 18:01

Titolo: All the feelings that you hide gonna tear you up inside [Unforgivable Sinner - Lene Marlin]
Fandom: RPF - Hey! Say! JUMP
Personaggio: Yaotome Hikaru, Inoo Kei, Yabu Kota, Takaki Yuya
Pairing: Hikanoo, Inoobu, Takaru, Takabu
Rating: nc-17
Genere: romantico, erotico, malinconico
Warning: slash
Wordcount: 23.647 fiumidiparole
Disclaimer: I protagonisti di questa storia non mi appartengono, non li conoscono personalmente e i fatti di seguito descritti non hanno fondamento di verità. La storia non è scritta a scopo di lucro.
Note: la storia è scritta per la think_angst per il set AU e usando il prompt School!AU, per la diecielode per il set Misc Warning usando il prompt Epic (una storia con più di diecimila parole) e per la 500themes_ita con il prompt “Una vita di menzogne” .
Tabella: AU
Tabella: Misc Warning
Tabella: 500themes


Hikaru sbuffò, per l’ennesima volta in quella giornata. Era solo mezzogiorno e non ne poteva più, era stanco e non vedeva l’ora di essere a casa.
Si passò una mano sul viso, premendo sulle tempie, sperando che l’emicrania che bussava da un po’ non decidesse di esplodere proprio in quel momento. Non poteva permettersi di stare male, aveva ancora tre appuntamenti nel pomeriggio e, anzi, se non si fosse sbrigato ad andare a mensa, sarebbe anche stato costretto a saltare il pranzo.
Prese dallo zaino il suo blocco per appunti e aprì una pagina bianca in mezzo a quel cimitero di inchiostro scuro dove numeri di telefono, vie e indirizzi, cifre approssimative in yen erano stati tutti depennati, uno dopo l’altro.
Sollevò lo sguardo, cercando l’annuncio che aveva adocchiato, per segnare l’ennesimo indirizzo e i recapiti telefonici ai quali chiamare, sempre e rigorosamente ore pasti. Non aveva neanche più tempo per mangiare in tranquillità.
Stappò la penna, stringendo il cappuccio di gomma tra i denti, appuntando le prime lettere, quando sentì una presenza dietro di sé; sicuramente qualche altro studente come lui in cerca di nuova sistemazione. Il mercato degli affitti per studenti era decisamente ampio, vi era uno scambio continuo di pendolari, un rigiro non indifferente di contratti d’affitto, ma Hikaru non avrebbe mai pensato che anche a lui sarebbe toccata quella sorte. Quando si era trasferito a Tokyo per studiare aveva immaginato la sua vita universitaria in modo completamente diverso. Per pochi punti non aveva ottenuto la borsa di studio e non ricordava più quante volte si fosse rimproverato per aver fallito.
Non voleva pesare oltre sulle spalle dei genitori, i quali comunque non gli rinfacciavano mai niente, e si era quindi ripromesso che, una volta trovata sistemazione e preso confidenza con la città, si sarebbe attivato per trovare un lavoro part-time con il quale potesse riuscire a conciliare gli orari delle lezioni e il suo studio personale, per dare una mano in casa e potersi permettere qualche sfizio.
Purtroppo però, a soli tre mesi dall’inizio di quella sua nuova vita, Hikaru si era ritrovato da un giorno all’altro a dover cambiare casa, perché il palazzo nel quale stava era stato dichiarato pericoloso e non più agibile. Quando l’aveva trovato, in un quartiere abbastanza in centro e a un prezzo così vantaggioso, sia in quanto a mensilità che per quanto concerneva le utenze della casa, non gli era sembrato vero, aveva anche pensato che, finalmente, per una botta di fortuna improvvisa, anche per lui le cose avevano iniziato a girare per il verso giusto, ma avrebbe dovuto capirlo che non sarebbe potuto durare per sempre, c’era sempre la fregatura.
E quindi, adesso, doveva fare i salti mortali per cercare altro; era già due settimane che, come una trottola, si girava Tokyo in lungo e in largo, poteva quasi dire di conoscerla meglio della sua stessa città natale. Aveva visto un numero infinito di appartamenti, ma se da una parte convenivano in quanto ad affitto, si trovavano in zone per lui poco praticabili e difficilmente raggiungibili con i mezzi, avrebbe dovuto fare l’impossibile per organizzarsi con i tempi delle coincidenze e i propri orari. E se, invece, l’appartamento era confortevole e in una buona zona, il prezzo non si sposava affatto con le sue possibilità finanziarie.
Senza contare che quando sembrava che avesse trovato l’appartamento giusto, a due passi dalla sua facoltà, in condivisione con altri due ragazzi, prezzi modici e con sconti sulle rate abbastanza vantaggiosi, proprio quando stava per concludere l’affare e firmare il contratto, si era reso conto delle occhiate che la padrona di casa, una donna sui cinquantacinque anni in piena crisi di mezza età, gli aveva lanciato, prima di posargli poco discretamente una mano sul sedere.
Hikaru aveva immediatamente lasciato la penna sul tavolo e, recuperato i propri documenti, accertandosi di non lasciare alcuna traccia del suo passaggio in quel posto, era scappato via.
Per quel giorno ne aveva avuto a sufficienza.
Dopo quella sfortunata esperienza, l’ennesimo buco nell’acqua, a conclusione di una settimana infernale, aveva anche iniziato a considerare l’opzione di andare ad abitare sotto qualche ponte o di fingersi un barbone e chiedere asilo a qualche associazione.
Per cui, lo spirito con il quale si accingeva a segnare quell’ennesimo indirizzo non era esattamente dei migliori; ci andava sempre molto cauto ed era diffidente, non si faceva illusioni fino a che non aveva verificato di persona come stavano le cose e l’identità della persona che gli stava offrendo una sistemazione.
Un braccio si allungò in avanti, appendendo un foglio in uno spazio sulla bacheca e Hikaru si spostò appena, per permettere al nuovo arrivato di affiggere il proprio annuncio.
“Scusa, grazie!” gli disse una voce gentile, fermando con una puntina verde il foglio, allontanandosi.
Hikaru, curioso, sollevò lo sguardo, leggendo le poche righe, vedendo che si trattava dell’ennesimo annuncio in cui tre ragazzi della facoltà di Economia e Architettura, cercavano urgentemente qualcuno che occupasse una ‘ampia camera singola’.
“Ben illuminata, spaziosa e con un piccolo balcone che affaccia su un silenzioso giardino interno. Ideale per studiare in tranquillità”.
Il quartiere non era lontano dalla sua facoltà e il prezzo era sorprendentemente vantaggioso, contando che parte delle utenze di condominio erano comprese nella quota d’affitto della stanza.
“Per informazioni, contattare 0081-xx7643xx (Yabu)
0081-xx2341xx (Inoo)
0081-xx6509xx (Takaki)”
Hikaru stava per segnare i numeri quando si volse, in tempo per vedere il ragazzo con il cardigan a righe, aveva riconosciuto la stampa della manica, salire le scale.
“Scusa! Ehi, tu sulle scale, aspetta!” chiamò, chiudendo il blocco note e accelerando il passo per raggiungere il ragazzo.
“Mh?” questi si volse, guardandosi intorno, cercando chi l’aveva chiamato e per accertarsi che stesse dicendo proprio a lui, quando vide Hikaru raggiungerlo.
“Scusami…” esordì. “Scusa, hai messo tu l’annuncio per la stanza?” chiese, indicando con un braccio la bacheca.
“Sì, sono io. Sei interessato?” chiese l’altro, attento.
“Ah, sì, sì. Io…” iniziò Hikaru, prima di rendersi conto che lui quel ragazzo lo conosceva già. Spalancò gli occhi, fissandolo e vedendo che anche l’altro, dopo alcuni istanti, aveva assunto un’espressione sorpresa.
“Ko!”
“Hikka!”
Il ragazzo scese i pochi gradini e si sporse ad abbracciare Hikaru con affetto.
“Da quanto tempo non ci vediamo! Cosa ci fai qui?” chiese Kota, allontanandosi dall’altro.
“Ti prego, se lo andiamo a raccontare non ci crede nessuno” rise Hikaru. “Mi sono trasferito qui tre mesi fa per studiare. Io… io non pensavo che anche tu frequentassi questa facoltà!” si stupì Hikaru.
“Ah, no, veramente questa non è la mia, me le sto girando un po’ tutte per attaccare i volantini” spiegò Yabu, mostrandogli gli altri fogli che teneva sul braccio. “In teoria, avrebbe dovuto portarli Kei qui, questa è la sua facoltà, ma si è ovviamente scordato e quindi sono passato io” si fermò, guardando l’amico. “Tu, invece?” gli chiese, curioso.
“Diciamo che anche io sto facendo un giro di ricognizione, sono ormai quasi due settimane che vago alla ricerca di una stanza, un buco, qualcosa dove potermi appoggiare, ma non ti dico la tragedia. Stavo pensando di andare a vivere sotto un ponte. Sono disperato!” ammise, scherzando. “Poi ho visto il tuo annuncio. Direi quasi che è destino allora!” si entusiasmò.
Yabu rise.
“Credici, davvero. Sarebbe fantastico se ti andasse bene la stanza. Non dovresti neanche fare la prova simpatia” spiegò.
Hikaru chinò appena il capo, confuso e Yabu mosse per aria una mano.
“Kei è un po’ fissato. Vuole vedere di persona i nuovi pretendenti. Cioè, da una parte lo capisco, la prima volta avevamo un ragazzo che non era decisamente un bel soggetto, infatti dopo un mese e mezzo l’abbiamo mandato via. Gli altri che sono venuti non sono durati più di tre mesi. Ah, però non pensare che siamo persone difficili con cui vivere. Non lo so perché se ne siano andati” chiarì Yabu e Hikaru rise.
“Non ti preoccupare, Ko, sono certo che fossero loro ad avere problemi, non voi. Diciamo che ho avuto modo di conoscerti e non sei male” scherzò, dandogli una pacca sul braccio. “Senti, ma davvero posso venire a vedere la casa? Le condizioni che hai scritto rispecchiano la realtà? Non è che poi resto fregato?” gli chiese dubbioso, anche se lo conosceva sentiva di dover mettere in chiaro ogni cosa.
“Non ti preoccupare, Yuuyan è un tipo preciso, non avremo mai potuto mentire. E poi la cosa sarebbe andata solo a nostro svantaggio, ti pare?”
Hikaru annuì.
“Hai ragione. Senti, come si fa? Ti lascio il mio numero, così mi dici quando possiamo vederci! Da quello che ho capito devono esserci in casa anche i tuoi coinquilini, giusto?”
Yabu annuì.
“Ah, mi spiace, Hikka. Io lo so che non ci sono problemi con te, ma sai com’è?”
“Sì, sì, ma è giusto, non ti preoccupare, per me va bene.”
“Ah, facciamo così. Vado a cercare Kei, è lui quello più problematico” sorrise. “Ma è un bravo ragazzo, è un po’ scemo” prese giocosamente in giro il coinquilino. “Così sento quando ha lezione e puoi passare anche nel pomeriggio se per te va bene. Per quando devi trasferirti?” si informò.
Hikaru si strinse nelle spalle.
“Fosse per me mi trasferirei anche domani, devo andarmene velocemente via, prima che del palazzo dove abito adesso non restino che le macerie, possibilmente senza me sotto” ironizzò e Yabu annuì.
“Ok, allora, vieni con me. Andiamo a cercare, Kei-chan!” gli disse, risalendo le scale, seguito da Hikaru.
Passarono diversi corridoi, sbirciando in altrettante aule, fino a che non arrivarono nella sala dei computer e lì finalmente lo trovarono.
Yabu accostò la porta, salutando educatamente gli addetti all’accoglienza, facendo cenno al ragazzo seduto qualche posto più avanti rispetto a Kei, chiedendogli se poteva chiamarlo.
Questi allungò un braccio, toccando la spalla di Inoo che sollevò la testa, sistemandosi gli occhiali da vista sul naso, guardandolo confuso; si voltò verso l’entrata che l’altro gli indicava, vedendo Yabu fargli cenno di avvicinarsi.
Non appena lo riconobbe, Kei sorrise apertamente, lasciando i libri sui quali stava studiando, correndo verso di lui; Yabu mosse una mano, intimandogli di fare piano e non disturbare e, quando ebbero chiuso la porta, Kei gettò le braccia al collo del più grande.
“Ko, che bella sorpresa! Che ci fai qui?” chiese contento, scoccandogli un bacio sulle labbra.
“Kei, non qui!” lo redarguì Yabu, cercando di scostarlo da sé, imbarazzato, posandogli le mani sui fianchi, allontanandolo da sé.
“Oh, che noioso!” borbottò Kei, mettendo il broncio, spostandosi, ma prendendogli la mano tra le sue.
“Stamattina non hai dimenticato niente?” gli disse Yabu divertito e Kei chinò il capo, pensieroso.
“No, ho preso il bento! Yuuyan me l’ha lasciato vicino allo zaino” disse, credendo che fosse quella la risposta giusta e Kota gli puntò un dito sulla tempia, spingendolo appena.
“E questi?” domandò, mostrandogli i fogli.
“Oh” Kei aprì la bocca, un tondo perfetto, prima di richiuderla e tirare indietro le labbra, colpevole. “Mi sono dimenticato!” ammise, mostrando poi a Kota la sua migliore espressione di scuse.
“Sei un pasticcione!” lo riprese l’altro in modo tenero. “Meno male che oggi ho lezione solo nel pomeriggio quindi mi sono fatto io un giro e, a proposito” si volse verso Hikaru, rimasto qualche passo dietro di lui, tirando Kei per la mano, facendolo avanzare. “Sono venuto a cercarti perché ti devo presentare una persona. Lui è Yaotome Hikaru, un mio vecchio compagno delle medie. Sta cercando una sistemazione e volevo sapere quando fossi libero per potergli fare vedere casa” gli chiese, guardandolo.
Hikaru mosse un passo in avanti, sorridendo a Kei, tendendogli una mano che l’altro strinse.
“Inoo Kei, piacere. Se sei amico di Kota non ci sono problemi” affermò. “Ko, mi fai passare per quello cattivo e antipatico così. Gli hai detto della prova simpatia, vero?” volle sapere Kei, leggermente offeso.
“Beh, scusa, è meglio che sappia ciò a cui va incontro” lo prese in giro Yabu e Kei gli strattonò il braccio, lamentandosi.
“Sei cattivo! Ehi, aspetta. Hikaru? Mmmh, quell’Hikaru?” domandò rivolto a Kota, il quale annuì piano.
“Eh, il mio compagno delle medie, sai, prima che mi trasferissi.”
“Quell’Hikaru?” ripeté divertito Yaotome. “Questa mi giunge nuova, quindi sono una persona conosciuta? La mia fama mi precede!” scherzò e Yabu scosse la testa, come a dire che non era qualcosa di importante, ma Kei non la ritenne tale.
“Sì, tu sei il primo amore di Kota, quello vecchio. Io sono quello nuovo!” ci tenne a precisare, sfoderando il suo miglior sorriso, che divertì non poco Hikaru.
“Ah, ok… beh, sai, l’avevo intuito. Ma non ti preoccupare. È tutto tuo, non intendo rubartelo, al momento trovare una sistemazione è la cosa che mi preme maggiormente. Poi viene lo studio” preciso e Kei annuì con fare importante.
“Ah, bene, allora iniziamo con il piede giusto!” gli disse e Hikaru capì che non lo stava facendo con modi antipatici, anzi, erano tutti abbastanza grandi e maturi da non perdersi dietro a simili scaramucce.
“Se va bene anche per Yuuyan, può passare stasera, dopo che finisci la lezione, Ko” spiegò Kei, rivolgendosi al fidanzato.
“Può venire anche prima se vuole, se sei a casa, puoi fare tu gli onori da bravo padrone. Yuya non ha problemi, si fida di te, l’ha sempre detto.”
“Mh, ok, hai capito dov’è la casa?” chiese Kei a Hikaru, il quale annuì.
“Prima però devo fare altri giri” spiegò loro il più piccolo, “quindi riuscirei a passare in tarda serata, se per voi non è un problema, non vi voglio sconvolgere i piani” volle precisare.
“Nessun problema” disse Yabu. “Senti, potresti fermarti a cena, allora. Così ci sarà anche Yuya e conoscerai tutti” propose, guardando poi Kei per vedere se anche lui fosse d’accordo e il più piccolo non aveva avuto nulla in contrario.

*

“Allora, prima di tutto, questo è l’ingresso” Kota fece strada a Hikaru, mostrandogli la casa. “Qui a destra la cucina, come vedi, anche se siamo in quattro si gira bene e non ci si intralcia” spiegò, mostrandogli le comodità e i punti forti dell’appartamento.
“Qui a sinistra c’è la stanza di Yuya” illustrò, aprendo la porta della camera da letto, mostrandogliela, “e il bagno” lo fece avanzare, di modo che potesse constatare da sé. “Non è grandissimo, ma la doccia è comoda e ognuno ha il posto per le proprie cose. Anche se siamo tre maschi, riusciamo a giostrarci bene gli spazi!” spiegò Yabu, poi proseguirono il giro, dove Kei gli mostrò la propria camera da letto.
“Qui c’è la mia stanza” gli disse, spalancando la porta e facendolo curiosare un pochino. “La stanza di Ko è quella di fronte alla mia!” continuò lui il giro, aprendo e chiudendo subito; anche se Hikaru gli sembrava davvero una brava persona e un ragazzo a modo aveva pur sempre avuto un passato con il suo Kota e Kei aveva deciso che avrebbe tenuto gli occhi ben aperti, almeno per il primo periodo.
“La tua stanza sarebbe questa!” gli disse allora Yabu, mentre Kei correva in cucina dove il timer aveva suonato, avvisandoli che la loro cena fosse quasi pronta, facendo entrare Hikaru finalmente nella stanza che avrebbe dovuto occupare. “È accanto alla mia, ma sono sicuro che non ci daremo noia” affermò Yabu, permettendogli di constatare da sé.
Hikaru entrò nella stanza che era grande come l’aveva descritta Yabu nel volantino di presentazione; le porte finestre che davano sul terrazzo erano aperte per fare entrare l’aria e Hikaru ne scostò la zanzariera per uscire sul balcone che si affacciava in un grazioso cortiletto interno del condominio.
“Mi piace!” disse sincero, voltandosi verso Yabu, poggiandosi un momento con le braccia sulla ringhiera, prendendo un po’ di fresco. “Mi piace molto, è una delle migliori che abbia visto in tutti questi giorni” chiarì.
“Allora, che dici? Concludiamo, l’affare Yaotome-san?” recitò Yabu, assumendo un’aria da perfetto uomo d’affari e Hikaru gli diede una leggera spallata, divertito, quando il più grande si piegò a sua volta sul parapetto, guardando di sotto.
“Con la prova simpatia come la mettiamo?” chiese Hikaru e, in quel momento, come a rispondere alla sua domanda, Kei entrò nella stanza.
“Dove siete?” li chiamò, notando poi le finestre aperte, raggiungendoli.
“È arrivato Yuuyan e la cena è pronta. Hikaru, vieni, devi superare l’ultima prova!” asserì il più grande, strizzandogli l’occhio e prendendo Yabu per mano.
Hikaru richiuse la zanzariera e la porta della stanza, seguendo gli altri nella cucina.
“Yuuyan! Lui è Hikaru, un vecchio compagno delle medie di Kota. Ha letto l’annuncio ed è venuto a vedere la casa. L’abbiamo invitato a stare con noi, così lo conosciamo meglio!” spiegò Kei.
Yuya, con ancora la borsa a tracolla e alcune buste della spesa in mano, aveva ascoltato perplesso il monologo di Kei.
“Sì, ho letto la mail, Kei-chan. Mi cambio un attimo e arrivo. Arrivo subito, Hikaru-kun, scusami” gli disse, sparendo nella propria stanza.
“Sì, sì, fai con comodo!” assicurò Hikaru, mentre prendeva posto dove Kei l’aveva fatto sedere capotavola.
“C’è un buon profumo, cosa hai fatto di buono, Kei?” domandò Hikaru, per fare conversazione, vedendo l’altro portare in tavola la padella con la yakisoba, iniziando a dividere le porzioni nei piatti.
“A Kei piace cucinare, non so dove trovi il tempo visto che studia sempre tanto, ma ce la fa. Ed è anche molto bravo!” affermò Yabu, ringraziando il fidanzato quando gli posò davanti il proprio piatto.
Kei andò alle sue spalle, circondandogli il collo con le braccia, attirandolo verso di sé, sporgendosi per dargli un bacio sulla fronte.
“Lo sai, voglio diventare la mogliettina perfetta, mi devo esercitare” rise Inoo e in quel momento la voce di Yuya li riprese.
“Oh no, non di nuovo con questa storia. Hikaru-kun, ti devo avvisare di una cosa, la casa è splendida, ha tutto quello che puoi desiderare, ma i due sposini novelli qui sono alquanto molesti” lo mise in guardia.
“Ehi, non è vero!” si offese Kei. “Hikaru, non è vero! Non siamo molesti, non gli credere, lui è solo geloso!” si impuntò Kei, facendogli la linguaccia.
Yuya rise e gli scompigliò i capelli in modo affettuoso, passandogli accanto e andando a sedersi all’altro capo del tavolo davanti a Hikaru, mentre anche Inoo si sistemava di fronte al fidanzato.
“Itadakimasu!” augurò Yabu, dando il via alla cena.
“Siete molto uniti, in casa si respira una bella atmosfera. Vi conoscete da tanto?” domandò Hikaru, iniziando a mangiare.
“Io e Yabu abbiamo frequentato le stesse scuole superiori” spiegò Yuya e abbiamo deciso di cercare casa insieme, ci sembrava più semplice. Quando poi siamo venuti a vedere questa, per errore, il padrone aveva dato a noi e Kei appuntamento per lo stesso giorno e per la stessa ora e abbiamo visto insieme le stanze” iniziò a spiegare Yuya.
“È piaciuta subito a tutti e tre, solo che erano libere solo due stanze” intervenne Kei.
“E come avete fatto?” domandò Hikaru.
“Semplice, abbiamo avuto fortuna” continuò Yabu. “Uno dei due ragazzi che erano già nella casa se n’è andato e siamo stati subito ricontattati.”
“Così siamo stati presi tutti e tre!”
“Dai, una bella botta di fortuna allora!”constatò Hikaru, finendo di mangiare. “Se per voi va bene, allora, a me la stanza piace. Conosco già Yabu e, insomma, se io vado bene a voi…” iniziò e non dovette finire di parlare che gli altri tre sorrisero incoraggianti.
“Nessun problema, gli amici di Yabu sono sempre i benvenuti e ci sembri decisamente una persona apposto, rispetto a tutte quelle che sono passate di qui prima di te!” disse Yuya e Hikaru non poté fare a meno che annuire comprensivo.
“Oh, credimi, anche io in questi giorni ne ho viste di ogni e questo è un po’ come il Paradiso” rise Hikaru, sollevando il bicchiere di birra e brindando per la riuscita di quell’accordo insieme agli altri tre.

*

“Avanti.”
Kei abbassò il libro che stava leggendo, posandolo aperto sul proprio stomaco, sorridendo quando vide Yabu fare capolino dalla porta.
“Posso, Kei-chan?”
“Ko, certo, vieni. Lo sai che non hai bisogno di bussare” gli disse, sorridente, sollevandosi sui gomiti.
Yabu si avvicinò, sedendosi sul bordo del letto, spostando il volume sul comodino, inserendo una penna tra le pagine per non perdere il segno.
Kei allungò le braccia, cingendo il collo del fidanzato, baciandolo dolcemente sulle labbra, distendendosi e attirandolo sopra di sé.
Yabu si stese accanto a lui, voltandosi su un fianco, incastrandosi tra le gambe del più piccolo , abbracciandolo in vita.
“Tutto ok?” domandò.
“Mh? Sì, Ko, perché?”
“Ti vedo un po’ strano. Dopo cena sei diventato particolarmente silenzioso” constatò.
“No, no, è tutto apposto. Solo non sapevo di che parlare” ammise.
“Scusami” Yabu gli baciò una guancia, depositandone altri più leggeri lungo la mascella. “Hai ragione, mi sono lasciato prendere dai ricordi insieme a Hikaru. Era da tanto che non ci vedevamo. Non lo sentivo da quando mi sono dovuto trasferire.”
“Da quando vi siete lasciati, quindi?” appuntò Kei e Yabu sorrise divertito, pizzicandogli un fianco.
“Sì, da quando ci siamo lasciati e tu sai che è stato tanto tempo fa e che non abbiamo nulla in sospeso e che io amo solo te” gli ricordò.
Kei lo abbracciò, sorridendo, nascondendo il viso contro il suo collo.
“Non fraintendermi, mi piace Hikaru, mi fido di te e so che non devo temere niente, ma ecco, come dire…”
“Sei un po’ geloso?” indagò Yabu, accarezzandogli la schiena, lasciando scorrere la mano al di sotto della maglia del pigiama.
“Forse… insomma, un tuo ex viene a vivere con noi… non so se mi vada poi tanto bene” gli sorrise, facendo il sostenuto.
Yabu lo baciò, rotolando su di lui, stringendolo e baciandolo sulle labbra.
“Kei, Kei, Kei… ti piace proprio fare il prezioso, vero?” lo provocò.
“A te piace quando mi comporto così, ammettilo. Ti piace quando ti faccio sentire importante” gli rispose a modo, con tono a sua volta scherzoso.
Yabu intrecciò la mano con la sua, sentendo quella di Kei scivolargli tra i capelli, massaggiarlo dolcemente.
“Ti amo, Kei” mormorò Yabu, baciandolo piano.
“Ti amo anche io, Ko” rispose Kei, rilassandosi completamente.

*

Hikaru era esausto, nonostante l’ascensore nel palazzo, portare gli scatoloni, per fortuna pochi, dalla vecchia casa alla nuova, prendere svariate volte in un giorno un numero considerevole di autobus e sistemare quanta più roba possibile nella sua stanza, era stato devastante.
Per quanto i suoi nuovi coinquilini si fossero dimostrati molto gentili, domandandogli se avesse bisogno di aiuto, non aveva voluto dare loro disturbo; era un tipo molto indipendente e preferiva fare le cose da sé, anche se poi arrivava a fine giornata più morto che vivo.
Fortunatamente, Kei era stato così gentile che nei giorni prima aveva pulito la stanza e quindi Hikaru aveva potuto sistemare direttamente le proprie cose nell’armadio, senza preoccuparsi di nient’altro, ma ciò non toglieva che, più guardava il pavimento, più guardava il letto e la scrivania, più c’erano cose da sistemare e sembravano non finire più.
Portando su l’ultimo scatolone, infine, aveva tirato un gigantesco sospiro di sollievo; si era seduto per terra, al centro della stanza e scrutava con fare scettico quanto lo circondava, senza sapere da dove continuare o da dove iniziare, a essere precisi.
“Hikka?” la voce di Kei, seguita da un bussare leggero alla porta lo distolse dai suoi progetti.
“Vieni, Kei!” gli diede il permesso di entrare. “Non badare al caos, sto riordinando le idee, per capire cosa devo fare.”
“Certo che è tanta roba!” constatò il più piccolo, avanzando, facendo slalom tra gli scatoloni e i libri sparsi per terra, raggiungendo il nuovo amico, accovacciandosi davanti a lui.
“È per via del disordine, adesso metto a posto. Pensavo di cominciare dai libri dell’università, così rendo il tutto un po’ più logico. Ah, ti ringrazio tanto per aver pulito, non dovevi disturbarti, ma grazie anche a questa accortezza, almeno i miei vestiti sono sistemati” spiegò, rimettendosi coraggiosamente in piedi e stirandosi le braccia, indolenzite.
“Sei sicuro di non volere una mano?”
“Sì, sì, grazie!” gli sorrise Hikaru, chinandosi a prendere i primi libri, inserendoli nello scaffale.
“Ti porto la merenda allora!”
“Oh, non devi preoccuparti, Kei, davvero!”
“Andiamo, non mi costa nulla e poi tanto devo fare anche io una pausa dallo studio.”
Hikaru solo in quel momento parve ricordarsi di quello e spalancò gli occhi.
“Scusami, è vero stai studiando, io ho fatto un tale casino!”
Kei mosse una mano, facendogli cenno di non preoccuparsi.
“Nessun problema, uso spesso i tappi per le orecchie, è un’abitudine che ho preso anni fa. In classe non ero molto quotato quindi quando c’erano le ore di studio libero, in cui nessuno a parte me studiava, li usavo per riuscire a stare più concentrato” spiegò.
Hikaru sorrise, sentendosi più sollevato, non voleva dare loro alcun tipo di problema, per quello era il caso che si sistemasse il prima possibile, per riprendere velocemente i propri ritmi di studio e, finalmente, cercare anche un’occupazione come si era ripromesso di fare fin dal suo primo trasferimento.
“Preparo del tè e ti chiamo quando è pronto!” sorrise Kei, lasciandolo così da solo per sistemarsi.
Fu Hikaru poi a presentarsi in cucina, giusto in tempo per vedere Kei riempire le tazze.
“Hai già fatto?” si stupì Kei.
“I libri sono a posto… mancano ancora tre scatoloni, ma il grosso è sistemato. Devo capire come gestire bene lo spazio e dire che la mia stanza è molto grande.”
“Già, sembra che più hai spazio, più sia difficile sistemare, è molto più dispersivo” commentò il più grande, aprendo la scatola dei biscotti, prendendone uno da inzuppare nel tè caldo.
“Ahi!” si lamentò, quando lo mise in bocca.
“Attento, brucia!”
“O so!” si lamentò Kei, restando a bocca aperta e sporgendosi verso Hikaru che lo guardò stupito, senza sapere cosa fare.
“Eh?”
“Offia… offia!” ordinò Kei e Hikaru non comprese, ma vedendo Kei gesticolare e indicarsi la bocca e sventolarvi sopra con la mano, non seppe come, ma intuì che dovesse fare; si sporse e soffiò un paio di volte sul biscotto che Kei aveva in bocca, prima che Inoo si allontanasse e finalmente mandasse giù.
“Grazie! Stavo morendo!” si lamentò Kei, osservando infastidito la tazza, come se fosse l’unica colpevole.
Hikaru lo guardò e sorrise: Kei era davvero un tipo particolare, doveva ammetterlo, e iniziava a domandarsi come avesse fatto ad attirare l’interesse di Yabu.
“Che c’è?” chiese Kei, vedendolo che lo fissava.
“Niente, niente, pensavo che sei buffo. Ah, in senso buono ovviamente!” aggiunse.
“Eh, lo so… io sono unico e inimitabile” rise Kei, con autoironia.
“E meno male!” una voce nuova si unì alle risate dei due e Yuya comparve sulla porta. “Pensa, un mondo con due Kei imploderebbe all’istante” scherzò il più grande.
“Yuuyan! Sei cattivo!” si lamentò Kei, puntandogli contro il biscotto che aveva bagnato nel tè.
“Ciao, Yuya!” lo salutò Hikaru e Takaki ricambiò sorridendo.
“Stai sbrodolando tutto, tu!” Yuya si avvicinò al tavolo e, tenendo fermo il polso di Kei, mangiò il dolcetto di burro.
“Era mio!” accusò ancora Kei con fare infantile.
Hikaru li osservava, divertito.
“Hikaru, hai sistemato tutto?” domandò Yuya, sedendosi insieme a loro, prendendo qualche altro biscotto dalla scatola di latta, bagnandolo di tanto in tanto nella tazza di Kei, il quale aveva smesso anche di lamentarsi.
“Quasi, stavo facendo una pausa insieme a Kei, poi riprendo, per stasera dovrei aver finito. Finalmente.”
“Stavo pensando una cosa…” esordì Yuya, guardando i due, attirando la loro attenzione. “Potremo ordinare del sushi e fare una piccola festa per celebrare l’arrivo di Hikaru. Che ne dite?”
Kei si illuminò.
“Io sono d’accordo. Così posso non cucinare. Non ho molta voglia!” ammise.
“Hai un esame nei prossimi giorni, Kei?” chiese Yuya.
“Sì, perché?”
“Perché fai sempre così” disse, sorridendo.
“È che sono nervoso… e i piatti poi mi escono male. Sai che cucino sempre con tanto amore per voi!” affermò Kei, facendo sorridere Yuya.
Hikaru finì il proprio tè, mettendo le stoviglie nel lavello e tornando a sistemare la propria camera, dalla quale non uscì di nuovo fino a che non ebbe terminato di ordinare tutto.
“Mi sono meritato una bella doccia!” esordì, entrando in cucina, finendo di asciugarsi i capelli con l’asciugamano. “Ops!” si scusò, fermandosi sulla soglia quando vide Yabu e Kei in cucina, il più piccolo seduto sulle gambe del fidanzato che parlavano piano tra loro.
“Hikka. Scusa tu, vieni. Hai fatto?” chiese Yabu, tenendo Kei per la vita.
“Sì, finalmente. Yuya?”
“È uscito a prendere la cena qua sotto, tornerà a minuti!”
“Ah, bene, sto anche morendo di fame!” constatò, sentendo il proprio stomaco brontolare.
Kei rise, alzandosi dalle gambe di Yabu, tirando fuori la tovaglia.
“Io apparecchio. Ko, vedi se trovi qualcosa di interessante in TV. Hikka tu… tu perché non vai a prendere Yuuyan?” propose e Hikaru annuì.
“Ma, Kei!” lo fermò Yabu. “Sarà stanco!”
“No, no, Kota, tranquillo. Mi va di prendere un po’ d’aria!” assicurò il più piccolo, prendendo le chiavi di casa e scendendo le scale.
Intercettò Yuya all’entrata del locale e si avvicinò per tenergli aperta la porta.
“Ah, graz- Hikaru!”
“Sono venuto ad aiutarti!” spiegò il più piccolo, prendendo le birre che Yuya teneva incastrate tra le dita.
“Grazie! Allora, come ti sembra?” chiese Takaki.
“Benissimo, adesso che ho finito va alla grande. Da domani riprendo bene i ritmi di studio e vedo di leggere qualche annuncio di lavoro.”
“Hai chiesto a Yabu?”
“Mh?”
“Lavora come commesso in un combini nei fine settimana. Mi sembra che mi abbia detto che stessero cercando qualcuno che avesse una bici per fare le consegne a domicilio. Prova a chiedere a lui, se non hai grandi pretese…”
“Ah, mi sembra una buona idea, grazie. Poi glielo domando!”
“Quei due comunque non sono così molesti come sembrano, io li prendo in giro, ma sono dei ragazzi a modo. Cercano sempre di non urtare la sensibilità altrui. Io ci scherzo e loro lo sanno” spiegò Yuya.
“Sì, sì, l’ho notato. C’è un bel rapporto tra voi, mi piace. Sono contento di essere venuto ad abitare qui” aggiunse sincero, tenendo aperto a Yuya il portone e precedendolo poi per chiamare l’ascensore.
“Ma è vero che tu e Yabu stavate insieme?” volle sapere Yuya.
Hikaru annuì.
“Sì, alle medie. Siamo stati insieme per due anni, ma io gli facevo il filo fin dall’asilo” rise Hikaru, ricordando se stesso e l’amico da piccoli. “Poi, però, Yabu ha dovuto trasferirsi qui con i genitori; non nego che ci abbiamo provato, ma non ha funzionato. Di comune accordo abbiamo deciso di lasciarci e restare amici. I rapporti si erano un po’ raffreddati dopotutto, ma non volevamo perdere l’amicizia creata in tutti questi anni. Suppongo che fossimo troppo giovani e immaturi per riuscire a superare le difficoltà di un rapporto a distanza” gli spiegò.
Yuya annuì, poi sorrise mesto: “Non volevo farmi i fatti tuoi comunque.”
Hikaru mosse una mano tranquillizzandolo.
“Non ci sono problemi, scherzi. È acqua passata, è una di quelle poche storie finite bene, per fortuna. Non sarei venuto a vivere qui con lui se avessi provato ancora qualcosa. È passato tanto tempo e, sai, si cresce, prima o poi tutti sono costretti a farlo” affermò.
“Ma come siamo saggi!” lo prese giocosamente in giro Takaki.
“Eh, lo so, ogni tanto anche io ho i miei buoni momenti!” rise Hikaru, infilando le chiavi di casa nella toppa e annunciando ai due piccioncini il loro rientro.
“Siamo a casa!”

*Part 02*

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