[Hey! Say! JUMP] Una favola mai raccontata

Nov 21, 2012 17:49

Titolo: Una favola mai raccontata
Fandom: RPF - Hey! Say! JUMP
Personaggi: Yabu Kota, Inoo Kei, Yaotome Hikaru, Chinen Yuri, Takaki Yuya, Arioka Daiki, Yamada Ryosuke, Okamoto Keito, Nakajima Yuto.
Pairing: Inoobu, Takachii, Ariyama
Rating: R
Genere: AU, crack, delirio assoluto
Warning: slash
Wordcount: 4.874 fiumidiparole
Note: la storia è scritta per la community diecielode per la tabella Misc Warning con il prompt Crack (la storia presenta scene deliranti, situazioni assurde e robette di questo genere) e per la 500themes_ita con il prompt ‘anelli di luce’.
Rivisitazione in chiave Hey! Say! JUMP de ‘La Bella e La Bestia”
Disclaimer: I protagonisti di questa storia non mi appartengono, non li conoscono personalmente e i fatti di seguito descritti non hanno fondamento di verità. La storia non è scritta a scopo di lucro.
Tabella: MiscWarning
Tabella: 500themes

“Ragazzi, facciamo un pigiama party!” propose un allegro Yamada al resto dei compagni.
“Non possiamo fare baldoria, domani abbiamo le prove per il concerto e io voglio andare a dormire!” si oppose Yuri, pratico.
“Oh, uffa, dai, facciamo qualcosa di divertente insieme! Non dobbiamo per forza stare fino a tardi!” tentò ancora, guardando il fidanzato e poi anche gli altri.
“Potremo fare una cosa divertente!” propose Kei. “Io e Kota abbiamo la stanza più grande, potremo riunirci tutti lì e raccontare una storia!” spiegò la sua idea.
“È una cosa stupida io non la voglio fare! Voglio andare a dormire!” si negò ancora Chinen, ma guardando poi Yuya, il quale invece, si vedeva lontano un miglio che trovasse la cosa divertente, dovette cedere.
“Oh, va bene, ma io non racconto niente!”
“Lo faccio io!” si entusiasmò Kei, salendo sul letto, incrociando le gambe sul materasso e osservando gli amici sistemarsi tutti in cerchio sul pavimento: Yamada prese posto tra le gambe di Daiki, rilassandosi contro il suo petto, facendo in modo che lo abbracciasse, Chinen si distese sulle gambe di Yuya, usandolo come cuscino, Hikaru stava seduto tra Yuto e Keito, allungando le gambe su quelle di Okamoto e usando Yuto come appoggio per la schiena, mentre Kota si era coricato sul letto accanto al fidanzato.
“Ok, se siete pronti io inizio!” li avvisò e, dopo aver ricevuto un cenno d’assenso con il capo, iniziò a parlare.

«C’era una volta, in un regno lontano, un principe che abitava da solo in un grande castello, il suo nome era Yabu Kota e il giovane era altezzoso e viziato, servito e riverito dai camerieri che lavoravano per lui era un uomo che non doveva chiedere mai.
Una sera, in una terribile giornata di pioggia, bussò alla porta del castello una vecchina, infreddolita e in cerca di ospitalità per la notte. Ma la poverina non aveva nulla da offrire al principe in cambio della sua magnanimità, portava con sé solo una rosa rossa che il principe di rifiutò di accettare e per questo la cacciò.
“Cosa ci fa una vecchina in mezzo alla tempesta in una simile serata, in questo luogo dimenticato da Dio? Vattene, non intendo ospitarti, in zona non ci sono alberghi, ma io non intendo darti asilo” le disse duro, disgustato dalla sua sola presenza.
Stava per chiudere la porta in faccia alla povera passante quando, udite le sue parole cattive, la donnina, avvolta in un fascio di luce, si trasformò davanti agli occhi di Kota in una bellissima fata.
Irritata dal comportamento dello stupido principe, scagliò su di lui una maledizione, trasformando il giovane Yabu in un vecchio brutto e ricurvo, sostenuto da un treppiedi sgangherato, con la barba lunga e grigia e i capelli bianchi, la pelle grinzosa e la voce stridula.
“Per la tua cafonaggine io ti maledico, Yabu Kota. Ogni anno questa rosa perderà i suoi petali condannandoti a essere per sempre un vecchio insopportabile e con la gastrite perenne. A meno che” aggiunse “tu non incontri una persona che, frequentandoti, non si innamori di te oltre il tuo aspetto. Ma questo dovrà avvenire prima della caduta dell’ultimo petalo, altrimenti la maledizione si compirà!” gli aveva detto, prima di sparire in un bagliore accecante.
Yabu era ancora frastornato dalle parole della fata, non voleva rendersi conto di quanto accaduto, fino a che non realizzò che, oltre a lui, anche gli abitanti del suo castello erano stati trasformati in oggetti d’arredo per la casa, mobili e utensili e al vecchio Kota non rimase che disperarsi e correre in bagno a sfogare tutte le sue lacrime.

*

Nel frattempo, in un paesino poco distante dalla tenuta del vecchio Yabu, splendeva il sole, gli uccellini cinguettavano e una bel ragazzetto di nome BelleKei si aggirava canterino e saltellante per il piccolo borgo, sfogliando entusiasta le pagine del nuovo libro illustrato che gli aveva regalato il suo amico libraio.
BelleKei si sedette sul bordo di una fontana a chiacchierare con le pecore e a leggere loro la favola, disturbato poi dal belloccio del villaggio, HikaruStone, da sempre innamorato del giovane BelleKei.
“Vedo che anche oggi hai un nuovo passatempo, BelleKei!” gli disse per attirare la sua attenzione, ma il ragazzo era ormai abile nel dissimulare, fingendo di non averlo visto, alzandosi con nonchalance, facendo svolazzare la sua gonna celeste, superandolo.
“Sono occupato adesso, HikaruStone” gli aveva detto senza staccare il naso dalle pagine, costretto a farlo poi quando il ragazzo, prepotente, gli prese di mano il volume, portandoselo dietro la schiena.
“Dammelo!” gli ordinò BelleKei e HikaruStone fece un inchino scenico.
“Finalmente ti sei convinto!” mormorò con fare suadente e BelleKei si sporse a recuperare il suo libro girando attorno al giovane.
“Non voglio quello che pensi. Parlavo del libro!” spiegò, sbracciandosi per prenderlo, ma HikaruStone lo fece cadere per sbaglio in una pozza di fango.
“Oh no!” finse dispiacere, vedendo BelleKei recuperare il volume e ripulirlo dalla sporcizia.
“Esci con me stasera, BelleKei!”
“Non posso, devo aiutare mio padre e se anche fossi libero non uscirei mai con te, HikaruStone, mettitelo bene in testa!” rimarcò, facendogli la linguaccia e scappando lesto verso la propria casa che si trovava poco distante dal villaggio alla fine di un sentiero dorato.
Sollevò lo sguardo e vide del fumo uscire dalle finestre cosa che preoccupò non poco BelleKei.
“Padre!” si spaventò, raggiungendo l’abitazione e trovando Keito a litigare con la sua nuovissima invenzione.
“Eddai! Muoviti!” esclamò Keito, parlando con la macchina, riuscendo finalmente a farla partire e gioendo insieme al figlio. “Guarda, BelleKei ce l’ho fatta!” esclamò contento, saltellando accanto al figlio, prendendogli le mani, felice.
“Sei un genio, papà!” lo assecondò BelleKei sorridendo.
“Devo andare adesso, figliolo!” gli spiegò Keito, sellando il cavallo Kawai. “Se vinceremo il primo premio saremo ricchi e potrò comprarti tutti i libri illustrati che desideri, figlio mio!” promise, mentre si incamminava e BelleKei lo salutava con una mano augurandogli un buon viaggio.
Purtroppo per Keito però, il cavalo Kawai aveva uno scarsissimo senso dell’orientamento e i due non raggiunsero mai la fiera del paese vicino per partecipare al concorso per la migliore invenzione: gironzolando a vuoto, Keito si perse nel fitto bosco inesplorato e insieme alla notte fredda e buia, iniziò un fortissimo temporale che spaventò Kawai che, imbizzarritosi, aveva disarcionato Keito, scappando poi via verso l’ignoto.
“Kawai, torna indietro!” cercò di richiamarlo l’uomo, ma senza successo, così Keito dovette addentrarsi da solo nel bosco, giungendo infine davanti a un lugubre castello che aveva tutto l’aspetto di essere stregato, ma l’uomo aveva freddo e fame e bisogno di riposo, per cui bussò al pesante portone; attese diversi istanti prima di provare a spingere la pesante porta che si aprì e l’uomo entrò. Ad accoglierlo un grande ingresso, davanti a lui delle enormi scalinate mostravano la magnificenza del luogo, infondendogli un po’ di timore, ma erano troppe la stanchezza e la fame per preoccuparsi delle conseguenze.
Continuò a girovagare per il castello, entrando poi in una grande sala con il camino acceso, correndo svelto verso la fonte di calore per scaldarsi: trovò immediato giovamento per il suo corpo stanco e tremante quando vide un’ombra alle sue spalle e prima che potesse anche emettere un qualche fiato, venne tramortito da un pesante treppiedi e tutto attorno a lui divenne buio.
Nel paesino, intanto, BelleKei stava preparando la cena e chiacchierando da solo quando sentì un nitrito familiare e uscì di corsa fuori dalla casa, riuscendo a calmare cavallo Kawai impazzito, cercando di capire cosa fosse successo, intuendo che dovesse essere accaduto qualcosa di brutto al padre, facendosi portare da Kawai nel luogo dove aveva perso l’uomo e inoltrandosi insieme a lui nel bosco, riuscendo a scorgere il castello.
Sebbene Kawai con il suo nitrare avesse percepito che vi fosse qualcosa di pericoloso e sarebbe stato più saggio non introdursi nelle proprietà altrui, BelleKei non per niente era figlia di Keito e, tale padre tale figlio, era entrato nel castello.
Anche lui rimase affascinato dall’enorme salone che l’aveva accolto, voltandosi di scatto quando sentì un rumore sospetto alle sue spalle.
“Chi è là? Palesatevi per favore. Sono qui per cercare mio padre!” spiegò, continuando a guardarsi intorno sebbene non vedesse nessuno.
“Ryo-chan, torna qui!” aveva gridato Dai-chanTockins all’indirizzo del candelabro.
“Dai-chan, ma guardalo è un ragazzo, si è perso!” aveva detto Ryo-chanLumiere, avvicinandosi alle gonne di BelleKei e sbirciando sotto il vestito, illuminandolo con la su manina a forma di candela.
“Ryo-chan!” aveva esclamato l’orologio tirandolo via e vedendo Kei tentare di coprirsi imbarazzato.
“Cosa siete?” aveva chiesto il ragazzo curioso, afferrando Ryo-chan per i piedi e scuotendolo a testa in giù.
“Aiuto! Lasciami! Dai-chan!” aveva chiamato il candelabro e il piccolo orologio aveva iniziato a mordere le caviglie di BelleKei per fare in modo che lasciasse andare il suo amico, ma il ragazzo aveva preso anche lui, ascoltando il ticchettio degli ingranaggi, scrutandolo curioso.
“Che buffo oggetto, chissà come hanno fatto a farti parlare?” ponderò tra sé, la sua innata curiosità aveva per un attimo preso il sopravvento.
“Ehi tu!” lo richiamò irritato Dai-chanTockins, mordendogli un dito, mentre Ryo-chanLumiere era riuscito a bruciargli appena la mano.
“Ahi!” BelleKei li lasciò andare entrambi che caddero a terra, preoccupandosi subito dopo di controllare non avessero nulla di rotto, inginocchiandosi a terra.
“Mi dispiace” si scusò subito il ragazzo, mentre l’orologio e il candeliere si rimettevano in piedi e quest’ultimo si nascose dietro l’amico.
“Io te l’avevo detto di restare fermo dov’eri!” lo rimproverò Dai-chanTockins.
“Scusatemi, non volevo spaventarvi, ma io mi sono perso e sto cercando mio padre, l’avete visto?” chiese preoccupato BelleKei.
“No!” rispose prontamente Dai-chanTockins e nello stesso tempo Ryo-chanLumiere chiese a sua volta: “Quel signore che è caduto da cavallo?”
“Ryo-chan!” lo riprese di nuovo Dai-chanTockins, guardandolo male.
“Sì è lui, dov’è? Lo devo portare via!”
“Non lo sappiamo!” fu sempre la pronta risposta di Dai-chanTockins.
“Il padrone l’ha portato nelle segrete. Il padrone non vuole che nessuno entri nel castello!” confessò, invece, Ryo-chanLumiere e Dai-chanTockins sospirò esausto.
“Vi prego, portatemi da lui! Io lo devo salvare!” chiese BelleKei con urgenza e ci fu qualcosa nel suo sguardo che convinse Ryo-chanLumiere ad aiutarlo.
“Vieni con me!” gli disse, facendo strada, illuminando le scale e Dai-chanTockins scosse il capo.
“Non è una buona cosa, al padrone non piacerà per niente. Per niente!” si disperò, portandosi le mani sulla testa.

*

“Papà!”
“BelleKei!”
Keito si avvicinò alle sbarre di ferro, stringendo le mani del figlio.
“Che ci fai qui? Scappa finché sei in tempo, lui non ti deve trovare!”
“Ma papà, sono venuto a salvarti, questi simpatici amichetti ci aiuteranno a uscire!” disse, indicando il candelabro e l’orologio il quale continuava a scuotere il capo e a mormorare qualcosa riguardo imminenti catastrofi, nascondendosi quando sentì il passo strascicato e zoppo del loro padrone, tirando con sé Ryo-chanLumiere, nascondendo anche lui.
“Che succede qui?” urlò la voce stridula di un vecchio e BelleKei si rannicchiò accanto alla cella, implorando il perdono del padrone del castello.
“Mi dispiace signore per essermi introdotto nella sua proprietà, ma la prego di liberare mio padre! È molto malato e…”
“Non se ne parla nemmeno ha contravvenuto alla legge. Deve essere punito!” dichiarò duro il vecchio Yabu e BelleKei si spaventò molto per la fermezza di quelle parole, nonostante avesse balbettato non poco nel pronunciarle.
“Vi prego… farò qualsiasi cosa, ma per favore, lasciatelo andare!” lo supplicò, chinandosi davanti a lui.
“BelleKei, no!” si oppose Keito, temendo per la vita del figlio.
“Va bene… lui è più di là che di qua, per cui prenderò te al suo posto!” disse, avvicinandosi lentamente con il suo treppiedi, aprendo la cella, spingendo l’uomo a uscire e imprigionando il ragazzo.
“Papà!” lo chiamò BelleKei disperato, iniziando a piangere per la sua disgraziata sorte, ma il vecchio Kota non gli diede il tempo di salutarsi, pungolando l’uomo affinché se ne andasse velocemente.
Keito montò in groppa a Kawai, chiedendogli di raggiungere il più velocemente possibile il loro villaggio, intenzionato a chiedere aiuto. Entrò di corsa nella taverna, trovando HikaruStone a fare baldoria con i suoi amici.
“Vi prego aiutatemi!” gridò Keito, correndo verso il ragazzo che diceva di essere innamorato di suo figlio.
“BelleKei è stato preso da un vecchiaccio cattivo, lo tiene rinchiuso nel suo castello. Salvatelo!” chiese disperato.
“Ma cosa dici? Tu sei tutto matto? Un vecchiaccio che tiene in ostaggio tuo figlio? Ma non farmi ridere!” lo prese in giro, ridendo sguaiatamente.
“Insomma, fatela finita!” si udì una voce proveniente dal bancone.
“Ehi, Mitsu, hai sentito?” rise in modo arrogante HikaruStone.
“Sto cercando di seguire la partita! Qualsiasi cosa sia, può aspettare” lo liquidò, concentrandosi sullo schermo.
“Allora Mitsu a quanto stiamo? Hai guardato i risultati? Sto troppo in ansia per questa schedina!” si lamentò preoccupato Hina, porgendo al compagno una birra.
HikaruStone li guardò con sufficienza, tornando a rivolgere la sua attenzione a Keito che sperava lo potesse aiutare, ma HikaruStone fece un cenno con la mano, alzandosi e scortando Keito poco gentilmente fuori dalla taverna e tornando a divertirsi con i suoi amici.

*

“Padrone” esordì Dai-chanTockins avvicinandosi al vecchio Yabu, il quale osservava YutoScopino e WataruPaletta fare pulizia nella sua camera da letto. “Non ti sembra un po’ eccessivo rinchiudere il giovane nelle segrete?” cercò di farlo ragionare.
“Ha ragione!” si intromise Ryo-chanLumiere. “Sta piangendo tanto!” cercò di muoverlo a compassione. Il vecchio Yabu osservò i due che sembravano divertirsi non poco a tormentarlo improvvisando il ruolo di vocine della sua coscienza e si arrese: si rimise la dentiera e con il suo treppiedi scese nelle segrete, trovando, come i due avevano detto, BelleKei a piangere sul pavimento freddo.
Il ragazzo come lo vide avvicinarsi, cercò di contenersi, tremando di paura e forse un po’ anche di ribrezzo per quella pelle grinzosa, calmandosi quando lo vide aprirgli la porta di ferro e fargli cenno di uscire.
“Non puoi andare a casa, ma ho fatto preparare una stanza per te” disse in modo che voleva essere burbero e BelleKei lo seguì in silenzio su per le scale, fino a che non arrivarono davanti alla porta chiusa di una stanza.
Il vecchio Yabu l’aprì e spinse dentro il ragazzo, lasciandolo solo chiudendo la porta senza dirgli più una parola.
BelleKei si disperò ancora: era in una bella camera, ma si sentiva comunque in prigione, si gettò sul grande e morbido letto riprendendo a piangere, quando Gayarmadio iniziò ad accarezzargli i capelli e a tranquillizzarlo.
“Bambino non piangere, non si adattano le lacrime a quel tuo visino e poi guarda qui che abiti sudici, forza, indossa questi!” gli disse, tirando fuori un grazioso vestito rosa fresco di bucato.
“Non lo voglio… a cosa mi serve essere carino se non posso uscire… lo odio, lo odio quel vecchiaccio!” si lamentò, asciugandosi il volto con le mani sporcandosi ulteriormente e Gayarmadio lo guardò un po’ schifato, iniziando a ripulirlo.
“Non dire così, il padrone ha poco tatto, ma a suo modo è gentile. Abbiamo fatto dei passi avanti, vedi, adesso hai una bella stanza e hai me!” si pavoneggiò. “Oh, ma per favore, Gaya, finiscila! Non vedi che è distrutto?” lo interruppe una nuova voce e sfrecciando su un carrello MrsYuuyanBric si avvicinò al giovane.
“Ciao, BelleKei! Sono sicuro che più che un abito nuovo ti faccia piacere qualcosa di caldo. ChiccoYuri?” chiamò e immediatamente una piccola tazzina fece capolino, sospirando quando il liquido caldo lo riempì.
“Bevi, caro!” lo incentivò dolcemente MrsYuuyanBric e Kei si scaldò prima le mani, portando poi ChiccoYuri alle labbra, sentendosi subito meglio nel sorseggiare il tè, trovando un po’ di conforto.
“Grazie” sorrise loro.
“Non ti preoccupare, piccolo” disse Gayarmadio, avvicinandosi a lui. “Adesso ci siamo noi con te!”

*

“BelleKei! BelleKei!”
Ryo-chanLumiere saltò sul letto, stando attento a non bruciare le coperte, svegliando BelleKei.
“Ryo-chan” lo chiamò questi, destandosi, sedendosi sul letto.
“Che ore sono?” chiese, allungando una mano verso il comodino e afferrando Dai-chanTockins.
“Ehi, lasciami!” si lamentò questi, scorbutico.
“Scusami, Dai-chan!” chiese BelleKei, alzandosi dal letto.
“Andiamo BelleKei! Il padrone ha detto che possiamo portarti a fare un giro del castello!!” esclamò entusiasta Ryo-chanLumiere, tirando il ragazzo per l’orlo del pantalone bianco che aveva usato per dormire, senza neanche aspettare che si cambiasse e insieme a Dai-chanTockins lo accompagnarono per un tour guidato della grande tenuta, mostrandogli le varie sale, da quella da pranzo alla cucina, al grande giardino, poi l’ala est, dove BelleKei rimase affascinato dall’enorme libreria piena di libri per bambini dai 10 anni in su che non aveva mai avuto modo di guardare, prendendo qualche volume un po’ più complesso, stringendoli tra le braccia e continuando il giro.
“Lì cosa c’è?” domandò BelleKei quando stavano ridiscendendo le scale.
“Oh, quella è l’ala Ovest, nessuno può andare lì, solo il padrone!” spiego Ryo-chanLumiere, scendendo le scale, inciampando e facendo accorrere Dai-chanTockins che immediatamente lo aiutò a rimettersi dritto; BelleKei approfittò di quell’attimo di distrazione dei due per sgattaiolare via proprio laddove gli avevano detto che non sarebbe potuto andare, incuriosito in particolare da una porta chiusa e più sospetta delle altre.
Per cui, anche se il suo istinto gli diceva di andare via e lasciar perdere, si sa, la curiosità è femmina, BelleKei vi entrò, trovando una camera dimessa, molto scura, in disordine e impolverata, sicuramente doveva essere l’unico cruccio di Wataru Paletta, poi qualcosa di luminoso attirò la sua attenzione. Si avvicinò a un basso tavolo dove trovò una rosa bellissima, che stava perdendo piano piano i suoi petali, custodita da una campana di vetro.
Allungò una mano per sollevare la cupola, quando una voce stridula alle sue spalle lo fece sobbalzare.
“Cosa ci fai qui?” si lamentò il vecchio Yabu, colpendogli la mano con il suo treppiedi. “Nessuno ti ha dato il permesso di entrare!”
“Io… mi dispiace, ero solo curioso!”
“Non mi interessa, ti ho concesso fiducia e tu l’hai calpestata! Fuori! Via di qui!” gli disse, spingendolo via.
“Sei un vecchio ottuso e antipatico!” gli rispose BelleKei a modo e Yabu portò indietro le labbra, perché in quel momento non aveva ancora messo la sua dentiera, bofonchiando qualcosa di incomprensibile, spingendolo via.
BelleKei, però non aveva più intenzione di farsi maltrattare da lui e iniziò a colpirlo con il volume che aveva in mano, mentre il vecchio Yabu si difendeva.
“Stupido ragazzino impudente! Porta rispetto per le persone più grandi!”
“Io ti rispetterò quando tu rispetterai me!” continuò a dirgli, mentre in quella lotta camminavano per il castello, giungendo al limitare delle scale.
“Sei un ingrato, sei… sei…” il vecchio Yabu non riuscì a concludere che si sbilanciò all’indietro, cadendo e ruzzolando giù.
“Oh no!”
BelleKei si precipitò verso di lui, chinandosi e soccorrendolo, per controllare che uno non fosse morto, non lo voleva avere sulla coscienza, e in secondo luogo, accertatosi che fosse ancora vivo, che non avesse nulla di rotto, non voleva di certo passare il resto della sua vita ad accudire un infermo.
“Lasciami!” gridò il vecchio Yabu scostandolo da sé quando BelleKei tentò di aiutarlo, ma ricadendo seduto sul posto con un dolore al fianco.
“Sei cocciuto!” esclamò BelleKei, addolcendo i tratti del viso e sorridendogli, voltandosi per fare in modo che salisse sulla sua schiena. “Non essere testardo o ti farai ancora più male” cercò di farlo ragionare, guardandolo e aspettando che accettasse il suo aiuto.
Il vecchio Yabu, seppur diffidente, si arrese infine ad accettare l’aiuto di BelleKei, il quale lo scortò nel salone, mettendolo seduto sulla sua poltrona e chiamando MrsYuuyanBric e ChiccoYuri che fecero bere anche a Yabu la loro miscela miracolosa, in grado di rilassarlo, mentre BelleKei, in ginocchio davanti a lui, controllava che riuscisse a muovere senza problemi braccia e gambe, sempre nei limiti delle sue condizioni.
“Mi dispiace essere entrato senza permesso nella tua stanza” mormorò BelleKei dopo poco, sedendosi per terra e guardandolo da sotto in su.
Il vecchio Yabu annuì e MrsYuyanBric tossicchiò, spronandolo a scusarsi a sua volta.
“A me dispiace aver urlato e averti dato dell’impiccione ficcanaso.”
“Ma non l’hai fatto.”
“L’ho pensato e ti sto chiedendo scusa!” si affrettò ad aggiungere in risposta allo sguardo sconvolto di BelleKei.
“Senti…” parlò ancora il vecchioYabu, “ti andrebbe… ti farebbe piacere cenare con me stasera?” propose, guardando poi ChiccoYuri che gli fece un occhiolino di approvazione.
“Sì… sì, mi andrebbe!” rispose BelleKei, sorridendogli e il vecchio Yabu sentì uno strano calore invadergli il petto.
Quella sera, a cena, BelleKei aveva indossato uno dei migliori abiti forniti da Gayarmadio, di colore celeste, molto semplice, adatto a una cena da primo appuntamento come l’aveva definita Gaya; Ryo-chanLumiere e Dai-chanTockins, insieme a MrsYuuyanBric e ChiccoYuri, osservavano i due mangiare in silenzio, seduti ai due capi del tavolo, quando il vecchio Yabu iniziò a tossire perché il brodino gli era andato di traverso e Ryo-chanLumire fece un cenno a BelleKei, affinché si avvicinasse.
Senza dire una parola, i due si guardarono e dopo avergli sistemato il tovagliolo sotto al mento per non macchiarsi, BelleKei aiutò il vecchio Yabu a mangiare, imboccandolo, soffiando appena sul cucchiaio, prima di avvicinarlo alle sue labbra.
“Grazie!” disse il vecchio Kota, imbarazzato.
E così erano passati i giorni e da quella sera le cose tra BelleKei e il vecchio Kota erano migliorate molto, pranzavano e cenavano insieme, andavano a passeggiare in giardino prima che scendesse troppa umidità per non aggravare i reumatismi del vecchio Yabu e i suoi dolori alla schiena e la sera si sedevano nel grande salone, il vecchio Yabu sulla sua poltrona e Kei per terra vicino al camino a leggergli le storie illustrate.

*

“Padrone, ti vedo più sereno ultimamente, non ti sarai per caso innamorato?” lo stuzzicò Dai-chanTockins, colpendogli il braccio, mentre Gayarmadio sceglieva per lui i vestiti da indossare quella sera e KameToeletta gli sistemava i capelli ispidi e grigi, spuntandogli un po’ la barba incolta.
“Non dire idiozie!” lo riprese, nervoso e imbarazzato.
“Potresti dirglielo! Dovresti! Magari lui potrebbe essere in grado di spezzare la maledizione. Il tempo è quasi finito” gli disse realista e il vecchio Yabu scosse il capo.
“No, non mi voglio illudere, probabilmente è gentile con me perché gli faccio pena. Io non posso dargli niente di quello che desidera” mormorò affranto.
“Ecco, padrone, sei pronto!” disse KameToeletta, facendolo sollevare e Gayarmadio lo aiutò a vestirsi, di modo che fosse pronto dopo poco a incontrare il suo cavaliere per quella sera speciale.
Si incrociarono alla fine delle due grandi scalinate che dividevano le due ali del castello e il vecchio Yabu rimase affascinato dalla bellezza di BelleKei di quella sera, se possibile, ancora più radioso.
Il ragazzo gli sorrise, complimentandosi per l’eleganza e tendendogli il braccio per aiutarlo a scendere gli ultimi gradini notando che aveva anche cambiato supporto, abbandonando il rustico treppiedi e utilizzando un bel bastone da passeggio, elegante e di classe.
Cenarono insieme, il vecchio Yabu si era esercitato molto per riuscire a mangiare da solo e in modo che non disgustasse il suo compagno, ma a BelleKei piaceva prendersi cura di lui, per cui anche quella sera lo imboccò, guardandolo sorridente.
Insieme poi si spostarono nel grande salone d’ingresso, allestito a festa per il compleanno del loro ospite e improvvisarono un ballo. BelleKei aiutò il vecchio Yabu ad assumere la giusta posizione muovendo con lui i primi passi, spostandosi poi per appartarsi sul terrazzo a parlare.
Il vecchio Yabu gli prese una mano, carezzando quella pelle morbida e liscia, così diversa dalla sua e chiese: “BelleKei, cosa vorresti per il tuo compleanno?” gli chiese.
“Mi hai già regalato questa bellissima serata, sono stato benissimo, Kota” confessò.
Il vecchio Kota scosse la testa.
“Ci deve essere qualcosa…” provò ancora.
“Ci sarebbe una cosa che… ma credo che tu non sia in grado più ormai…” cercò di esprimersi in modo carino senza offenderlo o metterlo ulteriormente a disagio.
Il vecchio Yabu comprese, in fondo, era quello che voleva anche lui da tempo, da quando aveva capito di amare BelleKei.
“Però… però ci sarebbe un’altra cosa…” tentò BelleKei, fuggendo il suo sguardo.
“Dimmi, BelleKei, farò qualsiasi cosa!” promise.
“Allora… allora vorrei vedere mio padre se possibile” domandò.
Il vecchio Yabu annuì e gli porse il suo specchio magico con il quale in tutti quegli anni aveva potuto vedere il mondo al di fuori.
“Pronuncia il nome della persona che desideri vedere e apparirà!” gli spiegò.
BelleKei annuì e dopo aver pronunciato il nome del padre gli apparve il riflesso dell’uomo imprigionato in una stanza che chiamava il suo nome, invocando il suo aiuto.
BelleKei guardò il vecchio Yabu preoccupato e il vecchio Kota non ebbe bisogno di altro.
“Vai” gli disse, “vai BelleKei, sei libero. Mi dispiace averti trattenuto qui. Torna da tuo padre” lo lasciò libero e BelleKei spalancò gli occhi.
“Ma… Kota?”
“Vai… porta questo con te e quando vorrai tornare, sai cosa fare, chiedilo allo specchio” gli sorrise.
BelleKei gli accarezzò una guancia, ringraziandolo e correndo velocemente fuori dal castello.

*

“HikaruStone! HikaruStone! Aprimi!” BelleKei era corso in casa di HikaruStone nel cuore della notte.
“Oh, BelleKei, che gradita sorpresa, ti serve qualcosa?” gli chiese con nonchalance.
“Liberalo subito! Lo so che hai rinchiuso mio padre!”
“Ma BelleKei, lo dovevo salvare da se stesso! Blaterava cose senza senso, diceva che ti avevano rapito! Prigioniero di un vecchio! Che assurdità!” rise in modo sguaiato.
“No, mio padre non è pazzo e te lo dimostro!” prese lo specchio e chiese “Mostrami Kota” mormorò dolcemente quel nome e lo specchio gli rimandò l’immagine del vecchio Yabu allettato, seduto sulla sua poltrona con una copertina sulle ginocchia, accanto a sé ChiccoYuri con il suo tè ancora intatto e dagli sguardi affranti di Ryo-chanLumiere, Dai-chanTockins e MrsYuuyanBric si rese conto di aver fatto l’errore più grande della sua vita a lasciarlo da solo.
“Oh no” mormorò.
“Allora è vero!” esclamò HikaruStone. “Quindi è lui che per tutto questo tempo di ha tenuto lontano da me!” si infervorò, prese BelleKei per un braccio, chiudendolo in casa, sordo ai suoi richiami e cavalcando alla volta del castello.
Vi arrivò trafelato e spalancato il pesante portone, era entrato nella camera da letto dove il vecchioYabu riposava, con sguardo maligno prese un cuscino, premendoglielo sul volto. Il vecchio Yabu si divincolò per diverso tempo, cercando di liberarsi.
“Sogni d’oro, vecchiaccio” ridacchiò HikaruStone, sentendo poi un colpo forte sulla nuca, lasciando la presa.
“Kota!” BelleKei lanciò via il treppiedi con cui aveva tramortito HikaruStone e salì sul letto accanto al vecchio che amava.
“Kota!” lo chiamò, spostando il cuscino e prendendogli una mano, vedendolo schiudere gli occhi.
“BelleKei, sei tornato!” gli disse, cercando di sorridere.
“Certo, certo che sono tornato. Io ti amo, Kota! Non lasciarmi!” gli chiese con le lacrime agli occhi.
“Anche io ti amo, BelleKei, Mi dispiace non sono stato in grado di renderti felice e adesso non ci posso neanche più provare” se ne rammaricò, sentendosi improvvisamente stanco, chiudendo gli occhi nel momento in cui sul tavolino accanto la rosa perdeva l’ultimo petalo.
“No, Kota!” si disperò BelleKei, gettandosi su di lui e poi sentendo qualcosa muoversi.
Sollevò di scatto la testa, vedendo il corpo del vecchio Kota sollevarsi in aria e degli anelli di luce avvolgerlo, così come accadeva in tutta la sua tenuta: la barba bianca si accorciava, la pelle delle mani si distendeva, i capelli cambiavano colore scurendosi e il suo volto ringiovaniva, tornando poi seduto sul letto, tra i cuscini.
“Kota?” chiamò BelleKei, allungando una mano al suo volto, sfiorandolo e vedendo Yabu schiudere gli occhi e guardarsi attorno spaesato, osservandosi le mani e tastandosi il corpo, scoprendosi di nuovo padrone delle sue sembianze.
“BelleKei!” lo chiamò, passando una mano sul suo viso e sorridendo. “Hai spezzato la maledizione!” gli spiegò. “Ti sei innamorato di me nonostante il mio aspetto e mi hai accettato per com’ero. Grazie!” ripeté, stringendolo contro di sé e, finalmente di nuovo padrone del suo corpo, di ogni parte del suo corpo, baciò BelleKei sulle labbra, intenzionato a non lasciarlo per molto molto tempo, durante il quale insieme ai fedeli amici tornati ognuno alla sua forma umana, vissero per sempre felici e contenti.»

“Fine!” Kei concluse la storia, guardando soddisfatto gli altri compagni di gruppo, i quali a loro volta lo fissavano sconvolti.
“Beh… non vi è piaciuta?” chiese, chinando il capo di lato.
“Ricordami di non lasciarti mai da solo con i miei figli!” asserì Yuri, alzandosi in piedi e tirando Yuya per un braccio, uscendo dalla stanza.
“Dai-chan, posso dormire con te, stanotte? Ho paura!” si lamentò Yamada, stringendosi al braccio del fidanzato, il quale lo tranquillizzò, dandogli dei leggeri colpi sulla testa, salutando gli amici e augurando loro la buonanotte.
“Perché io ho dovuto fare la parte del pazzo?” domandò Keito a Yuto il quale sorrise divertito.
“A me la storia è piaciuta Kei! Grazie!” disse infatti a Inoo, trascinando via con sé un dubbioso Keito e un allibito Hikaru che non era riuscito a spiccicare parola.
Rimasti poi da soli in stanza, Kei si rivolse a Yabu: “Ko, era così orribile?” si preoccupò e il più grande gli sorrise.
“No, tesoro, non ti preoccupare, non dare retta a loro. Io però non ho capito una cosa” disse, prendendo il ragazzo per mano e coricandosi insieme a lui nel letto.
“Cosa?” domandò Kei, rannicchiandosi contro il corpo di Yabu.
“Qual’era il primo regalo di compleanno che BelleKei voleva chiedere al vecchio Kota?” sussurrò malizioso, accarezzandogli un fianco e Inoo sorrise.
“Oh, quello, sì, in effetti quella parte non era chiarissima. Adesso te lo spiego io” mormorò al suo orecchio, stendendosi di schiena sul letto e trascinando il fidanzato sopra di sé.

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