Come nasce la mia storia.

Oct 06, 2013 17:34

Titolo: Come nasce la mia storia.
Autore: geo_lupin
Fandom: Doctor Who
Personaggi: Madame Vastra/Jenny Flint
Parte: 1 di 1
Rating: G
Prompt: Sotto questa luce artificiale
Parole: 3293
Riassunto: Il primo incontro di Vastra e Jenny, in una Londra polverosa e impaurita dalla banda dei Tong.
Note: first meeting
Tabella: ♔ ♚


A chi volete che importi di una fiammiferaia? Cammino avanti e indietro per tutto il giorno per le solite quattro strade di Londra. Non ho una grande istruzione alle mie spalle, so scrivere il mio nome, ho imparato ricamando i fazzoletti con le mie iniziali J F. I miei genitori non erano certo ricchi, e pensare di mandare ognuno di noi a scuola era una follia, così ho sempre dovuto arrangiarmi in qualche modo. Sono fuggita di casa quando a sedici anni, mi hanno scoperta con Margareth nel vicolo a scambiarci un bacio, lei aveva subito urlato che io l’avevo costretta, piccola bugiarda che non era altro. Io invece sarò anche una sciocca, ma non sono una bugiarda, così quella stessa notte fuggii di casa, i miei genitori parlavano in salotto di mandarmi al manicomio, e so fin troppo bene cosa succede a quelle come me in quei posti. La tortura, no grazie. Così ho preso le mie poche cose e sono fuggita dal mio piccolo paese per ritrovarmi a vagare solitaria e infreddolita per le strade della grande metropoli. Ero dovuta diventare una piccola ladruncola per i primi periodi, non era stato semplice e la paura delle botte che avrei potuto prendere dai poliziotti era l’unica cosa che mi spingeva a diventare sempre più brava, sempre più astuta. Ho imparato ad aprire porte e lucchetti solo con una forcina, a riconoscere il rumore degli stivali dei gendarmi e le facce poco raccomandabili di onesti cittadini, che senza chiedere avrebbero volentieri insudiciato la mia pelle con le loro sporche mani perbeniste, così ho imparato anche a correre più veloce della luce quando le cose cominciavano a mettersi male. Ho vagato senza cibo per settimane durante l’inverno più rigido, inghiottendo neve per la sete e rischiando di morire più di una volta. Poi una donna buona mi prese e mi salvò dalla strada. Aveva una specie di associazione, davano lavoro a giovani senza famiglia. Finalmente avevo un lavoro, certo non è ben retribuito e neppure così facile da svolgere. Ogni giorno con la mia scatola di fiammiferi giro in lungo e in largo nella speranza di arrivare a sera con una pagnotta e del latte. Non è così male avendo conosciuto cos’è la fame.
È novembre, le foglie sono quasi tutte cadute dagli alberi, il freddo sta tornando, e se mi ero facilmente e volentieri abituata al clima caldo il pensiero di tornare a questo inverno mi fa già rabbrividire. Come ogni giorno sto cercando di vendere la mia merce e come ogni giorno il garzone dell’editoria mi manda un saluto dall’altra parte della strada, credo abbia una cotta per me, ma non è certo il mio tipo. Ricambio il saluto, non voglio essere scortese e lui, reputandosi abbastanza coraggioso, attraversa non appena le carrozze glie lo permettono.
«Buon giorno Jenny.» Mi dice entusiasta mostrandomi la prima pagina del giornale. Ci metto un po’ a leggere il grande titolo che sovrasta l’immagine centrale.
«L’eroe mascherato colpisce ancora.» Sentivo parlare di questo eroe da qualche tempo, in città non si faceva altro. Pareva essere un qualche tipo di squilibrato che di notte si metteva a dare la caccia ai criminali, portava una maschera sul volto per non farsi riconoscere e molti avevano giurato di averlo visto combattere con una frusta, ma molti dei testimoni erano o ubriaconi o senza tetto, per cui le loro parole erano da prendersi con le pinze.
«Dicono che i criminali di questa notte sono stati trovati senza vita sul molo, e che ad alcuni di essi mancasse qualche arto, come se fossero stati mangiati.» Bob è certo un credulone se pensa davvero che queste storie di folklore abbiano fondamenta di verità.
«Oh Bob, sarebbe davvero così bello, avere qualcuno che ci protegge dall‘alto, ma ho già visto troppe brutte cose per credere che ci sia qualcosa di bello quaggiù.» Lo saluto con un sorriso e mi avvio di nuovo per la mia strada.
Mi stringo nella giacca di panno meglio che posso, una sferzata di vento mi fa tremare, continuo a camminare ripensando all’eroe mascherato e se anche non voglio crederci qualcosa in fondo al mio stomaco pensa che sarebbe proprio una bella cosa. Ricordo che qualche mese prima un altro personaggio misterioso era apparso in città, ma quella volta era un rapinatore, questa nuova moda delle maschere potrebbe sembrare strana, c’è chi dice che il rapinatore e l’eroe siano in effetti la stessa persona. Io sinceramente dico che nessuno dei due esiste realmente. Non mi accorgo di aver camminato fin troppo fuori dalla mia area di competenza finendo erroneamente nel quartiere cinese. Stupida che non sono altro, cerco di filarmela alla svelta. ci sono persone che preferirei non incontrare, uomini dall’aspetto rispettabile ma che dentro sono più sporchi di un comignolo. Il mio passo è svelto, devo correre immediatamente via di qui, stringo al petto la mia scatola di fiammiferi prima che rovinino a terra facendomi perdere molto tempo per poi raccoglierli e rischiare di incontrare i Tong. Ovviamente non faccio in tempo a pensarlo che li vedo che sbarrano il passaggio. Mi hanno già riconosciuta.
Cerco di sfuggire infilandomi in dei vicoli che conosco a memoria, e pare che sia riuscita a seminarli, la vecchia Jenny ne sa una più del diavolo. Riprendo a camminare più lentamente, il fiato corto e le gambe che tremano non aiutano a calmarmi, mi appoggio ad una logora parete mentre il fetore di escrementi raggiunge il mio naso. Cerco di filarmela più veloce che posso e finalmente raggiungo una strada più ampia, quello che non so è che i miei nemici già mi attendono. Mi strattonano per un braccio fino ad un vicolo chiuso sulla Cheapside street. Ogni mio tentativo di ribellarmi è vano, i miei fiammiferi finiscono sparsi sulla strada e nessuno sembra preoccuparsi di quello che sta accadendo ad una ragazzina indifesa. Girano tutti la faccia dall‘altra parte, nessuno osa mettersi contro i Tong, ed è anche inutile che io urli, probabilmente mi ucciderebbero più velocemente per farmi zittire.
La prima volta che ho avuto disgraziatamente a che fare con loro è stato qualche settimana fa: avevo appena finito il mio turno e stavo per tornare alla fabbrica di fiammiferi quando uno di loro ha cominciato a prendermi di mira, sapevo bene quello che voleva, così riuscii a correre lontano, ma era solo l’inizio del mio calvario. Avevo cominciato a trovare quello stesso uomo ovunque andassi, il suo sorriso inquietante dai denti d’oro, me lo sogno anche la notte. Voleva toccarmi, voleva farmi sentire sporca e indegna, voleva fare i suoi giochetti perversi su una ragazzina, tanto a chi sarebbe importato del corpo martoriato che avrebbero trovato nel Tamigi, in fondo si trattava solo di una delle tante ragazze che si trovavano per strada, e sicuramente tutti avrebbero poi pensato che me l’ero andata a cercare.
Cerco di mantenere il controllo mentre sento le mani di quel porco strapparmi i vestiti, finalmente avrà quello che vuole. Non ho neppure la forza di ribellarmi, dico solo “no, per favore, no!“ due di loro mi tengono le braccia e io serro gli occhi, non voglio vedere la faccia di quello schifoso che cerca di baciarmi. La sua eccitazione schifosa dentro i pantaloni che mi preme addosso. Penso a Margareth, la mia bellissima Margareth, ai suoi baci, alle sue carezze, al suo vestito di pizzo bianco, cerco di concentrarmi su questo per non pensare al fetore di alcool e tabacco che viene da quegli orribili individui. Non sono pronta a morire, non qui, non in questo modo, la mia vita doveva essere diversa, dovevo trovare una compagna che era come me, amarci e baciarci tutta la notte, avere una vita rispettabile, ma in fondo chi avrebbe mai potuto volermi? So a malapena l’alfabeto, le addizioni e le sottrazioni più semplici, non ho averi con me e sono tutta pelle e ossa. Mi preparo al peggio pensando al fatto che prima faranno quello che vogliono farmi e prima tutto questo finirà e non sentirò mai più nulla. Né freddo, né fame, né rabbia.
Sento la mia gonna che viene sollevata con furia, e questa volta urlo e poi… più nulla.
Non oso aprire gli occhi, li socchiudo appena, sento la presa sui miei polsi attenuarsi e la voce di una donna giungere non lontano da me.
«Avete disturbato il mio riposo!» Dice una figura mascherata, la stessa disegnata in prima pagina sul giornale, o meglio, qualcosa che le somiglia enormemente anche se non le rende giustizia, è molto alta, più di tutti gli uomini che ora la circondano rabbiosi, la guardo affascinata, il suo costume la copre completamente ma la voce è inconfondibilmente quella di una donna, una donna molto nobile a giudicare dal suo accento. Mi sento prendere per un braccio a per istinto cerco di fuggire di nuovo, ma una voce gentile mi raggiunge.
«Non devi avere paura, sono dalla tua parte.» Un uomo dall’aspetto buffo mi porge la mano con un gran sorriso, penso che abbia preso i pantaloni della taglia sbagliata, perché per lui sono decisamente troppo corti, ha una vecchia giacca di tweed e un farfallino al collo che non si abbina con i colori del resto.
«Sono con lei.» Dice indicandomi la donna mascherata e d’istinto mi viene da fidarmi mentre guardo rapita la bellissima figura misteriosa che è riuscita a mettere al tappeto tutti i miei aggressori.
«Devo ringraziarla.» Dico al … marito? Un eroe mascherato avrà pure una famiglia.
«Avrai tempo più tardi, ora è meglio svignarcela da qui, se arriva la polizia potremmo passare dei guai.» Dice e sento che ha ragione, per cui mi lascio trascinare fuori dal vicolo senza più chiedere nulla. Raggiungiamo un angolo deserto della strada, e sento di nuovo la paura, possibile che non siano poi così persone gentili ma che in verità siano una coppia di pervertiti che raccolgono ragazze per la strada per fare strani incontri sessuali a tre? Cielo, in che guaio mi sono cacciata? Cerco di allontanarmi dalla coppia che ora si è fermata davanti ad una cabina della polizia. Cosa diavolo pensano di fare? Vogliono rinchiudermi dentro? Sono convinti che io sia una ladra o qualcosa del genere? Si è vero lo sono stata, ma ora sono una persona onesta.
«Dentro, svelta.» Mi dice l’uomo e io cerco di divincolarmi dalla sua presa.
«Signore io non ho fatto nulla di male, la prego di lasciarmi andare, deve esserci un malinteso, non chiami la polizia.» Sono agitata e in ansia. Non voglio finire in prigione.
«Oh… questa? Scusa non avevo pensato che ti potesse spaventare. Non è una vera cabina della polizia. Vedi? È finta.» Dice aprendo una porta dentro alla quale l’eroe, o meglio, l’eroina mascherata si infila.
«Nessuna polizia.» Per un attimo mi ero spaventata, certo che come porta di un edificio è proprio strana. Entro all’interno e qualcosa non va. Non è un edificio, non saprei neppure come descriverlo, non ha finestre all’interno, ma nonostante questo è pieno di luce, una strana luce che sembra ultraterrena. Calda e accogliente, e poi uno strano tavolo dove ci sono leve e bottoni, osservo tutto questo con gli occhi che mi devono essere uscite fuori dalle orbite, perché sento i due individui ridacchiare tra di loro.
«Posso vedere il tuo volto?» Domando alla mia salvatrice. Sono curiosa di sapere che viso ha quel bellissimo corpo statuario.
«Devi promettere di non urlare però» Mi ragguaglia l’alta figura e penso di capire, porta una maschera perché avrà il volto deturpato, un vero peccato per una donna così elegante e bella. Sarà stato un incidente, oppure avevo sentito di alcune donne che lavoravano in fabbrica che erano venute a contatto con degli elementi chimici che avevano rovinato la loro pelle, ma lei non poteva essere una di loro, il suo portamento e il suo accento nobile non indicava certo che fosse una lavoratrice di fabbrica. Annuii così in fretta che mi girò la testa, e lei sciolse i nodi che la tenevano imprigionata dietro la maschera nera.
Ho un sussulto che cerco di nascondere non appena scorgo della pelle verde e delle squame fare capolino oltre la maschera scura. Ho promesso di non urlare, così trattengo persino il fiato nella speranza di non sembrare troppo maleducata. Deve avere avuto proprio un brutto incidente che le aveva portato via anche tutti i capelli, e deformato il suo cranio in modo così inumano.
Vorrei dirle che mi dispiace ma sarebbe troppo scortese ricordarle della sua condizione, così taccio.
E sotto a questa luce artificiale la osservo incantata, c’è qualcosa in lei, qualcosa che mi affascina oltre ogni dire, i suoi occhi, specchi azzurri che mi rapiscono, posso leggere tutta la disperazione e la solitudine che vi albergano, così simili ai miei, eppure così determinati e forti. Registro appena il movimento del mio braccio che ormai è prossimo alla sua guancia, inconsapevolmente la curiosità di sentire la sua pelle sotto le mie dita mi porta così vicina. Soffia come un gatto e mi rendo conto di quello che stavo per fare. Sono paonazza dalla vergogna.
E la voce dell’uomo parla da dietro di me.
«Non vorrei interrompervi nel vostro momento romantico…» Dice e vorrei tanto avere una pala per potermi sotterrare dalla vergogna, in questo momento.
«Mi dispiace signore.» Mi volto verso l’uomo che mi guarda divertito.
«Non devi dirlo a me, è lei che stavi per toccare e che non gradisce la cosa.» Dice lui.
«È vostra moglie signore, è a voi che devo chiedere le mie scuse.» Una risata fragorosa esce da quello strano omino mentre la signora mi guarda come se volesse uccidermi.
«Vastra hai sentito? Questa è proprio bella, io tuo marito.» Non riesco a cogliere l’ilarità della cosa, ma forse in realtà non c’è proprio di che essere divertiti.
«Come ti chiami ragazza?» Finalmente qualcuno si è degnato di chiedermelo.
«Jenny signore, Jenny Flint.» Rispondo guardandolo, non sono ancora pronta a riaffrontare lo sguardo di questa strana signora dal nome esotico che non ho capito molto bene.
«Bene Jenny Flint, chi mi conosce deve sapere che le cose non sono mai quello che sembrano. E ti ringrazio per questa cosa del matrimonio che hai detto prima, penso che ne riderò per secoli.» Afferma affabile stringendo la spalla della donna.
«Potrei ucciderti Dottore.» Afferma lei facendo uscire dalla sua bocca, o cielo… è quella la sua lingua? Rimango un po’ scioccata, questo si, dopo la pelle verde, la mancanza di capelli, bene, questa volta penso che potrei svenire definitivamente.
«Non ne ho alcun dubbio Vastra, ma tra qualche tempo ne riderai anche tu, ne sono certo.» Dice facendomi l’occhiolino per poi sussurrarmi: «Siluriani, non hanno senso dell‘umorismo, tienilo a mente per il futuro.»
«Ho sentito lo stesso sai?» Dice Vastra, si questa volta penso di aver capito qual è il suo nome, ma una nuova parola mi è appena stata detta.
«Silu-che?» Ripeto e mi rendo conto che potrei aver assunto una espressione da ebete perché la signora alza gli occhi al cielo e il Dottore (come l’ha chiamato prima la signora verde) si ferma da quello che sta facendo per poi tornare sui suoi passi e consegnarmi un abito mentre afferma raggiante «Questo dovrebbe andare bene.»
«Siluriani. Una popolazione umanoide, che somigliano a dei rettili e che vengono addirittura prima del vostro genere. Sai ci sono le persone come noi, abbiamo la pelle bianca, poi ci sono altre razze su questo pianeta, asiatici, africani.» Cerca di spiegarmi e finalmente riesco a comprendere.
«Oh capisco, ci sono altri continenti da scoprire e la signora viene da quest‘ultimo? E dove si trova?» La mia curiosità mi ha cacciato in diversi guai nel mio passato, ma non posso fare a meno di imparare cose nuove.
«Un po‘ più in basso di qui.» Mi risponde per la prima volta il Siluriano che sembra scocciata da tutta questa mia curiosità.
«Africa? Australia?» Domando, chissà cos’altro si nasconde in quelle foreste vergini.
«O no, molto più in basso.» Resto interdetta e mi chiedo se il polo sud sia considerato un continente.
«Sotto per la precisione, sotto la crosta terrestre.» Fa una piccola pausa.
«È come abitare in una abitazione su due livelli, gli umani vivono al primo piano, noi viviamo al piano terra. Così è la terra, a due piani. Pensi di poterlo comprendere scimmia?» Penso di capire, annuisco e sono realmente convinta che mi stiano dicendo la verità per quanto questa possa sembrare incredibile.
«Le due civiltà della terra che si incontrano, adorabile.» Il Dottore sembra pazzo, o forse lo è, ma mi sta già più simpatico di questa Vastra che sembra così spocchiosa e antipatica … e mi ha chiamata scimmia!
«Non dovremmo occuparci di ‘quello’ piuttosto che di fare feste inutili per un fatto assolutamente irrilevante, Dottore?» Domanda Vastra indicando una scatola che giace sul tavolo con i pulsanti.
Ringrazio per il vestito che ancora giace tra le mie braccia e corro a cambiarmi in una delle stanze che ci sono in questa assurda casa. Osservo il mio vecchio vestito strappato in più punti, rabbrividisco e cerco di non pensare più a quello che mi è successo, anche se fuori da qui avrò di nuovo a che fare con quei brutti ceffi. Dovrò fuggire altrove o la prossima volta non sarò altrettanto fortunata, il Dottore è una persona estremamente gentile e grazie a questi due strani individui oggi sono salva.
Quando torno nella stanza di prima li sento borbottare tra loro, cercano una chiave, ma a quanto pare non si trova sul perimetro della scatola e loro non hanno idea di come aprirla, il Dottore tira fuori uno strano aggeggio dalla sua tasca ma io so esattamente cosa fare. Mi avvicino con una forcina in mano e in meno di un secondo apro la scatola sotto i loro occhi sorpresi. Un odore orribile si spande nell’aria ed entrambi si coprono il volto con le mani tossendo. Conosco questo odore, è lo stesso della fabbrica di fiammiferi, loro pensano che ci sia qualcosa di marcio all’interno ma io affermo sicura.
«Zolfo.» E mi guadagno quattro occhi che mi guardano con ammirazione.
«Penso che ci siamo Vastra, hai detto che ti piacerebbe trovare qualcuno che ti aiuti, penso che l‘abbiamo appena trovata.» Dice il dottore prendendomi per mano.
«Non condividerò la mia casa con un umano, ma hai sentito come puzzano?» Non si degna neanche di abbassare la voce per dirlo, nonostante il suoi modi nobili non è molto educata, poi non hanno neppure chiesto il mio parere a riguardo.
«Suvvia, guarda la ragazza, è pelle e ossa, si vede che ha bisogno di un posto per bene, e tu sei una persona per bene.» Afferma il Dottore facendomi cominciare a riflettere che forse la signora, in quanto altolocata, possiede una bella casa e cibo a sufficienza, forse per me può solo essere un vantaggio. Discutono ancora tra loro come se io non esistessi, del fatto che non sia fuggita inorridita dalla pelle della signora o dalla sua lingua, del fatto che sembro intelligente da riconoscere elementi chimici ma altrettanto scaltra da forzare una serratura. Discutono in un angolo come se io non riuscissi ad ascoltarli infine si rigirano verso di me e il Dottore - chissà poi che genere di medico potrà mai essere - ha un gran sorriso.
«Allora, che ne dici Jenny Flint? Ti piacerebbe essere la cameriera tuttofare di Madame Vastra?» Annuisco, in fondo può solo andarmi meglio di come ero poche ore fa al freddo e praticamente spacciata, anche se la mia nuova padrona sibila in un angolo non troppo soddisfatta. Devo ammettere però che se non fosse stato per lei ora starei galleggiando a faccia in giù nel Tamigi. In fondo non sarà così male questa mia nuova vita, ne sono certa.
FINE

telefilm: paternoster row, victorian lesbian, fanfiction

Previous post Next post
Up