Demoni nella notte

Sep 29, 2013 18:39

Titolo: Demoni nella notte.
Autore: geo_lupin
Fandom: Doctor Who
Personaggi: Madame Vastra/Jenny Flint
Parte: 1 di 1
Rating: M - NC17
Prompt: C'è ancora troppa rabbia dentro
Parole: 2756
Riassunto: Nel freddo inverno Londinese tra la nebbia non ci sono solo ladri e assassini, ma qualcuno che Jenny non immaginava avrebbe mai più rivisto.
Note: Non-con, hurt/confort, violenza, angst.
Tabella: ♔ ♚


Il freddo inverno londinese ti spezza le ossa, entra dentro di te, e a volte, qualche notte, pensi che non lascerà mai più il tuo corpo. Si infiltra in te, con rabbia, una nemica dalla quale devo ripararmi, la neve, così gelida da uccidermi in pochi minuti, soprattutto ora, vicino al Tamigi gelato, cadere sarebbe fatale per me che sono una donna rettile.
Mi stringo nei miei molti strati mentre io e Jenny attendiamo nell’ombra, un uomo, quell’uomo che ormai pediniamo da settimane, speravo di risolvere la questione velocemente, invece non abbiamo potuto fare a meno di protrarre la caccia all’uomo fino a questo gelido, insopportabile gennaio. Batto i denti senza accorgermi del mio gesto fino a che le braccia di Jenny mi stringono, nel vano tentativo di scaldarmi.
«Va meglio ma‘am?» Mi domanda, e anche se la risposta è no annuisco, solo per far spuntare sul quel viso che amo infinitamente un radioso sorriso. Le sue fragili abbraccia attorno al mio corpo sono più un impiccio in questo momento, che una reale difesa contro il gelo, ma so quanto cerchi di rendersi sempre utile e la lascio fare senza oppormi.
Finalmente i nostri sforzi sono premiati e la lunga attesa ripagata, l’uomo che negli ultimi tempi aveva prima fatto irruzione nelle ville e poi ucciso tre famiglie benestanti era ad un passo da noi. Sento il calore di Jenny scivolarmi via dal corpo mentre impugno le mie fidate lame, il mio udito in attesa sente tutto, persino un moscerino a cinque passi da noi. Acciufferemo questa canaglia sta notte, fosse l’ultima cosa che faccio. Ha ucciso persone innocenti, donne e bambini, la cui unica colpa era essere nati nella famiglia giusta. Sono furiosa ma non devo lasciar vincere questo sentimento dentro di me, la rabbia non porta mai a nulla di buono. Sento i passi rimbombare vicino, vicino, sempre di più Jenny si è già spostata dall’altro lato dell’edificio, lo coglieremo di sorpresa con la solita strategia, una davanti e una dietro di lui, così da non avere più alcuna via di fuga. Jenny mi palesa la sua presenza dove abbiamo pattuito, in postazione, ora posso uscire allo scoperto. In un attimo siamo su di lui, entrambe con le spade sguainate, l’adrenalina nel mio corpo mi colpisce come un’ondata voglio che veda bene il mio volto, la faccia che lo terrorizzerà talmente da implorarmi di ucciderlo, rido sprezzante vedendo la sua espressione di paura mentre cerca di fuggire nella direzione opposta dove Jenny l’attende per fermarlo e permettermi di compiere finalmente giustizia. E poi tutto cambia: la spada della mia compagna cade a terra, mentre si porta le mani alla bocca e crolla sulle ginocchia sopraffatta da qualcosa che non comprendo. Mi avvicino più velocemente possibile mentre sento la voce di Jenny tra le lacrime piena di rabbia mentre si riprende velocemente e torna in piedi prendendolo per il collo di una camicia logora e sporca.
«Tu, tu come hai osato? Come hai potuto farlo?» Ma prima che io possa avvicinarmi abbastanza per afferrarlo e giustiziarlo ecco che accade l’impensabile. Il tradimento che mai mi sarei aspettata dalla donna che aveva giurato di amarmi: spinge il ragazzo lontano da me urlandogli di correre lontano e non farsi rivedere mai più.
Scioccata cerco di correre dietro al farabutto, ma Jenny si mette tra me e lui, spada di nuovo sguainata, ma sta volta contro di me. Non capisco, sono confusa e livida di rabbia.
«Cosa stai facendo?» Scatto disarmandola semplicemente con un colpo secco mentre la mia rabbia cresce mano a mano che vedo il ragazzo allontanarsi. Afferro il polso di Jenny con tanta rabbia da sentire le ossa incrinarsi, bene.
Sento la sua voce lamentarsi debolmente e lascio la presa, la rabbia è cattiva consigliera, cerco di ripetermi ma ora come ora mi sembra una frase senza senso mentre lei scuote la testa incapace di emettere suoni.
«Cosa diavolo hai fatto?» Tuono nuovamente sibilando, so che questo non la intimorisce e per questo che provo ancora più rabbia. La trascino malamente fino alla carrozza, le intimo di sedersi accanto a Parker e di non azzardarsi a prendere posto accanto a me. Fa come dico ed è un sollievo per me non averla accanto durante il tragitto, troppo breve per schiarirmi le idee. Ha lasciato volutamente andare un pluriomicida senza scrupoli, mettendosi addirittura contro di me. Mi aveva detto che potevo fidami di lei, che ci saremmo coperte le spalle e invece mi ha tradita senza una spiegazione, rivoltandosi contro di me.
Arriviamo a casa e non appena oltrepassa l’uscio la voglia di farle del male torna prepotente, senza tante cerimonie la schiaccio al muro.
«Mi fai male.» Cerca di divincolarsi dalla mia presa, ma non la lascerò andare fino a che non mi avrà dato delle risposte.
«Perché l‘hai lasciato andare? Chi era?» Domando insistentemente a pochi centimetri dal suo volto.
«Non posso dirtelo.» L’ostinazione sul suo volto è una cosa abbastanza nuova per me. Ho sempre saputo che fosse una ragazza di carattere, nonostante la maggior parte del tempo sia dolce ma ora non è tempo per essere ostinata.
«Dimmelo.» Minaccio nuovamente. Avrò le risposte che voglio questa notte, e le avrò con ogni mezzo.
«Non capiresti. C’è ancora troppa rabbia dentro di te, guardati. E mi stai facendo male.» Cerca di spingermi lontano da lei, ma sa bene che il mio peso e la mia struttura sono superiori ai suoi e che per quanto si sforzi non mi muoverò di un centimetro.
«Si sono piena di rabbia, è vero, ma è solo perché la scimmia che credevo di amare sta sera ha fatto un grosso errore. Non sono quasi morta assiderata queste notti perché TU ti possa divertire a far scappare la mia cena.»
«Non siamo i tuoi topolini in gabbia che prendi quando hai voglia di giocare con il cibo.»
«Era un assassino, ha ucciso donne e bambini solo per la colpa di avere denaro, stupido denaro umano a cui siete così morbosamente attaccati.»
«Siamo stupidi ma non siamo mostri.» Tutto si spezza e ricomincia in quella frase, e la rabbia che si stava pian piano dissipando insultando le scimmie ora torna come una tempesta dopo l’occhio del ciclone.
«Vuoi un mostro, avrai un mostro.» Non è una minaccia, semplicemente è quello che sono per lei e lo diventerò. Strappo la sua camicia con gli artigli portandomi via tracce della sua pelle, faccio saltare i bottoni dei suoi pantaloni mentre urla di paura. La sua voce terrorizzata mi eccita, mi riporta indietro nel tempo, al predatore che ero senza queste stupide regole umane. L’odore del sangue mi intontisce mandandomi scariche elettriche direttamente nel cervello, registro appena la sua voce che mi prega di fermarmi, mi implora.
«Ti prego, ti prego smettila, mi fai pura, smettila!» Una nenia che mi infiamma e non capisco più nulla, senza tante cerimonie infilo una mano dentro le sue mutande e la penetro con fatica, è completamente asciutta, si tende dal dolore e la spezzo mentre sussurra un doloroso:
«Era mio fratello.» In quel preciso istante riprendo coscienza di me mentre le sue gote si rigano di lacrime silenziose e il suo volto è la maschera del terrore.
Cosa ho fatto? Come ho potuto farlo? La prendo tra le braccia trasportandola fino alla stanza dove la deposito sul letto con tutta la grazia che riesco a trovare mentre il suo corpo è scosso da violenti singhiozzi. La stringo forte a me anche se so che ora mi odia, ma non ha neppure la forza per scacciarmi. È inutile che io ora cerchi di chiederle scusa, non sarebbe sufficiente per avere il perdono per quello che le ho fatto. La osservo ancora una volta: i capelli in disordine bagnati dalle lacrime, il volto contratto in una maschera di dolore, i suoi abiti stracciati e ricoperti di sangue sul ventre, i lividi sulla sua pelle candida. Ha ragione, non sono gli umani i mostri, sono io.
«Vattene.» Un sussurro appena udibile sul mio petto.
«Vattene via.» Ancora, questa volta con più convinzione. Esaudisco il suo desiderio più che comprensibile, mi distacco dal suo corpo rannicchiato e scivolo fuori dalla stanza come un ombra chiudendomi la porta alle spalle.
Per tutta la notte ascolto i suoi singhiozzi e mi sento morire. La rabbia, maledetta non ascolto mai abbastanza quando cercano di darmi dei suggerimenti e ora questo, il punto che ho oltrepassato. Ho fatto del male a Jenny, non mi perdonerà mai, e questo mi spaventa a morte. Io un valoroso Siluriano che ha pensato di far del male alla persona alla quale tiene di più, sono una vergogna per tutti i miei avi e una vergogna anche per Jenny. Così pura, così dolce, come ho pensato che il suo gesto fosse contro di me e non per aiutare, come ho solo potuto non immaginarlo? Suo fratello, come ho potuto non notare subito i suoi gesti e la disperazione sul volto di Jenny quando l’ha visto in faccia? Come posso dire di amarla se non ho ancora capito il suo altruismo? Stupida stupida Siluriana che non sono altro. Il mondo ruota sempre attorno a me e me solamente, vero? Come devo sembrare patetica e vecchia.

L’alba finalmente sorge dopo una nottata insonne ma oggi sarà una giornata ancora peggiore, dovrò affrontare le conseguenze delle mie azioni. Scivolo nuovamente accanto al letto dove finalmente Jenny dorme senza più agitarsi, più di una volta l’ho sentita agitarsi nel sonno e ricominciare a piangere dopo un incubo, e io sono il mostro dei suoi incubi. Apre gli occhi di scatto e si rannicchia il più lontano possibile da dove mi trovo.
«Non voglio farti del male.» Cerco di rassicurarla, ma il suo sguardo mi schernisce.
«Mai più, te lo giuro.» Sono arresa davanti a lei e ora attendo il mio giudizio.
«Il mio precedente padrone …» Sento che fa un grande sforzo per non rimettersi a piangere, la sento deglutire a forza per poi continuare.
«Ha fatto questo, spesso.» Dice senza guardarmi in volto, indicandomi la camicia ridotta a pezzi sul suo seno.
«Avete bisogno di umiliarmi, vero, di mettere in chiaro che sono solo la vostra serva, per qualsiasi cosa.» Le sue parole mi colpiscono come una cannonata nello stomaco e taccio consapevole che non sono stata io quella insultata.
«Io ti …» Mi mordo le labbra incapace di continuare. Cosa dovrei dire? Ti amo, certo suonerebbe come una presa in giro, ti amo, per cui tento di violentarti, cosa penso di ottenere? Che mi dica: “oh si bene, allora è tutto sistemato”? Oh no, non servirebbe proprio a nulla.
«Io non voglio umiliarti.» Prendo una pausa, riordino i pensieri.
«Non volevo farti del male.» Vengo zittita dalla sua voce che arriva come uno schiaffo.
«Oh si che volevi.» La sua voce è amara e il suo tono aspro mi fa abbassare lo sguardo, ha ragione, lo volevo. Volevo fargliela pagare per aver fatto fuggire quell’uomo, senza neanche aspettare che lei fosse pronta per darmi una spiegazione.
«Sarò la vostra cameriera signora, starò al mio posto.» Si alza dal letto ancora instabile e subito accorro per sorreggerla, ma come prevedibile mi allontana terrorizzata dal contatto.
«Non voglio che tu sia la mia cameriera, voglio che tu sia la mia Jenny. La ragazza che mi ha fatto amare gli esseri umani, che ha conquistato il mio vecchio cuore atrofizzato dalla rabbia.» Si ferma, immobile prima dell’uscio il corpo scosso nuovamente dai singhiozzi.
«So che mi odi ora, ma quando e se vorrai mai perdonarmi …» Si volta verso di me, un’espressione indecifrabile sul viso.
«Non ti odio.» Il mio cuore perde un battito e ricomincio a sperare.
Mi avvicino a lei a lenti passi non voglio spaventarla più di quel che ho già fatto. Allungo un braccio nella speranza che questa volta non rifiuti il mio abbraccio, afferra la mia mano e devo imprecare in siluriano dal dolore che questo gesto mi provoca. I suoi occhi si sgranano in una sorta di consapevolezza.
«Cosa hai fatto?» Mi domanda osservando l’arto guantato inumidirsi di scuro. Senza pensarci un secondo mi strappa il tessuto, facendomi ringhiare di dolore, rivelando le mie dita sanguinanti e doloranti.
«I tuoi artigli.» Si porta le mani alla bocca sporcandosi con il mio stesso sangue.
Osserva inorridita il lavoro mal riuscito che ho compiuto dopo averla sentita piangere per l’ennesima volta risvegliata dai suoi incubi.
«Così non potrò mai più farti del male.» Cerco di sorriderle con fatica per rassicurarla che va tutto bene, mentre le accarezzo il ventre dove ancora sono presenti i segni della scorsa notte.
«Sapevo sin dall‘inizio cosa sei, ti ho amata per come sei, sapevo che avresti potuto uccidermi in un colpo solo, l‘ho accettato tanto tempo fa.» Il suo sguardo è serio e di rimprovero.
«Ma io non voglio, non deve accadere, e non accadrà. Non voglio essere una bestia, un mostro, voglio solo essere … umana. Come te.» Oh, umani, quanto li disprezzavo all’inizio e quanto ora anelo avere il loro cuore, i loro buoni sentimenti. Mi sento ancora più vecchia e patetica ora, se un altro della mia razza mi dovesse vedere adesso penso che rimarrebbe disgustato da quello che sono diventata grazie a Jenny.
«E ora come farai senza i tuoi artigli? Come farai a difenderti se necessario?» Osserva le mie ferite prendendo le mie mani nelle sue con una delicatezza incredibile.
«Avrò te che mi aiuterai.» O almeno è quello che spero tanto.
Ci fissiamo negli occhi e il mio cuore sembra aver dimenticato come si batte quando Jenny avvolge le sue braccia attorno al mio collo, e posso finalmente lasciar andare il respiro che non mi ero resa conto di aver trattenuto fino a quel momento. Mi bacia le guancie e io bacio la sua testa stringendola forte a me.
«Sei una sciocca vecchia lucertola.» O si, decisamente una stupida vecchia lucertola dalla notte dei tempi. Mi conduce fino al letto dove mi siedo mentre lei cerca qualcosa nei cassetti della stanza. Versa l’acqua nel catino e con un panno deterge il sangue via dalle mie mani, il suo tocco è gentile ma fermo, una volta che le squame tornano del loro consueto verde smeraldo tira fuori delle bende e comincia a fasciarmi le mani in rigoroso silenzio. Non oso ancora rivolgermi a lei come se nulla fosse accaduto la notte scorsa, quando finisce tiene ancora lo sguardo sulle fasciature, la sento deglutire e prendere un lungo respiro.
«So di aver sbagliato, ma è mio fratello non potevo lasciare che tu lo mang ... che morisse» Capisco, ora comprendo pienamente, i ricordi delle mie sorelle mi affollano la mente e cerco di non farmi sopraffare dalle emozioni che ancora, a distanza di anni, provo quando penso a loro.
«Ti aiuterò a cercarlo, lo troveremo insieme.» Prometto solennemente.
«Grazie, significa molto per me. Non posso chiederti di lasciar fuggire un assassino solo perché è mio fratello. È giusto che paghi per quello che ha fatto.» Annuisco per paura di aggiungere troppo con le parole e rischiare di farla soffrire ulteriormente.
«Lo consegneremo alla polizia questa volta, te lo prometto.» Mia piccola e forte Jenny, come trova questa forza dentro di lei? Se io fossi al suo posto ora probabilmente non parlerei così. Consegnare qualcuno che si ama alla giustizia, sapendo quale sarà la fine che l’attende dopo il tribunale, le fa un onore indescrivibile.
«Ti prometto che farò tutto quello che è in mio potere per fargli avere un giusto processo.» Mi sorride e mi abbraccia, la trascino con me sul morbido materasso e non oppone alcuna resistenza. Ci abbracciamo strette, ci baciamo come se le ultime ore fossero solo un brutto incubo da dimenticare per entrambe, la sento ancora irrigidirsi appena quando forzo la mia lingua nella sua bocca, ma subito si rilassa lasciandomi entrare.
«Dimmi che mi ami.» Un soffio sulle mie labbra socchiuse.
«Ti amo. Ti amo amore mio.» La rassicuro chiudendo di nuovo la sua bocca con la mia, e il bacio diventa subito caldo e appassionato, e mi pare di poter andare a fuoco dal calore che emana il suo corpo così stretto e aderente al mio.
«Non farmi mai più del male. Giura.» Articola a fatica senza fiato.
«Mai più. Te lo giuro.» Le faccio eco sfiorando il tessuto lacerato della camicia. Rimaniamo fronte contro fronte fino a che i nostri cuori tornano ad un battito regolare e calmo.
E dopo ore finalmente mi sento nuovamente felice mentre ci assopiamo tra le braccia l‘una dell‘altra finalmente sapendo di poter riposare tranquille.
Fine

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