[DC Earth 618/Lovvo] How far you are from home

Jun 25, 2010 21:33

Titolo: How far you are from home
Fandom: DC Earth 618/Lovvoverse
Beta: cialy_girl
Personaggi: Elphaba Aretha Logan e i Teen Titans che danno il meglio/peggio di loro.
Rating: Pg
Parole: 1.735 (W), la cura non funziona.
Note: Titolo da May It Be di Enya
- Ero in panico ad usare Elphie. Insomma, la figlia di Raven e Aurora! Mi mette in soggezione!
- E' inutile caro, se non sei nella cricca non puoi capire queste note XXDDD
Disclaimer: Elphie appartiene a levy e a kitten_21, che detengono ogni sacrosanto diritto su earth_618. Ma sono lovve, e il permesso di scrivere sui loro personaggi è qui. In ogni caso, non ci ho guadagnato un centesimo da tutto ciò :D
Per quanto riguarda la gentaglia del Lovvoverse, ad averne i diritti sono due pazze. Una delle due sono io, e sia io che cialy_girl abbiamo deciso che farmi scrivere su questo verse andava bene.
Il disegno del banner è a opera di levy, ed è stato bannerizzato da cialy_girl (sono circondata da persone che non merito <3)




C’è stato un momento nella vita di Elphaba in cui aprire porte ha cominciato ad essere un’attività piuttosto pericolosa.
Non che lei si sia mai preoccupata di questo - non è il tipo - solo, di rado, la cosa poteva rivelarsi snervante, perché quando esci da camera tua vorresti semplicemente uscire da camera tua, non trovarti davanti ad un cyborg e ad un puma verde che ti mostra i denti, entrambi pronti ad attaccare.
“E tu chi cazzo sei?” domanda il cyborg, piuttosto incazzato, mentre un assordante suono avvisa gli altri abitanti della presenza in più.
In meno di un minuto è circondata da gente assurda (e armata), tutti sul punto di saltarle addosso.
E dire che Elphaba voleva solo bersi un tè.

Analizzando la situazione, si potrebbe dire che Elphaba non è realmente nei guai. Le basterebbe fare un passo indietro per tornare nel suo mondo, è sufficiente mantenere la concentrazione sul portale dimensionale… e sperare che, nel caso, quei tizi non siano così veloci.
“Non attaccate.” Dice improvvisamente uno di loro, un ragazzo biondo e con qualcosa di vagamente familiare, avanzando verso di lei. “Sai dove ti trovi?” le chiede, gentilmente: “Sai chi siamo noi?”
“E come cavolo farebbe a non sapere chi siamo noi?” sbotta il ragazzino con indosso un completo.
Elphaba si morde il labbro inferiore. Non le piace per nulla questa storia. Si limita a scuotere la testa.
E il biondo le sorride, di un sorriso che sembra molto più che familiare - se la mamma sorridesse, sorriderebbe esattamente così, le viene da pensare.
“Siamo i Teen Titans. Ti trovi a Los Angeles. Non ti faremo del male, non ne abbiamo intenzione.”
“Ma capo, è un’intrusa!”
“È confusa,” replica al cyborg, con voce calma: “Non ha intenzione di nuocerci. Sbaglio?”
“No, no!” si affretta a rispondere: “Devo solo tornare a casa, tutto qui, basta che- devo solo tornare indietro.“
Peccato che appena metta mano sulla maniglia si ritrovi con una spada fredda puntata alla gola.
“Fa’ un passo e sei morta.” Sibila la ragazza dai capelli biondi e gli occhi chiari.
“Leonor-“
“No, non me ne frega niente, se è quello che pensiamo io la ammazzo immediatamente. Non farò passare alla mamma di nuovo questo incubo.”
Elphaba vorrebbe dire che lei non è qui per far del male a nessuno, ma ha l’impressione che ad essere disposti ad ascoltarla siano ben pochi, in quella stanza. E comunque preferirebbe continuare a vivere con la gola integra.
“Leonor. Spostati immediatamente.” Il tono improvvisamente autoritario del ragazzo biondo sembra funzionare: sebbene con evidente rammarico, quella che l’ha minacciata si sposta.
“Ora, per favore, dicci chi sei.” Chiede nuovamente lui, ed Elphaba ha come l’impressione che se non risponderà immediatamente, o se la risposta non dovesse piacere, non fermerà nuovamente la ragazzina dal farla a pezzetti.
“Mi chiamo Elphaba Aretha Logan. Ho il potere di aprire dei varchi dimensionali. Sono arrivata qui per sbaglio, e voglio solo tornare a casa.”
È stata chiara e concisa, spera ardentemente che questo basti a farsi capire, che la lasceranno andare, solo che.
Solo che il cuore le sale in gola quando il puma verde si trasforma in un ragazzino verde, troppo, troppo simile al padre che ha visto solo in foto custodite gelosamente dalla mamma. Fa un passo indietro.
“HAI DETTO LOGAN?”

Ha detto Logan. Ora si sono spostati nella sala - troppo lontana dal portale dimensionale, ma è difficile farsi capire da questa gente -, e continuano a fissarla. Lei, dal canto suo, preferisce non soffermarsi troppo sul ragazzino verde.
“Ma, uhm, quindi saresti la figlia di Garfield Logan?” domanda Slade.
“Sì…”
“Non può essere la figlia di zio Gar.” Sbuffa la ragazza che l’ha minacciata di morte.
“No, infatti.” Concorda il ragazzo verde: “Dico, l’avete vista? Non è verde.”
“Questo non vuol dire nulla! Ignorali, Elphie.” A difenderla è il ragazzo che una maglietta con la lettera T in giallo, prendendosi la libertà di usare il suo nomignolo.
“Io mi chiamo Slade, Slade Logan. Questo qui è mio fratello Brion Logan.” Si presenta, sorridente. Brion accenna ad un “tsk”.
Elphaba, a questo punto, vuole davvero tornare a casa.
“Non può essere la figlia di zio Gar!” dice, quasi strillando, Leonor. “Allan, ma l’hai vista?! È la copia sputata della mamma.”
“Uh, beh, sì… in effetti… Elphaba, come si chiama tua madre?”
Elphaba non ha nessuna voglia di rispondere, perché, chiaramente, questo comporterà altra confusione. Però non ha nemmeno molta scelta.
“Raven. Rachel Roth.”
C’è un attimo di silenzio glaciale prima che Sylar scoppi a ridere.

“Non può essere.”
“AHAHAHAHAHAH!”
“Ma lo zio Gar e zia Raven?!”
“Non può assolutamente essere.”
“AHAHAAHAHAHAAHAH, Dio, sto morendo.”
“Io dico di ammazzarla.”
“Leonor, per te bisognerebbe ammazzare tutti.”
“Ma dico, che sappiamo di lei? E se Trigon la controllasse? Potrebbe essere qui per distruggere il nostro mondo. Girovaga per le dimensioni usando portali come lui.”
“Per una volta che Leonor ha ragione…” bofonchia Brion.
“E si risolve ammazzandola?”
“Beh, tanto viene da un altro universo, nessuno noterebbe la sua scomparsa, qui.”
Allan la guarda con rassegnazione: “Non preoccuparti Elphaba, non dice sul serio.”
“Dico sul serio.”
Sente il vento muoversi, e improvvisamente c’è una mano sulla sua spalla. Al suo fianco compare un ragazzo di bell’aspetto, che le sorride.
“Non ti faranno del male, è solo che amano la confusione. Hai detto di chiamarti Elphaba, eh? Mica male come nome. Io sono Richard, ma puoi chiamarmi Rich ♥”
“… Richard.” Sibila Slade, in modo molto minaccioso, spalleggiato da Allan: “Togli immediatamente le mani da mia sorella.”
Richard dà loro un’occhiataccia: “Tu sei il figlio di Slade Wilson, quindi questa non è tua sorella. E comunque viene da un’altra dimensione, con voi due non ha niente a che fare.” Detto questo, si rivolge nuovamente a Elphaba: “Mi stavi dicendo il tuo numero di telefono.”, mentre tra i Titans si scatena l’Inferno.
“Beh, su di te ha ragione…” afferma Allan.
“IO NON SONO IL FIGLIO DI SLADE WILSON! Brion, diglielo tu!”
“…”
“Brion!”
“Non sei verde! E la mamma in quel periodo era molto confusa…”
“Brion! Anche tu!!!”
Ad Elphaba la mano di Richard sulla spalla dà solo vagamente fastidio, più che altro vuole tornare a casa, in fretta.
“Hai un’anima bellissima.” Comincia: “Ma io-“
Finché qualcuno non dà una botta a Richard sulla nuca. Il ragazzo impreca per il dolore e porta le mani sul bernoccolo che si sta formando, mentre Leonor lo guarda gelida.
“Non importa quale versione di me, per quanto sfigata e inutile… tu ed io? Mai, in nessun universo.”
“Leonor, non ti scoperei nemmeno se mi pregassi in ginocchio!” sbotta lui, poi si rende conto di quello che ha detto. Gli altri Titans, che hanno sentito l’ultima frase, si voltano a guardarli.
“…”
“…”
Richard sparisce in una nuvola di polvere.
“Io lo ammazzo.” Ravager si trasforma in energia nera, dalla forma di un corvo, e spedita comincia lo stesso percorso del ragazzo.
“Uhm,” comincia Allan: “Vado a salvare Rich. Voialtri,” indica Elphaba: “Trattatela come se fosse mia sorella. O la sorella di Slade. Insomma, avete capito. Mi raccomando!”
Lasciati soli, è Brian a domandare: “Ma quindi dobbiamo esserne spaventati a morte?”
Nicholand’r le si avvicina incuriosito e le afferra l’orlo del vestito: “Senti, ma nel tuo mondo esiste la mia mamma? Koriand’r? E sta bene? E Tamaran?”
Questo mondo le piace sempre meno. Elphaba ha il magone: “Beh, ehm, non lo so, Starfire è partita tanto tempo fa dal mio universo per entrare in quello a cui apparteneva e… non lo so.”
Nicholand’r inclina la testa.
“Beh, io ho fame.”
La ragazza-demone scompiglia i capelli dell’alieno e prende la mano di Elphaba: “Andiamo a ordinare la pizza, cuginetta!”
“Sei vegan anche tu?” le chiede Slade, ma Elphaba non ha il tempo di rispondere che Lily la sta già trascinando via.

Sei minuti dopo è nascosta sotto il tavolo della cucina insieme a Leonor che mangia cinese. Sopra, volano cibi e insulti di tutte le nazionalità.
“Ma fanno sempre così?”
“Ogni benedetto giorno.”
“…”
Elphaba vuole davvero ritornare a casa.

“Ci ho pensato a lungo, e l’unico modo di aiutare Elphaba a tornare a casa è quello di creare un macchinario interdimensionale diverso da quello della JLA, che abbia una più ampia possiblità di-“
“E usare la magia no, scusa?” domanda Zachary: “È facile e semplice, basta avere-“
“La magia! Oh, certo, perché con la magia secondo te si può avere la stessa probabilità di riuscita di un SOFISTICATO e PRECISO strumento creato dall’uomo?”
“E devo anche risponderti?”
Il battibecco è cominciato quando Elphaba ha nuovamente detto di voler tornare a casa. Inizia ad avere mal di testa.
“No, guardate, basta semplicemente…”
“Certo che devi rispondermi, con qualcosa di sensato e fondato, preferibilmente.”
Intorno a loro c’è il solito chiasso, e gli occhi di Leonor la seguono senza sosta. Brion le gira attorno e questo la innervosisce.
“La risposta sensata e fondata è: lascia fare a chi ne sa qualcosa.”
“MA C’E’ GIA’ IL PORTALE!” urla, alzandosi. La guardano tutti.
“… n-nel senso, il portale… è la porta dalla quale sono entrata. Basta che la attraversi e tornerò a casa.”
A risponderle è Brion.
“E dirlo prima no?”

Adesso il modo che hanno di guardarla è diverso. Sembra quasi che non vogliano lasciarla andare.
“Ehi, se ti capita di tornare da queste parti fammi uno squillo!” afferma Richard, e l’attenzione si sposta su di lui: “Che ho detto?”
“Lo so che siamo un po’ casinisti,” si scusa Allan: “Ma spero che questo non ti abbia infastidito più di tanto.”
C’è un calore strano che colpisce Elphaba: “Non mi avete infastidita.” Dice, mentendo solo per metà, perché adesso tutto quel nervosismo e quella seccatura sono completamente spariti.
“Sì, ma cerca di non tornare.” Dice velocemente Leonor, al che Allan rotea gli occhi.
“Però mi sarebbe piaciuto avere una sorella…” mormora Slade, rivolto più a se stesso. Quando si rende conto di aver parlato ad alta voce, arrossisce. “Nel senso-“
“Grazie tante.” Fa Brion.
Elphaba scuote la testa guardandoli. Sono strani, molto strani, ma fondamentalmente innocui se sei così furbo da non affezionarti.
“Ci vediamo.” Li saluta, prima di oltrepassare il varco.

La prima cosa che vede è sua madre.
“Elphaba, dov’eri sparita?” le chiede.
Elphie l’abbraccia.
Il punto è che lei lo fa raramente, quindi Raven si ritrova, molto confusa, a rispondere in modo goffo al gesto.
“È… è successo qualcosa…?”
Elphaba non risponde, e la stringe un po’ più forte.

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