[Supernatural RPS] J. || #02. Riding on the road

Aug 28, 2012 23:58


Titolo: J.
Serie: Supernatural Rps
Capitolo: 2/?
Character: Jared Padalecki; Jensen Ackles; Jeffrey Dean Morgan;
Pairing: JensenxJared {j2},
Rating: Nc-17
Genre: Slice of life, Fluff, Romance, Melancholy
Word: 3.367
Note: 'Sti capitoli mi stanno venendo tutti più lunghi del previsto, ma quel che conta è che... c'è Jeffrey! Err... cioè, non è una novità che sia una fan di Morgan, praticamente da quando l'ho visto in Grey's Anatomy come Denny Duquette, quindi mi sono divertita da morire ad infilarlo in questo capitolo. Non so se sono riuscita ad intepretare il suo rapporto con i J2 come lo immagino, ma vabbeh, spero di riuscire a spiegarlo meglio nei capitoli che seguiranno, perchè di sicuro riapparirà.
Disclaimers: Gli attori appartengono tutti a loro stessi, con questa fic non si vuole assolutamente discutere i loro gusti sessuali, le loro scelte di vita o quant'altro. E' una fic scritta senza scopo di lucro e senza la pretesa di poter dire di "conoscere" i personaggi che qui si muovono perchè no, non li conosco affatto e in questa fic c'è soltanto la loro idealizzazione.
Capitoli precedenti: 01 - 02





J.
[The amazing guys]


02. Riding on the road
Si annunciava sempre a gran voce, piombando alle spalle delle proprie vittime per coglierle di sorpresa e poi ridere e ridere fino allo sfinimento. Ma era difficile stancarsi della risata di Jared, non che questo rendesse più facile lavorare con quel ragazzo esagitato.
In ogni caso, quando John Winchester si ritrovò a dover sostenere il peso morto di Jared, che gli era letteralmente piombato addosso e poggiava con il mento alla sua spalla destra, non si stupì più di tanto, si voltò a guardarlo con un sopracciglio inarcato.
«Jeffrey, guarda, ammira e muori d'invidia!»
Il braccio del più giovane aveva superato la sua spalla sinistra, per indicare una motoretta dall'aria ridicolmente infantile abbandonata vicino ad una parete e l'uomo si chiese se l'altro fosse riuscito davvero a cavalcare quell'affare.
«E' una moto per bambini, Jared. Non mi sento molto invidioso, considerato che la mia è parcheggiata proprio lì davanti. Ed è una moto per adulti.»
Jeffrey Dean Morgan. E tanto bastava per ricordare chi tra loro fosse l'adulto.
Aveva una voce calda e virile e le ragazze dello staff si scioglievano a sentirlo parlare, molto più che davanti al suo aspetto fisico; nessuno avrebbe sostenuto fosse un brutto uomo, ma con Jensen nei paraggi la concorrenza aveva ben poca strada da fare.
«E che cazzo, così è barare!» sbottò Jared.
«Già, lo so, la vita è crudele.»
«Posso farci un giro?»
«Nemmeno se mi paghi.»
«Eddai!»
«Nope.»
Serrò i denti, voltandosi verso Jensen che, a solo un paio di passi di distanza, guardava i due muovendo gli occhi da una parte all'altra, come stesse assistendo ad una partita di ping-pong.
«Ackles, via con lo spirito di collaborazione!»
Lo sguardo di Jensen si fece confuso.
«Pardon?»
Per un po' Jared si fermò soltanto ad ammirare la sua espressione persa, con un sorriso affettuoso, abbandonando le spalle di Jeffrey per farsi più vicino alla co-star.
«Lo spirito di collaborazione, sai, la fratellanza, la solidarietà.» spiegò.
«Non ti seguo, Padalecki.»
«C'mon, man, non avrai davvero bisogno dei sottotitoli?»
Ma l'ennesimo sguardo perplesso gli suggerì che forse era davvero il caso di spiegarsi meglio. Allungò il braccio intorno alle sue spalle, senza trovare alcuna resistenza se non quella dei muscoli al di sotto della giacca. La confusione del più grande aumentò mano a mano che Jared lo tirava verso di sè, piegando il capo verso il suo, con le labbra che gli solleticarono l'orecchio ed il fiato che si mischiava alle parole, facendolo rabbrividire.
«Funziona così, quando io sono disperato e ti guardo, tu intervieni. In questo caso, per esempio, convinci Jeff a cedere alle mie richieste. Tu sembri quello responsabile tra noi due e sei il più grande, ti crederà di sicuro.»
Un colpo di tosse attirò l'attenzione dei due.
«Jared, almeno non farti sentire da me mentre gli racconti 'ste cazzate.»
Ancora vicino ai due ragazzi, Jeffrey scuoteva il capo, con le mani infossate nelle tasche del giaccone del Padre di famiglia dei Winchester ed il capo incassato tra le spalle ampie, reclinato verso sinistra.
«Non potevi fare finta di non sentire?» borbottò il ragazzo.
«Magari la prossima volta, eh, kiddo.»
«Quindi niente giro sulla moto?»
«Tra qualche anno, forse.»
«Eddaaai.» chiocciò in una preghiera lamentosa. Arricciò le labbra, reclinando il capo di lato, con occhi chiari che sembrarono più lucidi alla luce del sole del pomeriggio e inarcò entrambe le sopracciglia, solleticate dai ciuffi castani della frangia spettinata.
«Jared, non provare i puppy-eyes con me.» lo redarguì, sapeva che ci avrebbe provato, ma fortunatamente sembrava essere uno dei pochi uomini al mondo immuni al potere degli occhi da cucciolo di Padalecki.
«Se guido io e lui sta dietro?»
Entrambi si stupirono a sentire la voce di Jensen infilarsi tra le loro e Jared, di tutta risposta, gli si appese ancora di più alle spalle, gongolando.
Jeffrey sospirò, ruotando gli occhi al cielo. Sbuffò, ma alla fine scrollò le spalle, arrendendosi ai due, puntando l'indice verso il figlio maggiore.
«Se le fate un solo graffio, vi investo con l'Impala e do la colpa a qualcun altro.»
«Roger that.»
«Ackles, ho già detto di amarti?»
Jensen sorrise, soddisfatto e divertito, iniziando a trovare interessante lo "spirito di collaborazione" di cui gli aveva parlato il collega.
«Sì, ma continua pure.»
«Ti amo da morire!» esclamò, regalandogli uno di quei sorrisi tutto denti che da solo sarebbe bastato per illuminare Vancouver e le città vicine. Si voltò anche verso Jeffrey guardandolo con l'aria di un cucciolo felice «Ovviamente amo anche te, Jeffrey.»
Odiosamente irresistibile.

Il petto di Padalecki premeva contro la sua schiena e le braccia gli circondavano la vita, stringendolo dietro di lui, a cavallo sulla moto di Jeffrey che svettava tra le vie di Vancouver, non troppo lontano dal set dello show.
Gli occhi di Jensen si muovevano tra la strada ampia a quattro corsie e gli specchietti, mentre guidava divorando l'asfalto, con il vento in faccia e la voce di Jared a colargli nel timpano, divisa dal proprio orecchio soltanto dal casco integrale che indossava il più giovane. L'unico che Jeffrey aveva dato loro; aveva deciso di lasciarlo a lui, nonostante avesse vinto a morra cinese. "Niente ma, Padalecki, ho vinto io e decido io. E poi tu sei il più piccolo." era stato buffo dare del più piccolo a quella stanga alta quasi due metri, ma quando aveva visto l'espressione imbronciata da bambocci, si era convinto di aver fatto la scelta migliore e, in cambio, si era ripromesso di stare attento, non fare stronzate e riportare entrambi sul set sani e salvi dopo il giro di prova.
Il tachimetro segnava ottanta chilometri all'ora.
E lui guidava con le mani di Jared incrociate davanti al proprio addome.
Dietro la moto e ai lati c'erano i ganci di plastica rinforzata a cui il passeggero avrebbe potuto aggrapparsi, ma Jared stringeva lui.
Novanta chilometri all'ora.
Le mani del ragazzo si aggrapparono più strette alla maglia nera di Dean che fasciava il corpo di Jensen, sentendo perfettamente i muscoli tesi al di sotto.
Novantacinque.
Percepì il corpo piegarsi maggiormente su di sé, era come avere addosso una seconda coperta, con due braccia per stringerlo e due occhi che riusciva solo ad immaginare quando, guardando lo specchietto, la vista si scontrava con la barriera del casco.
Cento.
«Ackles...»
Jensen lo sentì appena.
Centodieci.
«Ackles!»
Il rumore del clacson di un fuoristrada coprì in parte la voce di Jared quando Jensen sterzò di colpo, mantenendo a stento il controllo della moto, sentendo le ruote che stridevano contro l'asfalro mentre rientrava nella corsia di destra.
Rallentò, fino ad accostarsi alla strada, per frenare e spegnere completamente il motore. Le mani si erano arpionate al manubrio di gomma talmente forte da sbiancare le nocche ed il petto si gonfiava e si sgonfiava celermente, in un respiro irregolare che gli bruciava i polmoni.
«Cazzo...»
Che cazzo stava facendo?
Avrebbero potuto fare un incidente e, a quest'ora, la propria testa sarebbe stata spiaccicata contro l'asfalto e spaccata in due, e Padalecki...
Di colpo un tremito gli attraversò il corpo in una doccia ghiacciata fatta di panico. Ruotò il busto per cercare Jared, con il bisogno fisico di toccarlo, stringendone le spalle tra le dita forti, assicurandosi che non si fosse fatto niente e che fosse ancora tutto intero.
Dèi, a che cazzo pensava?
«Scusa... io... mi dispiace. Davvero, di solito non le faccio queste stronzate.» si giustificò, lo sguardo traboccava ansia
«Dude, è ok.»
«No, no, non è ok! Potevamo farci male in due... potevi farti male per colpa mia.»
Se fosse successo, non se lo sarebbe mai perdonato. Mai.
«O-ok.»
Jared annuì davanti alla sua espressione, che era insieme spaventata e determinata. Gli sorrise e, una volta liberatosi del casco, lo poggiò al gancio dietro di sé, per avere le mani libere e poter raccogliere quelle di Jensen tra le proprie, portandole al proprio volto perchè lo toccasse.
«Sto bene, visto? Sono vivo e tu pure.» mormorò, in un tono dolce «Non è stato niente di grave, Jensen, va tutto bene.»
Fu involontario quel Jensen tra le sue labbra, scivolò senza essere notato, lasciando dietro di sè solo una piacevole sensazione di calore al petto di Ackles, mentre le dita sostavano al volto del più giovane. Inizialmente rigide, impacciate, poi, insieme ai nervi che si rilassavano, le mani si aprirono completamente alle sue guance, sentendone la pelle calda sotto i polpastrelli, carezzandone con curiosità gli zigomi e muovendo i pollici in piccoli cerchi, sfiorando l'angolo delle labbra casualmente. Una volta. Due. Tre. Finché non fu più un caso che finissero sempre lì, con gli occhi verdi che non avevano smesso un attimo di guardare la bocca di Jared muoversi.
«Stai bene.» mormorò.
«Yeha.»
«Ok...»
Continuava a toccarlo e carezzarne le labbra e il gesto aveva superato da molto il limite amichevole, andando oltre anche a quello fraterno.
«Ok.» ripetè, sbattendo più volte le palpebre; si rese finalmente conto dell'ambiguità di quello che stava facendo e allontanò velocemente le mani, per voltarsi e guardare verso la strada.
Era stato solo un momento di defiance, si convinse, nient'altro. Solo l'adrenalina scatenata dallo spavento e il fatto che iniziava a vedere Padalecki con gli occhi di Dean, sentendosi in dovere di proteggerlo e avere cura di lui come avrebbe fatto un fratello maggiore.
Nulla di più.
«Se ti fidi ancora, ti riporto indietro.» affermò.
Jared si rimise il casco.
«Mi fido ciecamente di te, Ackles.»
Ed il cuore di Jensen si fermò per un attimo, riprendendo a battergli in gola.

Convincere Jared a smettere di terrorizzare John Winchester durante le riprese (che fossero maledetti i suoi "Ti ho già detto di aver inciso con le chiavi, sulla fiancata della tua moto, un cuore con le nostre iniziali?"), era stato difficile ed il lavoro era finito più tardi del previsto. Come se non bastasse, Jeffrey aveva insistito perchè il più giovane lo accompagnasse nel punto in cui avevano parcheggiato la moto, per controllare che effettivamente non l'avesse -testuali parole- "stuprata".
Prima di lasciarlo libero di andare, si era preso la libertà di tirargli uno scappellotto in testa, accompagnato da un indice puntato e il cipiglio da genitore che iniziava ad acquistare a causa dello show.
«E non osare più spaventarmi a quel modo, son.» perfino la frase sembrò pronunciata dal suo personaggio.
Jensen, seppure di malavoglia, si era ritrovato a seguirli; era stato più taciturno del solito ed era rimasto in disparte, nonostante Padalecki, lamentandosi dello scappellotto, gli si era avvicinato pretendendo di venire consolato.
«Papà è cattivo!»
«Jared, ti sento!»
«Ma sei ancora qui? Vai Jeff, o Ackles non si sentirà libero di consolarmi e allora toccherà a te!»
Jeffrey scosse il capo, ma rideva quando mosse la mano in un cenno di saluto rivolto ad entrambi e, presto, il rombo della sua moto si allontanò, sparendo per le strade buie di una Vancouver notturna, dai lampioni accesi e i semafori arancioni e lampeggianti.
Rimasero in silenzio per qualche lungo minuto, in piedi nel parcheggio, a qualche metro dalla piazza dei trailers da cui il vociare degli altri attori e dello staff si levava alto. Qualcuno aveva urlato anche i loro nomi, ma Jared afferrò il polso di Jensen ed iniziò a trascinarlo più lontano.
«Padalecki?»
Le dita del ragazzo erano strette intorno al proprio polso, non pensava possedesse una forza tale da tirarselo dietro e impedirgli di liberarsi dalla presa.
«Non fare domande.»
«Che diavolo significa non fare domande? Non ho voglia di sche...»
Il fiato gli si bloccò in gola.
Jared si era fermato di colpo, si era girato ed il suo volto si era abbassato alla stessa altezza del proprio. Occhi negli occhi.
Ora poteva vedere senza problemi il colore di quelli del ragazzo: erano verdi, di un verde screziato d'ambra e mischiato con gocce grigie che rendevano il suo sguardo pieno di sfumature, magnetico.
«Niente domande.» sussurrò di nuovo e Jensen smise di farne e di opporsi, seguendolo docilmente.

Il luogo dovevano raggiungere era... alto.
Avevano camminato per parecchio, allontanandosi dal set per imboccare una viuzza poco frequentata della città, entrando in un minimarket aperto 24 su 24 per recuperare un paio di birre ghiacciate e rimettersi in marcia, fino a raggiungere un edificio uguale a tanti altri. O almeno così aveva creduto Jensen.
Jared invece sembrava di ben altra idea, si era avvicinato alla muratura scura, aveva piegato le gambe lunghe e poi era saltato verso l'alto, scattando come una molla verso la scaletta antincendio a cui si aggrappò, facendola sfilare verso il basso grazie al proprio peso.
«Padalecki ti avverto, non andrò a casa di una vecchietta per rapinarla.»
Jared rise.
«Seguimi, piuttosto.»
«Dimmi almeno che quello che vuoi fare è legale.»
«Tranquillo, Ackles, non ci arresterà nessuno.» gli fece un occhiolino, ammiccando, e salì per la scaletta, piolo dopo piolo, su fino in cima, controllando di volta in volta che l'altro lo seguisse, incitandolo con qualche frasetta (Ackles, ho capito che vuoi guardarmi meglio il culo, ma non rimanere in dietro.) e prendendosi dei sentiti "Fanculo" in risposta.
Spalancò le braccia, tirando indietro il capo, con le bottiglie di vetro che tintinnavano nel sacchetto.
«Eccoci arrivati, fai come se fossi a casa tua.»
Bastarono un paio di falcata per portarsi vicino alla ringhiera dal ferro arruginito del tetto dell'edificio e si sedette in terra, imitato dal collega.
Il tetto di un edificio, il cielo di Vancouver con le sue stelle, una bottiglia di birra e Jared seduto accanto a sé, con il vento che giocava pigro con il suo corpo, spettinandogli i capelli e gonfiandogli la felpa di scena, per poi sgonfiargliela e farla ricadere più aderente ai fianchi stretti.
Jensen si sentì colpevole a pensare che quella poteva essere la serata perfetta per antonomasia.
«Un penny per i tuoi pensieri.»
Si voltò stupito.
«Un penny per i tuoi pensieri.» ripeté l'altro. Era serio e aveva quello sguardo, quello che voleva dire "sono in pensiero per te, buddy, e vorrei davvero far sparire tutto quello che ti ferisce".
E Jensen non sapeva nemmeno come diavolo facesse a conoscere quello sguardo.
«Facciamo cento dollari e se ne può parlare.» scherzò, poco convinto.
«Ci sto.»
«Spiritoso.»
«No davvero, what's up brò? Non sarà ancora per la storia della moto, vero?»
Il fatto che Ackles distogliesse lo sguardo per puntarlo altrove, oltre il tetto, verso le luci della città e le sue strade, fu una risposta più che sufficiente.
Non pensava l'avesse presa così male. Stava per dire qualcosa quando il suono ovattato di una canzone che aveva già sentito prima, lo interruppero.
«Dude...» fece, guardando prima Jensen, poi la tasca del giaccone in cui il ragazzo stava iniziando a ravanare.
«Non dire niente.» sbuffò.
Come no.
«Ok voler entrare meglio nel personaggio, ma hai messo i Metallica come suoneria?»
«...forse.»
Lo mormorò proprio mentre, tirando fuori il cellulare, l'assolo della chitarra lasciava spazio alle parole di Fade to Black dei Metallica, che da solo bastava a smentire quel suo forse buttato lì.
Jared scosse il capo, in una finta espressione di biasimo, mentre allungava il collo, spiando curioso il display del cellulare, scoprendo il nome di una ragazza che lampeggiava accanto alla scritta Incoming Call.
L'angolo destro delle labbra si inarcò in un sorrisetto malizioso, aveva riconosciuto quel nome, aiutato dal fatto che l'avesse sentito solo la sera prima.
«Beh, che fai, non rispondi ad Alison?»
Jensen deglutì.
Il modo in cui aveva pronunciato quel nome, rigirandoselo sul palato prima di farlo rotolare giù dalla punta della lingua, come se ne leccasse tutte le lettere, gli fece colare un brivido giù per la schiena. L'aveva trovato dannatamente erotico.
Per un colpevole istante si chiese come sarebbe stato se, al posto di Alison, ci fosse stato il proprio nome.
Dio, che cazzo mi passa per la testa? Manco fossi una ragazzina di quattordici anni.
«Ho già una mia Alison e le sono fedele.» rispose, con qualche istante di ritardo, rifiutando la chiamata.
«Ackles ha la ragazza ed io non ne so niente? Ma che diavolo fanno i media e a che diavolo di tabloid di serie z hanno venduto la notizia, i paparazzi?»
«Ma finiscila.»
«Eddai brò, racconta. Nome, colore dei capelli e degli occhi, misure e, cosa più importante, ha una sorella?»
Ci mise parecchio a metabolizzare le domande, si impegnò principalmente a mantenere la salivazione a livelli normali, mentre sentiva i muscoli irrigidirsi e lo sguardo farsi più duro.
Jared lo fissò a lungo, osservando affascinato da chissà che cosa gli occhi dell'altro, forse dalle pagliuzze di un verde più chiaro che risplendevano ogni volta che la luce si rifletteva sull'iride, dandogli quell'espressione felina che tanto piaceva alle sue fans.
«Non sei arrabbiato.» commentò dopo un po' il più giovane. Un'affermazione, non una domanda.
«Perchè dovrei essere arrabbiato?» sbuffò Jensen, con un sospiro pesante.
«Perchè alle volte hai quest'aria accigliata, ti impettisci e... oh.»
«Oh?»
In risposta ci fu un sorriso enorme, uno di quelli che si chiedeva come diavolo facessero a stare sulla faccia di Jared, tra i suoi lineamenti lunghi e sottili, ancora da ragazzino. E poi arrivarono le sue braccia a circondarlo in un abbraccio soffocante, così caldo che pensò si sarebbe sciolto di lì a poco o sarebbe morto perchè, invece dell'ossigeno, era costretto a respirare l'odore della pelle dell'altro e gli piaceva.
Gli piaceva.
Cazzo, perchè gli piaceva?
«Lo sapevo che anche Jensen Ackles era umano! Lo sapevo! Anche tu ti imbarazzi!»
«Co-co... cosa diavolo vai farneticando, coglione? E smetti di stritolarmi, razza di piovra gigante!»
Lo sentì ridere e di nuovo non poté fare a meno di trattenersi dal pensare a quanto bella fosse la sua risata: allegra, genuina, piena di vita. Splendidamente da Jared.
Ed alla fine il ragazzo si allontanò da lui, senza perdere l'espressione compiaciuta di un birbante.
«Mi sento realizzato, ho scoperto l'unico difetto di Ackles: la timidezza. Ora sono potente!»
«Ma non dir stronzate... e poi ne ho di difetti.» borbottò e la prima cosa a cui non riuscì a fare a meno di pensare furono le proprie gambe, che osservò con cipiglio.
«Nah, le gambe arcuate non valgono, è un marchio di fabbrica, come le lentiggini, chiedilo alle tue fans e tutte le troveranno iresistibili.»
«Ma vaffanculo, Padalecki.» gli tirò una spinta contro la spalla, anche se senza troppa forza ed il più giovane ridacchiò divertito, restituendogliela.
«Comunque, basta cambiare argomento, mi stavi parlando della tua ragazza, la conoscerò?»
Jensen scrollò le spalle.
«Immagino di sì, prima o poi.»
«Bene.»
«E tu? Ragazze?»
Le labbra di Jared si distesero in una linea piatta e lo sguardo corse lontano, mentre scuoteva il capo. Doveva essere rammarico quello che gli vide in faccia, ma pensò fosse troppo giovane e disinibito per provare una cosa del genere. Il rammarico è cosa da vecchi bacucchi che non hanno più modo di tornare indietro a rimettere a posto gli errori fatti, il rammarico non era cosa per Jared Padalecki.
Eppure gli si strinse il cuore quando lo vide stringersi nelle spalle e giocare nervosamente con la felpa, tirandola e sformandola.
«Ci siamo lasciati da un po'.» confessò, in un sussurro sommesso.
«Mi dispiace.»
«Nah, è andata meglio così. Il problema è stato il motivo per cui abbiamo rotto.»
«Vuoi parlarne?»
«Non c'è molto da dire in realtà, le ho detto che mi piaceva un'altra persona... ci siamo mollati e quando... beh, quando mi sono fatto avanti con quella persona, mi ha respinto.» un sospiro e via, Jared tornava a sorridergli, come se fosse stata una storia accaduta a qualcun altro o non avesse avuto davvero alcuna importanza.
Era passato tempo, il tempo guarisce ogni ferita e stronzate così, avanti il prossimo. Ma Jensen intuì che c'era altro che Padalecki aveva preferito non raccontargli, che c'erano particolari più importanti che aveva preferito tenere solo per se stesso.
Gli sorrise di rimando, senza insistere.
«Chiederò a Joanna se ha un'amica da presentarti.»
«Grande! Sapevo che entrare nelle tue grazie sarebbe servito!»
«Easy tiger.» gli tirò un amichevole pacca dietro alla nuca, così come avrebbe fatto con Sam «Per entrare nelle mie grazie ne devi ancora fare di strada.» Mentì.
Senza che se ne rendesse conto, Jared era già entrato nelle sue grazie e, probabilmente, nulla sarebbe riuscito a toglierlo da lì.

character: jensen ackles, character: jared padalecki, character: jeffrey dean morgan, long-fic: j., pairing: j2, [rps], [longfic]

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