Oggi avevo il turno di quattro ore da sola con il pc e grazie al fatto che ho ricevuto pochissime telefonate ho sfornato il nuovissimo capitolo di CALL MY NAMELESS NAME NOW KONO TSUMI WO SHARE DE TELL MI UAT DU IU UANNA DU NAU BAT SOKO DE TABUUUUUU!!!! (UAT IU SEI GUUUUUUUUUURL)
Buona lettura!
TITOLO: Nameless
GENERE: Azione, Introspettivo, sentimentale, AU (Wild 7)
FANDOM: Kanjani8, Arashi e qualche senpai qua e là
PAIRING: AibaMaru
RATING: NC-17
DICLAIMERS: Kanjani, Arashi e i vecchiacci non sono di mia proprietà, ma sono sicura che il prossimo Natale troverò almeno un Maru o un Aiba sotto l'albero.. Questo sarà l'anno giusto!!
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3Scesero le scale secondarie, quelle che portavano direttamente al garage. Hunter mise un braccio attorno alle spalle di KT e, con fare quasi paterno, gli chiese notizie sul suo periodo di pausa.
“Ho saputo che avevi iniziato a lavorare in una libreria. E’ proprio un peccato che tu sia stato richiamato in servizio.. Ops! Sono stato io a farlo!” rise.
A KT venne la pelle d’oca sia per la risata finta sia perché si era appena reso conto che lui sapeva dove aveva passato gli ultimi tre anni e cosa aveva fatto. Pensava di aver cancellato bene le proprie tracce ed invece si era conto che da Hunter non si poteva scappare.
“E sì, mi stavo integrando bene.. Ma poi il dovere ha chiamato e io non mi sono di certo tirato indietro!” disse enfatizzando il tutto con il saluto militare.
“Bravo il mio campione!”
Viscido, pensò sforzando di fare un sorriso.
Il garage era immenso. Ogni tipo di mezzo di trasporto era rinchiuso in quelle quattro mura: motociclette, automobili, biciclette persino un bus. Mentre lui e Huner si addentrarono nella sezione moto, KT intravide finalmente le tre sagome dei suoi nuovi compagni di lavoro. Era difficile per lui accettare l’aiuto di altre persone, perché era sempre stato abituato a svolgere le proprie missioni da solo e ora, il dover essere responsabile di altre tre persone, lo metteva a disagio. Era anche vero che, essendo diplomati all’Accademia, potevano benissimo cavarsela da soli e cercare di non venir ammazzati per un incarico così stupido.
Quando se li ritrovò davanti, si sorprese del fatto che uno dei tre lo conosceva.
“Senpai!” esclamò meravigliato tendendo la mano.
Riida gliela strinse con forza. “KT! E’ da tanto che non ci si vede, ne? Ne hai fatta di strada!” si vedeva lontano un miglio che quelle parole gli venivano dal cuore.
“Ma allora lo conoscevi veramente!!! E io che pensavo lo dicessi per farti bello con me... Dai, su, presentamelo!!” si intromise brutalmente quello che doveva chiamarsi Nino.
“Scusa, ma non abbiamo fatto tutti la stessa scuola nello stesso periodo? Dovresti conoscerlo anche tu. Se non mi sbaglio ti sei diplomato l’anno successivo..”
“Oh, Riida, non toccare questo tasto” e abbassando la voce si avvicinò al compagno e disse “Senpai KT non mi ha mai notato, non dirlo a nessuno, mi raccomando!” Non importava quanto la sua voce fosse stata bassa, KT aveva sentito tutto e dovette trattenersi per non ridere. “All’epoca passava tutto il suo tempo con i fratelli Sakurai e non aveva certo il tempo di stare con noi pischelli. Chissà che fine ha fatto il fratello Sakurai che è sopravvissuto alla prova finale…”
Notando che la discussione stava prendendo una brutta piega, fece finta di tossire per richiamare l’attenzione.
“KT questo è Nino, è un tuo grande ammiratore..”
Oh, non ci dubbi, pensò mentre frugava tra i suoi ricordi. In realtà, quel viso gli era noto, certo erano passati tanti anni, ma quel faccino da topino gli ricordava quel kohai che esultava ogni volta che faceva un canestro nel capetto del cortile dell’Accademia.
“Certo! Mi ricordo di te. E’ un piacere lavorare insieme.” disse quelle parole sapendo che avrebbero fatto piacere al ragazzo e che avrebbero incentivato la sua voglia di collaborare in questa missione. Vide gli occhi di Nino illuminarsi, aveva raggiunto senza fatica il suo scopo.
Hunter poi gli presentò J. Si strinsero la mano senza dire una parola, ma quell’aria da insolente che il ragazzo sprigionava da ogni poro gli stava già facendo saltare i nervi. Era una bomba che poteva scoppiare da un momento all’altro, senza preavviso.
“Direi che siamo pronti per partire.” disse Hunter infilandosi in auto.
“Riida e Nino voi starete davanti alla macchina, J dietro e io chiuderò la fila. Il primo che disobbedisce ai miei ordini” guardò J “Verrà punito.”
Si misero i caschi, provarono i microfoni e accesero i motori.
Arrivati a metà del Rainbow Bridge un tir di dimensioni notevoli li sorpassò. KT ebbe una strana sensazione e decise di mettersi davanti a Nino e Riida.
“Se dovesse succedere qualcosa siate pronti a fare un'inversione.” comunicò ai tre ragazzi e all’autista. Appena finito di spiegare cosa fare in caso di pericolo vide il portellone del tir aprirsi. Non esitò un secondo.
“Veloci, veloci!” urlò fermando la moto.
Vide Nino, Riida e la macchina fare dietrofront. Si voltò per capire in che guaio si fossero messi: sette motociclisti si stavano avvicinando sempre più velocemente. Sentiva i rombi dei motori risuonare nello stomaco. Una moto lo sorpassò. Era J.
“J torna in dietro!” gli ordinò, ma il ragazzo si gettò come un kamikaze tra le due file di moto. Lo vide prendere la pistola e sparare alle gomme, ma all’improvviso sbandò e cadde rovinosamente a terra.
“Sei proprio un coglione!” urlò al vento e, accelerando, si diresse contro i Wild 7. Tolse entrambe la mani dal manubrio, prese in mano le due pistole e, prima che i sette se ne potessero accorgere, gli bucò tutte le ruote. Il pirla con il sidecar aveva rallentato un po’ il tutto, ma quando lo vide ruzzolare a terra sogghignò. Ora che i Wild 7 erano sistemati si diresse verso J. Aveva un braccio che sanguinava.
“Se fossi in te mi sbrigherei.. Ci vediamo all’Accademia.”
Ci mise un bel po’ prima di arrivare, sfogò la sua rabbia sull’acceleratore della moto girovagando senza meta. Si diresse subito verso il garage, meno vedeva dell’Accademia e meglio era. Non voleva aggiungere altri brutti ricordi al suo umore ormai alterato.
Parcheggiò la moto, buttò con violenza il casco a terra e si diresse incazzato come una bestia verso J che era già arrivato. Gli prese il braccio ferito e glielo strinse, poi lo schiaffeggiò talmente forte che la sua mano rimase impressa sul volto del ragazzo.
“Dimmi, quanti anni hai? Tredici? Sei un tantino grande per non saper cosa vuol dire obbedire gli ordini di un superiore?” e strinse in una morsa il braccio. Aveva la faccia pochi centimetri da lui, sguardo nello sguardo, ma i suoi occhi non esprimevano niente: né rabbia, né paura, né sfida. Il nulla. Gli vennero in mente gli occhi di Kimi il giorno della prova finale, gli venne la pelle d’oca e lasciò la presa spingendolo sul pavimento.
Ringraziò Riida e Nino per l’ottimo lavoro che avevano svolto, i quali, sorridendo, fecero un piccolo inchino.
“Noi andiamo in infermeria, vieni con noi?” chiese Riida, mentre Nino stava cercando di aiutare J ad alzarsi.
“Vai via! Riesco a farcela da solo, non ho bisogno di te.” e lo spinse con la poca forza che aveva, ma Nino, senza ascoltarlo, lo prese per il braccio sano e iniziarono ad avviarsi.
“No, grazie Senpai! Preferisco rimanere qui.”
Si rese conto che restare solo in quel luogo non era stata la migliore delle idee. Cercò di pensare ad altro, ma i ricordi dei giorni passati all’Accademia erano ancora vivi dentro di sé. Lui, Sho e Kimi: i tre moschettieri, sempre insieme. Da prima erano compagni di marachelle, poi crescendo, erano diventati compagni di studio e di addestramento. Erano diventati amici per la pelle e questo era severamente proibito dalle leggi dell’Accademia, perché non ci si poteva affezionare alle persone, soprattutto se queste potevano morire da un momento all’altro. E ora, dopo tanti anni, KT si ritrovò a pensare che quel principio non aveva tutti i torti.
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Ritornò a casa a piedi, con i suoi abiti da civile e la ventiquattro ore con all’interno i temi dei bambini.
Si fece una doccia e mangiò qualcosa. Tutte azioni che compì meccanicamente senza pensare troppo a quello che stava realmente facendo. Per un attimo il terrore di ritornare ad essere un robot senza emozioni lo colse improvvisamente, poi si ricordò dell'appuntamento con Pyro e questo lo fece sentire vivo: aveva un cuore che batteva, due mani che sudavano e il pensiero fisso di volerlo vedere al più presto.
Mise i fogli scritti dai bambini in ordine sul tavolo. Aveva chiesto loro cosa volessero diventare da grandi. Vorrei essere ricco. Vorrei aiutare i miei genitori al negozio. Vorrei avere una famiglia. Vorrei essere un dottore, per essere ricco ed avere tante ragazze. Vorrei girare il mondo.
Vorrei solo essere felice.