[Hey!Say!Jump] Hakanai yubisaki [06/08]

Nov 23, 2012 21:10

Titolo: Hakanai yubisaki
Fandom: Hey!Say!Jump
Pairing: Takaki Yuya x Chinen Yuri ; Yabu Kota x Inoo Kei ; Takaki Yuya x Yamada Ryosuke ; Yamada Ryosuke x Chinen Yuri.
Rating: NC17
Avvertenze: Slash, NonCon!, Death!Fic, Violence, AU!, Under!Age
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: Yuya è cambiato. Yuri lo percepisce in ogni suo movimento, eppure fidarsi dell'uomo che gli aveva rovinato la vita non era semplice.
Note: Sequel della storia di vogue91 intitolata "Sanagi". Per ulteriori informazioni sul 'verse yakuza, clicca * qua*
Note 2: Scritta per il bigbangitalia.
Note 3: Scritta per la 500themes_ita
“83. Contando gli anni.”
“158. Temi ciò che non puoi conoscere.”
“210. Fragile come un sogno.”
“454. Sognare l’impossibile.”
“435. Vivere un incubo.”
“66. Perché lo chiamano cadere.”
“34. Incubo.”
“412. Compagno di vita.”
WordCount: 35.141 fiumidiparole

Lista capitoli precedenti: 
Prologo
Capitolo 01
Capitolo 02 
Capitolo 03 
- Capitolo 04 
- Capitolo 05

**



Capitolo 05

Yabu osservò Kei vagare per casa. Sbuffò, lievemente irritato. Yuya aveva chiuso l’ufficio per qualche giorno, per rimanere a casa con Yuri che era stato colto da una crisi di ansia pre - esame di ammissione, dato che era da più di tre anni che non frequentava una scuola e non sosteneva un esame.
Il più grande fece cadere di nuovo lo sguardo sul libro che stava leggendo. Kei fece la spola un paio di volte dal salotto alla stanza, fino ad arrivare alla cucina. Guardò per l’ennesima volta dentro al frigo e poi si buttò sul divano, senza dire nulla.
Socchiuse gli occhi, cercando di moderare il proprio nervosismo. Odiava quando Kei ciondolava per casa senza avere un apparentemente ragione per vivere. Di solito si metteva a guardare la televisione, e se proprio non c’era niente che gli piaceva metteva i dvd delle sue serie televisive e guardava quelle. Oppure rimaneva in camera a dormire, cosa che faceva per la maggior parte del tempo quando non guardava drama e quando non era impegnato con le faccende domestiche.
A Kei di solito piaceva tenersi occupato con i lavori di casa. Diceva sempre che lo distraevano, che gli permettevano di sentirsi un po’ più utile e un po’ meno un peso. Di solito, prima del litigio con lo yakuza, Kei andava nel pomeriggio a dare una sistemata anche a casa di Yuya. Era risaputo all’interno della famiglia che Yuya era completamente negato per ogni faccenda di tipo domestico.
Non era in grado di passare l’aspirapolvere, né tanto meno di mettersi a cucinare. Programmare la lavatrice e stirare poi erano veramente un’utopia anche se Kota sospettava che fosse più per pigrizia e per far fare qualcosa a Kei che per reale incapacità. Ma non aveva mai detto niente, anche perché Kei trovava piacevole quel passatempo, un modo anche per sdebitarsi dei continui aiuti di Yuya che faceva di tutto per alleggerire il borsello di Kota dai dispendiosi trattamenti medici.
Kota non era mai stato ricco. Entrare nella yakuza lo aveva aiutato un po’, indubbiamente, ma i primi anni le sue finanze venivano costantemente prosciugate dalle visite all’ospedale e dalle costosissime medicine che Kei prendeva per tenere sotto controllo l’ansia, la depressione, gli incubi e la paura.
C’era stato un periodo, quando non aveva ancora confidenza con Yuya e non era ancora il suo braccio destro, che non riusciva a mangiare perché preferiva comprare le medicine e far mangiare Kei.
Era dimagrito vistosamente in quel periodo e, nonostante gli anni, Kota non era più riuscito a riprendere i chili persi. Poi Yuya aveva iniziato casualmente ad aumentargli lo stipendio. A volte li spacciava per “straordinari”, a volte per “pagamenti anticipati”, altre volte gli aveva detto che “aveva sbagliato a versare i soldi e li aveva messi nel conto corrente di Kota invece che nel suo”.
Il più piccolo aveva cercato di restituirgli i soldi, ma Yuya non aveva voluto saperne. Anzi, era interessato alla condizione di Kei, gli stava vicino quanto poteva e quando Kota doveva andare via per giorni interi, si offriva di stare con lui per fargli compagnia.
Passavano le ore insieme e Kota si chiedeva sempre di che cosa potessero mai parlare, diversi come erano. Perché Yuya e Kei erano veramente diversi. Per modo di vestirsi, mangiare, vivere. Anche semplicemente il modo di salutare o di approcciarsi a qualcun altro era diverso.
E vedere che comunque Kei riusciva ad aprirsi, a tornare lentamente il ragazzo che era prima, gli aveva sempre fatto piacere, perché comprendeva, anche se con difficoltà, che non poteva fare tutto da solo.
In quegli anni invece, da quando Kei e Yuya avevano discusso, sembrava che tutti gli sforzi degli anni passati fossero come sfumati. Kei era tornato a chiudersi in sé stesso, riprendendo quell’atteggiamento infantile e sciocco che aveva sempre usato come maschera per difendersi dal mondo, anche quando andavano ancora a scuola e la loro sembrava essere ancora una vita normale.
Era diventato più taciturno e aveva praticamente smesso di uscire di casa se non per fare la spesa e incontrarsi qualche volta con Yuri, e Kota ormai si era veramente stancato, sentendosi inutile, come se fosse messo costantemente da parte da Kei per poter stare con Yuya.
Sapeva dentro di sé che la sua era una velata ed un po’ inutile gelosia - mai si ricordava di aver visto Kei rimandare un appuntamento con lui per poter stare con Yuya, ma si sentiva comunque un gradino sotto al suo aniki.
E la sola idea di parlarne con uno dei due, per poter poi essere oggetto di derisione da parte di entrambi, non era una delle sue massime aspettative di vita.
Sentì Kei ciabattare per l’ennesima volta verso il frigo e fu a quel punto che, preso per la più totale esasperazione che durava ormai da quasi due anni, Kota chiuse di scatto il libro, alzandosi in piedi.
Kei alzò la testa voltandosi verso di lui, perplesso.
« Ko? » domandò, con la sua voce innocente.
Il diretto interessato rimase fermo davanti alla poltrona e poi sospirò ancora.
« Kei, perché non facciamo qualcosa? » domandò poi avvicinandosi a lui, sorridendogli dolcemente « Magari andiamo sul lungomare e ti compro un gelato, che ne dici? »
Kei mise su un broncio pensieroso, poi scosse la testa.
« Non mi va di arrivare fino al lungomare. »
Yabu sospirò di nuovo, più pesantemente di prima.
« Allora andiamo a prendere un gelato nel quartiere. Ci mettiamo seduti ad un bar a chiacchierare e a prendere un po’ del fresco della sera, che ne pensi? »
Kei ciondolò di nuovo, buttandosi per l’ennesima volta sul divano.
« No. Non ho voglia di uscire. »
« Guardiamo un drama? »
« Non c’è niente che mi vada di vedere. »
« Allora ti aiuto a sistemare la credenza in cucina o l’armadio, non dici sempre che sono troppo disordinato? »
« Mh… sì… ma non ho molta voglia di mettermi in camera a sistemare. »
« C’è qualcosa che vuoi fare, allora? » esclamò Kota a voce alta, nervoso e arrabbiato allo stesso tempo.
Kei roteò gli occhi e gli diede le spalle, continuando a stare sdraiato sul divano.
« No. Lasciami stare. »
« E’ a causa di Yuya, vero? » continuò, il tono alto come prima.
Kei non si voltò nemmeno.
« Sei un idiota Kota se pensi queste cose. » borbottò.
« Sarò anche idiota, ma questo è quello che mi lasci comprendere. E’ tanto tempo che non facciamo niente insieme, Kei. Io mi ammazzo di lavoro da mattina a sera per te e tu non hai nemmeno la decenza di fare qualcosa con me. » si sfogò il più grande, sentendo la rabbia che prendeva il sopravvento.
Era stanco di sentirsi messo continuamente da parte, dopo tutta la fatica e i sacrifici che faceva e che aveva fatto, solo perché Kei era triste e depresso a causa della rottura con il suo migliore amico.
Si sentiva privo delle fondamenta, come se non avesse più un pavimento su cui appoggiare i piedi. Sentiva che scivolava, lentamente, nell’oblio della rabbia e della gelosia, percependo la propria anima cadere e cadere e cadere.
Si meritava un po’ di comprensione e di considerazione. Per una volta, solo una, avrebbe voluto sentire di essere lui al primo posto delle sue priorità.
« Che stai dicendo Kota? Yuya non c’entra nulla, è solo un altro idiota come te. »
« Mi sono stancato Kei. Ogni sera è sempre la stessa storia. Stiamo chiusi in casa perché tu non hai voglia di uscire, ignorando costantemente quello che voglio fare io. Ti sono stato accanto per anni, ti ho aiutato nei momenti più brutti della tua vita, cazzo, sono diventato uno yakuza per stare con te e per aiutarti. » gli urlò frustrato.
Kei si alzò in piedi, il volto misto in una smorfia di rabbia e di delusione.
« Cosa vorresti dire? » sibilò Kei piano « Non ti ho mai chiesto nulla Kota, non ti ho chiesto io di mollare la tua vita, la tua università, la tua famiglia per me. Non far ricadere sulle mie spalle il peso delle tue stupide decisioni. »
Kota rimase un secondo in silenzio. Poi agì completamente di istinto. Alzò una mano e gli rifilò probabilmente il primo schiaffo della sua vita.
Kei cadde sbilanciato sul divano, seduto, la faccia pallida e una mano sulla guancia colpita. Rimase con la testa china sul petto, gli occhi immediatamente lucidi, il corpo che iniziava lentamente a tremare.
« Sei solo un ingrato Kei. Sono felice di vedere che del mio amore non te ne è mai fregato un cazzo. » sussurrò Kota, cercando di sentirsi in colpa per quello che aveva appena fatto, ma senza riuscirci « Ti ho dato tutto me stesso, tutta la mia vita. L’ho fatto perché volevo renderti felice e mai una volta in tutti questi anni mi sono pentito delle scelte che ho fatto. Ma se tu devi pensare sempre e solo a Yuya, allora non vedo perché io debba continuare. »
Kei rimase in silenzio. Era praticamente la prima volta che litigavano così seriamente, Kota non aveva mai alzato le mani su di lui e tutto quel discorso gli stava facendo girare la testa per quanto era priva di senso.
« Allora dimmi qualcosa! » urlò Kota, le mani strette a pugno.
Il più piccolo continuò a rimanere in silenzio, senza fissarlo. Nella sua testa si alternavano pensieri senza senso, senza che lui riuscisse a metterli a posto, a sistemarli, a capirli.
Kota scosse la testa e lanciò sul divano una scatola di medicine.
« Tieni, questa evidentemente è l’unica cosa per il quale stai con me. » sussurrò prima di dargli le spalle e lasciarlo da solo a casa.

**

Yuya andò ad aprire la porta di casa e rimase per una manciata di secondi senza riuscire a dire nulla. Davanti a lui c’era Kei, con la testa china, che piangeva senza sosta.
« Che è successo? » chiese, iniziando ad agitarsi.
Si guardò intorno, cercando Kota, iniziando a temere il peggio.
« Entra, vieni dentro. » mormorò poi facendolo entrare « Yuri, prepara un tè. » esclamò poi a voce alta.
« Non alzare la voce. » urlò Kei scostandolo e piegandosi a terra, portandosi le mani sulle orecchie, iniziando a mormorare qualcosa di indecifrabile e a dondolarsi avanti e indietro.
Yuri arrivò di corsa all’ingresso, prontamente fermato da Yuya, che lo allontanò, senza staccare gli occhi da Kei, ancora singhiozzante e accovacciato a terra.
« Vai di là. » sussurrò piano al fidanzato « E non ti preoccupare. »
« Ma Kei… »
« Kei ha una crisi. Tranquillo, so come fare. »
Nella testa di Yuri si alternarono ricordi e sensazioni diverse. La gelosia di quando li aveva visti uscire dal conbini, la sensazione che Yuya si preoccupasse troppo di quegli che erano gli sbalzi di Kei, di nuovo quel polsino macchiato di sangue, sommato ad altre piccole macchie che aveva trovato nel corso delle settimane.
Comunque gli obbedì, allontanandosi e mettendosi in cucina, ad aspettare. Yuya dal canto suo si sedette sul gradino dell’ingresso davanti a Kei, poggiandogli lievemente le mani sulle spalle, ma quest’ultimo si scostò ancora, allontanandosi, piangendo più forte di prima, urlando che voleva solo fargli del male, scalciando e muovendo le braccia.
Lo yakuza si avvicinò lentamente, prendendogli con calma le mani e sussurrandogli che sarebbe andato tutto bene.
« Kei, sono Yuya. Tranquillo, qui nessuno ti farà del male. » mormorò con una voce così dolce che a Yuri si strinse il cuore nel sentirla.
Il ragazzino continuò a singhiozzare, a mormorare il nome di Kota e a dondolarsi.
« Kei, ora conta insieme a me, ok? » domandò piano lo yakuza « Conta fino a dieci con me. Uno… » iniziò. « Due… tre… » continuò con voce cantilenante.
Kei tirò su con il naso, aprendo lievemente gli occhi.
« Quattro… » sussurrò piano Kei « Cinque… » disse ancora.
« Bravo Kei-chan, vedi che nessuno vuole farti del male? » sorrise Yuya « Sei… »
Kei annuì. Strinse con più forza le mani di Yuya.
« Sette… otto… nove… dieci… » concluse poi, smettendo lentamente di piangere.
Yuya e Kei rimasero per qualche minuto in silenzio, a studiarsi, poi il più piccolo si sedette sul gradino dell’ingresso accanto a lui.
« Che cosa è successo? » domandò ancora « Dov’è Kota? »
Kei riprese a dondolarsi, mordendosi un labbro, iniziando a contorcersi le mani, facendosi male con le unghie. Yuya gli prese gentilmente una mano, stringendola fra le sue.
« Kota… abbiamo litigato questa sera. » mormorò con la voce rotta dai singhiozzi, di nuovo in procinto di mettersi a piangere « Mi ha dato uno schiaffo e mi ha detto che tutti i suoi sacrifici sono stati inutili, perché secondo lui non lo amo. »
Si morse un labbro, con più forza, prima di piangere di nuovo. Yuya sbarrò gli occhi, allucinato.
« Uno schiaffo? » ripeté. « Cos… Perché? »
« Perché gli ho detto che nessuno lo ha obbligato a stare con me in tutti questi anni e lui allora ha perso la testa. Se n’è andato sbattendo la porta di casa, dicendo che l’unico motivo per cui sto con lui sono le medicine. » spiegò fra i singhiozzi, portandosi le gambe al petto e affondando il volto fra le ginocchia.
Lo yakuza rimase in silenzio, non riuscendo a fare altro che abbracciarlo e stringerlo a sé, cercando di farlo smettere di piangere.
Socchiuse gli occhi.
Erano passati anni dalla sua ultima crisi e di certo mai era successo a causa di Kota, proprio quel Kota che piuttosto che picchiarlo si sarebbe amputato una mano. Sospirò, chiedendosi che cosa fosse successo per farlo scattare in quella maniera, per fare e dire quelle cose.
Lo portò sul divano, senza smettere di abbracciarlo. Dalla cucina Yuri li osservò e si domandò come mai continuasse a sentirsi il terzo incomodo. Avrebbe voluto andarsene, dirgli che non era possibile per Yuya essere così carino e gentile con Kei dopo che per tre anni non aveva fatto altro che parlargli alle spalle, insultandolo e ignorandolo.
Eppure rimase in silenzio, le mani strette a pugno. Voltò lo sguardo, fino a che lo yakuza non lo raggiunse.
« Vado a cercare Kota. » gli disse prima di mettere sul tavolo due scatole di medicine, di colore bianco e blu « Dagli questa pillola appena si riprende e poi fai qualcosa da mangiare e dargli quest’altra, va bene? » domandò.
Yuri annuì. Ripensò alla sua vita, a tutte le cose brutte che aveva subito e affrontato. Seccato, si alzò in piedi, ignorando lo sguardo perplesso di Yuya che, comunque, lo ignorò, andando ad infilarsi subito le scarpe e uscendo di casa, lasciandolo da solo con Kei.

**

Yuya non dovette poi cercare tanto a lungo. Camminò per il quartiere di Kabuki-chō solo per una mezz’ora scarsa, prima di trovarsi al parco pubblico, a quell’ora di sera deserto, per trovare Yabu seduto su una panchina, la testa piegata e appoggiata fra le mani.
Si sedette accanto a lui, titubante. Sapeva bene come fosse fatto Kota, ma non riusciva a comprendere in che stato si trovasse.
Il ragazzo si limitò a spostare lo sguardo verso di lui, per poi sospirare pesantemente, tornando ad ignorarlo.
« Sai perché sono qua, vero? » chiese Yuya, accendendosi una sigaretta.
« Non mi va di parlarne Yuya. Lasciami da solo. »
« Non mi interessa un cazzo di quello che vuoi te. Ho appena mollato Kei con un principio di crisi isterica da abbandono a casa mia, crisi, guarda un po’, causata da te. Voglio sapere per quale fottuto motivo gli hai dato uno schiaffo. »
« Da quando ti interessi di queste cose? Non mi pare che tu sia un uomo molto migliore di me. » ringhiò Kota, voltandosi verso di lui.
Yuya lo afferrò per il colletto tirandolo contro di sé, seccato da quel comportamento che non era da Kota.
« Cosa vuoi fare Yuya? Vuoi picchiarmi? Fallo, tanto per te che cosa cambia? L’importante è che Kei sia felice, vero? L’importante è che lui stia bene con te, non con me. » scattò il più piccolo, scostandosi dalla presa dello yakuza e alzandosi in piedi.
Buttò via tutta l’aria che aveva nel polmoni, passandosi le mani sul volto.
« Sono stanco di lavorare come un matto quando non è felice con me. » concluse guardando altrove.
Yuya rimase in silenzio, finendo la sua sigaretta. Lasciò cadere a terra il mozzicone, spegnendolo con la punta del piede, guardando a terra.
« Si può sapere che ti prende Kota? Tutto questo non è da te! Insomma, hai picchiato Kei, in una situazione normale se qualcuno avesse fatto lo stesso lo avresti ucciso! »
« E allora che cosa è da me? »
« Kei ti ama, da dove ti è uscita questa teoria malsana del fatto che non vuole stare con te? » esplose a voce alta lo yakuza « Kami Kota, sei veramente più idiota di quanto pensassi! » esclamò poi dandogli le spalle, facendo per andarsene.
« Perché è così Yuya! All’inizio cercavo di non farci caso, perché ero felice che Kei riuscisse a farsi degli amici, nonostante tutto. Ma da quando avete litigato è come se fosse tutto tornato come prima. E’ difficile, Yuya. E’ difficile quando pensa a qualcun altro. »
Yuya si voltò, poi schioccò la lingua. Scosse la testa, riprendendo a camminare.
« Solo un idiota penserebbe queste cose di Kei. » si limitò a dire.
« Pensi di essere migliore di me, Takaki? » sibilò Yabu « Pensi davvero che quello che hai fatto per noi in questi anni ti renda superiore a me? Sono stanco di essere sempre messo da parte, lo sai? Ho dedicato la mia vita a Kei perché lo amo più della mia stessa vita, ho fatto di tutto pur di vederlo solo tornare a fidarsi di me come una volta. E vedere come lui si sia aperto con te senza mostrare quasi nessuna paura mentre io ho dovuto guadagnarmela di nuovo quella fiducia… » si asciugò di nuovo le lacrime, nervoso, irritato dal fatto di essersi aperto con la persona con la quale meno voleva parlare « Non è tutto rose e fiori, Takaki. » urlò.
Yuya si voltò verso di lui. Sì, forse poteva comprenderlo. Comprendere il suo dolore, la sua rabbia, quell’insana gelosia che lo aveva portato a picchiare Kei. Scosse la testa, dilaniato da un senso di colpa che lo divorava da anni dall’interno.
Non riusciva quasi a perdonare Kota per aver schiaffeggiato il suo fidanzato eppure lui stesso, ignorando ogni principio morale ed etico, per anni aveva seviziato e torturato Yuri, nascondendosi alla fine dietro la bandiera dell’amore eterno.
Kei aveva ragione, dopo tutto. Le cicatrici di quello che adesso era il suo ragazzo non sarebbero scomparse con un colpo di spugna, né con delle belle parole d’amore.
Eppure Yuya più che pentirsi non sapeva che cosa fare. Più che osservare Kota con la sguardo pieno di pietà, non riusciva a fare nulla.
« Sei un coglione. » mormorò osservando Kota, piegato sulle ginocchia, in lacrime.
Si avvicinò, posandogli una mano sulla spalla e accendendosi una sigaretta. Buttò via il fumo.
Yuya non lo aveva mai visto piangere o abbattersi. Lo aveva conosciuto con il sorriso sulle labbra, armato di una forza d’animo che non aveva mai visto in nessun’altra persona. Si era sfogato qualche volta con lui, anche se raramente. Poteva magari adombrarsi, rimanere più pensieroso del solito, ma ogni volta che tornava a casa, era sempre pieno di energie positive.
Immaginare un Kota che per tutti quegli anni aveva covato quei pensieri lo faceva innervosire. Perché per lui Kei era sempre stato un qualcuno da proteggere proprio da quelle cattiverie che lui stesso perpetrava in giro, stuprando, vendendo droga ed esseri umani, uccidendo a sangue freddo.
Il solo immaginare Kei in una visione sentimentale o, peggio ancora, sessuale, lo disgustava.
« Non mi perdonerà mai, vero Yuya? » lo sentì singhiozzare, a mezza voce.
Yuya rimase in silenzio. Scosse le spalle, non sapendo che cosa rispondergli. Il più piccolo si lasciò cadere a terra seduto, portando le gambe al petto, privato di ogni pensiero o parola.
Poi ridacchiò, nervosamente.
« Come potrebbe farlo? » sussurrò poi « Mi sono comportato male con lui. Dovrebbe odiarmi, perché è giusto così. »
« Kota… » sbuffò Yuya, riprendendo ad innervosirsi « Questo discorso non ha senso e lo sai anche tu. » lo afferrò per un braccio, tentando di alzarlo in piedi, senza riuscirci.
Stava per desistere, quando sentì dei passi alle sue spalle e si voltò, vedendo Kei in piedi, a pochi metri da loro e dietro di lui Yuri, piegato invece sulle ginocchia con il respiro corto.
« Ko! » esclamò il ragazzo correndo verso il fidanzato.
Kei superò Yuya quasi senza vederlo, per gettarsi in ginocchio davanti a Yabu, abbracciandolo e affondando il volto nel suo collo, riprendendo a piangere
« Kei non vuole che Ko lo lasci. » singhiozzò piano.
Il diretto interessato ricambiò l’abbraccio, stringendolo a sé, baciandogli i capelli, senza riuscire a smettere di scusarsi.
« Kei non vuole stare senza Ko, Kei non vuole, non vuole, non vuole. » continuò il più piccolo, senza fermarsi.
« Non ti voglio lasciare Kei. Mi dispiace, sono stato stupido, io… » si interruppe, baciandogli la fronte « Mi dispiace. » sussurrò per l’ennesima volta.
« A Kei non importa. Kei vuole solo che Ko sia felice, per davvero. » bisbigliò fra le lacrime alzando il volto « Kei ama Ko, a Kei non importa nulla delle medicine, vuole solo stare con te. »
« Anche io voglio stare con te. Ero arrabbiato e ho detto cose che non penso. »
« Quindi Ko non lascia Kei? »
« No, Kota non lascia Kei-chan. » sussurrò cercando di abbozzare un sorriso, ricambiato più apertamente dal più piccolo.
Kei lo abbracciò di nuovo, sporgendosi volontariamente verso di lui, baciandolo sulle labbra. Tenne gli occhi chiusi, immaginando di essere in un altro luogo, di essere tornato a scuola, a quando aveva una vita felice.
E si sentì meglio, perché era felice, felice per davvero. Felice di uscire di casa, felice di sentirsi bene tutte le mattine.
Era felice di vedere Kota, di sentirlo vicino a sé tutto il giorno, di farsi viziare e di farsi coccolare.
E per qualche minuto, minuti che non sentiva così vivi da anni e anni, gli sembrava di essere tornato quello di un tempo e desiderò cambiare, perché senza Kota nulla della sua vita aveva più un senso.
Si allontanò, osservando il volto del fidanzato, che gli sorrideva.
« Ti amo. » lo sentì bisbigliare e per Kei furono le parole più belle della sua vita.
« Anche Kei ti ama Ko-chan. » replicò, abbracciandolo e lasciandosi andare contro di lui.
Kota era talmente felice di riavere Kei fra le braccia e Kei era talmente felice di sapere che l’altro non era intenzionato a lasciarlo sul serio, che nessuno dei due si era accorto del fatto che sia Yuya che Yuri se ne erano andati già da un pezzo.

challenge: bigbang 4 ed, challenge: 500themes ita, pairing: yamada x chinen, pairing: yabu x inoo, fandom: hey!say!jump, pairing: takaki x chinen, pairing: takaki x yamada

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