Titolo: Hakanai yubisaki
Fandom: Hey!Say!Jump
Pairing: Takaki Yuya x Chinen Yuri ; Yabu Kota x Inoo Kei ; Takaki Yuya x Yamada Ryosuke ; Yamada Ryosuke x Chinen Yuri.
Rating: NC17
Avvertenze: Slash, NonCon!, Death!Fic, Violence, AU!, Under!Age
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: Yuya è cambiato. Yuri lo percepisce in ogni suo movimento, eppure fidarsi dell'uomo che gli aveva rovinato la vita non era semplice.
Note: Sequel della storia di
vogue91 intitolata "Sanagi". Per ulteriori informazioni sul 'verse yakuza, clicca *
qua*
Note 2: Scritta per il
bigbangitalia.
Note 3: Scritta per la
500themes_ita“83. Contando gli anni.”
“158. Temi ciò che non puoi conoscere.”
“210. Fragile come un sogno.”
“454. Sognare l’impossibile.”
“435. Vivere un incubo.”
“66. Perché lo chiamano cadere.”
“34. Incubo.”
“412. Compagno di vita.”
WordCount: 35.141
fiumidiparole Lista capitoli precedenti:
-
Prologo-
Capitolo 01-
Capitolo 02 **
Capitolo 02
Kota si aggirava per casa con aria assente. Kei stava dormendo e lui si era svegliato per primo quella mattina, nonostante avesse la giornata libera.
Entrò nella cucina, aprendo il frigorifero e osservando quello che c’era dentro. Prese una birra, perché era l’unica cosa che non andava cucinata e si sedette sul divano, accendendo la televisione, lasciandola muta.
Osservò le immagini del telegiornale, chiedendosi quando mai avrebbe notato dei cambiamenti nella sua vita.
Per carità, i miglioramenti nelle condizioni di Kei c’erano stati ed erano anche decisamente visibili. Riusciva a stringerlo a sé, ad accarezzarlo e più della metà delle volte che ci provava avevano anche un rapporto sessuale completo. Non particolarmente soddisfacente, almeno per Kota, ma c’era.
Ogni volta che facevano sesso, gli sembrava di stare con una bambola. Difficilmente credeva di farlo godere, ma apprezzava lo sforzo di Kei nei suoi confronti, quello di fingere un piacere che non provava.
E pensando a tutti i suoi sacrifici riusciva ad essere comunque soddisfatto, perché l’importante non era nemmeno fare sesso, ma avere la certezza che Kei fosse felice. Se Kei era felice, allora tutto il resto scivolava in secondo piano.
Osservò fuori dalla finestra. Il sole si era alzato e i raggi del sole avevano iniziato a penetrare debolmente dentro la stanza.
Decise di aspettare il risveglio di Kei prima di fare programmi per la giornata. Sperava vivamente che fosse di buon umore, perché aveva voglia di portarlo un po’ in giro, magari a fare un piccolo viaggetto a Yokohama, dato che il tempo prometteva bene.
Era stanco di rimanere chiuso in casa. Voleva stare con lui e dimenticare per un po’ il puzzo del capannone, gli sguardi di quei ragazzini abbandonati a sé stessi, il loro aspetto deperito, l’odore del sangue e della morte che gli impestava i vestiti e la pelle stessa.
Voleva staccare, almeno per quella giornata.
Dovette aspettare relativamente poco. Alle otto sentì la sveglia di Kei suonare rumorosamente e poco dopo lo vide entrare dentro il salotto, assonnato.
Gli parve bellissimo, come ogni mattina in cui si svegliava e lo guardava, per tutto il tempo che gli era concesso.
Aveva i capelli lunghi arruffati e si strofinava una mano contro l’occhio, sbadigliando. Indossava il pantalone di una tuta e una maglietta di Kota, larghissima. E, nonostante tutti i problemi, gli parve la cosa più bella che gli fosse mai capitata.
Si alzò dal divano, andandogli incontro. Kei gli sorrise, abbracciandolo e baciandolo.
« Buongiorno. » sussurrò sulle sue labbra.
« E’ bello svegliarsi e trovarti a casa Ko. » replicò l’altro con voce infantile, affondando il volto nell’incavo della spalla del più grande.
Kota lo abbracciò, teneramente.
« Vorrei essere più presente, ma il lavoro mi impegna troppo. » replicò « Mi dispiace tanto. »
Il più piccolo si sciolse dal suo abbraccio, scuotendo le spalle e alzandosi sulla punta dei piedi, appoggiando la propria guancia contro quella dello yakuza.
« L’importante è stare insieme in queste giornate libere, no? »
« Già. » sorrise Kota, prendendolo delicatamente per una mano « Sai che pensavo? » domandò poi « Potremo prendere la macchina e andare a Yokohama. Yuya mi ha detto che c’è un ristorante di sushi che è la fine del mondo. »
Kei lo guardò per qualche istante, lo sguardo perso nel vuoto, probabilmente indeciso sulla risposta da dare. Lanciò un’occhiata oltre la finestra, poi si voltò di nuovo verso di lui, sorridente.
« Va bene. Mi piace Yokohama ed è tanto che non mangiamo sushi insieme. »
Kota sentì il cuore scoppiargli di felicità.
Erano davvero tanti mesi che non sentiva quell’allegria nel tono di Kei e vederlo felice lo faceva stare bene.
Sentiva che, nonostante tutto, anche la sua stanchezza scemava lentamente.
**
Yuri si alzò che era ancora leggermente buio. Yuya dormiva profondamente e da lì a qualche ora sarebbe uscito per andare all’ospedale a farsi togliere i punti.
Sarebbe rientrato solo dopo pranzo e il più piccolo decise di approfittarne.
Si vestì velocemente ed uscì di casa. Andò al bar, leggermente affamato. In realtà non era uscito perché aveva fame, ma perché voleva pensare.
Dopo la discussione davanti al conbini, il loro rapporto si era fatto ancora più freddo e Yuri non sapeva più da che parte girarsi.
Prese un caffè e un dolce. Adorava la colazione occidentale, forse tipica italiana o francese, ma quando Yuya glielo aveva spiegato non l’aveva ascoltato. Si sedette ad un tavolo all’aperto, osservando il quartiere che si animava, lentamente.
Rimase seduto per un paio d’ore.
Era spaventato dall’idea di tornare a casa. Prima più o meno sapeva cosa aspettarsi. Adesso invece viveva quasi nell’ansia e nel terrore di un improvvisa perdita di controllo dello yakuza, come se fosse una bomba ad orologeria.
Si morse un labbro. L’idea di tornare a subire quell’inferno dopo aver sperimentato quanto potesse essere bello fare sesso con lui, lo atterriva.
Un’ombra calò sul suo tavolo e Yuri sussultò, ritornando con i piedi per terra. Alzò la testa, trovandosi davanti tre shatei di Yuya. Li conosceva. A volte erano a casa sua e si divertivano nel fargli battute pesanti sulla sua condizione.
Sapeva bene che in realtà desideravano solo scoparselo, ma era anche abbastanza sicuro che non avrebbero osato alzare un dito sapendo che era un protetto di Yuya.
« Cosa volete? Yuya non è qua se lo cercate. » sibilò alzandosi in piedi, deciso a tornare a casa.
« Lo sappiamo che non è qua. » ridacchiò uno di loro, squadrandolo « Volevamo sapere come vanno le cose a casa. Sai, oggi va a togliersi i punti, no? Sarà difficile per te alzarti dopo che ti avrà di nuovo legato ad un letto. »
Yuri storse la bocca, accennando un ghigno.
« Da quando in qua vi interessano queste cose? I cani come voi non dovrebbero nemmeno parlare. » ringhiò.
Un altro lo afferrò per il mento, tirandolo verso di sé.
« Non fare lo spiritoso con noi, puttanella. Se solo tu non fossi di Yuya… »
« Cosa avreste fatto? » domando Yuri liberandosi « Sono convinto che non lo sapete usare se non per andare in bagno. » sputò poi indicando con la testa il loro inguine.
Il terzo shatei lo afferrò per un braccio, trascinandolo per qualche metro. Il più piccolo inciampò, facendo cadere la sedia e poi si sentì spingere contro il muro.
« Stupida, piccola, puttana. » lo sentì sibilare.
Il ragazzo lo vide alzare un mano chiusa a pugno e poi una mano che gli afferrava il polso, bloccandolo.
Yuri spostò lo sguardo, trovandosi Kota davanti.
« Che cosa state facendo? » chiese duramente coprendo il ragazzino con il suo corpo.
I tre shatei si allontanarono immediatamente di qualche passo. Kota non incuteva particolarmente timore o paura, ma loro sapevano perfettamente che mettersi contro il braccio destro di Yuya poteva risultare alquanto pericoloso.
« Quello là ci ha insultato. » sibilò uno di loro « Ci stavamo solo difendendo. »
« Tre uomini contro un ragazzino? » schioccò la lingua « Allontanatevi immediatamente prima che decida di parlarne con Yuya. » sorrise, malignamente « E voi sapete che toccare le proprietà del nostro aniki può essere pericoloso, no? »
Yuri li sentì borbottare e poi allontanarsi velocemente lungo la strada. Kota sospirò, perdendo improvvisamente tutta la sua aria da “cattivo ragazzo” alzando poi la sedia che era caduta e infine si voltò verso di lui.
« Va tutto bene? » gli chiese piano, sorridendogli.
« Sì, io… » si portò una mano alla tempia, osservando poi i polpastrelli insanguinati « È solo un taglio, niente di grave. »
« Dopo ne parlo con Yuya e vedrai allora che… »
« No! » esclamò il più piccolo a voce alta, interrompendolo « No, lascia stare. Sono solo tre idioti. Yuya sarà già stressato a causa dell’ospedale, non è il caso di irritarlo ancora di più. » mormorò poi.
Kota rimase in silenzio per qualche secondo, squadrandolo.
« Yuri, sicuro che vada tutto bene a casa? Perché mi sembrate tutti e due un po’ nervosi ultimamente. »
« Eh? Sì, certamente. » rise Yuri fingendo un’allegria che non provava « Niente di che, sai. I soliti discorsi inutili di Yuya sul cibo o sulla casa. »
« Mh. » borbottò il più grande poco convinto.
« Grazie per prima. Ora… devo tornare a casa e sistemare e cucinare. Fra poco torna Yuya e deve essere tutto pronto. » ripeté di nuovo.
Si inchinò leggermente e poi scappò. Si appoggiò alla porta di casa, sentendo il cuore battere velocemente nel petto.
Osservò il polso, graffiato.
Sospirò.
Era davvero tanto tempo che non vedeva quei segni sul suo corpo e si era abituato.
Il rientro di Yuya si avvicinava. E così aumentava anche il suo terrore.
**
Yuya rientrò in casa furioso. Yuri spostò lo sguardo dalla pentola e lo osservò, tenendosi a debita distanza.
« Odio gli ospedali. Sono un covo di pazzi isterici. » esplose senza nemmeno guardarlo, iniziando a togliersi i vestiti.
« Che ti hanno detto? »
« Mi hanno tolto i punti. Il dottore ha detto che non devo fare sforzi per un’altra settimana, ma che va tutto bene. » si voltò finalmente verso di lui « E’ pronto il pranzo? Sono affamato. » esclamò poi.
« Manca poco. Hai il tempo per fumarti una sigaretta. » gli rispose « Se vuoi. » aggiunse poi chinando lo sguardo.
Yuya lo fissò, irritato e poi si sedette sul divano.
« Ti avevo chiamato dicendo che ero di ritorno. »
« Mi hai chiesto cose che impiegano un po’ a cucinarsi Yuya. Non è colpa mia. » replicò Yuri cercando di moderare il proprio tono, poco intenzionato a farlo arrabbiare sul serio.
Il più grande sbuffò, accendendosi la sigaretta, senza smettere di fissarlo. Accese la televisione, osservandola distrattamente.
Poi si alzò, con aria annoiata, andando dietro di lui e afferrandolo per i fianchi. Yuri trattenne a stento un sussulto, sentendo le lunghe dita dello yakuza accarezzandogli i fianchi.
Il più piccolo socchiuse gli occhi, beandosi del leggero passaggio dei polpastrelli sulla sua pelle.
Yuri si appoggiò con le mani al bordo del lavello, socchiudendo gli occhi mentre il più grande gli baciava la base del collo, mordicchiandolo leggermente. Si strinse il labbro fra i denti, mentre la mano di Yuya risaliva la sua colonna vertebrale, graffiandolo, spingendolo contro il lavandino, per sentirla poi stringersi intorno al suo collo, mentre l’altra mano lo spogliava velocemente, quasi con urgenza.
Il più piccolo ansimò nel sentire così bruscamente le dita di Yuya dentro di sé e trattenne un gemito di dolore.
La mano che lo stringeva allentò debolmente la presa, mentre lo yakuza iniziava a spingersi dentro di lui, gemendo il suo nome a voce alta, aumentandoo rapidamente il ritmo delle spinte. Yuya gli circondò il collo con il braccio, facendogli inarcare la schiena, e si avvicinò al suo orecchio.
« Lo senti, Yuri? » sussurrò in un ansimo, mordendogli poi la spalla, continuando a stringere la presa intorno al collo.
Yuri fece perno con una mano sul lavandino, afferrandogli il polso con quella libera nel tentativo di prendere più aria, senza successo, mentre Yuya continuava a spingersi dentro di lui e a toccarlo con poca convinzione.
Si costrinse a venire ugualmente. Non aveva più voglia di lottare contro i metodi di Yuya, era semplicemente stanco.
Quando lo sentì venire, fu sollevato. Come sempre.
Yuya lo liberò quasi all’improvviso e lui si accasciò sul lavandino, la gola che gli faceva male e le gambe che gli tremavano per lo sforzo. Socchiuse gli occhi, senza guardarlo.
Aveva voglia di lasciarsi cadere a terra, ma si costrinse a non farlo. Yuya sorrideva e fischiettava, improvvisamente felice. Si rialzò, dirigendosi in bagno per lavarsi velocemente, tornando immediatamente ad occuparsi del pranzo.
Mangiò in silenzio e vedere l’indifferenza di Yuya, che continuava ad apparire incredibilmente allegro, lo ferì ancora di più.
**
Si stese nel letto.
Era passato quasi un mese. E le cose non erano cambiate dalla prima volta che avevano fatto sesso.
Apprezzava gli sforzi di Yuya. Non lo feriva più, non lo graffiava, non lo torturava.
Non ai livelli di prima, per lo meno.
Ogni tanto lo legava al letto e si faceva implorare per un po’ di piacere. A volte a Yuri andava anche bene, ma continuava ad osservarlo sospettoso, come se Yuya potesse tirare fuori all’improvviso un coltello o spegnergli addosso delle sigarette.
Ma l’altro invece si manteneva sempre distante, come se scoparselo fosse più un dovere che un qualcosa che aveva realmente voglia di fare e Yuri non aveva più percepito quella passione che li aveva travolti mesi prima, dopo la sua avventura con Hikaru.
Smise di pensarci. Yuri non era intenzionato a scivolare nel tunnel della depressione a causa di Yuya, non dopo tutto quello che aveva già dovuto subire.
Si guardò intorno, osservando quella casa, non riuscendo a sentirla realmente casa sua, cosa che, bene o male, non gli era mai capitata.
Lo yakuza mancava da due giorni, causa lavoro, e nonostante tutto Yuri iniziava a sentirne la mancanza.
Sentì dei rumori in cucina, qualcosa che cadeva e un piccolo gemito, più di spavento che di dolore.
Sospirò, passando una mano sul volto. Poi si alzò in piedi e stancamente raggiunse la cucina. Kei stava pulendo della farina, caduta a terra.
« Va tutto bene? » chiese stiracchiando un sorriso e accovacciandosi davanti a lui, aiutandolo a pulire.
« Sì, scusa Yuri! » esclamò il più grande « Volevo cucinare io per te dato che mi sembri stanco, ma ho fatto più pasticci che altro. »
Yuri gli sorrise, un po’ più sinceramente, accarezzandogli lentamente la testa e Kei si lasciò andare alle sue carezze.
« Tranquillo, non sono stanco Kei. Sono solo… » scosse le spalle, non sapendo come descrivere quello che provava « Non fa niente. Cosa vuoi mangiare questa sera? » domandò alla fine sorridendogli e finendo di pulire.
« Voglio il gelato! » esclamò Kei alzando la mano e ridacchiando.
Yuri sospirò, scuotendo le spalle, senza sapere che cosa dire. Kei aveva la straordinaria abilità di mangiare chili e chili di gelato senza sentirsi male.
Prima che si conoscessero Kota era quasi sempre fuori per lavoro, quindi il fidanzato rimaneva spesso chiuso in casa a guardare drama e mangiare gelato.
« Non mangeremo gelato per cena, Kei. » rise mentre l’altro si sedeva al tavolo e lo osservava « Ma ho la carne, la salsa di soia e delle verdure. Ti piacciono le verdure grigliate, vero Kei? »
Il ragazzo gli sorrise, annuendo.
« Kota fa delle verdure grigliate buonissime! » esclamò « Ma anche quelle di Yuri sono molto buone! Le voglio! »
« Va bene, allora inizio a cucinare che è un po’ tardi. » iniziò a cucinare, mentre Kei era seduto sulla poltrona di Yuya, le gambe al petto, che guardava la televisione.
Rimase in piedi ad osservare la carne e la verdura che si cuocevano. Se si fosse avvicinato al ragazzo avrebbe dovuto parlare e non era sicuro di volerlo fare. Nonostante tutto, Kei era abbastanza sveglio e si accorgeva sempre quando c’era qualcosa che non andava.
Si osservò i polsi. I lividi che gli avevano lasciato gli shatei quando lo avevano afferrato e sbattuto contro il muro spiccavano sulla sua pelle bianca. Quando aveva visto che iniziavano a formarsi aveva deciso di indossare dei polsini.
Yuya non gli aveva chiesto nulla, dopotutto era abbastanza normale per lui portarli. Odiava gli sguardi delle persone del quartiere quando notavano le sue cicatrici e non ne poteva più dei loro occhi pieni di compassione e di pietà, solo perché era la puttana di Yuya.
Tolse il cibo dal fuoco, sistemandolo nei piatti e portandoli a Kei in salotto, che saltellò verso di lui, gli accanto e tornando a guardare la televisione. Il drama piaceva a tutti e due e guardarono la replica ridendo e commentando le battute, fino a quando non sentirono delle urla provenire dal pianerottolo.
Yuri trattenne il fiato, riconoscendo immediatamente la voce di Yuya. Bloccò le bacchette a mezz’aria, osservando la porta aprirsi bruscamente.
Dietro Yuya, Kota cercava in ogni modo da trattenere il più grande senza riuscirci e il ragazzino osservò lo yakuza avvicinarsi minacciosamente a lui. Yuri si alzò dalla sedia, indietreggiando di qualche passo, fino a che l’altro non riuscì a prenderlo per i polsi e a spingerlo contro il muro.
« Perché non me lo hai detto? » tuonò a voce alta guardandolo negli occhi, truce.
« Cosa? » sibilò il più piccolo cercando di liberarsi, senza successo « Cosa vuoi? » ringhiò poi con tono esasperato
Yuya allora gli alzò il braccio, strappandogli via i polsini, lasciando in bella mostra i lividi.
« Questo! Perché non me lo hai detto? »
« Perché non sono niente di che. » rispose Yuri liberandosi della presa e allontanandosi, massaggiandosi i polsi.
« Chi è stato? Voglio i nomi. »
« Che ne so io? Mi ci sono semplicemente svegliato. » mentì « Avrò sbattuto da qualche parte. »
« Non dirmi stronzate Yuri. » esclamò a voce ancora più alta « E adesso dimmi il nome. »
« Non c’è nulla da dirti. » continuò imperterrito il più piccolo « Sei un pazzo visionario, Yuya. »
Yuri osservò il volto di Yuya diventare rosso, mentre si mordeva un labbro e stringeva la mano a pugno. La vide alzarsi, per poi mordersi il dito, stringendo i denti con forza. Lo sentì prendere un paio di respiri profondi, mentre Kota era rimasto in angolo, il corpo teso, pronto ad intervenire. Kei era ancora seduto al tavolo e osservava stranamente serio la scena davanti ai suoi occhi.
Yuri vide il dito di Yuya sanguinare, ma si limitò a spostare lo sguardo.
« Vado a farmi un bagno. » ringhiò, superandolo e sbattendosi la porta alle spalle.
Kota tirò un sospiro di sollievo, lasciandosi cadere su una sedia e tirando fuori una sigaretta.
« Perché gliene hai parlato? » domandò piano il più piccolo.
« Ha sentito gli shatei parlare di te in una maniera che non gli è piaciuta e mi ha costretto a dirgli che cosa era successo. »
« Potevi fargli anche i nomi. » borbottò Yuri.
« Oh, li sa perfettamente. Ma voleva che glielo dicessi tu. » concluse, inspirando una grande quantità di nicotina.
« Perché? » chiese ancora, perplesso.
Kota scosse le spalle.
« Non ne ho idea. E’ difficile capire che cosa gli passa per la testa. » spense la sigaretta e poi diede un paio di pacche sulla spalla a Kei, che aveva finito di cenare « Andiamo a casa Kei, sono stanco. » commentò.
Kei annuì, prendendo la ciotola e le bacchette e mettendole nel lavandino, riempiendole d’acqua.
« Così Yuri fatica di meno nel lavarle. » esclamò poi sorridendogli.
« Grazie Kei. » ricambiò Yuri, sorridendogli a sua volta.
Li salutò, accompagnandoli alla porta e poi chiudendola alle loro spalle.
Yuri rimase da solo. Si affrettò a sistemare il disordine che avevano lasciato lui e Kei nel pomeriggio, quando si erano divertiti a cucinare una torta insieme. I due yakuza avrebbero dovuto trovarsi a Kobe per affari e Yuri non si aspettava un loro rientro anticipato, previsto invece per il giorno dopo, quindi aveva deciso che avrebbe pulito tutto la mattina stessa del loro rientro.
Terminati rapidamente i suoi lavori, accese la macchinetta del caffè, preparandone due. Di solito quando Yuya usciva dal bagno beveva il caffè, fumava una sigaretta e poi o lo molestava o si metteva a lavorare e in quel momento aveva quasi paura della sua reazione.
Si sedette al tavolo, cercando di ingannare il tempo facendo qualche esercizio di matematica e girando distrattamente il cucchiaino nella tazzina. Sospirò, passando le mani sul volto.
Quando sentì la chiave del bagno scattare, finse di essere concentrato su quello che faceva. Yuya gli passò accanto, già con il pigiama pulito che Yuri appoggiava sempre sulla vasca quando sistemava i panni.
Aveva i capelli lunghi umidi e la canottiera era leggermente bagnata nell’incavo della schiena. Si sedette sulla sedia davanti alla sua, aprendo il computer, bevendo il caffè e fumando, come aveva previsto.
Rimasero in silenzio a lungo.
« Avresti dovuto dirmelo subito. » lo sentì dire, in un sussurro.
« Per quale motivo? Non mi va che tu… uccida delle persone a causa mia. » scosse le spalle, indifferente « Non valgo la vita di altre persone. » borbottò poi, girando pagina al libro e continuando a scrivere.
« Ma loro… »
« Non hanno fatto nulla. » lo interruppe alzando finalmente il viso dal quaderno, togliendosi gli occhiali da vista « Kota è intervenuto e siamo andati tutti a casa contenti. Li ha minacciati, non credo che torneranno più a disturbarmi. »
« Il punto è che non avrebbero dovuto permettersi. Tu sei mio. E nessuno tocca le mie cose. » s’impuntò l’altro.
« Mh. » commentò distogliendo lo sguardo il più piccolo, stringendosi una mano sul ginocchio, nervoso « Alla fine che t’interessa? Le cose rimangono cose, no? »
Yuya lo fissò, abbassando leggermente lo schermo del computer.
« Che vuoi dire? »
« Che è inutile prendersela Yuya. Che gli oggetti non… » sospirò « Non è importante se qualcun altro li prende. Rimangono sempre oggetti, no? E’ per questo che ti sei arrabbiato, dì la verità. Perché che io sono il tuo oggetto e tale rimarrò per sempre. » esclamò a voce alta alzandosi in piedi e andandosene.
Lo yakuza lo seguì, afferrandolo per un polso, trattenendolo.
« Si può sapere che cosa stai dicendo Yuri? Io mi sono arrabbiato… »
« Perché sono una tua proprietà, ecco perché. » continuò, interrompendolo « E perché mi hai comprato e perché ti stai divertendo a fare tutta questa scena di io e te che non ho ancora ben capito che cosa siamo diventati e poi perché tu non… » s’interruppe.
Aveva le guance rigate dalle lacrime e il respiro affannato. Non riusciva a capire bene dove diamine si trovasse e nemmeno perché stesse piangendo così tanto o perché non riuscisse a respirare.
Stava andando nel panico e poi Yuya odiava quando lo vedeva piangere. Si asciugò istericamente le guance bagnate, dando le spalle al più grande perplesso dal suo scatto di pianto.
« Yuri, io me la sono presa perché… tu sei mio. E voglio starti accanto in quanto uomo. »
Yuri si voltò di scatto, trattenendo una risata sempre più isterica.
« Uomo? Sono tre anni che mi stai accanto in quanto uomo. Non dire stronzate Yuya! » esclamò ancora una volta.
« Ma io… sono cambiato, no? » commentò più attonito che arrabbiato lo yakuza « Mi ci sono impegnato per farti vedere che le cose potevano essere diverse. »
« Sì, lo so. » si calmò un po’ Yuri « E’ solo che… » si interruppe per qualche secondo, poi scosse la testa « Niente, è una sciocchezza. » concluse.
Yuya lo prese per un braccio, delicatamente, e si morse un labbro nel vedere il più piccolo tentennare.
« Mi devi dire tutto Yuri, perché io sto provando a cambiare, ma tu mi devi dire dove sbaglio. »
Il ragazzino si divincolò dalla stretta, sedendosi sul divano, portando le gambe al petto, pensieroso.
« Ecco… mi sembra che le cose siano sempre uguali. » ammise « A parte il sesso, ovviamente. » si affrettò a dire, notando il sopracciglio alzato del criminale « Continui a darmi ordini, ad urlarmi contro, a trattarmi come se tutto ti fosse dovuto. » mormorò.
Yuya rimase in piedi per un minuto buono, prima di sedersi dal lato opposto del divano, incrociando le braccia.
« Quindi cosa vuoi che faccia? » domandò secco.
« Vorrei che tu non mi dessi più ordini. E poi… potresti chiedermi se a me va. » borbottò.
« Se ti va che cosa? »
« …di fare sesso. Quello… non è cambiato Yuya. »
« Ok. » si limitò a dire senza fissarlo « Va bene. Hai altre richieste? » chiese con lo stesso tono di prima.
Yuri chinò la testa, scuotendola.
« Pensavo che… tu riuscissi ad apprezzare i miei sforzi. Per me è difficile Yuri. Io… » strinse una mano a pugno, forse facendosi anche male « E’ la prima volta che mi ritrovo in una situazione del genere. » ammise malvolentieri Yuya.
« Perché fai tutto questo Yuya? » chiese stancamente Yuri « Da quando ti interessano queste cose? »
« Io sto cercando di cambiare. Davvero. » ripeté di nuovo il più grande « Tu mi piaci Yuri. Ti amo. » concluse con voce flebile.
Yuri alzò la testa dalle ginocchia, sorridendo tristemente.
« Smettila di prendermi in giro Yuya. » mormorò.
« Non ti sto prendendo in giro. » esclamò l’altro a voce alta « Sono serio. Ti amo. » ripeté ancora « E io voglio davvero diventare migliore per te. »
« Io voglio solo smettere di avere paura. Prima sapevo che cosa aspettarmi, i nostri ritmi di vita, mentre adesso… non lo so. Ho sempre paura che tu possa perdere la pazienza da un momento all’altro e… » s’interruppe, mordendosi un labbro.
« Ti ho fatto una promessa Yuri. E lo sai che mantengo sempre le mie promesse. »
« Forse non è abbastanza. » concluse a voce bassa il più piccolo.
Yuya sbarrò lievemente gli occhi, rimanendo in silenzio, poi accennò un sorriso a sua volta.
« Lo immaginavo. » ridacchiò « Sì, lo sapevo. E’ normale, suppongo. » batté le mani sulle proprie ginocchia « Andrò a farmi un bagno. »
« Un altro? » mormorò istintivamente Yuri fissandolo.
Yuya scosse le spalle.
« Non posso? » domandò.
« Vado a preparartelo. » si offrì il più piccolo iniziando ad alzarsi, ma Yuya lo spinse delicatamente sul divano.
« So girare un rubinetto da solo. » mormorò rimanendo comunque fermo al suo posto.
Yuri appoggiò la fronte sulle ginocchia.
« Puoi andare, se vuoi. » esclamò all’improvviso Yuya senza fissarlo « Puoi… andartene, se lo desideri. »
« Non voglio andarmene, Yuya. » lo fissò Yuri sbarrando gli occhi.
« E allora perché continui ad avere quello sguardo depresso? Perché non riesco a farti felice? » si arrabbiò Yuya guardandolo « Io vorrei solo che tu fossi felice. Sempre. » ansimò, sentendo gli occhi lucidi « E se non ci riesco, allora devi andartene da qualcuno che può farlo. »
« Io voglio stare solo con te. » replicò Yuri alzandosi sulle ginocchia e sporgendosi verso di lui « Se me ne fossi voluto andare avrei seguito Hikaru. Io… voglio te, te l’ho già detto. »
« Ma io non voglio vederti triste. Lo so che ho sbagliato, ma quando ti ho preso… non lo so, forse mi ricordavi me e non volevo lasciarti là. »
Yuri aprì la bocca per rispondere, poi la richiuse di scatto, socchiudendo gli occhi. Si avvicinò ancora di più a lui, facendogli cenno di stendersi su un fianco e il più piccolo si sdraiò accanto a lui, appoggiando la faccia nell’incavo del suo collo.
« Ti credo Yuya. E io sono felice, qua con te, mi devi credere. »
La mano del più grande si mosse delicatamente lungo il suo fianco, accarezzandogli leggermente la pelle morbida. Yuri strinse con forza la stoffa della maglietta di Yuya nelle sue mani, stringendosi a lui.
« Cosa posso fare per renderti veramente felice? » mormorò piano al suo orecchio.
Lo strinse. Yuri era talmente piccolo che riusciva facilmente a coprirlo con il suo petto. Socchiuse gli occhi, ascoltando il battito del suo cuore, mentre riprendeva ad accarezzarlo e a muoversi lentamente contro di lui.
« Mi piace quando mi stringi Yuya. » ammise il più piccolo senza alzare la faccia, sempre stretto a lui.
L’altro fece una risatina nervosa, senza fermarsi. Fece passare la mano al di sotto della maglietta, sfiorandogli la pelle nuda dei fianchi e della schiena, baciandogli la fronte. Yuri reclinò la testa, permettendo a Yuya di scivolare giù con le labbra, fino ad arrivare al collo, continuando a baciarlo e a mordicchiarlo leggermente.
Yuya gli abbassò un po’ i pantaloni, toccandogli la pelle morbida e liscia dell’inguine, senza mai toccare la sua erezione, ancora non del tutto dura. Yuri gemeva lievemente, mordendo la maglietta di Yuya e muovendosi contro la sua mano, cercando di provare più piacere.
« Hai voglia? » sussurrò il più grande al suo orecchio.
Yuri annuì, alzando la testa e baciandolo avidamente. Yuya lo afferrò per i fianchi, portandolo sopra di sé, in mezzo alle sue gambe, baciandolo con la sua stessa foga, continuando a toccarlo.
Lo afferrò per i fianchi, accarezzandogli poi la schiena morbida e liscia, passandoci leggermente le unghie, senza ferirlo. Yuya tirò indietro la testa e Yuri gli baciò il collo, mordendolo, aggrappandosi alle sue spalle, muovendo il proprio bacino contro quello del più grande.
Yuya gli sfilò la maglietta del pigiama e l’altro si tolse i pantaloni, rimanendo nudo sopra di lui. Lo yakuza rimase qualche secondo a fissarlo e a toccarlo, fino a che la sua mano non scese di nuovo verso il basso ventre, stringendo debolmente la sua erezione fra le dita.
Le mani di Yuri si strinsero con ancora più forza sulle spalle del più grande, che sentì le unghie penetrargli nella carne e gemette sommessamente il suo nome.
Yuya mosse più velocemente la mano su di lui, mentre le dita libere scivolavano lungo il suo petto piccolo, graffiato, facendole scivolare poi nella sua bocca per inumidirle. Yuri aprì la bocca, accogliendole e iniziando a succhiarle e a leccarle, spostando tutto il suo peso sui palmi della mano, appoggiate al petto di Yuya.
Il più grande lo osservò mentre le proprie dita entravano e uscivano dalla sua bocca, lascivamente bagnate dalle labbra di Yuri. Yuya si morse un labbro, prima di aumentare la presa sull’erezione del più piccolo e di muovere più velocemente la mano, spostando rapidamente le dita umide fra le natiche dell’altro, preparandolo frettolosamente.
I gemiti di Yuri si fecero più alti, prima che Yuya allontanasse la mano dal suo corpo e lo afferrasse per i fianchi, stringendo le mani nella sua carne.
Yuri si alzò, velocemente, per togliergli i pantaloni della tuta e la canotta, stendendosi di nuovo su di lui, sentendo l’erezione di Yuya premergli con forza contro lo stomaco. Scivolò sulle gambe, prendendoglielo in bocca, succhiandolo.
Yuya lo spostò quasi immediatamente gemendo il suo nome e riportandolo sopra di sé, iniziando a penetrarlo. Yuri serrò gli occhi, mordendosi un labbro, mentre Yuya aveva ripreso a toccarlo e a farlo godere.
Entrò lentamente dentro di lui, cercando di costringere sé stesso a dargli il tempo per abituarsi alla sua presenza dentro il proprio corpo. Lo afferrò per la vita, desiderando solo affondare le unghie dentro la sua pelle chiara, vedere i segni rossi delle sue dita marchiarlo un’altra volta.
Ma aveva fatto una promessa. Socchiuse gli occhi, prendendo un profondo respiro, allentando la presa su di lui, sentendo solo il proprio nome gemuto da quella voce roca che lo eccitava, iniziando a spingere sempre più velocemente dentro di lui con tutta la forza che aveva.
Sentì Yuri venirgli sul petto, ma invece di farlo accasciare su di sé lo spinse leggermente indietro, costringendolo ad appoggiare le mani contro le sue ginocchia. Voleva che lo sentisse tutto, fino in fondo, voleva fargli capire che poteva e che riusciva a farlo godere e che lui era in grado di eccitarsi senza fargli necessariamente del male.
Tirò indietro la testa, muovendo con più forza i fianchi, sentendosi vicino all’orgasmo che lo travolse, venendo dentro il corpo di Yuri.
Si mosse per qualche altra manciata di secondi, cercando di stabilizzare il proprio fiato e cercando di tornare ad un ritmo umano.
Yuri si alzò lentamente dal suo corpo, quasi controvoglia, e si sdraiò al suo fianco, facendosi abbracciare di nuovo, ignorando il sudore sul corpo di entrambi.
Yuri socchiuse gli occhi, accarezzandogli il collo e le clavicole. Sorrise appena, come un idiota.
« Perché ridi? » chiese piano Yuya, accarezzandogli il volto e riavviandogli i capelli leggermente appiccicati contro la fronte.
Yuri scosse le spalle, senza perdere il sorriso, continuando a concentrarsi sulla sua pelle tatuata.
« Sono felice. » ammise piano, continuando a non guardarlo « Ho quasi paura di svegliarmi e rendermi conto che è solo un sogno. »
Le braccia di Yuya si fecero più forti intorno a lui, stringendolo con ancora più forza a sé, come se potesse andarsene da un momento all’altro.
« Da adesso non dovrai più avere paura di nulla. Ti ho fatto una promessa, ricordatelo sempre. »
L’altro annuì, il sorriso che si faceva sempre più ampio.
« Ti amo anche io. » sussurrò nascondendo la faccia nel suo petto.
Yuya cercò di contenere la propria emozione, mentre le proprie mani si stringevano sulla sua pelle.
« Davvero? » mormorò al suo orecchio.
« Sì. Davvero. » rispose piano Yuri « Ti amo. » ripeté.
Rimasero in silenzio per qualche secondo.
« Direi che adesso però ce lo dobbiamo fare un bagno prima di andare a letto. » si lamentò Yuya guardandosi addosso.
« Decisamente. » rise piano Yuri.
« Mi laverai i capelli. » si esaltò il più grande « E anche la schiena! Ah, nessuno lo ha mai fatto! » si emozionò ancora.
Yuri sorrise, annuendo. Alzò lo sguardo verso di lui, timidamente.
« Tu invece… » si interruppe, scuotendo la testa « Niente, lascia stare. » si alzò a sedere, cercando di andarsene, ma l’altro lo afferrò per i fianchi, tirandolo di nuovo verso di sé.
« Dimmelo, dai. Dobbiamo… parlare di più Yuri, altrimenti le cose non cambieranno mai. » arrossì, sperando che l’altro non notasse il suo imbarazzo.
« Tu potresti lavare i capelli a me, se ti va. Mi piace quando mi tocchi i capelli e quindi… » notò la sorpresa di Yuya e iniziò ad innervosirsi « Ma non fa niente. E’ una richiesta sciocca, scusami. » mormorò agitandosi.
« No, non lo è. Adesso stiamo insieme, no? E poi mi piace toccarti i capelli. Posso lavarti anche la schiena? » domandò poi, con un tono talmente innocente che Yuri rimase senza parole.
« S-Sì, certo che si. »
« Bene. » gli diede una pacca sul sedere « Allora muoviti a preparare il bagno. Vado a prendere dei pigiami nuovi. » si alzò, e fischiettando scomparve in camera.
Yuri rimase fermo, quasi inebetito dalla scena appena passata. Il suo sorriso non era ancora scomparso e desiderò che anche quei momenti non svanissero mai.
Gli sembrava di vivere in un sogno. Un sogno bellissimo e che durava un attimo. Elui stesso si sentiva come un sogno. Fragile nella stessa maniera.
Ma avrebbe lottato per proteggere quei momenti, per sempre.