Autore: Akane
Fandom: RP calcio: Real Madrid
Parte: 7-8/16
Pairing/Personaggi: Crikà, Cristiano Ronaldo, Kakà, José Mourinho
Rating: il 7 è molto tranquillo, l'8 direi R.
Warning: slash
Disclamairs: Questa fanfiction non è a scopo di lucro.
Non si vuole offendere o essere lesivi nei confronti delle persone
reali descritte. Niente di quanto narrato in questa fanfiction è
realmente accaduto ma è frutto di fantasia, pertanto non si pretende di
dare un ritratto veritiero di eventi o personalità.
Note: nel primo capitolo di Riky si occupa il mister in una sua versione un po' inedita, direi... nel secondo invece ci pensa Cris che, stufo di aspettare i suoi tempi, prende le cose nelle sue mani. Brutalmente. Il solito cinghiale(bellissimo!)!
Ringrazio chi legge e commenta.
Buona lettura.
Baci Akane
Capitoli 1 e 2 ||
Capitoli 3 e 4 ||
Capitoli 5 e 6 CAPITOLO VII:
USA IL CALCIO
La mattina seguente fu il momento peggiore per entrambi, ma soprattutto per Cristiano il quale aveva dovuto concludere da sé il lavoro che le sue parti basse avevano prepotentemente iniziato da sole all’abbraccio di Ricardo. Si era sentito in colpa per averlo baciato e per essersi eccitato mentre l’amico cercava solo un conforto per il momento terribile che stava passando.
Quello piangeva e lui che faceva?
Se lo baciava!
Ma si poteva essere più bestiali?
Quando suonò la sveglia si rese conto di non aver nemmeno chiuso occhio, quindi sbuffando si tirò su a sedere con l’intenzione di sbrigarsi ed uscire in fretta dalla camera.
Con un po’ di fortuna sarebbe riuscito a vedere Ricardo smarrito il meno possibile.
Era deleteria per lui quella sua versione… non avrebbe mai immaginato, solo un anno prima, che avrebbe potuto diventare così sensibile alla purezza d’animo di qualcuno. Lui che di solito preferiva le persone più perverse che mai!
Quando si girò verso il letto del compagno di camera, notò che era girato contro il muro e che non si era ancora mosso.
Probabilmente si era addormentato piangendo o comunque mentalmente sfinito, quindi stravolto com’era forse era il caso di lasciarlo dormire dicendo una bugia a fin di bene, cioè che aveva un po’ di influenza.
Provò l’irrefrenabile istinto di carezzarlo e chiedergli se stesse bene, ma sapendo che così non era e non essendo sicuro se poi sarebbe riuscito ad affrontare la sua fragilità -non dopo la sera precedente nella quale vi era completamente annegato- decise di lasciar perdere e di fare il più silenziosamente possibile.
Si infilò nel bagno e sperò che una doccia fredda potesse essere sufficiente per rimetterlo in sesto e calmare quelli che ormai erano spiriti perennemente bollenti!
Quando José vide arrivare Cristiano da solo, capì immediatamente che qualcosa, ieri sera, doveva essere andata male e non gli ci volle molto per immaginare cosa potesse essere, considerando lo stato in cui aveva lasciato Ricardo.
Con un mezzo fischio dei suoi -che comunque assordò chiunque fosse nelle sue dirette vicinanze- lo chiamò indicandogli con sole due dita di venire al suo tavolo.
Con un altro sguardo penetrante indicò al suo secondo e agli altri preparatori della squadra di alzarsi. Naturalmente non aveva l’autorità per farlo ma lui, come diceva sempre, poteva fare qualunque cosa e il bello era che alla fin fine era vero!
Cristiano dunque si sedette al tavolo della colazione del mister e con aria tetra lo guardò cercando di capire se fosse vero che la sera precedente non avesse messo le sue zampacce addosso al proprio peluche preferito che ronfava in camera!
José capì subito l’origine di tale occhiataccia e non ci mise molto a demolirlo con la sua decisamente da ‘diretta televisiva con l‘inferno‘!
Lo batté per dieci a zero!
- L’hai forse violentato? -
“Chissà com’è che abbiamo avuto lo stesso pensiero l’uno verso l’altro…”
Si chiese con un’ombra di ironia, rendendosi conto che da qualche parte erano della stessa pasta!
- No! Pensavo che l’avesse fatto lei! - Disse di rimando senza peli sulla lingua… forse il punto in cui erano fatti della stessa pasta, era proprio la lingua!
José lo fulminò con lo sguardo più terribile dell’inizio del ritiro, non gli sarebbe servito parlare se non avesse considerato quell’essere così ritardato da non capire da solo le cose:
- Per chi diavolo mi prendi? Li so frenare benissimo i miei istinti! - Ammettendo senza problemi che comunque la voglia di farlo l’aveva avuta eccome. - Tu forse… mi sa che non li sai frenare… -
Cristiano a quello ebbe conferma che anche se non gli aveva detto nulla, già sapeva tutto lo stesso, quindi sapendo che non c’era speranza di nascondergli qualcosa si decise a dirgli tutto con aria scontenta e colpevole.
Amareggiato, quasi.
- E’ venuto e mi ha pianto addosso dicendo che il suo matrimonio era in crisi… -
- Immaginavo… - Disse allora José calmandosi a sua volta, lasciando venire a sé un’aria seria che lo rendeva più affascinante che mai.
- Ma si rende conto? - Prima ancora che lo dicesse, il mister già sapeva a cosa si riferiva e con aria pensierosa e quasi grave, disse:
- Già… -
- Piangeva perché il suo matrimonio stava finendo! -
- Infatti… - Non serviva dicesse null’altro. Lo stesso tono stupito e colpito dell’altro che però era anche sconvolto.
- Ma chi lo fa, ormai? -
- Non ne fanno più col suo stampo… - Concluse infine José guardando lontano, come anche Cristiano, figurandosi il ragazzo di cui stavano parlando e che più o meno evidentemente stavano ammirando.
Sarebbe stata una scena comica se la crisi di Ricardo non fosse stata così incombente su di loro.
- L’hai baciato. - Saltò su d’un tratto severo sapendo che era così e il giovane manco si affannò a negare, tanto ormai aveva capito che tipo era!
Mostrandosi colpevole ma senza malizia, sussurrò:
- E chi non l’avrebbe fatto al mio posto? Si spalmava ingenuamente su di me mostrandomi tutta la sua immensa fragilità… era un invito… dannazione, ero in boxer! -
- Se fosse stato uno qualunque si sarebbe potuto pensare che ti stesse seducendo, no? - Improvvisamente erano diventati addirittura quasi complici, cosa che non lo era stato quasi con nessuno in vita sua.
Ma si capivano al volo, avevano gli stessi pensieri su quel ragazzo e soprattutto gli stessi istinti.
Solo che uno, per fortuna, sapeva anche trattenerli meglio dell’altro. Se non lo faceva era perché non voleva, semplicemente.
- Ma lui non lo stava facendo! Però la mia bocca ha agito da sola… - Confidarsi con l’allenatore era una cosa strana, per lui, non l’aveva mai fatto con gli altri che aveva avuto prima anche se aveva più o meno instaurato dei buoni rapporti. È che si sentiva profondamente capito da lui, come se le mille cose discutibili che facevano di continuo, li avvicinassero incredibilmente. Non ci pensava, semplicemente parlava senza riflettere, come suo solito.
- Sta dormendo? Avrà pianto tutta la notte… - Anche José, se era per quello, non aveva mai avuto a che fare con uno simile a Ricardo e sebbene da un lato lo spaesava e lo stupiva un po’, dall’altro lo stimolava e gli piaceva.
Gli tirava fuori un lato di sé che non aveva mai immaginato di possedere.
Cristiano annuì vago, quindi José aggiunse deciso:
- Ci parlerò io, bisogna rimetterlo in sesto, quel ragazzo… e ricorda che fiducia non è sinonimo di sesso! - Concluse allora alludendo con malizia al proprio discorso sul brasiliano, pubblicato sul giornale di qualche giorno fa.
L’ala del Real Madrid sghignazzò a quell’uscita, quindi apprezzando i modi così anomali ma diretti e allusori al tempo stesso del mister, si alzò senza dire nulla andando a fare la sua colazione.
Non si disturbò certamente a bussare, come non si disturbò a chiamarlo per non fargli venire un infarto.
Si limitò a scoprirlo brutalmente e a tirare le lenzuola di sotto con Ricardo addormentato sopra che, con un tonfo, rovinò a terra facendogli seriemente dubitare di essere ancora al mondo.
Pronto ad aiutarlo a capire che purtroppo lo era ancora, José gli rovesciò anche una bottiglietta d’acqua sulla faccia, così che non avesse dubbi!
- Oh Dio… - Esclamò allucinato Ricardo in ginocchio sul pavimento con un’aria traumatizzata.
- No, non proprio… quello che ci sta direttamente sotto! - A quell’uscita il giovane mise a fuoco l’allenatore con le mani ai fianchi come se fosse pronto ad affrontare l’esercito delle dodici scimmie!
- Ma che succede? - Non riusciva ancora a connettersi a quel risveglio brusco, considerando che aveva dolori non poco trascurabili al fianco ed un bel bernoccolo in fronte…
- E’ tardi, stanno per iniziare gli allenamenti… -
Ricardo si arruffò i capelli ingrovigliati, quindi si girò a cercare Cristiano ma al suo posto vide solo un letto vuoto e corrugò la fronte senza riuscire a raccapezzarsi.
In che punto dell’anno e del mondo erano?
- Non ho sentito la sveglia… ma perché Cris non mi ha svegliato? - Chiese aggrappandosi alla logica visto che i ricordi tardavano a tornargli, merito di quella botta in piena fronte che si gonfiava a vista d’occhio.
- Perché è un idiota… dai, su, sbrigati che non ho tutta la mattina, ho un programma fitto per tutti! -
Fece allora mettendogli fretta di proposito per impedirgli di pensare e quindi deprimersi di già.
Ricardo credeva di essere in un universo alternativo di quella che in teoria doveva essere la sua vita.
Già, e com’era la sua vita originariamente?
Chi se lo ricordava con quei martelli pneumatici che gli perforavano tutte e tre le membrane delle meningi?
- Ma perché è venuto lei a svegliarmi? - Avrebbe avuto più logica mandare qualcuno…
José si spazientì ed alzando il tono di impazienza, lo prese per un braccio e lo tirò malamente su:
- Muoviti, dannazione! Sistemati! Quanto ti ci vuole? Devo farlo io? Che sei, mio figlio? -
“Se tratta i suoi figli così, poveri loro…”
Pensò confuso senza osare dirlo per non mancargli di rispetto.
Credendo di essere davvero finito nell’anticamera dell’inferno e nel cercare di capire se lui fosse il diavolo in persona o il cerbero che ci faceva la guardia, si tolse il pigiama che indossava lì davanti a lui, ancora senza ragionare ma sbrigandosi per non farlo arrabbiare ancora di più.
Certo era traumatico un risveglio simile… cosa mai poteva aver fatto di male?
Stava sempre così attento a non provocarlo in nessuna maniera…
Lo vide incrociare le braccia al petto e battere ritmicamente il piede con fare impaziente, un sopracciglio alzato, labbra strette ed aria arcigna. Gli pareva quasi di vedere del fumo uscire dalla sua testa.
Quando si mise i pantaloni della tuta e fece per andare al bagno per sciacquarsi e pettinarsi, un’altra presa ferrea come quella di prima che l’aveva alzato da terra, lo tirò bruscamente costringendolo a sedersi nel letto. Bè, in realtà lo spinse praticamente giù ed in un nano secondo si ritrovò con un ginocchio che lo schiacciava sul petto, steso, ed un indefinito qualcosa di bagnato sugli occhi e sulla fronte.
Evitò di respirare, lasciò che il silenzio calasse perfetto e quando gli parve di sentire il peso sul torace alleggerirsi, senza osare muovere un solo muscolo, chiese cauto e lento:
- Ehm… mister? - Un mugugno secco in risposta. Quindi osò timoroso: - Cosa sta facendo? -
- Non si vede? - Più un ringhio che altro.
- Effettivamente… no! - Ed era vero ma per tanta audacia pregò mentalmente che non lo trapassasse con uno spadone nascosto chissà dove!
José sbuffò infastidito, quindi si decise ad illuminarlo:
- Hai gli occhi rossi e gonfi, per non parlare di quel bernoccolo da cartone animato… cosa pensi che stia facendo, con un asciugamano bagnato sulla tua faccia? - Ok, ora ci poteva arrivare.
- Oh… grazie… non serviva… - Disse calmandosi, sentendo che anche i suoi battiti andavano meno all’impazzata.
- Sì che serviva… - E doveva essere lui perché l’altro che conosceva il suo stato d’animo era una bestia che aveva peggiorato la situazione.
Una bestia immatura che ragionava con gli organi genitali maschili!
Certo che avrebbe voluto farlo anche lui, ma se avesse ceduto poi chi si sarebbe occupato di recuperare il suo trequartista?
Il Pallone d’Oro non poteva affondare con lui nel ruolo di Commissario Tecnico, dannazione!
Ricardo rimase ancora fermo ed in silenzio, respirando appena, senza curarsi del suo stato inadatto e della situazione insolita.
Lì ormai di insolito era tutto…
Nel capire come mai ci fosse bisogno di tante attenzioni persino da parte di uno come Mourinho, si ricordò che i suoi occhi erano rossi e gonfi per il pianto della sera precedente e per la maggior parte della notte. L’aveva fatto silenziosamente fino a che il sonno non l’aveva colto sfinito.
Poteva fare così male un fallimento in una delle cose nelle quali aveva creduto di più in assoluto?
Finalmente il ginocchio si levò dal petto ma ugualmente continuava a sentire un peso sopra.
Sentì il materasso abbassarsi ed una presenza ferma accanto a sé, immaginò che il mister dovesse essersi seduto quindi cercando di fare il minimo rumore, si preparò ad ascoltare ciò che sicuramente sarebbe uscito. Ricordandosi della sera precedente e delle sue parole serie che l’avevano sorpreso, aiutato ed affondato brutalmente.
Lui ormai sapeva tutto di lui anche se non si era effettivamente confidato a viso aperto. Forse il suo viso era aperto anche se lui cercava di non mostrarlo così come niente fosse.
- Non credere che per me sia facile… - Iniziò con un tono talmente serio che lo sorprese. Non poteva vederlo in viso ma sentiva la sua forza e la sua concentrazione. Istintivamente lo ammirava, oltre che rispettarlo, e ci teneva a capire cosa volesse dirgli.
- Trattare male le persone? - Gli venne quello da chiedere perché effettivamente per ora tutto ciò che aveva fatto era mostrare tutta la sua cattiveria.
José sorrise divertito dalla sua spontaneità:
- No, quello mi piace farlo… intendo che non mi piace trattare male gli animali… -
Ricardo increspò la fronte e per la prima volta sentì il dolore alla botta che cresceva sopra quando si era scontrato col pavimento. Non si mosse comunque.
- Mi sta dando dell’animale? - Come doveva interpretarlo?
- Sì, ma in senso positivo… cioè come i cuccioli… - Il ragazzo non disse più nulla capendo il senso della sua uscita, arrossì sotto la pezza bagnata che cominciava a dargli sollievo agli occhi che gli bruciavano da tutta la notte.
Non poteva vedere José ma gli pareva che lo stesse osservando con quel suo sguardo penetrante e affilato. Era come se sentisse su di sé i suoi occhi verde nocciola e così effettivamente era.
Con aria assorta ed intensa lo stava guardando scendendo dal viso coperto, al collo su cui la vena finalmente si stava rilassando, al petto ancora nudo. Era giovane ed in forze, i suoi allenamenti non erano mai stati esagerati come nel caso di Cristiano che aveva un corpo esplosivo, però anche il suo era in ottima forma. Piacevole sia da guardare che sicuramente da toccare.
Ma non seguì, per il momento, quell’istinto e quella voglia di soddisfare la curiosità.
- Riky, tu e tutti i calciatori come te avete un ottimo vantaggio, fra i tanti. - Incalzò allora serio e quasi delicato. - Avete un campo da calcio. - Alzò una mano e lentamente cominciò a tracciare da una distanza di qualche centimetro, le linee naturali del suo torace. - Quando entrate avete l’obbligo di lasciare fuori tutti i vostri problemi della vita privata. - Le clavicole… i pettorali… - E’ un ottima scusa per lasciare tutte le vostre beghe fuori ed annullarle per tutto il tempo in cui calpestate l’erba. - Si soffermò sui capezzoli immaginando di poterli toccare e stringere fra le dita, tormentarglieli mentre glieli faceva inturgidire. La testa piegata di lato per aiutare la propria fantasia, ma senza alcuna malizia perversa negli occhi che invece pensavano seriamente a cosa stava dicendo. - Usalo, questo vantaggio. - Scese poi, sempre senza toccarlo davvero, sul suo ventre rilassato. - Entra in campo e lascia fuori tutte le tue crisi. Alleggerisciti. Dimenticati di tutto. Fuggi dai tuoi problemi. - Non era da lui dire cose simili per il semplice fatto che lui odiava fuggire dai problemi, preferiva affrontarli qualunque essi fossero, però quello era un caso diverso. - Solo quando sei in campo. Quando ne esci cerca di risolverli, affrontali da uomo, vivili e fai quello che devi fare. Piangi e disperati se ti serve. - Ora stava delineando le prime linee del suo inguine che poi venivano coperte dai pantaloni della tuta e quel dannato elastico che avrebbe voluto abbassare per continuare il suo percorso. - Però usa il calcio per stare bene. Fa di esso il tuo rifugio. - Lasciò del silenzio dopo queste parole, ripensò a qualcosa di sé e del suo passato, a tutte le cose che aveva fatto e che nessuno aveva mai capito. Ai problemi che anche lui aveva avuto. A quello che era quasi riuscito ad affondarlo. E poi al calcio. - Si può vivere una vita intera, così. - Concluse infine con un sospiro impossibile da interpretare, facendo cadere quasi stancamente la mano sullo stomaco di Ricardo, ma con delicatezza.
Il ragazzo sussultò a quell’insolito contatto e alla sua mano leggera e calda. Sentì una vampata attraversarlo e sebbene provò un istintiva voglia di togliersi la pezza e guardarlo in viso, non osò farlo.
Rimase quindi lì com’era senza dire nulla.
Senza fare domande, facendosi un paio di idee più o meno giuste sull’uomo complesso e strano che aveva davanti.
Rendendosi però fondamentalmente conto di una cosa.
“Uno che fa il suo lavoro a quel modo ottenendo tutto quel successo, non lo fa solo per soldi, carriera e dovere. Lo fa soprattutto per passione. Perché ci crede. Perché gli piace, ma veramente. Perché quel lavoro l’ha salvato e continua a farlo in un modo che nessuno potrà mai capire.” Poi trovando in quello il suo cammino ed una sicurezza che aveva smarrito da un po’, decise che sarebbe voluto diventare come lui.
Certo non la parte pessima, violenta, spregiudicata, perversa e terrorizzante di lui, bensì la parte giusta e passionale. Quella in cui credeva fermamente in ciò che faceva senza mai smarrire la strada, non davvero.
- Grazie… - Sussurrò allora delicatamente, quasi avesse timore di interrompere quello strano qualcosa che si era appena creato.
José sorrise con quel suo fare indecifrabile ma probabilmente contento che avesse capito, sicuro di averlo aiutato. Felice di non aver perso nessuno dei suoi nuovi calciatori che avrebbe fatto di tutto per trasformarli in veri campioni.
Con un altro lieve colpetto sullo stomaco, si alzò dicendo con un cambio totale di tono:
- Dai, sistemati e raggiungici, ti aspettiamo. -
Così dicendo se ne andò svelto prima che Ricardo si togliesse l’asciugamano e si tirasse su a vedere una stanza ormai vuota, rimanendo solo a massaggiarsi pensieroso il punto in cui la sua mano l’aveva toccato in quel modo strano, dopo che aveva avuto la sensazione che l’accarezzasse su tutto il torace.
Ammaliato ripensò alle sue parole che avevano avuto la capacità di ridargli una forza perduta per strada.
Da qualche parte doveva sforzarsi di trovare una rinascita. Ce n’era una per tutti, lui ci credeva.
CAPITOLO VIII:
NON TI PIACE?
Per tutto il giorno non si erano semplicemente parlati, Cristiano consapevole che prima o poi avrebbe dovuto chiarire quel bacio che gli era proprio scappato, Ricardo incapace di trovare il bandolo della matassa sotto cui si era aggrovigliato per bene.
Cercava un capo o una fine senza trovarlo e non sapendo come dovesse rapportarsi col suo amico che si comportava in modo tanto strano, evitava proprio di farlo nella speranza che prendesse lui l’iniziativa.
Avrebbe dovuto saperlo, in realtà, che ogni preghiera prima o poi veniva ascoltata…
Al giovane portoghese infatti non garbava molto l’idea di non poter fare quello che gli pareva col suo cocker grazioso.
Dopo essersi allenati tutto il giorno separatamente ed in perfetto silenzio, cosa che parve strana a tutti visto che i due di norma lo facevano sempre insieme parlottando e ridendo tutto il tempo, giunse la sera che ancora non avevano proferito parola l’uno verso l’altro.
Il fastidio di Cristiano era ormai alle stelle e già il dover essersi trattenuto la sera precedente e non essergli saltato addosso, era stata per lui una fatica immane. Non poteva anche pretendere che resistesse a quel silenzio imbarazzante.
Lui le cose le affrontava subito ed a modo suo.
Irruente, senza tatto, con una certa passionalità.
Allo stesso modo affrontò quella situazione fra lui ed il suo amico.
- Uh che caldo… - Si lamentò uscendo dal bagno della loro camera, presentandosi tutto bagnato con un solo asciugamano alla vita; Ricardo era mezzo steso nel letto pensieroso.
Ora ad uno qualunque sarebbe parsa subito evidente la sua strategia, ma per il brasiliano fu nebbia totale e mentre lo squadrava con un sopracciglio alzato notando come sempre che aveva davvero un bel corpo, muscoloso, abbronzato e con ogni cosa al posto giusto, rispose vago e sorpreso di sentirgli rivolgere la parola per la prima volta, anche se non con una domanda diretta.
- Già… fa proprio caldo… - Ed improvvisamente lo pensava più di prima. Lo sentiva davvero, il caldo. Quasi da avere bisogno di un’altra doccia anche lui.
Cristiano notò che era finalmente disposto al dialogo, quindi girovagando per la stanza in quelle condizioni, senza la minima intenzione di asciugarsi e vestirsi, decise che era il momento.
- Senti, Riky… mi dispiace per ieri sera… - Comunque prima o poi avrebbero dovuto parlarne, al di là del modo che aveva scelto per fargli capire una certa cosa.
Ovvero il motivo della sua dannatissima crisi matrimoniale.
Il ragazzo adagiato nel letto si tirò meglio su con la schiena, quindi si affrettò a dire:
- Oh, non importa, dai… anche io non avrei dovuto… - Ma al dire che cosa non avrebbe mai dovuto fare, si fermò perché di fatto non lo sapeva bene.
Forse buttarsi addosso a quel modo quando conosceva benissimo i suoi gusti sessuali… ma si era sempre rifiutato di credere che avesse quelle mire su di lui e che non avrebbe saputo controllarsi.
Di fatto non sapeva ancora cosa pensare.
- Tu non hai fatto niente… sono io che ho reagito come una bestia, seguendo i miei istinti più bassi. Non dovevo, non eri pronto. - Cristiano aveva però le idee chiarissime e non esitava a fare il suo discorso che comunque non si era preparato.
Sapeva bene dove voleva giungere e senza la minima delicatezza, si fermò davanti al suo letto continuando a stare bagnato con un asciugamano alla vita. I suoi occhi di brace fissavano quelli di natura più gentili dell’altro che ancora non sapeva cosa pensare.
- Pronto per cosa? - Osò chiedere in un flebile sussurro, temendo di non volerlo sapere.
- Per conoscere la tua natura. - E l’inizio del suo attacco fu tremendamente dolce, per il portoghese. Una luce di maliziosa sicurezza brillò nel suo viso sensuale di natura, Ricardo inghiottì sgranando gli occhi sempre più timoroso riguardo quel discorso. Sperando che stesse ancora scherzando come faceva per lo più.
- La mia… natura? - Non avrebbe mai voluto chiederlo però d’altra parte… ma insomma, cosa intendeva? Perché non era più chiaro? Cosa stava cercando di insinuare?
E la sua espressione in quel momento parve così timida, sorpresa e spaurita, quasi, che Cristiano non resistette e liberò più o meno lentamente quello che definiva la bestia.
Mise un ginocchio sul suo letto e si aggrappò con una mano alla spalliera dietro la schiena di Ricardo immobile che nemmeno fiatava. Un sorriso malizioso sulle labbra ben disegnate, l’aria da predatore.
Era quella che aveva quando andava nei suoi locali per rimorchiare?
Istintivamente ’la preda’ capì come mai la gente cedeva a lui tanto facilmente.
E come lo pensò andò nel panico.
- Sì… - Soffiò sul suo orecchio. Ricardo rabbrividì ma non si mosse. - la tua VERA natura… -
Ora era salito del tutto e l’asciugamano gli si era sciolto rivelando la sua intimità senza vergogna. Ebbe la visione di una pantera che si avventava sul suo bottino e questi cominciò a sentire tutto il sangue che gli pulsava impazzito nelle vene, l’adrenalina alle stelle, il caos che non gli faceva capire più niente.
- Ma io non sono gay… - A quel punto era chiaro a cosa stesse alludendo e Cristiano accentuò il suo sorriso seducente che riscaldò l’altro all’istante facendolo diventare completamente rosso.
Il predatore si tirò su e prese i lembi della maglietta di Ricardo, quindi gliela sfilò poco gentilmente buttandola distrattamente a terra, lasciando che l’asciugamano ormai scendesse fra i loro piedi.
- Non lo sai… - Mormorò allora roco mentre lo prendeva per la vita e lo tirava fino a stenderlo per bene sul materasso. Lo ricoprì col suo corpo rimanendo a carponi, senza toccarlo davvero.
La preda aveva il cuore che galoppava come un matto, la testa nel panico più totale ed un sacco di altre accelerazioni tremende a paralizzarlo.
Come si chiamava quella cosa che gli stava succedendo?
Eccitazione?
- …ma lo sei… - Continuava intanto Cristiano con le labbra sul suo orecchio. Cominciò a leccarglielo e succhiargli il lobo, le mani che si occupavano del suo petto scoperto, soffermandosi impietoso sui capezzoli che reagirono immediatamente a quel tocco.
Doveva reagire e mandarlo via, Ricardo lo sapeva, ma perché il suo corpo non ne volesse sapere di eseguire i suoi ordini preferendo lasciarsi fare inerme, per lui era un mistero. Cercava di capire le parole che gli sussurrava languido l’amico, ma l’idea che allungando le sue mani poteva toccargli la schiena e scendere giù per scoprire se era davvero sodo come aveva sempre immaginato, lo mandava ancor di più in tilt.
Voleva ragionare, ma proprio non ci riusciva, però al tempo stesso era spaventato da ciò che provava e da quelle ondate di brividi crudelmente piacevoli.
- Il tuo corpo non mente… - Fece allora scendendo la bocca sul suo collo pulsante, succhiò avido una sua piccola parte ed in quello cominciò a strofinarsi col bacino contro le sue cosce paralizzate e tese.
Era questo che Cristiano faceva agli altri ragazzi che gli piacevano e che si portava a letto?
Era questo che provavano loro?
Ricardo si morse il labbro sentendo le mani del compagno scendere insieme alla sua bocca. Scendere per tirargli prepotentemente giù i pantaloni insieme ai boxer, scoprendo una parte che al momento stava reagendo in maniera davvero imprevedibile e sconvolgente.
Lo sentì sorridere sulla propria pelle bollente:
- Lo vedi? Lo senti? Sei eccitato… ti piace… -
Senza ancora toccargli il suo inguine che invece desiderava essere trattato in una certa maniera, se lo guardò per bene, poi alzò gli occhi reggendosi sulle braccia, continuando a strofinare il bacino sulle gambe.
Vide l’espressione in sforzo totale di Ricardo, imbarazzato e confuso, lo sentì mugolare un vago ‘no’ nella speranza di crederci davvero e questo ebbe il potere di accenderlo ancora di più.
Amava gli angeli alle prese con i primi istinti sessuali. Spaventati cercavano di rifiutare quanto di più evidente e naturale c’era, senza poi riuscirci davvero.
Tornò sul suo membro che timido reagiva al suo respiro caldo così vicino, quindi tirò fuori la lingua e con la punta gli fece sentire cosa succedeva quando iniziava l’assaggio.
- Non ti piace? - Chiese di nuovo seducente, la voce ormai roca, carica di desiderio.
Lo sentì rabbrividire sotto di sé e soffiare un testardo ‘no’.
Compiaciuto da quella risposta, decise di darci dentro e farlo come si doveva, quindi glielo prese con una mano e cominciando a muoverla aggiunse di nuovo la sua lingua e di seguito tutte le labbra, leccandolo, avvolgendolo e succhiandolo fino a farlo suo, a farlo reagire in una maniera decisamente evidente.
Sull’aumentare del ritmo e dell’intensità, Cristiano si interruppe brutalmente alzando la testa per cercare di nuovo il suo sguardo.
La pantera affamata incatenò il cucciolo teneramente spaventato, accaldato che ormai sospirava teso e tremante. In risposta alzò il bacino senza pensarci per chiedere di più e il portoghese chiese crudelmente:
- Non ti piace? -
E pensando fermamente di morire se la sua bocca e la sua lingua non fossero tornate sul proprio membro eccitato fino all’inverosimile, finalmente sospirò tremendamente erotico, carico di desiderio:
- Sì… ti prego… -
Il ‘continua’ non riuscì proprio a dirlo, ma fu chiaro e Cristiano ebbe pietà di lui avventandosi sul suo sesso abbandonato poco prima. Si sistemò meglio, gli avvolse il bacino con le braccia e alzandolo se lo portò alla bocca aiutandosi con quel contatto maggiore, completando il suo lavoro, sfogando tutte le proprie voglie, facendo sua quella parte così intima ed eccitata da mandarlo totalmente fuori di testa.
Quando sentì le sue gambe avvolgerlo intorno alle spalle tendendo fino allo spasmo ogni muscolo del corpo, non ci vide più e senza nemmeno toccarsi direttamente con le mani, raggiunse il culmine un secondo prima del suo compagno che, ne era certo, in quel modo lo faceva per la prima volta.
Dopo essersi appropriato del suo sapore, aspettò un attimo che si riprendesse, cosa che effettivamente doveva fare anche lui, quindi sentendolo mollo fra le sue braccia, sciolse l’intreccio con le gambe adagiandolo sul materasso, infine ripulì sia sé stesso che il lenzuolo che aveva finito per sporcare senza volerlo.
Osservandolo con un sorriso soddisfatto e pieno di mille altre idee, lo mise a fuoco e capì che forse era stato troppo diretto e brutale.
Se ne rese conto quando vide Ricardo coprirsi la faccia con gli avambracci e trattenere il respiro.
Così sarebbe morto… impallidendo e chiedendosi se forse non avesse esagerato, si tirò su coprendolo con l’asciugamano di prima. Si morse il labbro perdendo tutta l’eccitazione di poco prima, dandosi dell’idiota e, ancora una volta, della bestia.
- Riky… - Lo chiamò non sapendo se toccarlo oppure no.
L’altro ancora non rispose. Ora cominciava a sentirsi davvero in colpa.
- …dai, non fare così… - E non capiva che razza di reazione fosse, non gli era mai capitata a lui, nemmeno la sua prima volta!
Piangeva?
Si stava soffocando?
Pregava?
Forse tutte e tre…
- …ti prego… - Lo disse sinceramente preoccupato, sfiorandolo lieve con un dito sul braccio, sperando che si sciogliesse e gli mostrasse il viso.
Lo sentiva rigido e non più morbido, forse non era stata la strategia migliore.
Senza saper più che fare visto che non sapeva come si facevano le cose dolci, iniziò a coprirlo di piccoli baci delicati e dalle braccia scese sul petto che ancora non si muoveva ad eccezione dei battiti impazziti.
Cominciò profondamente a pentirsi di ciò che aveva fatto, anche se l’aveva desiderato dal primo momento in cui avevano cominciato a parlarsi, approdati insieme al Real Madrid solo un anno prima.
- Scusami… - Disse allora, sentendosi idiota a dirlo visto che non era mai uscita una cosa simile dalle sue labbra dopo aver fatto sesso orale con qualcuno.
- Non era questo il modo… - Non ne era del tutto convinto ma sperava che lo fosse Ricardo. Non sapeva più che fare.
- Ma non è una cosa brutta… - Continuò fra un bacio e l’altro senza l’intenzione di riaccendere alcun desiderio.
- E’ solo la tua natura… va bene anche se l’accetti… non perdi l’anima… io sto ancora bene, sono felice, fortunato… - Cercava goffamente di fargli capire che anche facendo quelle cose non si finiva all’inferno. Avrebbe davvero voluto essere più esperto sull’argomento Dio e dirgli una di quelle cose che di certo lui sperava di sentire, ma proprio non ne aveva idea.
- Non so cosa ne pensa Dio, ma so cosa ne penso io… va bene così… sei quello che sei… devono volerti per quello che sei… se non è così, nessuno ti merita. - Quello era semplicemente né più né meno quello che si era detto a sé stesso quando si era scoperto gay e quando poi l’aveva dichiarato senza problema.
E senza rendersene conto, aveva preso a parlare dolcemente, proprio come era convinto di non saper essere.
Fu allora, sentendo quella sincera preoccupazione e delicatezza, che Ricardo tornò a respirare e lentamente sciolse le braccia dal viso rigato di lacrime.
Quello per lui, probabilmente, rappresentava il rompersi definitivo di un legame o magari di più legami.
Fra lui e sua moglie, fra lui e tutto ciò in cui aveva creduto, fra lui e la proprio integrità… non sapeva nemmeno cosa pensare del discorso ‘Dio’, non lì, non in quel momento di caos.
Sapeva però che aveva bisogno di almeno uno che lo accettasse.
Ed in quel momento di personale disperazione, vide gli occhi colmi di sincerità e di sentimento di Cristiano e vi si aggrappò.
Senza dire nulla, si girò e scese sistemandosi bene sopra di lui, nascondendo ancora il viso, facendosi avvolgere dalle sue braccia protettive.
Lo sentì respirare sollevato, il cuore tornare regolare, le mani fra i suoi capelli arruffati che lo premevano contro il proprio petto.
Non avrebbe detto nulla, non sapeva davvero cosa pensare, ma sarebbe stato così fra le sue braccia, sul ragazzo che comunque, anche se brutalmente, gli aveva aperto gli occhi.
E sapeva benissimo che per un orgasmo simile non potevano esserci altre spiegazioni che quelle.
Forse era male, sbagliato, eretico, perverso e brutto… ma era ciò che era e finalmente l’aveva capito.
Al come affrontarlo, ci avrebbe pensato il giorno dopo.