Titolo: Troppo pulito
Autore:
Akane
Fandom: RP: calcio
Capitolo: 1/16
Personaggi/Pairing:
Real
Madrid: Cristiano Ronaldo, Kakà e José Mourinho. Crikà.
Generi: sentimentale,
comico, erotico
Rating: VM18
Wordcount: 41411 in totale
Warning: in
un capitolo c'è una threesome. Slash, lemon.
Disclaimer: Questa fanfiction non è a scopo di lucro.
Non si vuole offendere o essere lesivi nei confronti delle persone
reali descritte. Niente di quanto narrato in questa fanfiction è
realmente accaduto ma è frutto di fantasia, pertanto non si pretende di
dare un ritratto veritiero di eventi o personalità.
Note: Innanzitutto è da poco che mi sono affacciata al mondo dei LJ e specialmente a questo e non sono ancora sicura di come funziona, quindi se sto facendo qualche cavolata fatemelo sapere e datemi delle dritte!
Questa mia opera è iniziata perchè avevo una scena
in mente e la volevo scrivere... da lì è nata questa di ben 16 capitoli
più l'epilogo (ma non sono particolarmente lunghi)... Essendo che non
programmavo quel che scrivevo ma che veniva da sé, sono stata sopresa
di ritrovarmi a fare certe cose... ma tant'è che alla fine mi è
piaciuta parecchio così l'ho tenuta e l'ho sparsa nel mondo!
Prima di leggere dovete sapere che...
1- Io sono sempre stata profondamente milanista ma più di tutto amavo
Kakà. Poi mi sono innamorata di Mourinho. Essendo che si sono riuniti
al Real e che là c’era pure, guarda caso, quel pezzo di figliolo di
Ronaldo, non ho potuto evitare di pensare. E quando io penso sono guai!
2- Inizialmente pensavo fosse una cazzata, poi però mi son trovata ad
inserire anche il lato serio e decente della cosa, quindi in realtà è
un misto fra il comico-demenziale, il paranoico, l’erotico e
naturalmente il sentimentale.
3- Alcune cose (come la crisi di Kakà e le dichiarazioni di José) sono
notizie vere, altre naturalmente totalmente inventate. Cioè la maggior
parte!
4- C’è una scena di sesso a tre verso la fine, ma è solo una scena, il
resto della storia si impronta solo sulla coppia più ufficiale di
questo mondo: Crikà!
5- Kakà è estremamente religioso, evangelista per la precisione, quindi
scrivendo di lui ho dovuto mettere di mezzo anche questo suo lato.
6- Visto che non sono capitoli lunghi, li pubblico 2 per volta.
Ok, penso che non manchi nulla.
Spero che la fic piaccia, a me sì di sicuro.
Buona lettura a tutti.
Baci Akane
TROPPO PULITO
CAPITOLO I:
NON FARTI MALE
Chiuse il giornale con un sospiro dispiaciuto, il medesimo stato d’animo che si leggeva a caratteri cubitali nel viso dai lineamenti dolci. Piegò le labbra in un’espressione sinceramente nostalgica, quindi fece correre i grandi occhi neri in sincronia con la sua malinconia, sul resto del locale nella speranza che nessuno lo notasse, non in quel momento.
Quello era l’attimo della giornata in cui si concedeva di piangersi addosso, andava di proposito nel solito bar deserto, leggeva il giornale e senza nessuno, né sua moglie con il figlio, né gli altri della squadra, poteva vederlo sospirare pieno di rimpianti.
Fu allora che una voce lo distrasse chiamandolo, contraddicendo la sua speranza.
- Ehi, Riky, eri qua! -
Riconobbe subito la sua voce allegra, quindi mordendosi il labbro carnoso rimase in dubbio se rilassarsi o meno. Anche se era lui, non voleva mostrarsi sempre così depresso, gli pareva di approfittare delle sue premure, ma quando lo raggiunse al tavolino e vide il giornale sportivo davanti a sé, capì ancora prima di guardarlo in viso che cosa stava facendo.
- Ciao Cris. Come va? - Glielo chiese prima che lo facesse lui, anche perché sapeva che appena l’avrebbe guardato in faccia non ci sarebbe nemmeno stato bisogno di parlare.
- Il solito… e vedo che anche per te è così! - Disse sedendosi davanti a lui buttandosi il giornale alle spalle, facendolo scivolare nella sedia dietro di sé. - Tu piuttosto… dovresti smetterla di farti così male… - La seconda frase la brontolò severo, i suoi occhi scuri lo penetrarono passandolo ai raggi X in un istante facendolo arrossire poiché colto in flagrante. Del resto quando aveva sentito la sua voce, aveva capito subito come sarebbe finita.
Ricardo sospirò per l’ennesima volta, quindi appoggiando il mento al palmo, fece scorrere lo sguardo apertamente malinconico oltre l’amico, a pensare a ciò che aveva appena letto sul calcio estero.
- Cosa c’è scritto sul Milan, questa volta? - Chiese bruscamente seccato, sapendo che farlo parlare era l’unico modo per aiutarlo. Quel piccolo testone -che comunque aveva tre anni più di lui- si ostinava a tenere le sue depressioni per sé stesso, cercando di non condividerle con gli altri per non infastidirli e rattristarli. Non è che ci riusciva bene visto che praticamente tutti, poi, se ne accorgevano lo stesso!
- Hanno mandato via Leonardo… è stato il secondo allenatore per molti anni, è stato lui a suggerire alla società di acquistarmi. Dopo solo un anno nel ruolo di primo già l’hanno mandato via… che peccato… -
- Non ti fa bene continuare a seguire i fatti del tuo vecchio club, non te ne staccherai mai, così. - Rispose Cristiano sempre severo, incrociando le braccia sul tavolino.
- Lo so ma… - Mormorò con un filo di voce senza saper come finire la frase. Aveva ragione, doveva smetterla di seguire tutto quel che riguardava il suo vecchio club, però non era facile.
- Se non la smetti questa tua insoddisfazione si rivelerà sempre nel gioco… - Non era certo un tipo che aveva peli sulla lingua, lo sapeva ormai e lo apprezzava proprio per quello, oltre che per il fatto che forse si sentiva più grande di lui e quindi in dovere di prendersene cura… era buffo che invece il maggiore fosse Ricardo. Del resto avrebbe sempre avuto quell’aria da ragazzino, anche a quarant’anni, probabilmente!
L’osservò amichevole, grato delle attenzioni che gli porgeva, quindi si sforzò e cambiò discorso:
- Allora, perché mi cercavi? - Non si trovavano spesso la mattina a fare colazione insieme, quello non era certo l’ambiente di Cristiano che preferiva i luoghi più alla moda e affollati, dove il suo ego poteva nutrirsi per bene. I locali isolati e tranquilli li cercava solo Ricardo…
- Hai il cellulare spento… - Disse allora cambiando discorso e ricordandosi del motivo per cui l’aveva cercato venendo addirittura in quel posto.
- Oh, sì… mi sono dimenticato di accenderlo… - Se ne rese conto dopo aver tirato fuori il suo telefonino rigorosamente spento. Lui e la tecnologia non erano proprio un tutt’uno… meno poteva essere rintracciato e più stava in pace.
- Cambio di programma… viene oggi lo Special One, ha anticipato tutta l’organizzazione. Credo sia impaziente di iniziare… -
Ricardo comprese di chi si trattava cercando di mostrarsi incuriosito, quindi con gentilezza tipica sua, disse:
- Bene… sarà interessante averlo come allenatore… - Cristiano alzò il sopracciglio scettico, quindi con ironia disse schernendolo:
- Detto da uno che riesce a trovare interessante tutto… - Era vero, ma non lo faceva come posa, era proprio un suo modo di fare. Peccato che la cosa che considerava più interessante di tutti era l’unica che non poteva avere assolutamente.
Questo ebbe il potere di fargli strappare un piccolo sorriso che inorgoglì l’amico fautore di quella specie di progresso.
- Però è vero, Mourinho è un allenatore stimolante… - Si difese senza sentirsi davvero offeso.
- E non è solo un allenatore stimolante… - Disse con malizia il portoghese visualizzandosi mentalmente il volto affascinante di José, il loro nuovo allenatore.
- Che intendi? - Fece invece l’altro con ingenuità sincera.
Cristiano ridacchiò divertito, adorava quando faceva così… poterlo scandalizzare era una di quelle cose impagabili:
- E’ davvero un gran bel tipo, no? - Ed il modo in cui lo disse non ebbe davvero bisogno di ulteriori spiegazioni nemmeno per il super ingenuo Ricardo che dalla sua espressione imbarazzata, era evidente che avesse capito benissimo cosa diceva.
- Ah, se stai chiedendo il mio parere a riguardo non so risponderti, ma se mi chiedi un parere sull’allenatore, allora possiamo parlarne… - Cristiano rise di gusto… era anche per questi atteggiamenti pudici che considerava Ricardo più piccolo di lui, anche se non lo era davvero.
- Dimmi, dimmi… - Però non aveva la crudeltà di infierire troppo, con lui. Con chicchessia sì e senza il minimo problema, anche in pubblico se era per quello, ma con il trequartista si tratteneva anche se a volte gli veniva una gran voglia di esagerare alla grande.
- Bè, lui allenava l’Inter quando io ero al Milan, quindi ho avuto modo di farmi un’idea su di lui, è molto bravo nel suo lavoro e so che in questo ultimo anno si è superato. È un uomo che ha una grande passione e la mette in tutto quello che fa senza riserve. È capace di farsi espellere dal campo per difendere i suoi ragazzi. Dà tutto e non gliene importa niente delle conseguenze. Certo, è altero e ambizioso, nonché senza peli sulla lingua - al ché Cristiano commentò che si diceva arrogante e presuntuoso e che non erano insulti ma dati di fatto, quindi poteva dirli. - però sa il fatto suo. Quest’anno la società ha fatto un ottimo affare, ne sono convinto. Quel che mi impressionava di più era come riusciva a domare i ribelli. Nell’Inter soprattutto c’erano molti elementi del genere e lui era l’unico che riusciva a gestirli. -
A queste parole Cristiano si drizzò nella sedia mostrando un certo interesse e cercando di immaginare come fosse possibile, chiese:
- E come faceva? -
Ricardo si visualizzò l’uomo portoghese sui quarant’anni, giovanile, ben tenuto, di bell’aspetto e di bassa statura, quindi rievocò i suoi modi e rabbrividì:
- Lui terrorizza! - Lo disse incisivo e senza altre spiegazioni, non avrebbe saputo dirlo in altro modo.
- Ma dai! Se è basso! - La sua statura traeva molti in inganno, specie uno come Cristiano che non si interessava molto al resto del mondo che non avesse direttamente a che fare con lui.
- Non farti abbindolare da questo dettaglio… lui riesce a incutere terrore anche ad uno di due metri per due spalle per qua! -
- Lo vorrei conoscere… - Disse subito l’amico con un sorrisino sbieco e l’aria di chi assaporava qualcosa di suo gradimento.
- Chi, l’allenatore? - Chiese senza capire Ricardo.
- Anche, ma io intendevo quello alto due metri con due spalle per qua! - La sua omosessualità dichiarata non era più un mistero per nessuno ed ormai anche il brasiliano riusciva a capire le sue battute a doppio senso, anche se non del tutto. In realtà riusciva solo a comprendere che alludeva a qualcosa di poco pulito, per i dettagli ci voleva qualcuno che glieli spiegasse.
- Ad ogni modo se ha domato uno come Balotelli, domerà anche te! - L’uscita gli venne spontanea; anche se erano lì da solo un anno, ormai lo conosceva bene, sembrava infatti che Cristiano l’avesse preso sotto la sua ala protettiva.
- Io sono un angioletto! - Esclamò ridacchiando dell’assurdità che aveva appena detto. Questo fece divertire anche Ricardo che finalmente si distese in una deliziosa risata. - Dai, andiamo ad incontrare questo mostro… - Fece infine alzandosi per primo, contento di essere finalmente riuscito a distrarre il malinconico compagno di squadra.
Ricardo lo seguì facendosi forza. Sperava di essere riuscito a nasconderlo, ma anche il fatto di rivedere uno che allenava la squadra opposta alla sua, era motivo di forte nostalgia e sapeva che specie all’inizio sarebbe stata molto dura quel nuovo giro di boa.
“Ma magari i suoi modi brutali sono quelli che mi ci vorranno…”
Si disse uscendo dal suo piccolo bar deserto, cercando di lasciarsi indietro il suo Milan.
CAPITOLO II:
LASCIA FARE A ME
Gli occhi severi ed estremamente attenti scorrevano uno ad uno i suoi nuovi giocatori al loro primo giorno di allenamento.
Il ritiro era finalmente iniziato e lui era arrivato nel luogo molto prima degli altri per farsi il programma e studiarsi i dati che gli avevano fornito. Era stato molto curioso ed impaziente di iniziare, aveva di proposito preteso di accelerare tutti i tempi. Una squadra diversa di quel calibro non solo era una di quelle sfide che tutti sognavano, ma anche un fenomeno interessante su cui mettere le mani, modellarli a suo piacimento, far di loro i campioni che l’avrebbero celebrato…
Però non era solo una questione di fama e carriera, la sua, bensì anche un vero e proprio piacere nel fare ciò che lo realizzava maggiormente. Lui adorava il suo lavoro e lo dimostrava in ogni modo, senza nessuna riserva.
Penetrando i ragazzi con accuratezza ed uno sguardo che pareva imbronciato e che in realtà era solo molto concentrato, si fece subito un’idea precisa di tutti e di ciò che avrebbe dovuto fare per ognuno di loro.
Specie uno in particolare che stentò a riconoscere.
Senza mai staccare gli occhi da Ricardo cercò il giovane che aveva lasciato l’anno prima senza riconoscerlo. Di quel campione che spesso era stato l’unico capace di risollevare una squadra intera, che riusciva a segnare quasi ad ogni incontro, che mai deludeva al contrario dei suoi compagni, non c’era nemmeno l’ombra.
Al suo posto ora vedeva un giovane depresso che cercava di far finta di fare del suo meglio e che invece risultava pietoso.
Quel brillante calciatore prodigio che agli inizi della sua carriera era stato chiamato Bambino d’Oro e che aveva vinto molti riconoscimenti, ora era semplicemente spento.
Spento dopo addirittura un anno dalla sua separazione con il precedente club dove era stato nel meglio della sua carriera.
Era lampante che il motivo fosse quello, ma come poteva non essersi ancora ripreso?
Fra gli altri c’erano molti sottotono che avevano solo bisogno di una strigliata e di un paio di calci in culo, ma lui era diverso… il suo livello attuale era quello di uno comune come tanti, mediamente bravo. Ma Ricardo non era così, lo conosceva bene visto che per anni era stato la punta di diamante della sua squadra avversaria.
Il vero Kakà era quello che spiccava e che era fuori dal comune.
Certo, aveva un gioco pulito, semplice, elegante, classico, giusto… ma non era mai stato solo quello.
Sembrava quasi che, per i suoi canoni, fosse infortunato.
Si trovò quasi a sperare che lo fosse davvero, ma infastidito profondamente da ciò che vedeva, si disse che doveva subito fare qualcosa.
O si toglieva dalla testa quel dannato Milan, o lo cacciava dal Real a fucilate, e non gliene importava un fico secco se non aveva l’autorità per farlo!
Profondamente seccato dal suo atteggiamento spento e a sua detta fuori luogo, a fine allenamento mandando tutti gli altri a lavarsi e riposarsi, trattenne il giovane trequartista brasiliano e decidendo istantaneamente il modo migliore per parlargli, lo guardò malissimo pur essendo più basso di un paio di centimetri, quindi come se lo volesse sbranare, disse diretto ed incisivo, puntandolo col dito contro il petto sudato:
- Vuoi tornare al Milan? -
Ricardo lì per lì credette di aver capito male e spaesato chiese un: - Eh? - vago.
L’altro allora ripeté seccato nella loro lingua, sempre più incattivito:
- Se fossi uno qualunque penserei che non sei male anche se non eccezionale. Ma non sei uno qualunque. Io so chi sei, ti conosco meglio degli altri! Ti ho studiato a lungo per i derby a Milano e so di cosa sei capace. Allora se non fossi idiota penserei che sei infortunato! Ebbene sai una cosa? - Chiese con quella che per lui forse era ironia ed invece al giovane parve più una minaccia: - Non lo sono! Non ti sei ripreso dal tuo trasferimento! - Non glielo chiedeva, dunque l’altro rimase in silenzio, contrito e soggiogato dal modo in cui gli parlava, ma soprattutto mortificato. - Ragazzino, se vuoi tornare a Milano me lo devi dire ora, qua e subito! Io non ho tempo da perdere, posso fare la mia squadra anche senza di te, ma non voglio essere preso in giro. - Questa volta la cattiveria era davvero marcata, anche se non gli gridava contro come normalmente amava fare.
Ricardo lo guardava con i suoi grandi occhi espressivi che dicevano quanto gli dispiacesse tutto quello e quanto lui avesse ragione. Per lui era tremendo il pensiero di essere così di peso, non lo era mai stato, non era giusto. Far addirittura perdere tempo…
Gli occhi gli divennero lucidi ed il nodo crebbe. Non poteva piangere per una sfuriata simile, tanto più che il mister aveva ragione… ma non era per quello quanto per ciò che aveva brutalmente detto.
La verità.
Lui voleva solo tornare in quella che per lui sarebbe sempre stata la sua casa. Semplicemente la sua casa, il suo luogo d’appartenenza, la sua fonte di energia.
Ma anche a dirlo una volta per tutte ad alta voce, anche a piangere, anche sfogarsi, non sarebbe cambiato niente. Non sarebbe servito.
Si morse il labbro in un gesto infantile e stringendo i pugni lungo i fianchi, rispose con un filo di voce, capendo come quell’uomo facesse ammutolire chiunque.
- Ed anche se così fosse, che cosa può fare, lei? - Non era una frase da lui, impertinente e provocatoria. Lui non era così, era rispettoso e gentile, sempre a modo. Ma lo stato d’animo in cui attualmente verteva era tale da spingerlo a fregarsene del proprio linguaggio e probabilmente José lo comprese e gli piacque quella spontaneità. Capì che doveva essere messo più male di quel che ad una sola occhiata aveva dedotto.
La luce nel suo sguardo divenne quasi malefica nella sua totale sicurezza e senza l’ombra di un rimprovero, disse accattivante:
- Io ho potere di fare qualunque cosa! - Razionalmente Ricardo sapeva che non era così, che c’erano cose per cui nessuno poteva fare niente e che un allenatore non era un presidente.
Sapeva anche che per lui avevano speso milioni e che non avrebbero certo rinunciato dopo un solo misero anno sottotono.
Però lì per lì, per il modo in cui lo disse ed in cui lo guardò facendogli sentire un qualcosa di tremendamente nuovo e sconvolgente, gli credette ciecamente. Che lui potesse davvero fare di tutto.
José gli mise una mano sulla spalla, lo strinse con vigore trasmettendogli la sua sicurezza, quindi con occhi affilati e diretti, disse con quel suo tipico sorriso enigmatico:
- Allora, vuoi tornare al Milan? -
Ricardo rimase spaesato per un po’ a fissarlo quasi inebetito, quindi dopo un attimo che si trovò perso nel suo sguardo e nei suoi atteggiamenti, disse spontaneo senza pensarci, piano piano.
- Magari… - In condizioni normali non l’avrebbe mai detto perché era stato cresciuto con la filosofia del non sputare mai sul piatto in cui si mangiava, non era mai stato ingrato ed anche nelle situazioni peggiori era sempre educato, rispettoso e soprattutto sapeva stare a posto. Non era uno impertinente come Cristiano…
Però lì si trovò ad esserlo e se da un lato si sentì male, dall’altro ne fu sollevato e quasi contento. Specie in virtù del sorriso accentuato del portoghese.
- Lascia fare a me e fidati. -
Non seppe proprio perché ma in quel momento sentì di potersi fidare ciecamente.
E si sentì meglio, per la prima volta da quando aveva messo piede a Madrid.