[Kis-my-ft2] Ai Monogatari.

Feb 20, 2012 13:47

Nick Autore: yukiko_no_niji
Titolo: Ai Monogatari
Numero Parole: 4111 @ fiumidiparole
Pairing/Personaggi: Nakaido Takashi/Senga Kento
Raiting: NC17
Genere: Erotico, Sentimentale, Romantico
Avvertimenti: Slash, One-Shot
Intro/Note: I protagonisti di questa storia non mi appartengono - eh, magari -, ma si appartengono tra di loro interscambiandosi. La storia di cui sotto è tutta mia immaginazione.

Questa storia partecipa al "Carnevale delle Lande" per la community auverse con il prompt "AU! Banca, Rapina" di vogue91

Ai Monogatari.

Quella mattina Senga avrebbe dovuto occuparsi della gestione di alcuni investimenti, che dei nuovi clienti avevano effettuato all’inizio della settimana.
Voleva sbrigarsi quelle pratiche, perché non gli era mai piaciuto rimanere indietro con il lavoro. Ed anche perché tutti, all’interno di quel circuito lavorativo, conoscevano lui ed il suo collega di ufficio come i due stacanovisti del posto.
Mantenere quella posizione, era di vitale importanza per lui.
Si volse ad osservare l’altro, che stava fissando con aria annoiata lo schermo del computer, con una penna tenuta tra le labbra, una mano sul mouse e l’altra che picchiettava sulla scrivania.
Ha i capelli troppo lunghi…
Quando si deciderà a tagliarli?
Li portava legati in un codino ordinato, per mascherarne l’effettiva lunghezza, ma Senga lo conosceva molto bene e sapeva che avrebbe potuto fregare tutti tranne lui.
In realtà, se doveva essere del tutto sincero con se stesso, avrebbe votato per il ‘non tagliare assolutamente quei capelli’, ma era l’aspetto esteriore che lo turbava non poco, gli sguardi degli altri su di lui.
“Nikaido-san…” lo chiamò, distraendolo dalla tabella che stava guardando. “Mi potresti passare i dati di Satou-san, per piacere?”
L’altro annuì, senza far cadere la penna dalla bocca, che adesso era tenuta tra i denti, e dopo aver rovistato un po’ sulla sua scrivania, gli porse i fogli che aveva chiesto.
Senga rimase a guardarlo per qualche attimo. Nikaido si era tolto la giacca del suo vestito e l’aveva poggiata allo schienale della sedia, restando con la camicia bianca e la cravatta verde smeraldo.
Non ci avrebbe mai e poi mai fatto l’abitudine a vederlo vestito in quel modo.
“Che c’è Ken-chan?”
Si riscosse subito, visibilmente irritato.
“Smettila di chiamarmi così quando siamo a lavoro. Te l’ho ripetuto fin troppe volte, ormai, che dobbiamo evitare di far capire agli altri che ci conosciamo fuori da qui.”
“Guardati intorno Kenpi… in quest’ufficio ci siamo solo noi due. Ed è così da quando ci hanno piazzati qui dentro più di un anno fa. O te lo sei forse dimenticato?”
“Non è quello il punto… Nikaido-san” sibilò ironico.
Tornò alle sue faccende, controllando i fogli che l’altro gli aveva passato e inserendo i dati mancanti nel file che aveva aperto poco prima.
Era nervoso.
Era nervoso perché sapeva che quel giorno sarebbe stato importante per il loro circuito.
Nel corso della mattinata sarebbe stato effettuato un versamento in contanti - un’ingentissima somma - da parte di un nuovo cliente, e che quei soldi sarebbero stati depositati lì, nella cassaforte della banca, fino a che qualcuno dei piani più alti non sarebbe venuto a prenderli per portarli via.
Quando era arrivato a lavoro, poche ore prima, aveva scorto sulle facce di tutti dei sorrisi tesi.
Non era una cosa che capitava tutti i giorni, lì dentro. Soprattutto perché quella era solo una piccola banca che si trovava in un quartiere fuori dal centro della città, per cui né i suoi superiori, né tutti gli altri si sarebbero mai aspettati di poter ricevere una simile offerta.
Era una trattativa che andava avanti da qualche mese ormai, ma il giorno che tutti aspettavano era arrivato.
Solo Nikaido, in tutta quella tensione, sembrava avere il volto completamente disteso.
Senga non lo capiva. O meglio… lo capiva, perché ormai lo conosceva, ma lo invidiava, perché avrebbe voluto essere calmo come lui.
Saperlo sempre al suo fianco, però, lo rassicurava.
Alcune volte gli sembrava impossibile che fossero arrivati fino a lì.
Quando si erano conosciuti, avevano appena vissuto due esperienze completamente diverse, ma entrambe difficili da potersi lasciare alle spalle.
I suoi genitori erano morti in un incidente stradale, all’inizio dell’ultimo anno delle scuole superiori.
Tutto quello che aveva avuto fino a quel momento, era sparito.
Due parenti su cui poter fare affidamento, i soldi della famiglia - poiché aveva scoperto che i suoi prima di morire si erano indebitati con il gioco d’azzardo -, il privilegio di frequentare una scuola privata, la perdita di quelle che credeva essere le sue amicizie, che avevano iniziato a snobbarlo quando avevano scoperto la vera natura dei suoi genitori.
Si era ritrovato completamente da solo, sfrattato dalla casa in cui aveva sempre vissuto e senza un soldo.
Stava per arrendersi, per lasciarsi andare totalmente al destino, quando trovò per caso l’indirizzo di un appartamento, il cui affitto aveva davvero un prezzo stracciato.
E fu proprio davanti a quel condominio che incontrò per la prima volta Nikaido.
Anche lui era lì per vedere un posto, in quella camera doppia libera in affitto.
Glielo disse senza rimorsi che i suoi genitori lo avevano buttato fuori di casa, perché non lo ritenevano più degno di essere loro figlio e di vivere sotto il loro stesso tetto.
Scoprirono di avere la stessa età e di avere molti punti in comune.
Quando arrivò uno dei proprietari di quel posto, avevano già capito che sarebbero andati d’accordo.
L’appartamento era immenso e oltre alla camera che avrebbe interessato loro, c’erano altre tre stanze, più una grande cucina, una sala, due bagni e due balconi.
Sembrava una reggia, che a Senga, in un primo momento, ricordò molto la casa in cui aveva sempre vissuto.
Il proprietario fu gentile con loro e data la loro situazione gli propose di prendersi cura della casa fino a che non si fossero trovati un lavoro per pagarsi l’affitto.
E da lì era iniziata la loro nuova vita.
Passo dopo passo avevano cercato un part-time.
Con quei soldi avevano iniziato a pagare l’affitto. Inoltre avevano ripreso ad andare a scuola.
Si erano segnati entrambi in una scuola pubblica, nel quartiere dove abitavano, ed erano stati assegnati alla stessa classe.
Nikaido era sempre svogliato e non aveva mai voglia di studiare, ma Senga lo aveva spronato ogni giorno a fare del suo meglio, per un futuro migliore.
Alcune volte l’altro avrebbe voluto ridergli in faccia, ricordargli che cosa gli era successo, ma la caparbietà di Senga, nonostante fosse il più piccolo tra i due, lo metteva sempre a tacere.
Si erano diplomati.
Senga era uscito da quella scuola come uno dei migliori studenti, ed aveva fatto di tutto perché anche Nikaido ne uscisse decentemente.
E poco prima del diploma era partita la caccia al lavoro.
Era sempre stato particolarmente interessato alle finanze, e le banche lo avevano sempre affascinato.
Avevano trovato quel posto quasi per caso, una mattina in cui Nikaido non aveva fatto altro che lamentarsi per il caldo e perché era convinto che non avrebbero mai trovato niente di adatto a loro.
E invece Senga vide l’annuncio su un giornale di finanza.
Una banca nella loro zona che cercava due stagisti per sei mesi, con una buona retribuzione.
Non era un lavoro sicuro, ma avrebbe potuto essere un buon inizio.
E così Senga aveva trascinato l’altro in un negozio di vestiti, uno di quelli seri, ed entrambi si erano rinnovati da capo a piedi.
Quello stesso pomeriggio si erano presentati nel luogo indicato sul giornale e si erano proposti per un colloquio.
Le selezioni erano state dure, ma quando furono entrambi richiamati per il secondo appuntamento, compresero che probabilmente avrebbero potuto avere qualche speranza.
Furono presi entrambi e Senga non aveva pensato neanche per un attimo che l’altro avrebbe potuto non farcela. Aveva imparato a conoscerlo e sapeva che quando ne aveva voglia, Nikaido sapeva essere una persona intelligente.
Così la loro avventura insieme era andata avanti.
I sei mesi erano trascorsi con qualche intoppo, ma alla fine ad entrambi era stato proposto di restare, di diventare dipendenti fissi.
Quando erano entrati nel loro ventiduesimo anno di età, il loro capo li aveva promossi di livello. La banca in quel periodo si era espansa, e così avevano ottenuto un ufficio tutto loro.
Era quasi un anno che si trovavano lì dentro, ma Senga faticava ancora a crederci di tanto in tanto.
Si erano ripresi con le loro stesse forze, ed erano andati avanti.
Avevano conosciuto nuove persone che li avevano supportati e che avevano fatto scoprire loro nuove sfaccettature che la vita avrebbe potuto donare loro.
Avevano fatto di tutto per non arrendersi, rimanendo sempre insieme.
“Hey bella statuinaaa…”
La voce di Nikaido lo riportò nell’ufficio.
Si volse verso di lui.
“Non è il caso di imbambolarsi al lavoro, ti pare? Non vorrai mica che la tua posizione di gran lavoratore cada così, da un giorno ad un altro?”
Senga scosse la testa.
“Invece di guardare me lavora” ribatté poi, rimettendosi a controllare il file che aveva davanti agli occhi.

Non era passata che una mezz’ora, quando, oltre la porta del loro ufficio, li vide passare: due uomini con due valigette d’argento tra le mani. Dietro di loro un terzo uomo, che ne aveva con sé soltanto una, identica alle altre quattro.
Senga si volse verso Nikaido.
“Sono arrivati…”
Loro non c’entravano niente con quell’affare, ma Senga ne aveva sentito parlare dai colleghi e ricordava ancora di come si fosse sorpreso quando aveva sentito la cifra su cui stavano discutendo. Non aveva mai pensato ad una simile cifra… troppi zeri.
Era curioso di come tutti quei soldi riuscissero a stare in quei cinque oggetti, che tutto sommato non erano poi così grandi.
Vide Nikaido tornare al suo lavoro, lasciando perdere sia lui, sia gli uomini che erano appena entrati.
E Senga lo imitò.

Il giovane aveva appena finito di sorseggiare il caffè che Nikaido gli aveva portato per fargli fare cinque minuti di pausa, e l’aveva visto chiudersi la porta alle spalle, per rilassarsi un po’ e non essere visto dai colleghi che stavano nelle stanze adiacenti.
Non sarebbe stato bello se dei clienti fossero arrivati per effettuare delle operazioni alle casse e lo avessero visto mentre faceva la sua bella pausa lavorativa.
La mattina, comunque, aveva ripreso a svolgersi nella sua quotidiana normalità.
Quegli uomini se n’erano andati via quasi subito e Senga era convinto che di lì a poco qualcuno della sede principale sarebbe andato a prendere quei soldi, quando d’improvviso, la corrente andò via.
Senga sussultò per l’improvvisa mancanza di luce.
“Nika…?” sussurrò.
“È saltato anche il sistema di sicurezza” lo sentì sibilare dopo qualche secondo.
Il sistema di sicurezza…
“Credi che…?” sussurrò, abbassando improvvisamente la voce.
“Sì, Kenpi…”
Non ci fu tempo di aggiungere nient’altro che dalle stanze accanto sentirono delle grida soffocate, piene di paura.
Qualcuno stava urlando di mantenere la calma e che se così fosse stato non sarebbe successo niente a nessuno.
Senga, d’istinto, spostò la sedia indietro e si nascose sotto la sua immensa scrivania.
Se c’era una cosa bella in quell’ufficio, erano proprio le scrivanie.
Capienti e solide, alte.
Si ritrovò a gattoni e strisciò piano lì sotto, fino a che non si mise a sedere, con la schiena poggiata alla base della scrivania.
“Cosa.stai.facendo?” sentì sibilare Nikaido.
Si sporse un po’, per farsi sentire meglio.
“Mi sono nascosto sotto la scrivania… Non si sa mai.”
“Tu sei scemo…”
“No, sono previdente” sussurrò. “E sta zitto!”
Rimasero in silenzio per qualche minuto, mentre dalla stanza accanto provenivano ancora degli strani rumori.
Se il sistema di sicurezza era saltato, non ci sarebbe stato modo per nessuno di contattare aiuto, in nessun modo.
Era quello l’unico problema di quel posto.
Senga stava seguendo le sue congetture mentali, quando sentì qualcosa, o meglio qualcuno, muoversi nella stanza.
Un minuto dopo sentì il respiro di Nikaido vicino al suo.
“Che diavolo fai?” sussurrò irritato.
“Mi sentivo solo là. Visto che siamo al buio possiamo stare insieme. Non ci vedrà nessuno.”
La voce calda dell’altro aveva sussurrato quelle frasi vicino ad un suo orecchio.
Senza rendersene conto Senga aveva preso con le mani il viso dell’altro, cercandolo piano nel vuoto, e poi si era avvicinato a lui, portando le sue labbra su quelle dell’altro.
Approfondì subito quel contatto, lasciando che la sua lingua trovasse quella dell’altro.
Non era la prima volta che succedeva qualcosa di simile in quell’ufficio.
Non era la prima volta che lui e il suo ragazzo si erano dati da fare aiutandosi con quella scrivania.
Difatti, quella scrivania, doveva aver imparato a conoscerli bene.
Una sera di qualche mese prima, quando gli altri colleghi avevano tolto le tende prima di loro, Senga e Nikaido erano rimasti a finire di compilare alcune scartoffie che sarebbero servite al capo il giorno successivo.
Ma ad un certo punto Nika si era fissato un po’ troppo sulla figura di Senga, e dopo essersi premurato di staccare le telecamere del circuito interno era andato a chiudere a chiave la porta dell’ufficio e buttarsi letteralmente sopra Senga, scaraventandolo sulla scrivania e facendolo suo, li sopra.
“Qualcuno glielo ha mai fatto presente, Senga-san, che le relazioni interpersonali tra i colleghi sono vietate qua dentro?” sentì sussurrare l’altro, con voce suadente.
“Ma siamo al buio” rispose lui, imitando la risposta che gli aveva dato poco prima. “Non ci vedrà nessuno.”
Sentì le mani dell’altro, in risposta, prendere a toccarlo ovunque.
Poco dopo sentì un sussurro vicino al suo orecchio.
“Stanno rapinando la banca… e tu sei ti sei già eccitato?”
“Non mi sembra che il qui presente sia messo meglio di me…” ribatté, mentre sfiorava l’erezione dell’altro da sopra il tessuto dei pantaloni.
Lo sentì schioccare la lingua.
“Non è certo colpa mia se mi fai questo effetto.”
“Oh” si sorprese. “Se la colpa è mia allora dovrò rimediare in qualche modo…”
Senga sbottonò il pantalone dell’altro, per poi far scivolare verso il basso la zip.
Gli fece alzare un po’ le gambe, quel tanto che gli bastò per scostare pantaloni e boxer dalla parte interessata.
Si chinò su di lui e senza dire niente, gli prese in bocca l’erezione, portando una mano alla base di essa, per aiutarsi a dargli più piacere e l’altra sulla labbra dell’altro, premendo su di esse per evitare che non ne uscisse alcun suono.
Prese a succhiare avido e a muovere la testa in su e in giù.
Pochi attimi dopo una mano di Nika aveva preso a massaggiare la sua testa, a dettare il ritmo di quei movimenti.
Senga lo lasciò fare e si adattò alla sua velocità, succhiando e leccando con desiderio.
Avrebbe voluto sentire i suoni rochi e gutturali che era sempre abituato sentire.
Avrebbe voluto sentire quei gemiti eccitarlo sempre di più, ma si rendeva conto che la situazione non glielo avrebbe permesso.
Passò qualche minuto, prima di sentire il membro dell’altro farsi sempre più grosso e pulsante lungo la sua gola.
Cercò di reprimere il senso di soffocamento, quando l’altro venne nella sua bocca, strozzando l’ultimo gemito nella sua mano, che non si era mai mossa da sopra quelle labbra.
Rimase fermo qualche secondo e poi si spostò da lui, sedendosi lì vicino.
“Kenpi…” lo sentì sussurrare, in piena estasi.
Il tono della sua voce lo fece eccitare ancora di più.
“Taa-kun” sussurrò pieno di frustrazione.
“Mmmh?” lo sentì mugolare beato.
“Taa-kun fa qualcosa anche per me” sibilò. “Non vorrai mica che faccia tutto da solo?”
Lo sentì trafficare con i suoi pantaloni, probabilmente rimettendoli a posto e tirando su la zip, poi sentì quel corpo farsi sempre più vicino al suo.
“Niente affatto” gli disse.
Imitò i gesti che aveva compiuto lui prima e sentì la sua erezione, che fino poco prima era compressa nei suoi boxer, dolorosa, liberarsi dal quel tessuto stretto.
Un attimo dopo due dita di Nika erano nella sua bocca.
Lui le bagnò lascivamente, suggendo diligente tutta la loro lunghezza.
Una mano dell’altro era già sulla sua erezione e si muoveva velocemente.
Senga iniziò a sentire la mancanza d’aria quando Nikaido lo fece spostare sulle sue gambe, penetrandolo con un dito.
La bocca dell’altro fu subito sulla sua, ed il gemito che stava emettendo si perse dentro di lui, divenendo un leggero lamento.
Sentiva il fastidio per quell’intrusione improvvisa e poco dopo percepì un nuovo dito aggiungersi al precedente, allargarlo sempre di più, mentre la sua erezione stava sempre ricevendo le attenzioni dall’altro.
Nikaido sapeva muoversi abilmente, sapeva dove toccarlo per fargli provare piacere.
Senza rendersene conto, Senga si ritrovò a mordergli il collo, facendolo sussultare.
Tutto quello era troppo per lui.
Quando sentì che non ce l’avrebbe più fatta, che sarebbe venuto di lì a poco, soffocò l’ultimo gemito, quello più forte, mordendo la spalla dell’altro, sentendo il tessuto morbido della camicia di Nikaido sotto i suoi denti.
Il suo respiro era affannato, i suoi sensi erano completamente fuori fase.
Sentì Nika cercare un fazzoletto nella sua tasca, per passarla su di lui e sulla propria mano.
Si stava ritirando su i boxer, completamente affannato.
Fu in quel momento che sentì la porta aprirsi.
Si portò d’istinto ancora più vicino al corpo dell’altro, come per nascondersi tra le sue braccia.
Rimasero in silenzio, cercando di respirare il meno possibile.
Vide una figura scura sul ciglio della porta, ma qualche attimo dopo la porta si richiuse.
Buttò fuori il respiro, accasciandosi sul corpo di Nikaido.
L’altro lo stava abbracciando.
Finì di rivestirsi, poi aspettarono.
Era sfiancante non sapere che cosa stesse succedendo.
Ma c’era un silenzio irreale in quel luogo.
Non sapeva se i rapinatori fossero ancora lì dentro.
Non sapeva niente.
Attese in silenzio, nascosto sotto la scrivania, insieme a Nikaido.
Attese quelle che gli sembrarono ore.
Nonostante ciò, l’essenza dell’altro nella sua bocca e quel profumo forte vicino a sé e su di sé, lo aiutò a rilassarsi.

***

Non ne poteva più di stare dentro quel posto.
Aveva risposto a tutte le domande possibili che gli erano state fatte, ma non poteva farci niente.
Lui non si trovava nella stanza dove era stato effettuato il furto, nel momento in cui c’erano stati i rapinatori, per cui non avrebbe potuto aiutare nessuno.
E anche a voler aiutare qualcuno, non avrebbe potuto farlo, perché non aveva idea di cosa fosse successo per tutto il tempo in cui lui si era dato da fare con il suo ragazzo.
Avrebbe solo voluto tornarsene a casa sua, farsi una bella doccia e rilassarsi sul letto.
Magari riprendere con Nikaido da dove avevano lasciato le cose, approfondire di più quel loro contatto fisico.
Quello sì.
Ma restava il fatto che non avrebbe potuto, né voluto aiutare nessuno.

***

Non appena rientrarono in casa, Senga e Nikaido furono avvolti da un buonissimo profumo di zuppa di miso appena fatta.
Il primo vide l’altro togliersi la giacca, buttarla sul divano lì vicino e allentarsi la cravatta, per poi togliersi anche quella e sbottonare il collo della camicia.
Lo imitò a sua volta.
Non vedeva l’ora di potersi mettere i pantaloni della tuta.
Prima di quello, però, avrebbe voluto farsi una doccia.
Era stata una giornata troppo, decisamente troppo stressante.
Si volse verso Nikaido, quando lo sentì tirarlo per la camicia.
“Che c’è?” chiese curioso.
L’altro gli indicò il tavolo con le gambe di legno e la base di vetro e notò che non era libero come ogni giorno dell’anno.
Sopra c’erano cinque valigette argentate, disposte ordinatamente e in bella vista.
A Senga si illuminò il viso.
Si volse verso il suo ragazzo, sorridendo scaltro, avvicinandosi a lui e avvolgendogli le braccia intorno al collo.
Posò le labbra sulle sue e lo baciò felice.
“Potreste anche smetterla, per una buona volta… Siete rientrati in questo momento…”
Senga si staccò da lui, quando Yokoo, un ragazzo alto e di pochi anni più grande di loro, entrò nella sala.
“Taipi ti è sempre appiccicato addosso, non rompere!”
E prima che Senga potesse aggiungere altro, Fujigaya - Taipi - raggiunse la sua metà.
Erano loro due i proprietari di quell’appartamento.
“Perché ci avete messo così tanto a tornare?” gli chiese il secondo.
“Abbiamo dovuto rispondere alle inutili domande della polizia…” replicò Nikaido.
“Temevamo che vi avessero trattenuti per altri motivi…”
Era stato Tamamori Yuta a parlare.
Lui e il ragazzo che gli era vicino, Miyata Toshiya, avevano i capelli arruffati e la faccia assonnata.
Senga sorrise. Probabilmente si erano addormentati abbracciati nello stesso letto, mentre li stavano aspettando.
“Tranquilli… non hanno minimamente pensato a noi. Non siamo usciti un secondo dal nostro ufficio…”
Si volse verso Nikaido, che gli lanciò un’occhiata eloquente in rimando.
Non avrebbero mai potuto pensare a loro.
Avevano studiato quel piano nei minimi dettagli e sapeva, aveva la certezza che niente sarebbe potuto andare per il verso storto.
Se c’era una cosa che davvero piaceva a Nikaido, quella cosa erano i numeri.
L’unica materia in cui aveva ottimi voti quando erano alle superiori, era la matematica. Senga ricordava come quella fosse l’unica eccezione in cui era l’altro a dare una mano a lui, quando si trattava di dover studiare per i compiti in classe.
E da solo aveva trovato la combinazione per entrare nel sistema interno del circuito bancario, quel circuito in cui, neanche loro che erano impiegati potevano entrare.
Ma lui ce l’aveva fatta, ed aveva seguito gli aggiornamenti di quel caso, in diretta, scoprendo dettagli che sarebbero stati indispensabili per la riuscita del piano.
Negli anni in cui avevano lavorato lì, poi, avevano imparato a conoscere bene l’ambiente, a sapere dove fossero posizionate le videocamere di sorveglianza e quali fossero i metodi di sicurezza del posto.
Sapevano anche come arrivare alla stanza che regolava l’elettricità di tutto lo stabile e come poter disattivare qualsiasi bottone per chiamare aiuto in caso di emergenza.
Il fatto che Yokoo, poi, si fosse laureato in Ingegneria elettrica, li aveva aiutati non poco.
Ma il punto era che avevano progettato tutto da troppo tempo ormai, e tutti e sette non aspettavano altro che quella mattina.
“Ci credo che non siete usciti un attimo dal vostro ufficio” Fujigaya lo distrasse dai suoi pensieri. “Siete davvero pessimi. Watta mi ha detto che vi siete messi a fare sesso mentre noi eravamo là!”
Senga si volse verso Yokoo.
“Grazie eh!”
“L’avete fatto davvero?” sbottò allibito Tamamori, appena arrivato nella sala, guardandoli basito. Ma non ebbe tempo di dire altro, che Miyata gli si era già appiccicato addosso.
“Sai… credo proprio che dovremmo seguire il loro esempio…” gli disse, sorridendo.
“Mi fai venire i brividi!” sussultò il primo, rosso d’imbarazzo, cercando di staccarsi da lui.
“Ah ah” annuì ironico l’altro. “Tanto lo so che mi ami!”
“Finiscila!”
“Non la smetterete mai di comportarvi da bambini, vero?” domandò loro Yokoo.
“Lasciali stare… Tu, piuttosto… Impara a tenere la bocca chiusa!” lo canzonò Nikaido.
Kitayama, il più grande della casa, che fino a quel momento era rimasto in silenzio davanti ai fornelli, si volse per sogghignare.
Ma subito Yokoo si girò verso di lui.
“Qualche problema Hiro-san?”
“Su su, non fate i bambini.”
Senga sorrise tra sé, vedendo Fujigaya fare qualche passo verso Yokoo.
Adorava quando arrivava quella parte, quando Fujigaya cercava di riportare la serenità tra di loro.
“Non fate i bambini” lo sentì riprendere, fino a che non fu vicino al più alto, per andare a scoccargli un bacio sulla spalla.
Vide Yokoo arrossire visibilmente, mentre Hiromitsu tornava a voltarsi verso i fornelli, pieno di disapprovazione.
Non sarebbero mai cambiati.
Mai.
E Senga avrebbe continuato ad adorare quel clima familiare che era maturato negli anni.
Lui e Nikaido erano gli ultimi ad essere arrivati lì, ma gli altri li avevano accolti comunque nella loro famiglia.
Ognuno di loro aveva trascorso un passato diverso, e tutti erano uniti dalla voglia di continuare a vivere.
A volte si riprendevano qualche rivincita personale, andando contro la legge e agendo secondo la loro morale personale. Ma alla fine restavano sempre loro sette.
“La cena è quasi pronta” annunciò Kitayama.
“Ah, io devo farmi una doccia Mitsu. Non ce la faccio più” si lamentò Senga.
“Allora muoviti o non troverai niente da mangiare quando ti siederai a tavola…”
Senza farselo dire due volte si precipitò in camera, seguito da NIkaido.
Vide l’altro prendere un asciugamano e correre verso il bagno, ma lui lo raggiunse, entrando nella stanza con lui, prima che chiudesse la porta.
“Ce la giochiamo a janken?” domandò Nikaido.
“Ti ricordo che c’è un’altra doccia nell’altra parte della casa.”
“Lo so, ma qui ci sono entrato io. Vacci tu.”
“No! L’ho detto prima io che volevo farmi la doccia.”
Rimasero qualche secondo in silenzio, poi Nikaido iniziò a sbottonare la camicia del suo fidanzato.
“E se invece la facessimo insieme, tanto per risparmiare tempo?”
Senga lo imitò, iniziando a spogliarlo a sua volta, avvicinandosi lascivamente a lui.
Lo lasciò fare quando gli fece scivolare via la camicia, facendola finire sul pavimento e poi si avvicinò a lui, facendo lo stesso e prendendo a baciargli il collo.
Portò le mani sulla sua schiena, saggiando i suoi muscoli con i palmi delle mani, salendo lentamente con la bocca fino a raggiungere quella dell’altro, sentendola schiudere al suo tocco.
Le loro lingue furono presto in contatto, bisognose l’una dell’altra.
Si staccò da lui solo quando sentì di aver bisogno di ossigeno.
Era eccitato e voglioso.
Avrebbe voluto sentire l’altro dentro di sé, in quell’esatto momento.
“Lo sai vero che non ci toccherà niente stasera?” sussurrò con voce roca, guardandolo negli occhi, mentre spostava il bacino in avanti verso quello dell’altro, rimanendo piacevolmente sorpreso quando scoprì che l’altro era eccitato quanto lui.
“Cucinerò qualcosa io dopo. Ultimamente mi sono dato alla cucina italiana…”
“Mmmh Taa-kun… come ti pare.”
Il respiro gli morì in gola, quando l’altro gli sfiorò con una mano l’erezione.
“Adesso però scopami.”
Lo sentì sorridere vicino al suo orecchio, prima di sentire quelle mani abili spogliarlo completamente e spingerlo nella doccia, per poi girare la manopola dell’acqua e lasciando che il getto freddo li bagnasse.
Si ritrovò contro il muro piastrellato ed esalò un sospiro.
L’altro aveva preso a baciarlo ovunque, ancora mezzo vestito.
Senga stava bene e sapeva che di lì a poco sarebbe stato ancora meglio.
Non avrebbe voluto cambiare per niente al mondo quella vita.
In quel momento non gli interessava di tutto il dolore che aveva provato, di tutte le prove che aveva dovuto affrontare.
Non gli interessava niente.
Tutto ciò era servito, perché alla fine aveva incontrato Nikaido Takashi. E quel ragazzo gli aveva completamente cambiato la vita.
Non vedeva l’ora di andarsi a fare un viaggio con lui ad Okinawa, tanto non avrebbero avuto problemi di soldi per un bel po’ di tempo.
Si lasciò andare tra le sue braccia, conscio del fatto che forse l’altro lo conosceva meglio di quanto potesse conoscersi da solo.
Si lasciò andare al piacere, perché stare con lui era la cosa che amava più fare.

group: kis-my-ft2, gnr: romantico, r: nc17, gnr: one-shot, pairing: nisen, gnr: slash, kis-my-ft2: senga kento, gnr: sentimentale, kis-my-ft2: nikaido takashi

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