Titolo: Le parole non bastano mai
Fandom: Glee
Autore:
queenseptienna Pairing: Dave Karofsky/Kurt Hummel
Rating: PG13
Genere: romantico
Avvertimenti: pre-slash, future!fic, flashfiction
Info: per il prompt "Dialogo"
della mia tabella del
bingo_italia Dedicata a tutta la mia twit-list senza esclusioni e a tutte coloro che mi seguono *O*
Disclaimer: Glee non è mio, non mi appartiene e RM è un troll °_°
Dave non era mai stato uno particolarmente dedito al dialogo.
Non che fosse un ragazzo sciocco o stupido (in realtà era parecchio intelligente, ma era da sfigatifare la secchia), ma non era proprio portato al confronto verbale. Era più forte di lui.
Kurt ci aveva impiegato parecchio per capire questa cosa. Karofsky infatti aveva sempre optato per un approccio più fisico alle cose. Così il suo disperato tentativo di far capire a Hummel che era pazzo di lui si era trasformato in spintoni e aggressioni, culminate poi con il tristemente famoso bacio fra loro.
Il resto poi era storia, ma se uno non amava parlare, l’altro non è che fosse più sveglio.
C’era stato Blaine, i suoi baci dolcissimi, le sue carezze, il suo essere un imperfetto ed egocentrico principe azzurro, la sua involontaria cattiveria nel ferirlo respingendolo nel sesso. Non si sentiva ancora pronto. Lui.
Ma erano cose normali in una coppia, no?
Così Dave si era limitato ad osservarli in silenzio, sempre senza parlare, senza avere nulla di sensato da dire che non fosse ringhiare o agitare La Furia in aria per minacciare di morte qualcuno.
In realtà lui alla sua Fatina non avrebbe mai fatto davvero niente di male, avrebbe voluto dirgli di smetterla con Blaine, che non era adatto, non era nessuno, ma l’unico nessuno lì era lui perché le parole gli morivano in gola prima di arrivare alle labbra.
Kurt aveva davvero faticato tantoa capirlo.
Ci riuscì solo alla fine del suo ultimo anno scolastico. Era tornato al McKinley dopo aver lasciato Blaine (senza troppi rancori, in fondo Anderson era pur sempre un gentiluomo, una bomba a mano vagante ripiena di gentilezza e rabbia repressa, ma pur sempre un gentiluomo), la loro amicizia più salda che mai e aveva iniziato a cercare altre conquiste. Chiunque andava bene, tranne Dave ovviamente.
Karofsky non gli parlava più. Lo evitava, abbassava i suoi occhi stanchi al suo passaggio, lo ignorava.
Tanto meglio, si diceva Kurt, in fondo chi se ne fregava di quel ciccione che non aveva fatto altro che rendergli la vita un inferno? A causa sua aveva dovuto cambiare scuola! Aveva lasciato i suoi amici!
Io IO IO IO! Mille IO affollavano la mente di Kurt, dopotutto non pensava ad altro che a sé stesso.
Ma tutti quegli IO sparirono in una bolla di sapone quando un giorno Karofsky gli mise in mano una busta il giorno dopo del diploma e se la diede a gambe, sempre senza dire niente. Kurt andò a leggerla sugli spalti del campo da football, nella quiete del dopo scuola e fu lì che comprese tutto.
Erano passati sei anni da quando l’America aveva dichiarato guerra all’Iran e Dave era partito, arruolandosi.
Kurt non aveva fatto in tempo a fermarlo, perché quando lo aveva rincorso, Karofsky era appena salito sul pulmino che lo avrebbe portato al centro di reclutamento volontario e da lì Kurt non aveva più saputo niente di lui.
Ma lo aveva aspettato. Sempre.
Perché quelle parole scritte sulla carta valevano più di mille urli. Avevano la stessa forza prorompente del loro primo bacio, dichiaravano un affetto così sincero che a Hummel erano tremate le gambe nel leggerle.
Così aveva atteso pazientemente, come una Penelope che tesseva di giorno e disfava la notte, tranquillo, pacifico.
Quando Dave Karofsky tornò a casa non parlava proprio più. L’orrore della guerra lo aveva reso muto, impedendogli totalmente di dire almeno per una volta a Kurt quanto lo amasse. Di sicuro non si aspettava di vederlo sulla soglia di casa sua ad aspettarlo.
Invece la sua fatina lo aveva fatto. Fu a quel punto che iniziò a parlare e non smise più di farlo, non era mai abbastanza dire a Kurt quanto tenesse a lui.
FINE