Titolo: We are all God's most beautiful errors
Autore:
chibi_saru11 Beta: Un-Betated
Fandom: Inception
Personaggio: Arthur-centric (apparizioni di Yusuf, Eames, Mal)
Paring: Arthur/Eames
Rating: PG-13
Warning: Slash, Tratta di temi religiosi questa fic e non in maniera carina, evidenti problemi mentali (no, seriamente, se miei o suoi non lo so)
Parole: 1050 (FiDiPua)
Community: Scritta per Disperazione @
bingo_italia [
+]
Riassunto: Arthur ci credeva in Dio. Arthur credeva che Dio fosse un gran figlio di puttana.
Note:
1. Oggi stavo sentendo una canzone - e non so nemmeno come si chiama - e c'era una trofa che faceva tipo "we are God's errors" e poi da lì è nato questo... BOOOH
Disclaimer: Inception non mi appartiene. A meno che io non abbia fatto un'inception su Nolan, certo. Ma purtroppo no. Bummer.
Il problema era che, nella sua linea di lavoro, se credevi in Dio dovevi per forza essere il criminale con la croce al collo che ti citava intere frasi della Bibbia (genericamente riferite alla vendetta divina o al sangue che scorre,) prima di ucciderti. Se non credevi in Dio potevi essere tutto il resto.
Arthur ci credeva in Dio. Arthur credeva che Dio fosse un gran figlio di puttana.
*
Sua madre era molto religiosa e andava ogni giorno a messa, la domenica, con una devozione che aveva stupito Arthur fin dalla più tenera età. A volte ci portava anche lui, tenendogli la mano tutto il tempo e cercando di fargli capire quando doveva ripetere le parole del prete, quando doveva sedersi, quando doveva alzarsi.
Arthur era troppo distratto per seguirla, guardava tutte le persone intorno a lui che si stringevano a vicenda e pregavano.
Lo trovava incredibilmente triste.
*
Arthur pensava che tutti loro non fossero altro che un errore di Dio, che dopo averli creati Dio si fosse accorto che c’era qualcosa che non andasse in loro. Probabilmente fin da Adamo ed Eva, li aveva visti e l’enormità del suo sbaglio gli si era palesata davanti così chiaramente che aveva semplicemente deciso di abbandonarli tutti.
A nessuno piaceva aver ricordato di un proprio fallimento e Dio probabilmente non faceva eccezione.
Arthur lo pensava da quando a sette anni aveva visto dei ragazzini prendere a calci un gatto.
Come potevano non essere incredibilmente rotti degli esseri del genere?
Arthur aspettava ancora qualcuno che gli dimostrasse che aveva torto.
*
Il gatto di Yusuf gli si sistemò sulla gambe come se fosse stato assolutamente normale e Arthur gli accarezzò il pelo distrattamente godendosi il calore si espandeva dalle sue mani al contatto.
«Che strano, di solito non è mai così amichevole con gli estranei,» aveva detto Yusuf, mentre Eames ridacchiava lì accanto - erano lì per discutere di un lavoro, e Arthur ancora non capiva perché avesse accettato di lavorare nuovamente con Eames.
«Beh si vede che riconosce un suo simile,» e il suo tono tradiva quanto fiero fosse di quella battuta. Arthur non disse nulla.
Dopo qualche secondo di silenzio Eames spiegò la sua battuta, evidentemente convinto che Arthur non avesse capito «Perché sei simile ad un gatto, e… tesoro?»
Arthur piegò la testa di lato continuando ad accarezzare l’animale «Non mi dispiace,» fu la sua risposta, prima di prendere i file e riprendere a parlare.
Quelli rotti erano gli umani, non i gatti. Essere un gatto non doveva essere poi così male.
*
Il proiettile colpì la proiezione in pieno viso e questa si accasciò a terra, senza vita. Arthur aveva il respiro affannato e una ferita al braccio che continuava a sanguinare. Faceva male, un male cane, ma Arthur non aveva tempo di pensarci.
E non poteva morire, non ancora, gli altri erano più avanti e doveva fermare le proiezioni.
Si sporse dal muro dietro il quale si era nascosto e si accertò che non ci fosse più nessuno prima di lasciarsi scivolare a terra, per almeno qualche secondo.
C’era un corpo morto davanti a lui, uno di quelli che era arrivato più avanti prima che Arthur riuscisse ad ucciderlo. Non si muoveva e aveva gli occhi aperti e lo guardava, lo accusava.
Arthur avrebbe voluto aprirlo e cercare di capire cosa ci fosse che non andava in tutti loro - perché anche se era una proiezione era stato creato come tutti loro, no? - ma non lo faceva mai, ritirò la mano e ricaricò il fucile mentre sentiva le altre proiezioni che si avvicinavano.
Erano almeno una ventina, più o meno. Arthur avrebbe resistito massimo sei minuti. Sperava fossero abbastanza.
*
A volte, mentre dormiva da solo con il PASSIV, tornava nella chiesa in cui lo portava sua madre. Era una bella chiesta, piena di vetrate e dipinti e statue. Nei suoi sogni era piena di edera, in rovina, abbandonata da tutti.
Arthur si sedeva sulla sua panca preferita e chiudeva gli occhi mentre aspettava qualcosa che non sarebbe mai arrivato.
*
Mal credeva in Dio, gliel’aveva confessato un giorno, mentre Dom era a mettere a letto Philipa e loro due erano in salotto, seduti confort abilmente sul divano.
«Io credo sia lì, da qualche parte, come noi modifichiamo i sogni a piacimento Lui modifica questo mondo come vuole,» gli aveva detto, prendendo un grande sorso dalla sua birra «Dom non ci crede però, non so nemmeno perché.»
«Non gli piace pensare di non essere completamente responsabile della sua vita,» le aveva risposto, lasciando che la birra girasse nella bottiglia, senza berla «lo sai com’è.»
Mal aveva riso e poi si era voltato verso di lui «e tu Arthur?» avrebbe potuto dirle la verità e spiegarle il suo pensiero, ma Mal gli piaceva.
Mal gli piaceva molto e a volte gli riusciva difficile pensare che Mal fosse rotta esattamente come tutti loro.
*
Poi Mal si era svegliata, quel giorno di tanti anni dopo, e tutti gli ingranaggi spezzati che fino a quel minuto erano sembrati così perfetti uniti assieme si erano mostrati per quelli che erano.
Errori senza soluzione.
E Mal era morta.
*
Eames ne aveva tanti di ingranaggi rotti, così tanti che Arthur era sicuro un giorno tutto il suo essere sarebbe crollato su sé stesso, cedendo dalle sue stesse fondamenta.
Era mille persone, mille errori differenti, riuniti in una sola persona. Arthur lo trovava intrigante.
Insopportabile, ma intrigante.
Eames era probabilmente l’errore più grande che Dio avesse mai fatto, con le sue mille personalità diverse, con il suo sorriso e le sue mani.
Arthur avrebbe voluto aprire anche lui e studiarlo, cercare di comprendere come funzionasse, cosa ci fosse si sbagliato in lui - tutto - e poi cercare di sistemarlo per vedere che effetto farebbe.
Perché Mal sembrava giusta, sembrava perfetta, ma era stato tutta un’illusione e forse in Eames che era il più sbagliato di tutti avrebbe trovato la soluzione.
Ci pensava a volte, avrebbe potuto prendere un coltello e aprirlo completamente. Ci pensava mentre Eames dormiva placidamente accanto a lui, una mano stretta intorno alla vita di Arthur possessivamente.
Ci pensava mentre Eames scendeva su di lui e gli baciava il petto e il cuore e i fianchi e poi tutto.
*
Arthur era convinto che Dio li avesse abbandonati tutti perché, evidentemente, gli uomini non erano stati altro un errore. Un errore che non era riuscito a cancellare e che non poteva guardare per quanto gli facessero orrore.
E Arthur stava ancora cercando qualcuno che lo convincesse del contrario, ma nessuno avrebbe mai potuto. Perché quello più rotto tra tutti era proprio lui.