Quattro ricordi e un funerale (IV Disfida di Criticoni) - Fine.

Dec 09, 2008 23:03



QUATTRO RICORDI E UN FUNERALE

3. Triangolo

In effetti non ci vollero molti passi di più, una volta chiuso il portone alle proprie spalle, per ritrovarsi di fronte alla cancellata austera di Villa Malfoy. Non si scorgeva anima viva e gli unici rumori udibili erano il canto lontano di qualche grosso uccello e lo schiocco di un ramo che si muoveva nel vento. Era un’atmosfera di una calma quasi irreale. Ginny spinse i cancelli, ma questi rimasero ermeticamente chiusi.
“Ehi!” chiamò allora. “C’è nessuno?”
Restò in attesa sul viale desolato per parecchi minuti, cercando più volte di attirare l’attenzione degli abitanti della casa, ma alla fine dovette darsi per vinta: i Malfoy erano fuori. Fu colta di sorpresa, quindi, quando l’elfo si materializzò lì accanto. L’esserino, una creatura grinzosa e arcigna, le chiese chi fosse, e che avesse da urlare tanto, rischiando di disturbare la tranquillità dei padroni. Ginny lo guardò sprezzante e si annunciò come la signora Potter, chiedendo di parlare col signor Malfoy. L’elfo grugnì qualcosa e sparì, lasciandola nuovamente sola. Passarono i secondi, durante i quali anche il nervosismo di Ginny crebbe a vista d’occhio, poi, senza che lei lo toccasse, il cancello si mosse e si aprì, lasciandola passare.
Percorse in fretta il viottolo di ghiaia candida che conduceva all’imponente villa. Sui suoi fianchi scorreva un’alta siepe che impediva la vista del giardino, ma avvicinandosi all’edificio poté udire con sempre maggior nitidezza lo scroscio di una fontana. Strano, pensò, come il rumore dell’acqua, invece di apparirle allegro e vivace, le ricordasse i cupi scoppi della guerra. Mentre percorreva gli ultimi metri cercò di concentrarsi su ciò che avrebbe detto a Malfoy una volta che questi avesse aperto la porta. Non era facile per una come lei, sempre istintiva e passionale, studiare a tavolino un piano d’azione; non le riusciva naturale figurarsi ciò che avrebbe dovuto chiedergli, le sue risposte e le possibili repliche.
Le sue elucubrazioni dovettero interrompersi quando raggiunse il portone principale della villa. Raddrizzò le spalle e si schiarì la voce, ma mentre alzava la mano per bussare uno dei battenti si scostò e si trovò davanti Draco Malfoy in persona. Ginny lo studiò con attenzione, partendo dalle pantofole di pregiata fattura e risalendo lungo il suo corpo allampanato fino al viso lungo e spigoloso, gli occhi freddi e distaccati, la bocca sottile storpiata dal sogghigno sarcastico che ben conosceva ma increspata da rughe che non ricordava e la stempiatura che i sottilissimi capelli quasi bianchi sottolineavano ancora maggiormente. Ne scrutò ogni particolare e nei suoi lineamenti non trovò alcuna risposta al perché Harry l’avesse condotta fin lì.
“Malfoy, cercavo giusto te,” disse fiera, tenendo il mento alto e fissandolo dritto negli occhi.
L’uomo sospirò, fingendosi annoiato.
“Vorrei poterti dire che è un piacere vederti, Weasley, ma sarebbe troppo ipocrita,” rispose con l’usuale voce strascicata che causava esplosioni di rabbia isterica in Ginny fin dai tempi della scuola. “Soprattutto in queste condizioni.”
“Potter.”
“Scusa?” domandò Draco, spiazzato dalla replica della donna.
“Non sono più Weasley da un po’. Mi chiamo Potter ora.”
Draco arricciò le labbra, ma più che un sorriso ciò che ne scaturì fu una smorfia infastidita.
“Che cosa vuoi?” le chiese bruscamente, la voce più profonda e seriosa.
“Andavi a letto con mio marito,” disse tutto d’un fiato Ginny.
I tratti del viso di Draco si tesero per un attimo, poi si indurirono in un’espressione marmorea.
“Non so di cosa tu stia parlando...” borbottò con voce glaciale. Arretrò di qualche centimetro e fece per chiuderle la porta in faccia, ma Ginny fu più veloce e la bloccò con un braccio.
“So tutto,” continuò, impavida. “Ho trovato le vostre…letterine e ho scoperto il resto. Sai, il ristorante, la casa…”
“E allora?” ribatté Draco con freddezza.
Ginny lo fissò con aperto astio.
“Ma non ti vergogni nemmeno un po’?” domandò, la voce che le tremava dalla rabbia. Deglutì e quando parlò di nuovo quasi gridò. “Come ti sei permesso di rovinare la nostra famiglia?”
Malfoy le rivolse uno sguardo di puro compatimento.
“Ti sei trascinata fin qui per farmi una scenata?” Incrociò le braccia sul petto con aria di sufficienza. “È inutile che tu ti metta a urlare, tanto mia moglie lo sa già, se questo era il tuo intento.”
Ginny rimase per un secondo impietrita, colta alla sprovvista. Poi sospirò disgustata.
“Non so neanche perché mi stupisco. È pur sempre la donna che ti ha sposato…” Malfoy le rivolse un’occhiata compassionevole, ma lei proseguì. “Di’ un po’, tuo figlio lo sa che sei un pervertito?”
“Intendi davvero startene qui a blaterare?” ribatté Draco. “Sono piuttosto certo che ci sia un giovane orfano di padre da accudire a casa tua.”
“Mio figlio sa tutto,” disse Ginny sprezzante. “E se non mi racconti tutta la verità ora, farò in modo che lo scopra anche il tuo.”
L’uomo la fissò in silenzio per un lungo attimo, meditando a denti stretti; infine sbuffò, facendo ricadere mollemente la testa sul petto.
“Vieni dentro, Weasley,” le ordinò senza garbo, ma si scostò dalla porta, lasciando l’uscio aperto.
Ginny lo guardò in cagnesco.
“Ti ho detto di chiamarmi Potter.”
“Come vuoi, basta che la finisci e ti levi da lì,” sbottò Draco.
Ginny esaminò ancora per un attimo il grande atrio luccicante, poi prese coraggio e lo seguì nella stanza lì accanto, lasciando che un elfo si occupasse di chiudere la porta. Si trovò in un grande salone, al cui centro troneggiava un lungo tavolo e in fondo al quale era acceso un imponente caminetto. Era un esempio del classico spreco di spazio tipico della gente troppo ricca, che per riempire le stanze inutilizzate le arredava come sale da pranzo o gabinetti per riunioni d’affari inesistenti. Avrebbe fatto comodo all’Ordine della Fenice ai tempi della guerra un salone del genere, perché almeno tutti avrebbero potuto partecipare agli incontri senza stare seduti uno in braccio all’altro.
Draco prese posto su una delle poltroncine che attorniavano il tavolo e si rilassò contro lo schienale mentre Ginny lo imitava, sedendosi a circa mezzo metro da lui. Il semplice pensiero di toccarlo la atterriva.
“Allora, immagino che sia stata la Granger a spifferarti tutto. Figuriamoci se per una volta poteva trattenersi dal fare la so-tutto-io…” esordì Malfoy con malignità.
“No, devo dire che Hermione è stata estremamente reticente anche quando le ho chiesto di dirmi la verità. No, Malfoy, la spia è una tua vecchia conoscenza: Pansy Parkinson.”
Draco sorrise tra sé, come se l’informazione lo divertisse sinceramente.
“Pansy…” mormorò tra sé. “Dovevo aspettarmelo, prima o poi. Non le è mai andata giù Astoria, figuriamoci Potter…”
“C’è una persona tra tutti coloro che conosci che non sapesse di te e di Harry?” ringhiò Ginny.
Draco sogghignò.
“Cos’è, sei gelosa? E se anche lo sapessero tutti?” Fece una pausa. “O forse hai paura che la notizia fosse davvero tanto diffusa e che tutto il mondo magico ti stesse ridendo alle spalle?” Prese fiato, gongolando nel vederla innervosita. “Spiacente, ma non lo sapeva praticamente nessuno. Solo qualcuno dei miei amici più cari, e non per voler mio, ma questi non sono affari tuoi.” La vide rilassare leggermente la stretta della mascella e sospirò. “Però posso sempre ricordarti che la Granger l’ha saputo per anni senza dirtelo. Che bella famiglia la tua, Weasley…”
Ginny ebbe un moto d’ira e si allungò in avanti, colpendolo però solo di striscio con la mano tesa, perché Draco dimostrò di avere ancora buoni riflessi, scansandola.
“Non osare insultare la mia famiglia,” lo ammonì tremante d’ira. “La tua posizione è già abbastanza pericolosa.”
“Pericolosa?” ripeté Draco.
“Già,” rispose Ginny sicura. “Non mi conosci bene se hai deciso di sfidarmi.”
L’uomo alzò un sopracciglio.
“Saresti tu quella di cui dovrei aver paura?” domandò sarcastico. “Signora, minacce così dirette non si addicono alla vedova inconsolabile dell’eroe di guerra più famoso di tutti i tempi…”
“Harry non avrebbe mai… Tu, è stata colpa tua! Gli hai fatto qualcosa, un incantesimo… Ti sei approfittato del suo buon cuore!” gli sbraitò in faccia.
“Che gli abbia fatto qualcosa non c’è dubbio,” replicò Draco. “Ma non credo intendessi la stessa cosa…”
Ginny strinse i pugni con una tal forza da farsi male.
“Fai schifo…” sibilò, gli occhi ridotti a due fessure.
Malfoy ignorò le sue accuse.
“Può darsi. Può darsi anche che tuo marito ti tradisse con un uomo e ti usasse come fabbrica di figli ambulante, nella miglior tradizione Weasley. Tutte circostanze che non sono dipese minimamente da me.”
“Brutto bastardo!” sbottò Ginny, afferrandolo per la veste e strattonandolo. Draco ebbe qualche difficoltà a scrollarsela di dosso. “Non tollererò che tu parli in questo modo della mia famigl…”
“E io non tollererò che ti presenti a casa mia, mi imponga la tua presenza e mi metta anche le mani addosso!” esclamò l’uomo interrompendola. “Che cosa sei venuta a cercare qui, eh? Cosa vuoi da me?”
“Voglio sapere la verità.”
Draco la guardò perplesso.
“La verità?”
“Non mi basta sapere che siete stati…” La parola le si strozzò in gola, togliendole il fiato. “…amanti,” si spremette infine, dando a se stessa gran prova di coraggio e tolleranza, “voglio sapere ogni cosa. Come l’hai convinto a farlo, perché è andata avanti tutti questi anni… Tutto!”
“Hai seri problemi di comprensione della tua lingua, Weasley, se ancora credi che sia stato…”
“POTTER!” Ginny aveva urlato il cognome del marito con tutto il fiato che le rimaneva in gola.
Draco la fissò con odio, aggrappandosi alla poltroncina per impedirsi di aggredirla. Il suo respiro, affannoso per la rabbia, entrava e usciva velocemente attraverso le sue narici strette, creando un insopportabile sibilo continuo.
“Va bene. Come vuoi tu,” ringhiò infine. “Vuoi sapere tutto? Ti accontenterò.” Si alzò e si mosse in direzione di uno degli armadi della stanza.
“Dove stai andando?” chiese Ginny, confusa, ma Malfoy non le rispose.
Aprì un’anta e armeggiò con gli oggetti all’interno, per poi trarne un bacile di pietra decorato sui bordi da misteriosi simboli. Tornato al tavolo lo poggiò davanti a Ginny, si portò la bacchetta alla tempia e, improvvisamente, una strana sostanza argentea, composta da una sorta di filamenti grigi simili al fumo per consistenza, iniziò a fuoriuscire dalla sua testa. Draco la versò all’interno del recipiente e questa subito prese a vorticare, creando una nebbia luminosa.
“Lo sai cos’è questo?” le domandò con voce strascicata l’uomo.
“È un Pensatoio,” rispose Ginny, anche se non ne era poi così sicura. Harry le aveva parlato di questi oggetti e del loro utilizzo, ma gliene aveva mostrato soltanto uno e di sfuggita, molti anni prima. Non l’aveva mai visto all’opera, comunque. Erano oggetti terribilmente rari e costosi, che lei e Harry non avevano mai sentito il bisogno di possedere.
“E sai a cosa serve?”
“A rivivere i ricordi,” disse con ansia crescente, mentre cominciava a capire dove l’altro volesse arrivare.
“Rivivere… Immagino che potremmo dire così.” Sogghignò, facendole segno di accomodarsi con affettata cortesia. “Che aspetti? Volevi sapere tutto… Tuffatici.”
Ginny lo fissò indecisa per qualche secondo, poi abbassò lo sguardo sul vortice argentato dei ricordi di Malfoy e chinò lentamente la testa, cercando di scorgere qualcosa tra la nebbia, come si faceva in una palla di cristallo.
Il suo viso sfiorò il vortice e Ginny si trovò di colpo a cadere, risucchiata da una forza incontrastabile. La sensazione durò solo un attimo, il tempo di destabilizzarla, poi tutto attorno a lei cambiò e quando il buio si dissipò Ginny vide che si trovava nell’atrio della villa. Stava per lamentarsi a gran voce, pensando che Malfoy le avesse fatto un qualche incantesimo per cercare di sbarazzarsi di lei contro la sua volontà, ma quando si girò vide che il mago in questione stava scendendo le scale lì accanto e rimase pietrificata: quello che aveva davanti non era Draco Malfoy come l’aveva incontrato pochi minuti prima; era un ragazzo, molto più magro e dalla capigliatura più folta, e in lui Ginny riconobbe all’istante il Draco diciottenne della guerra. Fu attraversata da un brivido mentre i ricordi la colmavano, facendo riemergere tante emozioni sopite: la paura di quei giorni, il dolore della perdita di Fred, il sollievo dopo troppo tempo passato a lottare e la felicità di avere finalmente Harry al suo fianco. Il giovane Draco si mosse nella sua direzione ma sembrò non vederla affatto; invece si diresse verso il grande portone e Ginny notò, mentre questi posava la mano sui battenti, che la sua espressione era corrucciata, come se fosse preoccupato da ciò che lo aspettava all’esterno. Si portò alle sue spalle e per poco non perse i sensi quando, di fronte alla porta aperta, semicoperto dalla figura di Draco, scorse Harry. Era bellissimo l’Harry adolescente che aveva amato disperatamente per anni ancor prima di essere corrisposta, ancora più bello di quanto lo ricordasse o di come fosse conservato nelle foto che avevano a casa. Le si riempirono gli occhi di lacrime e gemette, sussurrando il suo nome, quando Harry parlò.
“Malfoy,” salutò con una cortesia che poco si addiceva a quel nome.
“Potter,” ricambiò Draco, incrociando le braccia sul petto.
“Ti trovo bene,” disse Harry sicuro.
Draco scrollò le spalle, ma Ginny lo vide deglutire.
“Che vuoi?” gli domandò poi. “Perché sei qui? Non è il posto adatto all’eroe dell’anno…”
“Io…” Harry si mise a trafficare sotto il mantello alla ricerca di qualcosa, e quel che ne trasse fu una bacchetta. “Sono venuto a restituirti questa,” disse, porgendola a Draco. “È tua, in fin dei conti, e ora che la mia è di nuovo integra non ne ho più bisogno.”
Draco tentennò prima di accettarla. Se la rigirò tra le mani come un oggetto estraneo e potenzialmente pericoloso, esaminandola attentamente, e Ginny avrebbe potuto giurare di trovarsi di fronte alla bacchetta custodita nella scatola da scarpe.
“Non credevo l’avresti fatto,” mormorò dopo un po’, stringendo il legno sottile nel pugno.
“Be’, non mi serve…”
“No, non questo,” disse Draco scuotendo la testa. “Parlavo del processo. Non credevo che avresti testimoniato a nostro favore.”
“Ho detto solo ciò che ho visto,” ribatté Harry serio. “La verità.”
“Comunque sia la mia famiglia è contenta di essere stata scagionata,” disse l’altro, abbassando lo sguardo. L’espressione del suo viso era quasi immutata, ma i suoi tratti rivelavano ad un attento esame un certo imbarazzo.
Harry fissò Draco in silenzio per alcuni secondi, durante i quali Ginny si dilungò a studiarne ogni particolare, dalla curva delle labbra al taglio degli occhi, che parevano due gemme verde smeraldo per quanto erano luminosi dietro agli occhiali storti. Poi sospirò.
“Malfoy, se c’è una cosa che ho imparato da questa guerra è che, in fondo in fondo, sei meno disgustoso di quanto pensassi.”
Draco alzò lo sguardo e lo fissò stupito.
“Cosa dovrebbe essere? Una specie di complimento?” gli domandò bruscamente.
“Non ti scaldare, Malfoy, penso ancora che tu sia il verme strisciante più disgustoso che io conosca, almeno tra coloro che sono rimasti in vita, ma a quanto pare sei meno marcio di altri.”
Malfoy ridacchiò senza allegria.
“Accidenti, che apprezzamento… Di’ un po’, è per questo che mi hai salvato la vita due volte?”
“No,” rispose sicuro Harry. “Quello l’ho fatto per sdebitarmi.”
“Di che?”
“La prima volta del Sectumsempra che ti ho fatto al sesto anno e l’altra di quando me l’hai salvata tu, quando ci avevano catturati.”
Draco aggrottò la fronte.
“Io non ti ho mai salvato la vita,” puntualizzò incerto.
“No, ma hai preso tempo, e tanto è bastato.”
Draco abbassò la testa e Ginny cercò nella sua aria confusa un tratto che risultasse anche solo vagamente attraente, ma non ne trovò alcuno. Non capiva perché Malfoy le avesse fatto vedere quel ricordo e attendeva con ansia il momento in cui avrebbe chiesto a Harry qualcosa di sconveniente o di dubbio gusto, la goccia che avrebbe portato Harry alla follia di quella relazione extraconiugale durata anni.
“Tu,” mormorò infine Draco, “dici che sono diverso da quel che pensavi, ma non è vero.” Alzò la testa, guardando risolutamente Harry negli occhi. “Tu non sai nulla di me.”
“Mmm…” mugugnò Harry, aggiustandosi gli occhiali come faceva quando era nervoso e cercava la miglior replica. “Varrebbe la pena di conoscere chi ho salvato, allora?” domandò infine, arcuando appena le labbra in un sorriso.
La scena si dissolse prima che Ginny potesse udire la risposta di Malfoy e al posto della villa attorno a lei prese forma un parco, una strada poco trafficata e più in là, appoggiati al muretto che li separava dal Tamigi, due giovani uomini. Ginny li riconobbe subito. Dovevano avere pressappoco la medesima età del ricordo precedente, ma la stagione era cambiata. Il cielo era grigio di nubi cariche di pioggia e gli alberi, nel parco, erano scossi da folate di vento improvvise e violente. Ginny si rese conto di trovarsi in una zona babbana di Londra, ma non ebbe il tempo di soffermarsi a riflettere su quanto fosse strano che Malfoy avesse accettato di andarci, perché le due figure erano troppo lontane per sentirne i discorsi e non poteva permettersi di perdere neppure un secondo di ciò che stava accadendo attorno a lei. Corse verso di loro, ma quando fu al loro fianco si accorse che non stavano parlando affatto. Parevano intenti ad osservare l’orizzonte, persi nei propri pensieri, ma stranamente vicini. Avrebbe voluto dividerli, ma sapeva che le sarebbe stato impossibile, così rimase a fissare Harry che, con noncuranza, appoggiava una mano sul braccio di Malfoy e ve la faceva scorrere lentamente, risalendo fino alla spalla per poi ridiscendere con altrettanta lentezza fino al polso e lasciandola lì, appoggiata mollemente su di lui. Malfoy non si scostò, né disse alcunché.
La vicinanza tra i due era strana, come l’atmosfera che li attorniava, ma era evidente che a Draco non desse fastidio quell’intimità. Harry rimase immobile per qualche secondo, poi si voltò a guardare Draco. Fu allora che questi si volse verso di lui e Harry gli sorrise in modo così spontaneo e dolce da togliere il fiato a Ginny per qualche secondo. Era abituata agli sguardi complici di Harry, ai suoi sorrisi gentili e alle sue attenzioni, ma al momento non ricordava che suo marito l’avesse mai guardata così in venticinque anni di vita insieme, né tanto meno che le avesse sorriso a quel modo. La destabilizzò al punto che non si accorse delle prime gocce di pioggia che avevano iniziato a cadere, e quando se ne avvide ormai l’acquazzone autunnale era scoppiato in tutta la sua forza. Anche Harry e Draco erano stati sorpresi dalla pioggia e si guardavano attorno preoccupati. Ginny capì subito qual era il problema: avrebbero voluto smaterializzarsi, ma non erano i soli nella zona e anzi il via vai di passanti era aumentato, mentre di corsa cercavano rifugio sotto questo o quell’albero.
Fu la mano di Harry a muoversi, Ginny la vide bene: scattò, serrandosi attorno al polso di Draco su cui già posava, e lo strattonò, trascinandolo dietro di sé mentre correva in direzione del parco. Ginny li rincorse e si fermò accanto a loro sotto un grande albero, che con le sue ampie fronde riusciva a ripararli almeno in parte. Harry si mise a ridacchiare, passandosi con forza le mani tra i capelli per scuotere via le gocce di pioggia rimastevi intrappolate, e anche nell’animo di Ginny sorse per un attimo un moto di allegria, finché non si avvide di come Harry osservava Malfoy mentre questi si fregava i vestiti per ripulirsi. Anche Draco parve accorgersene, perché si bloccò, rallentando i movimenti di colpo. Lo fissò con evidente imbarazzo, unito nel suo sguardo a qualcos’altro che Ginny non seppe interpretare, ma che non aveva mai visto negli occhi di Malfoy. Di nuovo tra di loro avvertì un’atmosfera carica di anticipazione, elettrica, che la fece sentire a disagio. Ginny trattenne il respiro, pregando che decidessero di smaterializzarsi al più presto, ora che nessuno pareva interessato ai loro spostamenti, ma nel momento in cui Harry si mosse Ginny seppe che non sarebbe scomparso.
Harry fece un passo in avanti e lei si ritrasse, fissando a occhi sgranati mentre alzava il mento e afferrava con entrambe le mani i risvolti del cappotto di Draco, attirandolo a sé. Ginny boccheggiò, assistendo al loro primo bacio. Era orribile, ma per una qualche perversa ragione non riusciva a smettere di fissarli. Il suo sguardo, invece, indugiò sulle labbra che si sfioravano con incertezza, nel modo unico tipico della prima volta, cercando una risposta, facendosi più sicure e aprendosi maggiormente mano a mano che trovavano un accordo. Gli occhi le si riempivano di lacrime guardando Harry affondare le mani tra le pieghe dei vestiti di Malfoy, alla ricerca di un appiglio che avrebbe portato a ben più di un bacio se non si fossero scostati in fretta. Mai aveva desiderato tanto di poter intervenire sugli avvenimenti che le scorrevano di fronte agli occhi senza poterlo fare; dover guardare impotente il suo peggiore incubo prendere forma era una tortura che, ora se ne rendeva conto, non avrebbe mai dovuto infliggersi.
Un tuono risuonò nell’aria, facendoli sobbalzare tutti e tre. Draco si tirò indietro, passandosi inconsciamente un dito sulle labbra, mentre Harry abbassò gli occhi sui propri piedi, mugugnando qualcosa di inintelligibile.
“Che cosa?” sussurrò Draco, la cui voce suonò stranamente roca.
“Vieni da me,” biascicò Harry, alzando nuovamente gli occhi a cercare quelli dell’altro.
Ginny fece un altro passo indietro, leggendovi la muta richiesta indirizzata a Malfoy. La sua mente si dibatteva nel tentativo di rifiutare una simile possibilità, l’idea che Harry avesse portato il proprio amante nella loro stessa casa, quella che sarebbe diventata la loro dimora familiare. Stava ancora lottando contro l’immagine del bacio di pochi istanti prima quando i due giovani sparirono con un rumoroso crepitio ed il parco iniziò a svanire velocemente, sostituito dal salotto di casa, a Grimmauld Place. Malfoy, seduto sul divano, guardava Harry di sottecchi.
“Ginny?” domandò poi, stupendo la donna che trasalì. Ci mise qualche secondo a rendersi conto che in nessun modo avrebbe potuto rivolgersi direttamente a lei.
Harry infatti, in piedi di fronte a lui, lo fissò stranito.
“Cosa?”
“State insieme, no?”
“Sì,” rispose fermamente Harry, tanto che Ginny tirò un sospiro di sollievo. “Anche se ora è via. Sai, gli allenamenti e tutto il resto…”
Draco annuì pensoso.
“Ma è una cosa seria,” disse poi. “State insieme da parecchio, ormai, ed è tipo…la terza o quarta volta che ci provate.”
“Certo, non starei con lei se non fosse una cosa seria. Voglio bene a Ginny.”
Il cuore della donna mancò un battito. Era dolce, a suo modo, aveva difeso la loro relazione, ma quel le voglio bene non suonava per niente come uno slancio amoroso. Harry si sedette di fianco a Draco sul divano e si chinò in avanti.
“Ora io ho il lavoro e lei deve pensare alla carriera, per cui ci vediamo quando possiamo, ma tra qualche anno sicuramente decideremo di accasarci.” Sorrise tra sé, aggiungendo “Ho sempre desiderato una famiglia e magari due o tre bambini. Non voglio aspettare di avere trent’anni per averli.”
Draco rimase in silenzio ad ascoltare Harry parlare della sua fidanzata e della loro futura famiglia con nonchalance; quando ebbe finito, tuttavia, si chinò in avanti a sua volta e, preso il viso dell’altro fra le mani, lo baciò. Ginny trattenne il fiato, in attesa della reazione di Harry, sperando che si ritraesse dopo ciò che aveva appena detto, ma questi si lasciò baciare senza opporre la minima resistenza. Lasciò che Malfoy lo guidasse all’indietro, contro lo schienale del divano, e portò le mani sui suoi fianchi quando questi gli si mise a cavalcioni sulle gambe, baciandolo molto più profondamente e appassionatamente di prima. Nel vedere le sue mani farsi più ardite Ginny voltò loro le spalle, schermandosi come poteva dalla scena, senza riuscire ciononostante ad evitare di sentire i loro respiri accelerati e lo schiocco umido delle labbra che si separavano.
“Questa cosa è un problema,” sussurrò Malfoy dopo un po’, la voce profonda e arrochita.
“Perché?” domandò Harry, ansimando appena.
Ginny si portò le mani alle orecchie.
“Se non lo è lo diventerà,” insisté Draco, e Ginny fu certa che lo stesse baciando di nuovo. “Ti conosco.”
“Finiscila di parlare. Non sono affari tuoi ciò che faccio con lei,” ribatté Harry. Aveva parlato con determinazione e sicurezza, senza il minimo senso di colpa per ciò che stava facendo. Ginny non poteva credere che l’uomo che aveva amato per tutta la vita le avesse fatto una cosa del genere.
Il rumore di una zip superò la fragile protezione delle sue mani, seguito da un gemito gutturale, poi a Ginny parve di svenire, ma la scena attorno a lei già stava cambiando e una forza sovrannaturale la sostenne. Di nuovo si trovò a casa, ma questa volta in camera da letto. Davanti a lei, il corpo nudo malcelato dalle lenzuola sul letto disfatto, era sdraiato Malfoy, mentre Harry, sommariamente vestito, passeggiava nervosamente avanti e indietro in mezzo alla stanza. La sua espressione cupa e preoccupata la fecero inquietare istintivamente.
“Io non so cosa fare,” borbottò Harry.
“Non devi fare un bel niente,” ribatté Draco.
Harry si bloccò, fermandosi a fissarlo.
“Parli sul serio o stai cercando di farmi uscire di testa?” sbottò, i nervi a fior di pelle. “Non è una situazione che può continuare, Draco.”
“Lo so meglio di te,” replicò Malfoy, mettendosi seduto. Le guance gli si stavano colorando velocemente di un rosa acceso. “Ma tu fai sempre tutto di testa tua…”
“Sta per tornare a casa!” esclamò Harry, gesticolando più del necessario. “Cosa dovrei fare, secondo te? Far finta di niente e comportarmi normalmente, aspettando che parta per il prossimo ritiro?”
Ginny si rese conto, con una stretta al cuore, che era ancora lei l’argomento della discussione.
“Sì,” rispose Malfoy. “È esattamente ciò che dovresti fare.”
“Non esiste!” sbottò invece Harry, riprendendo a camminare. “Non se lo merita, non ho il diritto di farle questo.” Stette in silenzio un attimo, poi annunciò “La lascio.”
Ginny boccheggiò. Notò appena l’espressione tesa di Draco e il panico che serpeggiava nei suoi occhi. Due sole parole erano bastate a distruggere un altro po’ di quanto restava della sua autostima.
“TU COSA?” esplose Malfoy.
“La lascio appena torna, Draco,” ripeté Harry. “Le racconto tutto. Capirà.”
“Certo, come no…” biascicò l’altro, sarcastico.
“Comunque mi perdonerà,” insisté Harry. “Non posso di certo continuare a prenderla in giro così.”
“Tu sei pazzo! Ma ti rendi conto di quel che dici?” Draco storse la bocca con aria disgustata. “Vuoi solo liberarti la coscienza perché ti senti in colpa, è per questo che stai facendo tutto questo casino.”
“No, io voglio stare con te,” ribatté Harry, fermo sulle proprie posizioni.
“Forse non hai capito bene,” scattò Malfoy, alzandosi in piedi. “Io non ho nessunissima intenzione di rendere questa nostra…cosa pubblica. Non voglio che tu lo dica ai tuoi amici, figurati alla Weasley!”
“Draco, sono sei mesi che ci facciamo. Quando cazzo pensavi di dirmi che hai paura anche di dare un nome a questa cosa?”
“Non ho paura,” sbuffò l’altro, che nel frattempo aveva iniziato a rivestirsi in fretta e furia, “e tu non capisci un cazzo, Potter. Te l’avevo detto, lo sapevi! Ma tu devi sempre rendere tutto più complicato, non è vero?”
“Io devo essere sincero con me stesso!”
“Collega il cervello, allora, e vedi di recuperare un po’ di lucidità mentale, se mai l’hai avuta!”
Una volta vestito si avviò verso la porta.
“Dove vai, ora?” ringhiò Harry alle sue spalle.
“A casa mia. Scrivimi quando ti sentirai più ragionevole,” rispose Draco duramente, senza nemmeno rallentare il passo.
Ginny rimase in mezzo alla stanza, le braccia abbandonate lungo i fianchi e gli occhi fissi su Harry ventenne che si fermava sulla porta e, in un’esplosione d’ira, le sferrava un calcio violentissimo. Una volta, vedendolo così, avrebbe cercato di abbracciarlo e di sussurrargli all’orecchio qualche parola dolce per calmarlo, ma in quel momento non provava altro che una delusione e un risentimento che non le riusciva di placare. Fu persino sollevata nel vedere i contorni della stanza perdere nitidezza e il mondo attorno a lei cambiare. Purtroppo temeva che i ricordi di Malfoy sarebbero diventati via via più dolorosi da sopportare, perché in più di vent’anni la loro intimità si sarebbe accresciuta e, visto che Malfoy era uno stronzo, non le avrebbe risparmiato nemmeno un particolare.
Si ritrovò in una via stretta e solitaria, di quelle di periferia. Harry e Draco erano fermi uno di fronte all’altro, a qualche passo di distanza, e si fissavano in silenzio, studiandosi. Non doveva essere passato molto dal ricordo precedente, ma c’era nel loro atteggiamento qualcosa che suggeriva una lontananza prolungata. Forse, pensò Ginny, non si erano più visti dal litigio. Forse Harry aveva avuto il buon gusto di evitare di andarci a letto quando lei era a casa.
Fu Malfoy, ad un tratto, a rompere la stasi.
“Ci ho pensato parecchio in questi mesi,” disse serio. Era strano, pensò Ginny, sentire la sua voce priva della nota sarcastica e maligna che sempre la contraddistingueva. “Io non potrò mai essere ciò di cui hai bisogno. Una famiglia, dei bambini… Non te le posso dare queste cose. Lo sai anche tu, no?” Harry annuì, serrando le labbra. Draco continuò. “È per questo che dico che non può funzionare. Con lei stai bene, fai parte della sua famiglia, che mi piaccia o meno, e ti ama. È giusto che tu stia con lei. Abbiamo fatto la cosa migliore.”
Harry lo fissò in silenzio per qualche attimo, poi annuì nuovamente.
“Sì…” mormorò infine con un sorriso mesto. “Ma io voglio ancora te.”
Ginny non sbatté nemmeno le palpebre; in un certo qual modo aveva sentito che quelle parole sarebbero arrivate prima ancora di udirle.
Draco sospirò.
“È che non capisco perché per una volta non posso essere completamente felice,” disse Harry. “È vero, Ginny è la donna giusta per me, ma sono quasi quattro mesi che non ci vediamo e avrei voluto tagliarmi le palle nelle ultime settimane.” Fece una pausa prima di ribadire “Io voglio anche te!”
“Harry…”
“Seriamente, Draco. Sono stanco di essere felice a metà. È da quando sono nato, praticamente, che mi accontento. Non l’ho chiesto io di essere un eroe, ma lo sono stato mio malgrado e sono andato fino in fondo. Ho fatto la cosa giusta. Però ora basta…”
Draco sbuffò nervosamente.
“Quindi? Cosa suggerisci?”
“Staresti male se io stessi con lei e contemporaneamente anche con te?” chiese a bruciapelo Harry.
“Cosa?”
“Se io…se noi continuassimo questa storia così com’è, con Ginny e tutto il resto, ti farebbe star male?”
Draco lo fissò con momentanea perplessità, poi scosse piano la testa.
“No…”
“E se Ginny non lo venisse mai a sapere, credi che ne soffrirebbe?”
Draco aprì la bocca, ma la richiuse e sospirò.
“Non riusciresti mai a mentire in questo modo, non a lungo.”
“Perché no?”
“Non è da te.”
“Allora non mi conosci abbastanza.”
Era incredibile quanto questo riflettesse l’attuale stato d’animo di Ginny. L’uomo che aveva davanti era colui che aveva sposato, fisicamente, ma non assomigliava per nulla all’Harry di cui si era innamorata. Aveva amato una persona sincera, semplice, leale ed onesta, un uomo che aveva tanti difetti, come tutti d’altronde, ma di cui era andata fiera fin dal primo giorno; invece questo Harry era doppiogiochista, egoista e ipocrita, privo di remore o inibizioni, talmente concentrato sul proprio malato desiderio sessuale da dimenticare ciò che davvero contava nella vita.
Harry intanto aveva fatto un passo in avanti, avvicinandosi a Malfoy.
“Dimmi che hai pensato a qualcos’altro negli ultimi giorni e me ne andrò senza fiatare,” sussurrò, fissandolo intensamente negli occhi.
Ginny lesse nell’espressione di Draco la risposta, non ebbe bisogno di vedere il bacio e di sentire la schiena di Harry che colpiva il muro scrostato lì accanto per sapere che quella discussione aveva deciso il corso della loro vita futura, della sua come di quella di Harry e di Malfoy, legandoli in un abominevole triangolo.
Quando la stradina si dissolse e la nebbia assunse una nuova forma Ginny riconobbe quasi subito il luogo in cui si trovava. Era la casetta in mezzo al bosco di cui aveva rinvenuto le chiavi, anche se nel ricordo di Malfoy era illuminata dalla luce del giorno e aveva una parvenza molto meno vissuta.
“Non posso credere che tu l’abbia trovata veramente,” stava dicendo Harry, guardandosi attorno. “È perfetta.”
“Era necessaria, più che altro. Tra qualche mese casa tua sarà completamente off limits e la mia lo è sempre stata, quindi…”
“I tuoi non ti hanno chiesto niente? Voglio dire, non si stupiscono che tu acquisti case in mezzo al nulla?”
Malfoy fece spallucce.
“I miei non mi chiedono di rendere conto di ogni mio sfizio. È stata una spesa modesta, dopotutto.”
“A proposito di spesa…” Harry si sfilò la sacca che aveva al collo e l’appoggiò sul tavolino della cucina. Dall’interno provenne un sordo rumore metallico, come se contenesse molto più di quanto avrebbe potuto trasportare una borsa di quelle dimensioni. “Hai speso la cifra di cui avevamo discusso, giusto?”
“Perché?” chiese Draco, sulla difensiva.
“Perché ti ho portato questi,” disse Harry, tirando fuori dalla borsa un grosso sacco. Quando lo posò le monete contenute al suo interno tintinnarono rumorosamente. “Dovrebbero essere circa la metà di quanto avevamo detto; così potrò dire che questa casa è per metà mia.”
Malfoy lo fissò con un’espressione sconvolta e al contempo orripilata.
“Stai scherzando?” sibilò, quasi l’avesse offeso. “Io non li voglio quelli.”
“Perché no, scusa?” ribatté Harry. “Eravamo d’accordo che…”
“Sarà tua anche così,” rispose Draco, interrompendolo. “Non ho bisogno dei tuoi soldi.”
“Non è una questione di necessità…” borbottò Harry, cercando di piazzare i soldi in mano all’altro, ma questi gli si sottrasse, sfuggente come un’anguilla. Harry sbuffò. “Draco, prendili!”
“Ho detto che non li voglio,” replicò questi, irremovibile.
“Non me li riporto a casa,” disse Harry. “Dai, te li lascio qui sulla mensola, ok? Così te li prendi prima di andartene.”
“Tu appoggiali lì e ci rimarranno per l’eternità,” lo avvertì l’altro seriamente.
Ginny osservò Harry posare il sacco proprio là, dove l’aveva trovato quando aveva ispezionato la casetta. Evidentemente Malfoy sapeva essere un uomo di parola, all’occorrenza.
Qualche secondo dopo al posto della cucina c’era un ristorante dall’ambiente raffinato, non molto spazioso ma luminoso, e Harry e Draco erano seduti ad un tavolo d’angolo. Gli occhi di Ginny vennero attirati immediatamente dalle loro dita intrecciate sulla tovaglia, prima di spostarsi sui loro visi. Mettendoli a fuoco rimase profondamente colpita da quanto fossero cambiati. Dovevano essere passati anni interi, tra l’ultima memoria e quella attuale; Harry era quasi identico a come lo ricordava, forse leggermente meno segnato dall’età e dalla stanchezza che, ora se ne rendeva conto, l’aveva fatto invecchiare sensibilmente in poco tempo. Teneva in mano la forchetta e giocherellava con i resti del proprio pasto; Malfoy, che aveva già finito, lo guardava con un’espressione strana: se non si fosse trattato proprio di lui, Ginny l’avrebbe descritta come intenerita, ma associato a Malfoy quel termine perdeva ogni traccia di credibilità.
“Che ti ha fatto quel povero pollo?” domandò ad un tratto Draco.
Harry alzò gli occhi dal piatto e vi appoggiò la forchetta, sospirando malinconico.
“Niente, stavo solo pensando che è triste, no?”
“Cosa?”
“Vederli partire,” rispose Harry. “Quest’anno che è toccato anche a Lily è stato…strano. So che è stupido, ma ogni anno è come se…”
“Come se se ne andassero via per sempre,” concluse per lui la frase Draco, con un sorriso appena accennato sulle labbra.
Harry lo fissò e sorrise a sua volta.
“Sì, esattamente così,” convenne. “Immagino che sia sciocco, visto che li vedrò per Natale, e che non farò in tempo ad abituarmi al silenzio della loro assenza che già saranno tornati per l’estate, ma senza di loro la casa è così vuota…”
“Non è sciocco,” fece Draco. “Credo sia normale che ci manchino. Anche se dopo due giorni che Scorpius è a casa lo affogherei volentieri nella fontana del giardino…” Ridacchiò e abbassò lo sguardo sul proprio piatto, pensoso. “Comunque in questo posto non ci veniamo più,” disse dopo un po’, ritornando alla sua usuale voce strascicata. “Non mi piace.”
Harry scoppiò a ridere di gusto, allungandosi all’indietro sulla sedia.
“E quando mai ti è piaciuto lo stesso ristorante per due volte di fila?” lo prese in giro, la malinconia di poco prima temporaneamente dimenticata.
“Non è vero…” mugugnò l’altro. “Continuando a tentare dovremo trovarne almeno uno decente…”
Le scene diventavano sempre più brevi, o così pareva a Ginny. Si trovava in una camera d’albergo. A letto, Malfoy leggeva il giornale con aria annoiata. Non c’era traccia di Harry, almeno finché non si aprì la porta e questi entrò con passo stanco e nervoso. Non aveva un bell’aspetto, né pareva di buon umore. Si sedette pesantemente sul letto, togliendosi gli scarponi che usava quando usciva in missione per lavoro e lasciandoli cadere sul pavimento alla rinfusa. Malfoy, che aveva preso a fissarlo incuriosito, inarcò un sopracciglio.
“Non è andata bene?” domandò con voce strascicata.
Harry sbuffò senza rispondere. Si alzò in piedi e si tolse i vestiti con gesti sbrigativi e tesi, buttando anch’essi per terra a formare un cumulo informe. Draco riprese a leggere il giornale.
“Questo Paese fa schifo,” ringhiò poco dopo Harry, riponendo la bacchetta sul comodino. “Non sanno nemmeno cosa voglia dire organizzare una ricognizione. Per non parlare della segretezza…” Si allontanò, chiudendosi in bagno. “Nemmeno al primo anno di accademia sono conciati così!” urlò al di là della porta. Il rumore della doccia in funzione si diffuse nella stanza.
“Non è forse per questo che ti hanno fatto trascinare quel bel culetto fino in Irlanda?” domandò a gran voce Draco, affinché Harry lo udisse dal bagno.
Lo scroscio dell’acqua si zittì e pochi secondi dopo Harry uscì con un solo asciugamano avvolto in vita. La doccia poteva aver lavato via il sudore della giornata, ma non il malumore, almeno a giudicare dal suo sguardo.
“Non ricordo nemmeno più perché ho accettato di venirci,” borbottò, strofinandosi con forza i capelli a mani nude. Si sedette sul letto di fianco a Draco, lo sguardo fisso sui piedi e le braccia conserte.
Draco ripiegò il giornale alla bell’e meglio e lo lanciò sulla poltrona più vicina.
“Non era per farci una vacanzina rilassante?” disse ironico, allungando un braccio per accarezzargli le gambe.
Harry sbuffò.
“Draco, non è aria stasera…” mugugnò, scacciando la mano dell’altro in malo modo.
Malfoy si fermò per un attimo, poi si mise a sedere diritto e gli prese il mento con una mano, girandogli il volto.
“Non attacca con me questa cazzata, Potter,” gli disse. Aveva un tono grave, quasi minaccioso. “Non me ne frega quanto ha fatto schifo la tua giornata, il tuo lavoro lo lasci fuori da questo letto.”
Harry lo fissò con aperta ostilità, poi gli afferrò il polso e, con una mossa rapida e inattesa, lo spinse all’indietro, immobilizzandolo con la schiena contro il materasso.
“Non. Mettermi. Le mani. Addosso,” scandì con voce profonda, tenendo il volto a pochi centimetri dal suo.
Ginny pensò che Malfoy gli si sarebbe rivoltato contro e che Harry avrebbe reagito, che ne sarebbe nata una scazzottata, decisamente il contrario rispetto alla vacanzina rilassante immaginata da Malfoy.
Draco piegò le labbra in una smorfia strana, poi si mise a ridere. Subito dopo alzò la testa quanto bastava per raggiungere Harry e lo baciò. Bastò quel gesto a trasformare completamente l’atmosfera all’interno della stanza. Un attimo prima Ginny aveva chiaramente avvertito la freddezza nella voce di Harry, la frustrazione di Malfoy e la tensione tra i due; ora sembravano essersene dimenticati completamente. Li osservava baciarsi, abbracciati seminudi sul letto, e non provava niente; non le veniva nemmeno più da piangere. Chiuse gli occhi, sospirando, e voltò loro le spalle, pensando che la scena sarebbe mutata com’era già successo prima, ma nelle sue orecchie rimasero i gemiti eccitati dei due uomini. Allora si mise le mani sulle orecchie, premendo con forza, quasi con rabbia, e serrò gli occhi ancora maggiormente, nel tentativo di isolarsi, ma i rumori parvero piuttosto aumentare di intensità. Il fruscio delle lenzuola, i sospiri ben conosciuti di Harry e quelli estranei di Malfoy non risuonavano nell’aria, ma riecheggiavano direttamente nella sua testa, e Ginny fu certa che sarebbe impazzita se non fossero cessati. Si piegò in avanti fino ad accucciarsi, curvando la schiena nel tentativo di ripararsi, mormorando tra sé che quella tortura smettesse.
“Basta… Basta… Basta… Basta!” gemette, disperata.
Di colpo i sospiri cessarono. Ginny si bloccò, il respiro affannoso, le mani ancora sulle orecchie. Temeva ciò che avrebbe visto aprendo gli occhi, mentre la sua mente già immaginava dozzine di scenari rivoltanti. Dopo alcuni secondi, tuttavia, dovette arrendersi all’inevitabile: Malfoy l’avrebbe costretta a vedere ciò che desiderava, che lo volesse oppure no.
Aprì gli occhi lentamente, sbattendoli più volte. Era in una camera buia, nella quale la poca luce penetrava da una finestra che riconobbe subito come quella della casetta nel bosco. Si alzò e si voltò titubante. Come pensava Harry e Draco erano nel letto. Non stavano facendo nulla, non dormivano ma nemmeno erano impegnati in altre attività. Giacevano semplicemente insieme, vicini. Ginny notò che Harry occupava il lato destro, proprio come a casa, e la cosa, per qualche motivo, le diede fastidio.
Harry si mosse leggermente, scostandosi dall’altro e stiracchiandosi, poi il suo viso si accigliò. Lentamente si mise seduto, sostenendosi sul braccio destro, e prese fiato. Aveva il respiro accelerato, anche se fino a un attimo prima non stava facendo nulla. La sua espressione si distorse ancora in quella che sembrava una smorfia di dolore e si portò una mano alla spalla sinistra, massaggiandosi la parte superiore del braccio.
“Che hai?”
Era stato Malfoy a parlare, dall’altro capo del letto. Si sollevò su di un fianco, scrutandolo con aria sospettosa.
Harry si voltò appena.
“Niente,” gemette, “mi fa male la spalla.” Si fermò a prendere fiato. “Devo aver dormito male…”
“Tu e le tue posizioni assurde…” strascicò Draco, rilassandosi. “Te l’avrò detto mille volte: non hai più l’età per queste cose.”
Harry sorrise un po’ a fatica.
“Parla il ragazzino, no?” replicò ironico. La sua voce era incerta, ma l’espressione piano piano si rilassava, tornando alla normalità.
Draco ridacchiò, mettendosi seduto.
“Che ore saranno?” chiese, guardando fuori dalla finestra.
“Sicuramente è ora che io vada a casa,” rispose Harry.
“Non sia mai che tu torni più tardi dell’alba,” lo prese in giro Draco, ma Harry sorrise.
“Non voglio che si preoccupino, lo sai,” mormorò. Finalmente tolse la mano dalla spalla, provando a muoverla. “Magari dormirò ancora qualche ora, cercando di non mettermi in posizioni strane questa volta…”
Malfoy non disse nulla, ma si alzò e prese a vestirsi con cura. Harry lo imitò, occhieggiandolo di soppiatto di tanto in tanto. Quando entrambi furono pronti Ginny li seguì in cucina. Pensava che avrebbero fatto colazione, ma solo Malfoy, dopo aver messo il bollitore sul fuoco, si sedette al tavolo. Harry indossò il mantello, perdendo qualche altro secondo ad allacciarselo con cura.
“Allora ci vediamo il ventisei?” domandò infine.
Draco annuì.
“Il ventisei,” confermò, poi sogghignò. “Che lusso, questa settimana, ci vediamo addirittura due volte!”
Harry ridacchiò.
“Ringrazia gli anniversari,” disse. “Te la cavi da solo col tè?”
“Non ho più dieci anni da un pezzo, Potter,” ribatté l’altro, spocchioso. “Però se vuoi farmi da mammina…”
Harry si chinò a baciarlo sulle labbra, zittendolo.
“Fai il bravo,” sussurrò, guardandolo negli occhi. “Ci vediamo tra cinque giorni.”
“Ciao,” rispose Draco sottovoce.
Harry sorrise, lasciando la casa, e Ginny ebbe la netta impressione che quella fosse l’ultima volta che Malfoy aveva visto Harry vivo. Si concentrò, cercando di ricordare i vestiti che aveva indossato il giorno precedente la sua scomparsa. Harry era rimasto fuori tutta la notte, il giorno prima di morire, e Ginny aveva più volte addotto a quel suo disperato attaccamento al lavoro l’attacco di cuore che l’aveva stroncato. Visto a posteriori, il suo malessere mattutino non era altro che un campanello d’allarme e forse, se non fosse stato ignorato, Harry sarebbe stato ancora vivo. Ginny si chiese se Malfoy avesse il buon gusto di provare almeno un po’ di rimorso per non aver riconosciuto il malore in tempo, per non aver indagato quando avrebbe avuto il potere di salvarlo.
Il fischio della teiera attirò la sua attenzione e Ginny osservò Malfoy alzarsi dal tavolo e scegliere una delle varietà di tè contenute nell’armadietto, mentre un sorrisetto gli aleggiava ancora sul volto, poi la scena perse consistenza.
Credette che sarebbe finita lì, ma Malfoy aveva ancora un ricordo da mostrarle. Era in un corridoio poco illuminato, tinto di sfumature brunite per via della luce del crepuscolo proveniente dalle finestre. Fece qualche passo, che riecheggiò lungo le pareti, fino a che sulla sinistra si aprì una porta. Vi guardò dentro: era uno studio, anch’esso piuttosto buio a causa delle pesanti tende tirate sulla parete opposta, e dietro alla grande scrivania di legno massiccio era seduto Malfoy. Si avvicinò, perché dall’ingresso non riusciva a scorgerne i tratti con chiarezza, e quando fu abbastanza vicina notò che l’uomo era seduto con la schiena reclinata leggermente all’indietro, le mani abbandonate sulla superficie di legno della scrivania e gli occhi chiusi. Aveva il viso sciupato e le rughe vi disegnavano un’espressione di profondo dolore; anche senza vederli poteva immaginare gli occhi rossi per il pianto, rivelati comunque dalle borse gonfie.
Un’eco di passi in avvicinamento la indussero a voltarsi. La signora Malfoy - la riconobbe nonostante l’avesse incontrata raramente sul binario 9 e ¾ e a qualche cena di beneficenza - entrò nella stanza, fermandosi però sulla soglia. Ginny notò come il suo volto si fosse immediatamente arricciato per il disgusto nel vedere le condizioni in cui versava il marito.
La donna sbuffò.
“Fai schifo, Draco,” sibilò schifata. “Ma ti sei guardato? Sei impresentabile…”
Malfoy aprì gli occhi. Fissò la moglie con aria assente, quasi indifferente, ma vedendo che la strega non pareva intenzionata ad andarsene sospirò, dicendo “Hai bisogno di qualcosa?”
“Sì, che tu ti ricomponga e ti dia un contegno,” rispose severa. Era chiaro che stesse reprimendo a fatica i sentimenti che provava per il marito, ma non era possibile capire se si trattasse di rabbia, odio o semplice disgusto.
“Astoria, non…” cercò di ribattere Draco, ma la sua risposta fu tranciata dalla donna.
“Lo sai che giorno è?” domandò. “Venerdì. Ricordi cosa c’è domani? No,” proseguì prima che l’altro potesse intervenire, “non serve che tu mi risponda, sai perfettamente che i Montague ci aspettano per il weekend e sai quanto io tenga alla mia vita sociale. Non tollererò che tu sfoggi quella faccia da funerale in giro di fronte ai miei amici. È imbarazzante e di cattivo gusto, per non parlare di quanto sia pietoso vedere un uomo ridotto in questo stato per…quello,” concluse, tagliente.
Ginny provò sentimenti contrastanti. Da una parte vedeva in quella donna se stessa e la rabbia e la repulsione che aveva provato in prima persona riguardo a quella storia; dall’altra, però, sapeva che Astoria era stata al corrente di tutto per anni e non aveva fatto niente per dividere Harry e Draco, niente che potesse risolvere in qualche modo la situazione, anche solo informandola, e trovava che questo fosse intollerabile, oltre che incomprensibile. Non riusciva a capire cosa la spingesse a stare ancora con un uomo che palesemente non l’amava e che l’aveva tradita senza nemmeno il buon gusto di nasconderlo per non farla soffrire. Forse era stata più fortunata lei, perché Harry aveva perlomeno cercato di proteggerla.
Malfoy spostò lo sguardo sopra la sua testa, puntandolo nel vuoto.
“Ti ho detto che ti porterò a quello stupido weekend e che sarò di compagnia,” strascicò. “Che altro vuoi da me? Vattene, lasciami in pace almeno fino a domani. Mi pare di averne il diritto.”
“Spero per te che ti venga un colpo e mi liberi dalla tua angosciante presenza, Draco,” scattò Astoria, velenosa, “proprio come è venuto a lui.” Poi girò sui tacchi e se ne andò, lasciandolo ai suoi rimpianti.
Malfoy si prese la testa tra le mani, sospirando in modo doloroso. Rimase così per qualche minuto, immobile, tanto che Ginny si domandò se stesse piangendo o se si fosse addormentato, sopraffatto dalla stanchezza com’era successo tante volte a lei. Fu un ticchettio insistente alle sue spalle a costringerlo ad alzare la testa. Draco si alzò e scostata la tenda rivelò la presenza di un gufo ben noto a Ginny appollaiato sul davanzale. Aprì la finestra e il volatile fece qualche saltello avanti, mostrando poi la zampa a cui aveva attaccato un pacchetto unito ad una piccola busta. L’uomo liberò l’animale del peso e lo lasciò libero di andare, tornando a sedersi alla scrivania e rigirandosi il pacco tra le mani per qualche secondo prima di decidersi a posarlo e ad aprire la busta che lo accompagnava. La dischiuse con attenzione, come se avesse intuito che si trattava di qualcosa di prezioso. Ginny aggirò la scrivania, portandosi alle spalle di Malfoy per poter leggere assieme a lui, cosicché quando estrasse il cartoncino riconobbe subito la grafia di sua cognata.
L’ho trovato nella scrivania di Harry. So che è per te. Hermione Weasley.
Così recitava, due semplici frasi e una firma per accompagnare un regalo che assumeva un valore molto diverso. Un regalo di Harry per Malfoy, comprato prima di morire, lasciato sul lavoro, dove Hermione doveva averlo trovato. Hermione che le aveva mentito un’ultima volta, spedendo all’amante di suo marito un regalo. Di anniversario, le suggerì un angolo della sua mente, ricordando le parole pronunciate da Harry nel ricordo precedente, il giorno in cui era morto.
Ginny vide Malfoy appoggiare la lettera con mani tremanti e afferrare il pacco, preparandosi ad aprirlo, ma proprio in quel momento si sentì risucchiare all’indietro, e prima ancora di esserne totalmente cosciente si ritrovò in piedi nella grande sala al primo piano di villa Malfoy, davanti a lei il Pensatoio con la sua turbinante nebbiolina di pensieri e al suo fianco Draco, gli occhi leggermente lucidi ma l’espressione dura, impassibile. Si guardò intorno turbata, cercando di riguadagnare l’orientamento, ma tutto ciò a cui aveva assistito, i ricordi, le sensazioni e tutto il resto, piombarono su di lei, schiacciandola col loro peso. A Ginny parve per un attimo di soffocare. Disperata all’idea di cedere proprio di fronte a Malfoy, reagì con rabbia.
“Perché diavolo mi hai mostrato quelle cose?” scattò, la voce roca per la furia.
“Me l’hai chiesto tu,” rispose l’altro calmo, limitandosi a fare un passo indietro. “Volevi sapere tutto. Be’, ora lo sai.”
Ginny sbuffò sarcastica.
“Certo, e tu hai fatto un ottimo lavoro di cernita dei tuoi ricordi, non è vero? Mai un litigio, mai un momento no! Una vita perfetta!” Allungò una mano verso il Pensatoio e lo spinse via con forza, cercando di gettarlo a terra, ma Draco fu più veloce di lei e, con pronti riflessi, lo afferrò al volo, mettendolo in salvo.
“Sei soltanto una piccola zecca invidiosa,” sibilò rivolto a lei. “Credi che basti distruggere un oggetto prezioso come questo per cancellare ciò che è stato? Tuo marito non ti amava, non ti ha mai amato, ti ha sempre tenuto come si farebbe con una cagna da riproduzione. Brucia, non è vero?” domandò in un soffio, sfidandola con lo sguardo.
“TU MENTI!” urlò Ginny, lanciandosi contro di lui.
Draco estrasse la bacchetta in un baleno e con la mente offuscata dalla furia Ginny non ebbe la presenza di spirito di proteggersi. Fu fortunata, quindi, che Malfoy si fosse limitato ad un incantesimo di difesa, che la sbalzò indietro con violenza, facendola crollare con un gran frastuono tra le sedie.
“Non osare mai più avvicinarti a me,” la ammonì minaccioso, a denti stretti, i tendini sul collo in rilievo e il volto acceso d’ira. “La prossima volta non sarò così generoso.”
Ginny si affannò, cercando di rialzarsi da terra, gli occhi ormai colmi di lacrime suo malgrado.
“Umiliata fino in fondo…” mormorò, facendo forza sulle braccia e sostenendosi a fatica sulle gambe malferme. “Sarai contento, ora.”
“Non quanto vorrei,” ribatté Draco, tenendola sotto tiro con la bacchetta.
Ginny si aggiustò i vestiti, poi i capelli, deglutendo più volte nel tentativo di cacciare il groppo che le stringeva la gola.
“Mi hai rovinato la vita,” accusò l’uomo con voce tremante. “Hai distrutto tutto ciò che io e Harry avevamo costruito solo per il tuo divertimento!”
“Io non ho fatto proprio niente,” replicò Draco. “Se ciò che c’era tra me e Harry ha rovinato qualcosa nel tuo matrimonio, allora era qualcosa che non era mai esistito fin dall’inizio.”
Ginny avrebbe voluto replicare, ma si trovò momentaneamente a corto di parole. Abbassò lo sguardo, stringendo i denti, e fece qualche passo in direzione della porta d’uscita, aggirando lentamente Malfoy.
“Tutto ciò…non ha senso,” biascicò infine. “Ho vissuto con Harry per trent’anni e abbiamo diviso tutto per più di venti. Lo conoscevo come conosco me stessa, ogni capello, ogni espressione, ogni minima abitudine… Quest’uomo di cui mi parli non ha niente a che fare con lui. Lui non avrebbe mai fatto una cosa del genere, né a me né alla sua famiglia. Il vero Harry non…”
“Finiscila,” la interruppe duramente Malfoy. “Se ti piace raccontarti balle non è certo affar mio, ma è inutile che continui a propinarmi questa cazzata del vero Harry. Non esisteva nessun altro Harry. Di Harry ce n’è sempre stato uno e uno solo; semplicemente quello che tu pensavi di conoscere non esisteva.”
La faccenda era definitamene chiusa. Non c’era modo in cui Ginny avrebbe potuto ribattere. Si era presentata alla villa con delle pretese, molte accuse, alcune incrollabili verità, ma ogni minuto che passava acuiva lo choc che i ricordi di Malfoy le avevano procurato. Ciò che aveva visto era reale, era accaduto veramente; non si trattava di memorie costruite, preparate ad arte, perché nonostante tutto, in fondo al cuore, aveva riconosciuto l’uomo che aveva amato in ogni gesto e in ogni sguardo. Era come se il mondo le si stesse sgretolando sotto i piedi di secondo in secondo, velocemente, e se c’era una cosa che Ginny non voleva, era che Malfoy assistesse a quest’ultima umiliazione, al momento in cui la realtà e la sua vita si sarebbero congiunte e lei sarebbe affondata definitivamente.
Lasciò la stanza senza aggiungere una parola, attraversò l’atrio in silenzio e con uno sforzo eccessivo aprì il portone della villa. Fu investita dalla luce del sole novembrino, che pareva essersi fatto largo tra le nuvole col solo intento di sbeffeggiarla. Camminò velocemente allontanandosi lungo il viale d’accesso, ansiosa di mettere tra lei e Draco Malfoy la maggiore distanza possibile, di lasciare quella tenuta e con essa tutto ciò che rappresentava. Si smaterializzò appena ebbe varcato l’imponente cancellata esterna, comparendo sulle scale dell’abitazione. Mise una mano sulla maniglia, poi si accasciò sui gradini e rimase immobile, la mano ancora appoggiata alla porta e lo sguardo fisso a terra. Non aveva senso nemmeno tornare a casa, ormai, la sua intera vita aveva perso ogni significato. Aveva sacrificato tutti gli anni migliori ad un uomo che aveva amato disperatamente, e ora che lui non c’era più non le rimanevano che le ceneri di un’illusione. Persino quella casa era il simbolo della falsità del suo matrimonio. Non le restava niente.
“Mamma?”
Una voce che avrebbe riconosciuto fra mille la riscosse dal proprio torpore. Ginny alzò gli occhi lentamente, posando lo sguardo vacuo sul figlio diciottenne.
“Mamma, stai bene?”
Ginny sospirò, stringendo le labbra disperata. Che avrebbe dovuto dire ai suoi figli?
“Vieni dentro, ti prenderai un accidente a star qui fuori, al freddo,” la incoraggiò James. La prese per un braccio e la costrinse ad alzarsi in piedi, sostenendola amorevolmente. “Sei tutto ciò che ci è rimasto. Non ci abbandonare anche tu…”
Ginny lo guardò, mentre il cuore le sussurrava la risposta al vuoto che sentiva dentro. Forzò le labbra in un sorriso stanco e abbracciò il figlio.
“Ti voglio bene, James. Mi dispiace per questi giorni, mi dispiace tanto…”
“Ti voglio bene anch’io, mamma. Dai, rientriamo,” insisté dolcemente il ragazzo.
Ginny si lasciò guidare all’interno della casa. Nel profondo si disse che forse aveva trovato l’unica cosa vera che Harry le avesse dato, e silenziosamente pregò che nessuno gliela togliesse.

fanfic, disfida dei criticoni, bdt, the gay, the hp world

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