[Ninkyo Helper] Non essere altro che nulla

Jun 22, 2012 22:32

Titolo: Non essere altro che nulla
Fandom: Ninkyo Helper
Pairing: Izumi Reiji x Takayama Mikiya
Rating: PG
Avvertenze: Slash
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: La moglie cercava di non piangere, stringendo a sé la figlia piccola, che poteva avere si e no cinque anni, mentre il marito era inginocchiato ai loro piedi e chiedeva un altro po’ di tempo.
Note: Scritta per la think_angst con il prompt “Vedere gli occhi di un uomo che muore” e per la V Notte Bianca di maridichallenge con il prompt “Deve esserci una ragione per uccidere un uomo” di black_lacie
WordCount: 804 fiumidiparole

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Mikiya osservava Izumi.
Erano passati alcuni mesi da quando aveva scoperto che erano uno yakuza. E non uno yakuza qualunque, bensì il braccio destro di suo padre. Come poteva non averlo mai visto, in tutti quegli anni, Mikiya proprio non riusciva a spiegarselo.
Era stato comunque felice di sapere che ricambiava il suo amore, perché per lui Mikiya provava qualcosa di ben diverso dal suo solito trasporto semi sentimentale che lo aveva sempre colpito.
Era innamorato. Decisamente, troppo. Ma Izumi ricambiava con la stessa intensità, ne era sicuro, perché aveva accettato di portarselo dietro nonostante la sua inesperienza, anche se, in quel momento, poco gl’importava.
Ne era abbastanza sicuro. Non contava davvero sapere da quanti anni fosse uno yakuza, da quanti anni impugnasse una pistola, da quando anni seguisse suo padre.
Per la scena che gli stava ponendo davanti, era sicuro che non ci fosse una ragione valida.
La famiglia alla quale erano andati a chiedere i soldi del prestito, era rannicchiata e spinta contro il muro della piccola cucina.
La moglie cercava di non piangere, stringendo a sé la figlia piccola, che poteva avere si e no cinque anni, mentre il marito era inginocchiato ai loro piedi e chiedeva un altro po’ di tempo.
Afferrò Izumi per un braccio, trascinandolo poco lontano.
« Lascialo stare. Ci ha già dato buona parte del prestito. Sai, le persone normali devono lavorare per avere i soldi. » gli sibilò.
Per la prima volta, la freddezza nei suoi occhi lo spaventò. Il più grande si limitò a sciogliersi dalla presa di Mikiya sul suo braccio e distolse lo sguardo.
Il più piccolo rimase immobile nell’osservare la grande schiena del fidanzato. Quella schiena che lo aveva sempre e solo rassicurato, sempre e solo protetto dai pericoli della vita, adesso gli stava facendo vedere come quella vita potesse essere allo stesso tempo crudele.
A Mikiya non era mai piaciuta l’idea di uccidere le persone. Per questo suo padre lo aveva mandato negli uffici della ditta di copertura.
Non gli piaceva maneggiare pistole e non aveva la prestanza adatta per incutere timore o spaventare. Lo aveva sempre saputo di non essere tagliato per quel lavoro, ma aveva accettato quel fardello senza dire nulla.
Era sempre stato convinto che per uccidere un uomo ci vogliono delle ragioni. Che fossero più o meno plausibili, più o meno condivisibili, ma che ci fossero.
Eppure Mikiya ne era convinto.
Suo padre non aveva dato l’ordine di uccidere quell’uomo, tanto più che aveva restituito buona parte del presto. Non tutto nella data stabilita, ma ci si era impegnato, molto più di tanti altri debitori.
Osservò i suoi occhi. Terrorizzati. Pieni di una delusione e di rabbia forse o rassegnazione a quel destino. Dopotutto, era stato lui a chiedere i soldi alla persona sbagliata.
Il pianto della bambina gli trapana il cervello. Non riesci a sentire altro. Allunga una mano, verso il braccio teso di Izumi, con la pistola in mano.
I singhiozzi della donna si fanno più forti, insieme a quelli della figlia. Mikiya vede la lunga canna della pistola con il silenziatore posarsi contro la fronte sudata dell’uomo, ormai in ginocchio davanti a lui, sul volto una rassegnazione e una compostezza che per il più piccolo erano contro natura.
Sentì solo il feroce rumore dello sparo e le urla delle due donne. Mikiya sentiva il vomito risalirgli in gola e arrivò per fortuna in bagno.
L’odore del sangue, della morte, della polvere da sparo e delle cervella gli intasano il naso e non riusciva a fare altro se non continuare a vomitare.
I singhiozzi di madre e figlia erano più forti o forse era solo lui a sentirle così.
Si sentì prendere per un braccio ed ebbe appena il tempo di chiudere la bocca. Si sentiva frastornato.
Ripassarono davanti alla piccola cucina. Il cadavere dell’uomo, il sangue, tutto il resto sporcavano la moglie, che aveva persona tutta la dignità trovata dal marito.
Distolse lo sguardo.
Entrò faticosamente in macchina, mentre Izumi si metteva al volante, in silenzio. Mikiya non alza gli occhi dalle sue ginocchia, non fumò nemmeno, nonostante impiegarono più di un ora per tornare a casa.
Arrivati alla villa di famiglia, Mikiya si chiuse in camera, ignorando le preghiere del fidanzato di parlarne faccia a faccia.
Lo ignorò fino a quando il più grande non si stancò dei suoi capricci, della sua immaturità, del suo infantilismo.
Mikiya socchiuse gli occhi, coperto del tutto dal piumino.
No.
Lo aveva imparato quel giorno.
Non ci vuole sempre una ragione per uccidere un uomo. Si chiese se un giorno Izumi non avesse ucciso anche lui. Magari si sarebbe giustificato dicendo che era un ordine. Chissà se lo avrebbe ucciso guardandolo negli occhi e chissà Mikiya come avrebbe reagito di fronte a quella scena.
Appoggiò la fronte contro le ginocchia, stanco.
Decise di provare a dormire, nonostante sapesse che gli occhi di quell’uomo morto lo avrebbero perseguitato per tutta la sua vita.

Fine.

challenge: notte bianca v, challenge: think angst {frasi 1}, fandom: ninkyo helper, pairing: izumi x takayama

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