Titolo: I give you all my love {Hey!Say!Jump - Aing Aishiteru}
Fandom: Hey!Say!Jump
Pairing: Yabu Kota x Inoo Kei
Rating: G
Avvertenze: Slash,
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: Abitava lì da mesi ormai eppure tutto quello riusciva ancora a scaldargli il cuore.
Note: Scritta per la
khorakhane_ita con il prompt “Quello che non ho è quello che non mi manca.” e per il COW-T2 di
maridichallenge con il prompt “Anni”
WordCount: 1247@
fiumidiparole **
Inoo Kei si era svegliato, come tutte le mattine, più tardi di Yabu, il suo fidanzato. Il più grande doveva sempre lavorare e per questo non potevano quasi mai fare colazione insieme, tranne quando avevano dei rari momenti liberi che non riuscivano comunque quasi mai a sfruttare pienamente.
Si girò nel letto, odorando il profumo del dopobarba di Yabu ancora impregnato nel cuscino, sulla sua pelle. Aveva imparato ad amare quel profumo, quell'odore che ormai aveva sopra di sé come un marchio, nonostante all'inizio non avesse nessuna intenzione di sentirsi legato a lui.
Si girò di nuovo nel letto, sentendo il materasso ancora leggermente caldo. Yabu si doveva essere alzato in ritardo, come sempre. Kei si scoprì a sorridere leggermente mentre si alzava a sedere, appoggiando i piedi a terra. Rabbrividì per il freddo e decise di muoversi.
Quel giorno doveva andare all'università ed era già in ritardo. Abitare vicino alla Meiji non giustificava i suoi ritardi.
Andò a lavarsi, osservo, come ogni mattina, i due spazzolini, le due spazzole, i due dentifrici. Gli asciugamani, gli accappatoi, i bagnoschiuma. Abitava lì da mesi ormai eppure tutto quello riusciva ancora a scaldargli il cuore.
Si sentiva bene e non sapeva perché.
**
Si avviò verso l'università. Si calò il cappello sul volto e tirò su la mascherina prima di salire sul treno. Ciondolò ancora un po' addormentato e, finalmente, entrò dentro l'atrio della Meiji.
Lo aspettava una lunga mattinata di studio e, come gli accadeva da qualche giorno ormai, non aveva per niente voglia di studiare e non era da lui. Gli piaceva quello che aveva scelto, anche se difficile, anche se a volte far coincidere gli esami con il lavoro era quasi impossibile. Gli piaceva e aveva lottato contro il parere contrario di tutta la famiglia, la quale invece diceva che doveva concentrarsi solo sul lavoro, prima che Kei perdesse la pazienza dicendo che per lui non c'era così tanto lavoro e che non aveva intenzione di passare le sue giornate davanti alla televisione senza fare nulla.
Non gli piaceva non fare nulla. O meglio, negli ultimi tempi non gli piaceva stare da solo. Sentiva la voglia di stare con Yabu, una voglia che, per quanto si rendesse conto che l'amore aveva superato quell'amicizia consolatoria ormai da tempo, non aveva mai sentito prima.
Sbuffando entrò dentro la biblioteca e cercò un posto isolato per iniziare a studiare. Rimase di cattivo umore fino a quando non gli arrivò una mail di Yabu dove lo avvisava che avrebbero pranzato insieme.
**
All'uscita dall'università, nonostante il buonumore che l'uscita con Yabu gli aveva dato, sentiva di nuovo un malessere attorcigliargli lo stomaco. Si morse un labbro, camminando velocemente, come se non volesse più stare all'aria aperta.
Si fermò davanti ad una vetrina. Non si sentiva a suo agio nel vedere quell'immagine. Vedeva un uomo innamorato. Di una persona della quale non si doveva innamorare perché aveva sempre giurato che con Yabu non era nulla di serio.
Invece la loro relazione durava da tempo, erano andati a vivere insieme, erano l'uno il sostegno dell'altro e, nonostante tutto, aveva veramente imparato ad amarlo.
Si era avvicinato a Yabu solo per fare un torto ad Hikaru. Kei aveva sempre saputo che Hikaru era follemente innamorato del più grande, eppure quando lui era andato a dichiararsi al più piccolo... non ricordava con esattezza che cosa si aspettava di ricevere in cambio.
Forse l'illusione di un amore, quella stessa illusione che per un po' aveva dato a Yabu.
Era stato rifiutato, stava male, si sentiva a pezzi e Yabu era arrivato, come un principe, e lo aveva salvato, chiedendogli solo il suo affetto come prezzo.
Ma Kei non glielo aveva dato. Gli aveva dato tutto il suo dolore, la sua sofferenza, il suo corpo. Ma mai il suo affetto perché non ne sentiva verso di lui. Perché non era lui quello che desiderava, non era lui quello che voleva sentire, non erano le sue mani che voleva sentire sulla sua pelle e non era la sua bocca che voleva sentire vicino al suo orecchio che gli sussurrava di amarlo.
Ma aveva socchiuso gli occhi e aveva provato ad amarlo a sua volta. La ferita che Hikaru gli aveva aperto nel cuore era difficile da far chiudere, sanguinava ogni volta che lo vedeva felice, che lo vedeva con la persona che realmente amava.
Yuya lo faceva felice. Lo aveva sempre fatto felice e lo avrebbe fatto per sempre. Li aveva osservati da lontano, per anni, vedendo come sembravano due parti complementari della stessa medaglia. Erano semplicemente fatti l'uno per l'altro. Dove non arrivava Hikaru, arrivava Yuya e viceversa. Si sostenevano, spronandosi ad andare avanti, superando ogni ostacolo.
Kei sospirò, di nuovo, riprendendo a camminare. Aveva perso il treno ormai, perso nei suoi pensieri e non gli rimaneva altro da fare che andare a piedi. Non era molto distante casa sua e di Yabu, ma era anche notte e lui non si sentiva particolarmente a proprio agio a camminare al buio, considerando che si era tolto le lenti a contatto prima di lasciare l'università e gli occhiali erano dall'ottico, in riparazione.
Non ci vedeva bene e gli dava fastidio quella situazione. Raggiunse la stazione, decidendo di prendere un taxi.
Eppure, quando arrivò davanti alla stazione, vide una macchina parcheggiata poco distante dall'ingresso e appoggiato vicino alla portiera, con il cappello calato sul volto e una sigaretta fra le dita, vide Yabu.
Era senza occhiali e non vedeva molto bene a causa del buio, ma era sicuro al cento per cento che fosse Yabu. Il solo vedere il suo profilo lo riempi di gioia e gli corse incontro, salutandolo più calorosamente del normale.
Gli gettò le braccia al collo, stringendolo a sé. L'altro ridacchiò, ricambiando brevemente l'abbraccio e scivolando via da lui, come sempre.
Kei gli sorrise.
« Mi sei venuto a prendere. » sussurrò piano.
« Sì. » borbottò piano Yabu imbarazzato, senza fissarlo « Eri in ritardo e il tuo telefono è staccato. Mi sono preoccupato. All'università mi avevano detto che eri già andato via, quindi ti ho aspettato alla stazione. »
Si grattò il collo, continuando a non fissarlo. Era raro vedere gesti così espansivi di affetto da parte sua e non si trovava mai a suo agio. Yabu era un ragazzo che gli dimostrava il suo amore con le piccole cose, con i piccoli gesti e nel corso degli anni, quegli anni che aveva passato ad imparare ad amare Yabu, così come lo amava in quel momento, si era sentito veramente amato.
E non lo avrebbe mai ringraziato abbastanza, perché si sentiva bene e felice, sentiva finalmente di aver trovato il suo posto e quel posto era accanto a Yabu e, in quel momento, non avrebbe voluto essere in nessun altro posto.
Mentre saliva in macchina osservò Yabu. Era bello, come sempre. Un po' stanco, forse, ma bello.
Era accanto a lui, dopo una dura giornata di lavoro e aveva comunque pensato a lui invece di andare a casa a rilassarsi.
Ripensò ad Hikaru, per l'ultima volta. Non lo aveva mai avuto al suo fianco per quanto lo avesse intensamente desiderato.
Non c'era lui che guidava la macchina, ma c'era Yabu.
Non aveva Hikaru e non ne sentiva la mancanza. Stava bene. Stava finalmente bene, sentendosi finalmente libero da quel fantasma del passato che lo aveva perseguitato fino a quel momento.
« Ti amo. » gli disse sorridendo, spontaneamente.
L'altro lo fissò, ricambiando il sorriso.
« Ti amo anche io Kei-chan. »
Kei si accoccolò contro il sedile, rilassandosi.
Non avrebbe voluto essere in nessun altro posto. Il suo posto adesso era accanto a Yabu.
Fine.