[B.A.D.] Continuo a vagare in questa città, intorno al miracolo che ci ha fatto incontrare

Feb 16, 2012 13:25

Titolo: Continuo a vagare in questa città, intorno al miracolo che ci ha fatto incontrare. {Arashi - Refrain}
Fandom: B.A.D
Pairing: Nakama Junta x Kiriyama Akito
Rating: G
Avvertenze: Slash,
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: Sapeva che aveva un bel rapporto con Akito, di questo ne era assolutamente certo.
Note: Scritta per la diecielode con il prompt “Volevo capirti, ma quello che stavo facendo era solo raschiare la superficie.” e per il COW-T2 di maridichallenge con il prompt “Indecisione”
WordCount: 1987@fiumidiparole

*°*


Junta aveva sempre avuto una certa fiducia in sé stesso. Aveva sempre pensato di essere abbastanza bravo in quello che faceva, anche se sapeva di avere, in alcuni ambiti, delle lacune abbastanza difficili da colmare.
Sapeva che era bravo a ballare, ad esempio. Sapeva che aveva una bella voce e quello lo rendeva particolarmente orgoglioso.
Sapeva di poter essere un buono amico ed era felice di questo, perché gli piaceva che gli altri si fidassero di lui a tal punto.
Sapeva che aveva un bel rapporto con Akito, di questo ne era assolutamente certo. Gli piaceva stare con lui, gli piaceva andare in giro a fare shopping e passare le ore a parlare del niente, magari seduti in un parco con un gelato a fissare la gente che passava.

Era sempre stato affascinato da Akito e forse era per quello che, quando lo aveva conosciuto, aveva tentato un approccio amichevole nei suoi confronti.
Akito lo aveva accolto meglio di come si sarebbe mai aspettato. Si sentiva un privilegiato, prima di rendersi conto che quello era l'atteggiamento che teneva con tutti.
Se ne era fatto una ragione e aveva cancellato dalla sua mente quella leggere delusione che lo aveva circondato.
Adesso, dopo tanti anni, poteva dirsi assolutamente certo di conoscere ogni sfaccettatura di Akito.

O almeno, era ciò che pensava prima che Akito, quello che considerava come migliore amico, iniziasse ad evitarlo.
Davanti alle telecamere era sempre il solito stupido ed espansivo Akito, ma appena queste si spegnevano, sembrava che si spegnesse anche lui. Di colpo il suo sorriso moriva, chinava leggermente la testa in segno di saluto agli altri e se ne andava, senza nemmeno cambiarsi.
I giorni passavano e Junta non riusciva a capire che cosa ci fosse di sbagliato. Perché si comportava sempre nella stessa maniera, quindi escludeva di avergli fatto qualcosa.
Anzi, negli ultimi tempi le loro uscite si erano drasticamente ridotte, quindi non poteva aver fatto nulla.

Odiava quella situazione di stallo perché, se da una parte sentiva il bisogno di capire, di farsi spiegare quell'atteggiamento, dall'altro aveva paura della risposta.
Se Akito gli avesse detto che non voleva più essere suo amico, che non voleva più stare con lui e passare il tempo libero insieme, sapeva che ne avrebbe sofferto. Quindi, paradossalmente, preferiva osservarlo allontanarsi poco a poco piuttosto che ricevere una pugnalata al cuore.

Non avrebbe resistito ad un abbandono, ne era certo.
Preferiva il lento stillicidio.
Anche se sapeva che quella situazione non sarebbe durata tanto a lungo.

**

Akito lasciò immediatamente gli studi del programma anche quel pomeriggio. Voleva andarsene a casa, senza parlare con nessuno, men che meno con Junta.
Mentre usciva di corsa dai camerini si scontrò con Junta sulla soglia. Si scusò velocemente, arraffando senza nemmeno alzare lo sguardo verso il suo amico.
Lo aggirò, sentendo improvvisamente l'aria mancargli dai polmoni. Sentiva lo sguardo di Junta penetrargli la schiena e accelerò il passo, fino a quando la voce dell'altro non lo fermò.

Akito rimase fermo, senza girarsi. Udì qualche passo di Junta, ma il più grande si fermò a pochi metri da lui.

« A-kun... » lo chiamò piano l'altro e Akito ebbe voglia di scappare, di correre senza voltarsi indietro e senza tornare mai più « Se hai bisogno di qualcosa... di qualsiasi cosa, sai che ne puoi parlare con me. »

« Certo. » si voltò verso di lui, fingendo un sorriso, sapendo però che Junta non gli avrebbe creduto « Sono solo stanco. Voglio andare a casa a dormire. »

« Mi vuoi dire che è quasi un mese che sei “solo stanco”? » domandò ancora l'altro.

Akito si voltò di nuovo, serrando gli occhi. Voleva urlare e non pensare più a niente.

« Esatto. Ora vado. Ciao Junta. » esclamò correndo via.

**

Junta rimase fermo in mezzo al corridoio, con gli occhi sbarrati e il respiro affannato.
Da quanti anni era che Akito non lo chiamava con il nome completo. Era sempre stato tutto un “Jun-Jun” o un “Jun-kyun” o tanti altri nomignoli che Akito si divertiva a creare.
Non gli aveva mai dato fastidio, anzi, gli faceva piacere. Riguardo i nomignoli, Junta era l'unico che ne aveva più di una decina. E ogni giorno Akito se ne usciva con qualcosa di diverso, di speciale.
Invece quel “Junta” gli sembrava così freddo e distaccato che...
Rientrò dentro il camerino, cercando di far tornare indietro le lacrime. Era arrivato ad un punto morto e non sapeva che cosa fare per cercare di recuperare quello che, fino a poco tempo, gli sembrava un rapporto perfetto.

Aveva sempre pensato di conoscerlo, di riuscire ad andare oltre all'apparenza, invece, in tutti quegli anni, aveva sempre e solo raschiato la superficie.
E avere davanti agli occhi quel fallimento, lo faceva sentire male.

**

Chiuso nella sua stanza singola, al buio e con le tende tirate, Akito cercava di prendere sonno. Era presto, troppo presto e i corridoi del dormitorio, a quell'ora, erano pieno di gente. Risate, scherzi e urla lo disturbavano. Se altri giorni sarebbe uscito per accodarsi a qualche uscita improvvisa o, meglio ancora, a qualche scherzo, in quel momento sentiva solo un grande senso di fastidio.
Si alzò in piedi e accese la luce. Il disordine regnava sovrano. Di solito riusciva ad essere ordinato quel tanto che bastava per uscire vivo ai controlli, ma non riusciva a staccarsi di dosso l'apatia che lo aveva colpito.

Di solito Junta lo aiutava a sistemare le cose, lui che era sempre così ordinato. Di solito era il più grande che lo spronava, che lo spingeva a dare sempre il meglio di sé.
Adorava la sua compagnia. Il solo sentirlo vicino lo faceva stare bene, lo rilassava. Junta era sempre così calmo e pacato che il solo guardarlo lo tranquillizzava.
In quel momento, nel buco nero in cui si trovava, il non averlo accanto lo spaventava ancora di più.
Eppure... il problema era proprio Junta.
Il suo Jun-Jun. Non riusciva a stargli lontano e quel rapporto che con il tempo era diventato troppo morboso lo stava logorando.
Quando erano da soli avrebbe voluto stringergli la mano. Quando si trovavano negli spogliatoi e lo osservava uscire dalla doccia doveva voltarsi immediatamente e non immaginare loro due nudi nel letto, che facevano sesso.
Serrava gli occhi e sperava che Junta non si accorgesse mai del suo nervosismo, della sua voglia, del suo desiderio che giorno dopo giorno si faceva sempre più pressante.
E prima di rovinare tutto, prima di spaventarlo, prima di creare dei problemi, preferiva allontanarsi, per quanto quella stessa lontananza lo facesse stare male.

Prese il giacchetto, buttato sopra la sedia della scrivania e se lo infilò. Uscì dalla stanza, mettendo le chiavi e il borsello dentro le tasche, contando di tornare comunque da lì a poco tempo.
Aveva bisogno di aria e doveva pensare. Pensare attentamente a quello che doveva fare, a quello che doveva dire.
Junta avrebbe voluto delle spiegazioni. Era normale che le volesse. Era giusto.
E lui un giorno gliele avrebbe dovute dare.

**

Junta entrò con passo lento dentro al parchetto. Era piccolo e intimo, frequentato per lo più dalle famiglie del quartiere.
Akito e Junta non erano del quartiere, ma lo avevano scoperto per caso un giorno, mentre avevano preso la metropolitana giusto per passare un po' il tempo.
Erano scesi ad una stazione quasi sconosciuta e si erano fermati a mangiare un gelato. Junta era affezionato a quel posto. Gli ricordava solo cose belle, solo momenti passati con Akito. Momenti in cui era loro due, uniti, quasi... intimi.
Il più grande sospirò, cercando di mettere a tacere quei ricordi, cercando di non farsi trasportare come era solito fare. Voleva parlare con Akito.
Era giunto il momento di ascoltare quello che l'altro aveva da dire, era giunto il momento di capire se Akito gli avrebbe dato o meno la pugnalata mortale.

Camminò a passo lento per qualche metro prima di notare il carretto dei gelati. Ne prese uno e superò la curva. Akito era là, esattamente come aveva immaginato.
Gli arrivò alle spalle, sedendosi al suo fianco. Akito sussultò, ma non scappò via come si era immaginato.
Rimase fermo al suo posto, con il gelato fra le mani, senza guardarlo.
Junta lo imitò. Rimase a sua volta in silenzio a mangiare. Il clima era tiepido e il parco era animato dagli schiamazzi dei bambini. Li osservò giocare per un po', pensando a quando e se Akito avrebbe iniziato a parlare.
Continuò a rimanere in silenzio, finendo il gelato. Akito stava ancora a testa china e gli parve che tremasse.

Si chiese in che cosa avesse sbagliato. Aveva represso così bene per anni quei sentimenti che ogni tanto, svegliandosi, si chiedeva se fosse davvero innamorato.
Usciva, andava a fare colazione, lo raggiungeva nella mensa e, solo osservandolo, si sentiva bene appagato e la sua furia che aveva nel petto si risvegliava.
Ma era bravo a far finta di niente Junta. Gli piaceva risolvere le situazioni da solo e solo se fosse diventata veramente insostenibile allora si sarebbe confidato con qualcuno.

Eppure non gli era parso di aver fatto nulla. Quando Akito era semi nudo non arrossiva più e reprimeva la voglia che gli cresceva dentro.
Lo guardava parlare con altre persone sentiva che la gelosia lentamente scemava, lasciando spazio ad una controllata e consapevole indifferenza.
Insomma, niente avrebbe fatto capire al mondo che cosa c'era di sbagliato nel suo cuore.
Nessuno aveva mai capito passasse nella sua testa, tanto che alcuni kohai, affascinati dal carisma del più piccolo, gli avevano chiesto informazioni private su di lui.
Junta li aveva fissati e aveva sorriso. Aveva risposto alle loro domande e poi li aveva guardati andare via.

Nonostante il pensiero di qualcun'altro accanto ad Akito lo facesse soffrire, si rendeva conto che non poteva mandare all'aria anni di amicizia solo per un sentimento futile come l'amore.
Era un professionista e quale professionista sarebbe andato a dichiararsi al suo unico compagno di provare qualcosa per lui se non aveva la più pallida idea di quello che provava?
Sarebbe stato un suicidio. E Junta non si riteneva un tipo da suicidio.

« Akito, vuoi parlarmi di qualcosa? » domandò piano continuando a fissare l'albero davanti a lui.

« Jun-Jun... » Akito si volse verso di lui e l'altro poté osservare quale groviglio di emozioni si avvicendavano sul volto dell'amico « Io ti amo. Ho cercato di allontanarmi da te sperando di farmela passare, ma non ci sono riuscito. Ho bisogno di te al mio fianco, sempre. »

Era una dichiarazione buffa, considerò Junta mentre sentiva il sangue scorrere con più velocità nelle vene, fino a pompare nel cuore, sempre con più violenza.
Una dichiarazione veramente alternativa, ma dopotutto stava parlando di Akito. Quale era la cosa che non faceva in maniera speciale?

« Mi sono allontanato da te perché... avevo paura. Che tu potessi odiarmi, ma adesso ho bisogno di sapere... tutta la verità. » continuò il più piccolo notando che Junta era ancora in silenzio.

Improvvisamente Junta scoppiò a ridere. Akito lo fissava, senza parole.

« Io ho sempre immaginato di sapere tutto di te. Di riconoscere ogni smorfia, ogni tua emozione, di poterti leggere come un libro aperto. Invece... non ne sono affatto in grado, non sono capace di capire una cosa stupida come questa. » si voltò verso di lui, sorridendogli « Ma mi rincuora il fatto che nemmeno tu riesci a capirmi così bene. A-kun, ti amo. Ma a differenza tua sono riuscito a nasconderlo meglio. »

Rise ancora, questa volta della faccia stupita di Akito, di quell'espressione buffa che, ogni volta che la vedeva, riusciva a metterlo di buon'umore.
Akito gli diede uno schiaffo dietro la testa, imbronciato.

« Avresti dovuto parlarmene! » lo rimproverò il più piccolo « Io mi sono scervellato per giorni e sono stato male. Tutto questo perché tu non mi parli. »

« Mi dispiace. » replicò ridendo Junta « Ma adesso che ho scoperto un nuovo lato di te... ti dirò tutto quanto A-kun. Tutto. »

Akito si sedette, incrociando le braccia, cercando di fingersi arrabbiato, ma senza successo. Junta gli si avvicinò, senza dire altro.

A volte, il silenzio di Akito lo confortava più di mille parole. Adesso che si erano chiariti, sapeva che niente e nessuno li avrebbe potuti separare.

Fine.

pairing: nakama x kiriyama, challenge: cow-t2, fandom: b.a.d., challenge: diecielode {misc prism}

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