Fandom: Kamen rider Decade
Pairing: Kadoya Tsukasa x Kaitou Daiki
Rating: G
Avvertenze: Slash,Baby!Fic
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: //
Note: Scritta per la
500themes-ita con il prompt “207. Nelle mani di un bambino;
WordCount: 849
fiumidiparole Daiki si guardava intorno con aria entusiasta. Era il momento, subito dopo al sonnellino dopo il pranzo, che preferiva di più quando andava all’asilo. Il momento in cui decidevano a cosa giocare, tutti insieme.
In quel momento il suo gruppo non stava proponendo nulla e quindi alzò la mano, attirando su di sé tutta l’attenzione.
« Facciamo una caccia al tesoro! » esclamò a voce alta « Non è bello cercare i tesori nel giardino della scuola? »
I bambini continuarono a rimanere in silenzio, fino a che un ragazzino accanto a Daiki non propose il nascondino e tutti lo seguirono chiacchierando a voce alta.
Daiki rimase da solo al centro dell’aula, fissando il pavimento con aria sconsolata. Lui odiava il nascondino! Gli piaceva cercare, trovare, non nascondersi!
Sbuffò, decidendo di uscire nel giardino per sedersi su un’altalena, giù di morale. Finiva sempre così.
Ogni volta che tentava di proporre qualcosa, finiva sempre che nessuno lo ascoltava. Eppure non capiva perché.
Non erano belle le cacce al tesoro? Non era bello giocare ai cacciatori spaziali con le armi giocattolo? Non era bello fingere di essere dei supereroi che viaggiano nei mondi per cercare le cose più preziose?
A volte si sentiva… isolato, o almeno è così che aveva sentito dire dalla maestra alla sua mamma, anche se non sapeva esattamente che cosa voleva dirgli.
Si stava dondolando lentamente quando davanti a lui apparve Tsukasa, un cappello e una bandana da pirata in testa con nella mano una pistola spaziale.
Daiki sorrise debolmente. Tsukasa era l’unico bambino con cui andava d’accordo.
E forse gli piaceva anche un po’. Per lo meno, gli piaceva guardarlo mentre dormiva, mentre mangiava, mentre mangiava e anche mentre tentava di vestirsi e osservarlo gli faceva arrossire le guance.
« Che ci fai vestito così? » domandò tornando a dondolarsi.
« La maestra mi ha detto che le cacce al tesoro stimolano la creativitudine e quindi ne ha fatta una per noi! » gli mostrò una mappa con una grande X in un angolo « Ha detto che ci sono anche degli indovinelli difficilissimi che solo Dai-chan può risolvere e che non posso partire per la mia missione senza di te. »
Daiki lo fissò, dapprima perplesso, poi a bocca aperta e infine gli gettò le braccia al collo, abbracciandolo.
« Hai bisogno di me per trovare i tesori! Tsukasa, io sono bravissimo a cercare i tesori e a risolvere indovinelli! »
« Lo so! » dallo zaino con la merenda tirò fuori un'altra benda per l’occhio con un teschio e un’altra pistola, facendolo urlare di gioia.
Tsukasa rimase sempre alle spalle di Daiki mentre andavano in giro senza fermarsi un attimo per il giardino. L’amico indovinava sempre gli indovinelli della maestra, fatti appositamente sui suoi anime preferito e si voltava sempre felice verso di lui quando li risolveva.
« Dai-chan, ci fermiamo per fare merenda? Mi sta venendo fame! » si lamentò dopo quelle che sembravano essere state ore.
« Sì! Ci appostiamo sotto quell’albero? Il tesoro dovrebbe essere da queste parti, così lo sorvegliamo meglio! »
Tsukasa annuì e finalmente si sedettero, vicini vicini, all’ombra dell’albero dell’asilo, appoggiando la schiena al tronco. Daiki prese un panino, stringendolo nelle sue piccole mani di bambino e all’improvviso Tsukasa si ritrovò il ragazzino praticamente steso su di lui.
Il più grande arrossì. Gli piaceva Daiki e una volta aveva detto alla sua mamma che da grande lo avrebbe sposato perché solo le persone che si amano possono farlo. Lei aveva ridacchiato, accarezzandogli la testa e qualcosa gli diceva che non era stato preso sul serio.
Tsukasa aveva visto un sacco di anime shojo quando era malato e dall’alto dei suoi cinque anni sapeva bene quello che doveva fare. Lo strinse a sé, dandogli un velocissimo bacio sulla guancia.
Daiki aprì gli occhi, guardandolo stupito, diventando tutto rosso e ridacchiando come un idiota, senza guardarlo in faccia.
« Dobbiamo tornare a cercare il tesoro. » esclamò imbarazzato, scattando in piedi e stringendo la mappa fra le mani.
Tsukasa sorrise, seguendolo, fino a che finalmente , in mezzo ad un gruppo di cespugli, non trovarono un baule.
Daiki si gettò vicino al baule, aprendolo immediatamente e trattenne il fiato, osservando tutte le caramelle colorate, le sue preferite, e in cima un anello con un mini baule sopra, di quelli trovati nelle patatine.
Il più piccolo si voltò verso Tsukasa, che aveva distolto lo sguardo, imbarazzato. Si torse le mani, mordendosi le labbra e prendendo un profondo respiro.
« Dai-chan è carino quando cerca i tesori. » borbottò « Da grande voglio seguirti in tutto il mondo mentre fai il ricercatore di tesori. Posso? »
A Daiki gli sembrò di stare in un altro mondo e annuì, lentamente. Tsukasa lo afferrò per le braccia, tirandolo in piedi e mettendogli l’anello al dito.
« Allora da grandi ci sposeremo, va bene? »
« Sì… » mormorò piano Daiki « Quindi adesso posso dirti che ti voglio bene e darti i bacetti senza preoccuparmi degli altri? »
Tsukasa annuì, sorridendo. Poi si avvicinò a lui, dandogli un bacetto sulle labbra e sorrise ancora di più.
Il ragazzino in fondo non doveva viaggiare per il mondo.
Aveva già il suo tesoro più grande e adesso lo avrebbe avuto per sempre, stringendolo nelle sue mani.
**
Fandom: Kamen Rider OOO
Pairing: Date Akira x Gotou Shintaro
Rating: G
Avvertenze: Slash,Baby!Fic
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: //
Note: Scritta per la
500themes-ita con il prompt “55. Senza volto e senza nome;
WordCount: 1.034
fiumidiparole Gotou giocava con una macchinina della polizia, muovendola lungo il circuito disegnato sul tappeto e immaginando di poter, un giorno, salvare il mondo dai criminali brutti e cattivi.
Nella sua testa tutto era già disegnato. Si vedeva già con la divisa da poliziotto, la pistola in mano mentre urlava “Mani in alto, farabutto!” come vedeva sempre nei film che guardava con la sua mamma.
Sorrise fra sé e sé, ignorando gli altri bambini intorno a lui.
Gli piaceva quell’idea. Gli piaceva l’idea di salvare il mondo, di poter indossare l’uniforme e tutto il resto.
Ad un certo punto, un pianto gli penetrò nelle orecchie. Si voltò di scatto, guardandosi finalmente intorno. Poco lontano da lui e dalle sue macchinine c’era Ryotaro, uno dei bambini nuovi appena arrivati che piangeva.
Davanti a lui, accovacciato sulle ginocchia che tentava di consolarlo, c’era Yuuto, con in faccia un’aria preoccupatissima.
Improvvisamente tutto nella testa di Shintaro si illuminò.
Era la sua occasione!
In fondo, per salvare il mondo prima di tutto bisogna salvare i cittadini, giusto?
E quale modo migliore per farlo che aiutare i propri amici?
Si scapicollò verso di loro, sicuro di poter aiutare Yuuto a far smettere di piangere il fidanzatino.
« Yuuto, Yuuto, che succede? Perché Ryo-chan sta piangendo? E’ successo qualcosa? »
« Sì. » sospirò il più grande « Ryotaro non riesce più a trovare i suoi pastelli. Quindi è scoppiato a piangere. »
Gotou sorrise apertamente, sbarrando gli occhi.
« Davvero? Evviva, finalmente! » esclamò a voce alta, attirandosi addosso un’occhiataccia dell’amico.
« Sei proprio insensibile Gotou-chan! Non vedi che Ryotaro sta piangendo? »
« Oh sì. Scusami. » si riprese il più piccolo « E’ che… volevo dire che… mi dispiace tanto! Posso aiutarvi a ritrovare i pastelli? Sono sicuro che sia un mistero che posso risolvere senza l’aiuto della maestra! »
Yuuto lo guardò perplesso, ma annuì.
« Va bene. » sospirò ancora « Ma ti do al massimo un’ora. Non sono convinto di poter sopportare il pianto di Ryo-chan un secondo di più. »
A quelle parole il ragazzino pianse ancora di più. Yuuto roteò gli occhi e lo ignorò, tornando a tentare di consolare il fidanzato.
Gotou annuì e scappò via.
Per prima cosa, doveva andare a cercare Date-san, uno dei ragazzi dell’ultimo anno, che pochi mesi dopo sarebbe andato alle scuole elementari e che gli leggeva sempre le storie dei detective durante la pausa per il pranzo.
Lo vide nel giardino, addormentato contro un albero.
Mentre si avvicinava però, sentiva il coraggio svanire passo dopo passo. Date-san gli piaceva e anche tanto.
Lo trovava simpatico e alto e divertente e molto alto e… e… anche molto carino. Gli piaceva quando gli date i buffetti sulla testa o quando gli portava i lecca-lecca la mattina o quando stavano vicino e lo ascoltava mentre leggeva per lui.
Poi all’improvviso il pianto di Ryotaro si fece più vicino e allora raccolse tutto il coraggio e si avvicinò a Date-san.
Non poteva assolutamente permettere che Ryo-chan continuasse a soffrire in quella maniera!
Si inginocchiò vicino al ragazzo, scuotendolo leggermente e solo allora il più grande si svegliò. Sbadigliò, si stropicciò gli occhi e poi sorrise nel vedere Gotou.
« Gotou-chan. » sbadigliò ancora « Dimmi, che problema hai? »
« Ho un mistero da risolvere! » esclamò emozionato « Mi vuoi aiutare? Ho bisogno di qualcuno che sappia scrivere per appuntare i miei ragionamenti logicatici. »
L’altro lo fissò in silenzio per un paio di secondi, poi annuì.
« Vorrai dire “ragionamenti logici”, forse. » rise.
Gotou arrossì furiosamente, ma annuì in silenzio. Non aveva proprio voglia di fare una figuraccia di fronte a lui!
« Sì. Quelli. » borbottò distogliendo lo sguardo.
Date smise di ridere, fissandolo con dolcezza.
« Va bene Gotou keiji. » esclamò il più grande con tono solenne « Ti aiuterò nel tuo caso, ma dopo mi devi promettere che fai una cosa per me. »
« Eh? E cosa posso fare io per Date-san? »
« Ah! Lo scoprirai alla fine del caso, sennò che divertimento c’è? »
« Mh. Mi pare un buon ragionamento… » si sforzò di ricordare la parola corretta «…logico! »
Date sorrise ancora.
« Su andiamo! Suppongo che il problema sia Ryotaro che piange e Yuuto disperato accanto a lui, vero? »
« Beh, sì. Dobbiamo trovare i pastelli scomparsi di Ryo-chan. »
Si misero subito al lavoro.
Gotou seguì passo passo tutti i processi che aveva visto nei telefilm, raccogliendo prove, interrogando i testimoni, andando a cercare ovunque i pastelli e dettando a Date quello che notava, facendogli appuntare ogni parola che dicevano i bambini.
Alla fine vide Yuuto che, spazientito, gli indicava l’orologio e sconsolato si sedette a terra. Non c’era nessun indizio su dove potessero essere finiti quegli stupidi pastelli colorati.
« Dai, non ti abbattere. C’è sicuramente qualcosa che ti sei dimenticato o che non hai notato Gotou-chan. »
« Ma ho visto dappertutto e ho chiesto a tutti i bambini con cui è stato Ryotaro questa mattina! Non so proprio più a chi chiedere o cosa pensare! »
Era assurdo. Sembrava che il criminale che aveva rubato i pastelli di Ryo-chan fosse un’ombra, senza volto e senza nome. Ne aveva quasi paura, ma doveva farsi coraggio. Mancava poco, se lo sentiva.
Date si fece pensieroso e poi si fece più vicino a lui.
« Hai chiesto proprio a tutti tutti tutti? »
Il bambino si imbronciò, meditando sulla domanda di Date.
Effettivamente, mancava una persona all’appello.
« Scusa Date-san. Torno subito. » e scappò via.
Yuuto era esasperato. Non ce la faceva più.
Si stava avviando dalla maestra, quasi in lacrime, quando vide Gotou correre verso di lui.
« Li ho trovati! » urlò per fermarlo « Li ho trovati, Yuu-chan! »
Ryotaro smise improvvisamente di piangere, alzando la testa dalle ginocchia per guardarlo, speranzoso e ammirato.
« Davvero? » esclamò Yuuto, quasi strappandoglieli dalla mano « Oh Kami, grazie. Grazie. » continuò verso il soffitto « Giuro che mentre torno a casa, chiedo alla mamma di andare al tempio per fare una preghiera! »
Ryotaro lo fissò, un po’ imbronciato, ma si strinse addosso i pastelli che gli passò il fidanzato.
« Dove stavano? » chiese, con la voce ancora rotta dal pianto.
« Erano nel tuo zaino Ryo-chan. La maestra mi ha detto che te li ha messi lei quando sei andato a dormire dopo pranzo perché aveva paura che tu li perdessi. »
« Oh. » lo fissò ad occhi sgranati « Grazie Gotou-chan! Da grande sarai un ottimo detective! »
Gotou si alzò sulle punte dei piedi, gonfiando il petto.
« Grazie Ryo-chan! Per qualunque altro problema, sai che sono sempre a disposizione dei più deboli! » e se ne andò.
Era quasi l’ora di andare via e trovò Date che sistemava il suo zaino. Era riuscito nel suo intento e doveva ancora scoprire che cosa il più grande volesse da lui.
« Date-san? » chiamò a voce bassa.
« Oh, Gotou-chan! Hai trovato i pastelli? »
« Sì. E… cos’è che mi volevi chiedere? » domandò in un fiato, senza guardarlo.
Date si avvicinò a lui, poi all’improvviso gli diede un bacio sulla guancia. Gotou arrossì furiosamente, portandosi le mani al volto.
« Sai, a me Gotou-chan piace tantissimo! Volevo sapere se… vuoi essere il mio fidanzato? Anche se fra poco andrò all’elementari, potremo sempre vederci dopo la scuola, no? »
« Io… e Date-san… fidanzati? » pigolò con un filo di voce « Sì. Sì, certo che lo voglio. E… emh… a me piace tantissimo Date-san! »
« Bene! » il più grande sorrise, stringendo la mano nella sua « Che ne dici se chiediamo alla tua mamma se possiamo andare a prendere un gelato insieme? »
« Certo che sì. »
Quella sì che era proprio una bella giornata, meditò Gotou mentre, sempre mano nella mano con Date, si avviava verso l’uscita.
Non solo era riuscito a risolvere un caso difficilissimo, ma si era anche fidanzato con Date-san, cosa che aveva sempre sperato fin da quando aveva iniziato a leggere le storie per lui.
Sì.
Sperava che da grande, tutto quello fosse rimasto così.
Era veramente, veramente felice.
**
Fandom: Kamen Rider OOO
Pairing: Hino Eiji x Ankh
Rating: G
Avvertenze: Slash,Baby!Fic
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: //
Note: Scritta per la
500themes-ita con il prompt “304. Bambino dagli occhi di fata;
WordCount: 834
fiumidiparole Era un bambino fatato. Ne era sicuro.
Ankh, il nuovo bambino arrivato nell’asilo quella mattina, aveva gli occhi delle fate. Nel suo libro delle creature magiche di Harry Potter, erano descritti proprio in quella maniera. Sottili, allungati, che guardavano tutti dall’alto verso il basso.
E Ankh aveva in tutto e per tutto, non solo l’aria di chi pensa di essere superiore a tutti quanti, ma anche l’aria di uno che non aveva assolutamente voglia di stare là.
Per quello che aveva capito Ankh si era appena trasferito nel loro paese per via del lavoro dei genitori, per cui non aveva amici e la maestra si era raccomandata di non farlo sentire solo. Eiji piegò la testa da un lato, continuando ad osservarlo mentre pitturava senza voglia su un foglio di carta.
Aveva già fatto piangere due bambine e minacciato un altro bambino di picchiarlo se non lo avesse lasciato in pace e immediatamente si era ritrovato il nulla cosmico intorno.
Eiji avrebbe dovuto finire il disegno per la festa della mamma, ma non ne aveva voglia perché nonostante tutto non riusciva a non guardarlo. Avrebbe voluto avvicinarsi a lui e dirgli che non era necessario far piangere qualcuno. Bastava dire che non si voleva gente intorno.
Ma era anche preoccupato della sua reazione.
Quindi lasciò perdere.
Durante tutta la settimana a venire, Eiji continuò a fissarlo.
Ankh aveva ancora la sua aria annoiata di chi non voleva assolutamente stare insieme a qualcun altro ed Eiji lo avrebbe anche accontentato se solo quel pomeriggio non si fosse svegliato prima dal riposino.
Stava andando verso le altalene per giocare un po’ da solo, quando aveva visto Ankh giocare da solo vicino alla sabbia. Gli sembrava incredibilmente solo, quindi, sfidando ogni buona logica da bambino dell’asilo, decise di avvicinarsi a lui.
« Ciao Ankh! »
Lui sussultò, voltandosi verso di lui sorpreso, prima di tornare ad avere di nuovo quell’aria di sufficienza che, Eiji ne era sicuro, non stava poi così bene sul viso di Ankh.
« Mh. Cosa vuoi? » borbottò sgarbato.
Eiji scosse le spalle.
« Volevo giocare con la sabbia. Posso? »
« Ci vedi per caso scritto il mio nome sopra, idiota? » lo riprese l’altro arraffando tutte le mostrine con cui stava giocando, dandogli le spalle e tornando a giocare da solo.
Eiji s’imbronciò, prendendo le formine rimaste e iniziando a riempirle di sabbia, quando all’improvviso gli balenò nel cervello un’idea abbastanza stupida.
Si lasciò ricadere sulla sabbia con un sonoro e melodrammatico sospiro, abbastanza alto da attirare l’attenzione di Ankh.
« Ah. E ora come faccio? Vorrei proprio sapere perché questa conchiglia non mi viene bene. » sospirò di nuovo « Chissà se c’è qualcuno che può insegnarmi a farlo? Qualcuno di veramente intelligente e furbo! »
Eiji attese qualche secondo, nascondendo un sorriso quando vide Ankh voltarsi verso di lui, lievemente incuriosito.
« Queste conchiglie proprio non mi vengono! » continuò a lamentarsi Eiji mordendosi un labbro.
« Se la smetti di lamentarsi posso insegnarti io a farle. A me riescono tutte le formine. » si vantò Ankh, scrutandolo dall’alto.
« Davvero faresti questo Ankh? »
« Mh. Sì. Ma forse sei tu che sei troppo stupido per giocare con la sabbia. »
Eiji scosse ancora le spalle.
« Forse. Mi insegni allora? »
Con il passare dei giorni, giocare con Ankh era diventato sempre più spontaneo. Certo, lui non lo cercava mai perché probabilmente si vergognava troppo, ma Eiji non aveva nessun problema ad andare da lui ogni volta che voleva.
Passavano insieme ogni momento della giornata, da che arrivavano a scuola a che dovevano andarsene ed Eiji era sicuro, sempre di più, che non avrebbe mai voluto che la fine della scuola arrivasse.
Anche quando lo aveva convinto ad andare a casa per un pigiama party a guardare i Kamen Rider avrebbe voluto che se ne andasse.
« Ankh-chan, Ankh-chan. » sbadigliò Eiji una sera che era a casa sua a dormire.
« Cosa vuoi, piattola? » borbottò il più piccolo, avvolto nelle coperte, in procinto di dormire.
« Ma se tu diventassi il mio fidanzato, saresti più gentile con me? » domandò piano, mentre stava per addormentarsi e mentre gli stringeva debolmente una mano.
« Mh. Non lo so. Ma dubito che tu voglia diventare il mio fidanzato o me lo avresti chiesto in una maniera molto più decente di questa. »
Eiji aprì leggermente gli occhi, sorridendo e si avvicinò a lui. Anche Ankh li aprì, giusto in tempo per vedere, e sentire, le labbra di Eiji contro le proprie. Si irrigidì completamente, a disagio.
« Ankh-chan, vuoi diventare il mio fidanzato? »
« Cos… Cosa stai dicendo idiota! » esclamò dandogli le spalle, imbarazzato e rosso in viso, continuando però a stringere la mano dell’altro.
« Ankh-chan…. » mormorò Eiji.
« Sì. Va bene, sarò il tuo fidanzato! Ma solo perché nessun altro ti prenderebbe e mi fai pena! »
Eiji sorrise ancora, abbracciandolo.
« Allora da grandi ci sposeremo! » gli diede un altro bacio sulla guancia « Buonanotte, Ankh-chan. » sussurrò di nuovo, chiudendo gli occhi.
« Mh. Buonanotte Eiji. » si lasciò andare contro l’abbraccio del più grande e anche lui, sorridendo di nascosto, si addormentò.
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Fandom: Kamen Rider W
Pairing: Hidari Shotaro x Philip
Rating: G
Avvertenze: Slash,Baby!Fic
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: //
Note: Scritta per la
500themes-ita con il prompt “139. Guardiano;
WordCount: 1.062
fiumidiparole « Io sono il guardino della sapienza e della galassia! » stava urlando Philip in mezzo al giardino, sguainando una spada finta di plastica e sistemandosi meglio il secchiello sulla testa, mentre la coperta era tutta ingarbugliata intorno al suo collo.
Shotaro rimase fermo a fissarlo, stringendo tra le dita una paletta della sabbia, abbandonata poco prima da chissà chi (o peggio ancora, strappata da Philip a qualche bambino mentre nella sua testa chissà qualche visione apocalittica si stava formando e la sola idea che in quell’asilo ci potesse essere un bambino in lacrime gli faceva stringere lo stomaco.)
Philip lo fissò di rimando, attendendo che Shotaro rispondesse alla sua affermazione.
« Sho-chan? » sibilò il più piccolo.
Il ragazzo si riscosse e si guardò intorno. Fortunatamente c’erano solo loro perché i loro genitori lavoravano ed erano sempre gli ultimi ad andarli a prendere. Si domandò anche perché avesse deciso di parlare dei film di fantascienza a Philip.
Ormai erano già un paio d’anni che si conoscevano e avrebbe dovuto sapere quanto il ragazzino poteva entrare in fissa con qualcosa che gli piaceva tanto.
E, per sua sfortuna, l’universo, lo spazio e tutte le galassie lo avevano attirato fin troppo.
Il giorno dopo che gli aveva parlato era arrivato a scuola elencandogli tutte e proprio tutte le galassie e le stelle conosciute. Erano talmente tante che all’ora di pranzo Philip non aveva ancora smesso di descrivergliele.
« Ah sì… emh… Io sono l’oscuro signore del male. » recitò tentando di ricordarsi ciò che gli aveva detto Philip « E sono arrivato sulla Terra per conquistarvi! » strinse verso Philip la paletta.
Si morse un labbro, mentre l’altro sorrideva e annuiva.
« Non te lo permetterò, canaglia! »
« “Marrano”? » ripeté il più grande « E che vuol dire? »
« Significa che sei una persona disonesta. »
Shotaro inorridì lasciando cadere la paletta.
« Philip, non posso essere una canaglia! Io sono il protettore di Fuuto! »
« Ma dai, è per finta! » sbuffò il più piccolo « E’ come se fosse una recita scolastica. »
« Mh. Ne sei proprio sicuro? Perché io… »
« Sì, lo so Sho-chan! Da grande proteggerai tutte le persone che piangono, lo so, lo so. Ma… » si avvicinò a lui, scrutandolo con quegli occhi grandi e neri che a volte lo mettevano in imbarazzo « Ma anche io potrei piangere. Se da grande vuoi proteggere le persone, devi iniziare fin da adesso, no? E tu vuoi che io pianga? »
Shotaro sbiancò ancora di più.
No. Non voleva che Philip piangesse. Né perché doveva proteggerlo e nemmeno perché quando piangeva Philip sapeva essere quasi insopportabile.
Semplicemente, a lui piaceva Philip.
Gli piaceva sempre, anche quando gli elencava le galassie, quando gli parlava di fisica e anche quando iniziava a parlargli di roba che lui non comprendeva.
E anche quando andava in giro a dire che era il guardino della galassia e della sapienza.
Gli piaceva giocare con lui, perché Philip sapeva anche essere un bambino piccolo a volte, e gli piaceva anche quando c’era qualcosa che lui non sapeva e lo fissava ancora con quegli occhi che gli chiedevano di parlargli, ancora e ancora.
Ma gli piaceva anche quando andavano a prendere il gelato insieme e lui gli stringeva la mano per attraversare la strada o quando facevano i puzzle insieme o quando leggeva i libri dei detective kakkoi, come li chiamava Philip.
Insomma.
Philip gli piaceva sempre e di nuovo sentiva quella strana sensazione alla pancia quando pensava al fatto che poteva piangere e che era stato proprio lui a farlo piangere.
« …insomma. » aveva ripreso Philip mentre lui era perso nelle proprie fantasie « …dove si è mai visto di un fidanzato che fa volontariamente piangere l’altro suo fidanzato? Insomma, è fuori da mondo, no? Shotaro, non vuoi essere ricordato come il fidanzato peggiore dell’anno, vero? »
Shotaro rimase imbambolato a fissarlo, senza dire nulla.
In che senso “fidanzato”?
Cioè. Sì. A lui piaceva Philip. Proprio tanto tanto. Gli piaceva come gli diceva sempre la sua mamma, come un innamorato.
Perché lo voleva sempre accanto a sé e gli voleva stringere la mano e dare i bacetti sulle guance per farlo ridere sempre.
E poi voleva fare tutte le scuole con lui e continuare a starci insieme perché Philip era insostituibile.
« …eh? Fidanzato? » balbettò arrossendo.
« Sì certo! Sho-chan, ma su quale mondo vivi? » sbuffò spazientito il più piccolo « Non ti ricordi di quando mi hai comprato il gelato e mi hai preso la mano e mi hai spinto sulle altalene al parco? »
« Sì, praticamente sempre. » osservò sovrappensiero Shotaro.
« Appunto! Ma io parlo della prima prima volta! Non una qualunque! »
« Umh. Sì, certo che lo ricordo. »
« Ecco! E quelle ti sembrano cose che si fanno fra amici o fra fidanzati? » non aspettò nemmeno la risposta che riprese a parlare « Fra fidanzati, mi sembra ovvio no? Perché, tu eri ancora della fase degli amici, della dichiarazione romantica e tutto il resto? »
Shotaro arrossì furiosamente, balbettando qualcosa senza senso che però fece sorridere Philip, che si avvicinò a lui ancora di più.
« Sho-chan è proprio carino. » ridacchiò dandogli poi un bacio sulla fronte « Da grande allora ci sposeremo e potremo fare tutte le cose che fanno i fidanzati grandi, come dormire sotto le stesse coperte e darsi i baci con la lingua. »
« Eh? Bleah! Cosa sono i baci con la lingua? »
« Non lo so, l’ho letto in un libro della mia mamma, un romanzo rosa. E non so nemmeno perché si chiamano “romanzi rosa”, il colore della carta è sempre la stessa degli altri libri! A proposito, Sho-chan, tu lo sai quando è stata inventata la carta? » riprese fiato solo un secondo « Si dice che… »
Shotaro disconnesse di nuovo il cervello, pensando ancora a quella storia dei fidanzati. Sorrise, fra sé e sé, arrossendo leggermente.
Diede un bacio sulla bocca di Philip, interrompendo tutto il suo sproloquio su cinesi, egiziani, bambù e riso, trovando il suo volto arrossato la cosa più bella che ci fosse.
« E’ ovvio che siamo fidanzati. Tu mi piaci! »
« Ah. A volte sei veramente tonto Sho-chan! Io lo avevo capito subito che ti piacevo. » afferrò la paletta da terra « Su, andiamo! Il buono deve ancora sconfiggere il cattivo, no? »
Shotaro annuì.
Se era solo una recita poteva farcela.
E adesso che aveva scoperto di essere il fidanzato di Philip, tutto gli sembra molto, ma molto più bello.