Titolo: Impossibile cancellare ciò che ci appartiene
Fandom: Ninkyo Helper
Pairing: Izumi Reiji x Takayama Mikiya
Rating: G
Avvertenze: Slash
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: Quella era una guerra contro sé stesso. Né contro la società, né contro la famiglia, né contro il boss.
Note: Scritta per la
think_angst con il prompt “There’s just too much that time cannot erease”, per la
500themes_ita con il prompt “22. Cosa c’è dietro l’infinito” e per il COW-T3 di
maridichallenge con il prompt “Guerra”
WordCount: 334
fiumidiparole **
Quella era una guerra contro sé stesso. Né contro la società, né contro la famiglia, né contro il boss.
Solo ed esclusivamente contro sé stesso. Aveva provato in tutti i modi possibili di andare avanti, di sentirsi adeguato alla vita che stava vivendo, ma senza alcun successo.
Aveva provato ad andare da uno psicologo, da altri dottori, si era perfino dato alle medicine per cercare di trovare una soluzione a quell’ostacolo.
E non c’erano soluzioni. Non c’erano strategie, non c’erano tattiche in quella guerra contro una parte di sé.
Ci sono cose che il tempo non può cancellare e lui lo aveva capito troppo tardi, solo dopo aver già impresso a fuoco nel tempo stesso gli attimi più belli e importanti della sua vita.
E in quel momento non aveva nulla fra le mani, tutta la vita gli sfuggiva dalle dita, come se si trovasse chiuso in una enorme bolla di plastica, che lo rendeva inascoltabile dalle persone all’esterno.
Sembrava che nulla e nessuno potesse comprendere il suo dolore e forse era proprio così.
Si alzò faticosamente da terra, osservando quella lapide che gli aveva portato via troppo e troppo all’improvviso. Si chiese che cosa stesse vedendo, se si trovava davvero in un posto migliore, che cosa potesse esserci dietro quell’infinito che sembrava separarlo dall’uomo che amava.
Si chiese se davvero potesse soffrire così tanto, se mai un giorno il suo cuore avrebbe smesso di sanguinare e scoprì con dolorosa paura di non riuscire a trovare o a vedere la risposta.
Forse avrebbe continuato a sentire per tutto il resto della sua vita la sua mancanza, quel peso che gli gravava sul petto e non riuscì a fare altro che a piangere, per la prima volta che da quando gli avevano annunciato della morte di Mikiya.
Si lasciò di nuovo cadere sulle ginocchia, aggrappandosi a quella lapide come se fosse l’unica cosa al mondo di cui poteva importargli. E forse era così.
Quella in fondo era l’unica cosa di Mikiya che gli era rimasta, insieme a quei ricordi così dolorosi impossibile da cancellare.