Titolo: The Clown Boy
Fandom: Placebo/Muse
Stato: Conclusa 3/10
Capitoli precedenti:
1 2Raiting: NC-17
Genere: AU, introspettivo, Drammatico
Riassunto: Come la vita di un clown che drammaticamente sospesa tra lo scherno e la malinconia regala divertimento agli altri, così la mia regala sogni a chi se li può permettere.
Disclaimer: Non sono miei, che si appartengono a meno che non abbiano venduto l'anima al diavolo...e per Brian non ci metterei la mano sul fuoco, è un dato di fatto. Non fanno queste cose...e non le hanno fatte...spero XD, come al solito non mi pagano ç.ç +sta diventando povera+.
Note: Questa storia mi ha rapita alla prima riga e non mi abbandonerà fino a che non avrò scritto l'ultima, è una favola triste che alberga nel mio cuore e nel mio sangue, è una favola cattiva che distrugge i sogni di chi la vive.
Canone Inverso
Non esistono persone cattive al mondo, esistono solo persone che fanno delle scelte, persone che hanno il coraggio di scegliere del loro destino e la volontà per realizzarlo.
Io ho scelto la mia strada, ho scelto di essere il clown di questa città, ho scelto di divertire la gente con le mie disgrazie, ho scelto di ridere perchè le amano tanto da essere disposti a pagare.
Molti diranno che la mia non è una scelta ma una condizione dettata dagli avvenimenti, ebbene non è così.
Io ho deciso di coprirmi di un costume di stracci, io ho scritto il copione che recito, io ho deciso di esserne il protagonista.
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Appoggiato al petto di Micah si sta bene.
Fu quello che pensai la prima volta che la mia schiena toccò la pelle del suo torace, pensai che fosse ampio per appartenere a un ragazzo della mia età, che fosse liscio e morbido, che fosse solido, pensai che fosse un buon posto dove stare.
Era la prima volta che mi fermavo a parlare, (parlare davvero) con qualcuno dopo averci scopato
"è da molto che fai questo lavoro?"
"e tu?"
"io cosa?"
"Ti ho visto in giro, contrattavi con un tizio vicino al Guity"
"mh"
"Perchè stasera hai deciso di pagare un *collega* invece di farti pagare per lo stesso servizio?"
"Perchè sei carino"
"Cazzate"
"Non credi di essere carino?"
"Credo di essere fottutamente bello, ma non era a questo che mi riferivo"
"E a cosa allora?"
"Uno del tuo livello non paga uno come me per una scopata"
"Uno del mio livello? E a che livello sarei?"
"Stando a quello che si dice in giro sei l'unico che si può permettere di dire "no" abbastanza volte e continuare a mangiare coi propri denti"
"Questo è vero"
"E allora dimmi, perchè hai deciso di pagare me?"
"Perchè sei carino" continuava a fissarmi con quel suo sorriso ingenuo, vedere una puttana ancora capace di sorridere a quel modo era spiazzante. Io non ne ero stato in grado neanche quando vivevo con la mia famiglia
"bah, poco importa, mi paghi, tanto mi basta"
"sì, sei davvero carino"
Mi voltai verso di lui stanco di sentirlo parlare di cose senza senso, decisi che la mia bocca sul suo uccello l'avrebbe zittito quel tanto che bastava per rendermelo sopportabile.
"Perchè sei sempre triste"
Mi sbagliavo.
"Io non sono triste" Parlare con una persona da quella posizione era fottutamente scomodo, mi faceva male il collo o forse era solo che non mi andava di fissarlo, volevo solo che smettesse di dare aria alla bocca e mi lasciasse fare il mio lavoro.
"A guardarti in faccia non si direbbe"
Mi sollevai stanco delle continue interruzioni e irritato perchè il mio lavoretto di bocca non sortiva l'effetto desiderato
"Guardami bene in faccia Micah, sono una puttana, ho 18 anni e vivo in uno dei peggiori quartieri di questa merda di città. Credi davvero che la gente che viene da me si aspetta di vedermi felice di tutto questo? Di vedere quanto mi soddisfi sapere che sono disposti a pagare per potermi fottere? La gente che viene qui vuol vedere volti tristi, ragazzi provati dalla vita, vuole vedere qualcuno che lotta per uscirne ma non è in grado, vogliono che quando mi pagano io sia grato come lo è il mendicante del pezzo di pane che gli danno i preti! Vogliono qualcuno che gli faccia tacere la coscienza e gli dia un pretesto per poter fare i loro comodi senza sentirsi sporchi. Non sarò certo io a rovinare il bel teatrino che si sono costruiti con tanta fatica"
"Proprio come i Clown"
"Come scusa?"
"Proprio come i Clown, dai agli altri quello che vogliono mascherando la tua vita con quella che desiderano che sia, lasci che le tue espressioni si adattino allo spettacolo tingendoti le labbra con un sorriso non tuo, o nel tuo caso con una tristezza che non ti appartiene"
"Stai delirando Micah e io sono stufo delle parole per stanotte"
Sperai che fosse la volta buona, sperai che tornassimo ad occuparci dei nostri corpi lasciando le nostre anime a cavarsela da sole
"Ho deciso, da oggi ti chiamero Clown Boy"
******
L'avevo visto spesso.
Era impossibile non notare Micah, impossibile non fissarsi sull'ancheggiare dei suoi fianchi, su quei capelli neri come la notte, lucidi degli stessi riflessi di colei che la notte la fa brillare rendendola meno spaventosa.
E se anche non l'avevi mai visto, c'erano le voci che lo precedevano, sempre. Perchè nel quartiere tutti sanno chi sei, tutti sanno cosa fai e quello che lasci ti facciano. Ma se sei Micah, la gente si rende conto di ogni tuo singolo movimento, involontariamente lo registrano nel loro cervello, assorbono il tuo profumo come se fosse aria, sputano il loro veleno sul tuo corpo cercando di renderlo meno bello, meno desiderabile, meno necessario. Perchè la bellezza si sa, porta tanta ammirazione quanto odio, e Micah aveva conosciuto entrambi i sentimenti in ampie dosi.
Poi c'erano quelli che di Micah dicevano di non poter fare a meno, dicevano che sarebbero morti per Micah, che sarebbero vissuti per Micah.
Per lui non faceva nessuna differenza, non gli interessava essere la vita o la morte per qualcuno, faceva quello che faceva e gli bastava, neppure io allora ero differente per lui, ma a me non importava fare la differenza per qualcuno, non me ne importa neanche ora, io lasciavo che mi cercasse, che pagasse per il mio corpo e non mi facevo domande, così come non me ne ero mai fatto per gli altri, se andava bene a lui, per me era perfetto.
******
"Non hai mai risposto alla mia domanda" Lo osservai spostarsi di lato, la sua mano, ormai troppo abituata al gesto per prestarvi una vera attenzione, si muoveva distratta sulla mia erezione, i suoi occhi scorrevano i lineamenti del mio corpo con più concentrazione di quanto fossi disposto a sopportare, ma pagava e lamentarmi non rientrava nei miei doveri.
"Ma tu devi sempre parlare quando scopi?"
"No, non sempre, perlopiù accade con te"
"Come sono fortunato..." odiavo questo lato di lui, ma lo lasciavo fare, non che fossi un tipo chiaccherone (a meno che non si trattasse di sputare insulti su qualcuno che mi aveva fatto incazzare), ma qui al quartiere i momenti per parlare sono pochi, e ti ritrovi a chiederti se la voce ti uscirà bene quando fingerai l'ennesimo orgasmo. Quindi sì, facevo del sarcasmo ma continuavo sempre la conversazione.
"Rispondi alla mia domanda Clown Boy" Ancora quel soprannome, la prima volta che scopammo e mi disse che avrebbe preso a chiamarmi in questo modo, pensai scherzasse, chiaramente non era così, e quel che è peggio ormai anche gli altri lo usano.
"A quale delle tante domande cui non ho risposto, ne mai lo farò, ti riferisci Micah?"
"Da quanto tempo fai questo lavoro?"
"Ancora con questa storia? è così importante per te sapere da quanto tempo mi pagano per scoparmi?"
"Lo è"
"Non ne capisco il motivo"
"E' necessario averne uno valido per fare delle domande? Potrebbe essere semplice curiosità o questione di vita o di morte, spetterebbe comunque a te decidere se rispondervi o meno"
"Ti odio quando inizi con questi giri di parole"
"Me lo dicono in molti" non riuscivo a credere che mi stesse fissando con quel suo sorriso ingenuo, non mentre mi masturbava nudo nel suo letto, non mentre avevo appena finito uno dei lavori di bocca migliori degli ultimi tempi, non c'era assolutamente nulla di *ingenuo* in quello che facevamo, eppure lui sorrideva ed io rabbrividivo.
"3 anni fa, me ne sono andato da casa e ho cominciato a fare marchette"
"Perchè te ne sei andato?"
"Mi annoiavo"
"Parlo seriamente"
"E io ho voglia di scopare Micah, che sarebbe anche quello per cui mi hai pagato"
"Io ho pagato il tuo tempo e il tuo corpo, l'utilizzo che ne farò sta a me deciderlo"
"Stronzate"
"Sì, e sarà meglio che le impari in fretta prima di ritrovarti con qualcuno che le pensa sul serio e non ha paura di metterle in atto"
"Scopami Micah" mi sollevai cavalcioni esponendo il mio culo al suo corpo, il solo appoggio dei gomiti e delle ginocchia a sostenermi, un morbido cuscino per il mio viso, per i miei denti, che lo sapevo, avrebbero cercato qualcosa da mordere tra non molto.
"Voglio sapere cosa c'è dietro al trucco" avvertii il languore della sua lingua percorrermi la spina dorsale accompagnata da un vento bollente quanto la mia pelle, la durezza e la ferocia dei suoi denti lambirmi la carne arrossandola, creando quello splendido contrasto che dà sempre il bianco sporco del colore del sangue, la pelle macchiata dei marchi degli amanti.
"Non sono parole quelle che voglio io" spinsi il bacino ancora più su sfiorandolo contro il suo sesso, volevo che mi scopasse, le domande poteva lasciarle a dopo, ora non mi andava di pensare alla mia vita perfetta, alla vita che avevo coscientemente lasciato.
"Un giorno mi risponderai Brian"
"Un giorno smetterai di farmi domande Micah"
Morsi il cuscino come avevo predetto.
Amavo quel dolore, amavo fare sesso con gli uomini soprattutto perchè riuscivano a procurarmelo, ho sempre pensato che i rapporti fossero questo, dolore e piacere mischiati, chi godeva nel provocare dolore e chi traeva godimento dal riceverlo. Io amavo entrambe le cose, amavo i graffi e i morsi, amavo le carezze appena soffiate e i baci a fior di pelle.
Amavo il sesso, lo amavo perchè i corpi non mentono, le anime sì, e quando a un'anima si parla d'amore la prima alla quale mente è se stessa.
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Per quanto mi riguardava a quel tempo lasciavo che la mia vita scorresse, lasciavo che andasse avanti e indietro come un altalena sospinta dal vento, come una musica che risuona nell'aria ripetendosi all'infinito.
Mi limitavo a fare il mio lavoro, a coprire il mio corpo degli stracci che meglio gli si addicevano, a dipingermi la faccia della tristezza che la gente cercava quando veniva a trovarmi.
Era solo con Micah a quel tempo, solo con lui che non avevo bisogno di fingere stati d'animo non miei, mi limitavo a circondarmi del mio solito cinismo rispondendo alle sue domande che veloci cadevano sulla mia anima con risposte lente e date mal volentieri.
Se dovessi definire il nostro rapporto, lo direi un canone inverso, perchè come quella musica suonata in due, il primo in avanti e l'altro a ritroso giocavamo a scoprirci, Micah rincorrendomi e io sfuggendogli cambiando il mio ritmo, aqquattandomi tra i miei pensieri, nascosto dal calare del suono fissavo la sua melodia scorrere veloce senza riuscire a catturarmi.