Titolo: The Clown Boy
Fandom: Placebo/Muse
Stato: Conclusa 2/10
Capitoli precedenti:
1Raiting: NC-17
Genere: AU, introspettivo, Drammatico
Riassunto: Come la vita di un clown che drammaticamente sospesa tra lo scherno e la malinconia regala divertimento agli altri, così la mia regala sogni a chi se li può permettere.
Disclaimer: Non sono miei, che si appartengono a meno che non abbiano venduto l'anima al diavolo...e per Brian non ci metterei la mano sul fuoco, è un dato di fatto. Non fanno queste cose...e non le hanno fatte...spero XD, come al solito non mi pagano ç.ç +sta diventando povera+.
Note: Questa storia mi ha rapita alla prima riga e non mi abbandonerà fino a che non avrò scritto l'ultima, è una favola triste che alberga nel mio cuore e nel mio sangue, è una favola cattiva che distrugge i sogni di chi la vive.
Neverland
18 anni, l'età in cui puoi bere alcool fino a ritrovarti svenuto in casa di un amico e non ricordarti il modo in cui ci sei arrivato, ne il giorno.
18 anni, l'età in cui non puoi più permetterti le solite puttanate a cuor leggero, perchè ora sei nel mondo degli adulti e gli adulti lo sai, hanno un modo di pagare diverso dai bambini.
18 anni, l'età in cui ti è permesso fare degli errori e sbatterci la testa, perchè sei un adulto è vero, ma resterai sempre il bambino di qualcuno, per molto tempo ancora.
Io i miei 18 anni li passavo nel letto di Brian e non c'era altro posto al mondo dove desiderassi stare.
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Come entrambi sapevamo, tornai da lui.
Non ricordo quanti giorni, ore o minuti passarono per arrivare al nostro primo incontro, non lo ricordo perchè mi era impossibile contarli. Non puoi contare le ore e i minuti quando li trascorri a pensare, a ricordare e a fare tuo ogni respiro, tocco, profumo di una sera passata nel paese delle meraviglie, in una sera passata tra le braccia del suo Re.
Mi ricordo che presi in prestito la macchina di mio fratello (e che dovetti lasciare in diposito l'equivalente di un rene) dicendo che sarei andato a una festa, una festa molto lunga.
Percorsi la strada che mi separava da lui più veloce che potevo, con l'ansia che potesse non esserci, con la paura che non mi riconoscesse, con l'eccitazione e l'aspettativa per quello che mi avrebbe atteso se invece l'avesse fatto.
Vorrei poter dire che lo trovai subito, che mi prese per un braccio e mi trascinò nel suo appartamento dove scopammo per ore.
Ma non fu così, la prima persona che incontrai quella sera fu Micah, mi venne incontro bello come un angelo, mi mozzò il fiato con la forza di un demone.
Era solo quella notte, ricordo altre pochissime volte in cui non fosse in compagnia di qualche cliente, pochissime quelle in cui non fosse abbracciato a qualcuno, e nessuna notte in cui non indossasse il suo orecchino, ho provato spesso a chiedere come mai quella fosse l'unica costante in un'abbigliamento così vario e stravagante, ho ricevuto sempre la stessa risposta "Per ricordare".
Micah è come il vento, quando ti investe all'improvviso e ti lascia lì, stordito a chiederti da dove venisse e se tornerà a scombussolarti.
"Ehi ragazzino, ti sei perso nel quartiere sbagliato sai?"
Mi voltai fissando la persona che mi stava di fronte, ci misi un pò per capire se fosse un uomo o una donna.
Non so per quanto tempo restai imbambolato a fissare i suoi capelli che ondeggiavano al vento frustandogli i fianchi scoperti, i suoi occhi che mi scrutavano con aria vagamente divertita, erano ipnotici, uno di quei labiriti dai quali non uscirai mai, per quanto ti sforzi di capirne il meccanismo, ti intrappolano nella loro rete di enigmi e non ti resta che rassegnarti, gettare le armi e lasciarti trascinare dove desiderano.
Ne restai folgorato.
"Non mi sono perso, sto cercando qualcuno"
"Tutti qui cercano qualcuno, come si chiama il tuo?"
"Se lo sapessi avrei già provato a chiedere in giro, ma non ha voluto dirmelo"
"Ohh a quanto pare ho colleghi misteriosi"
"A quanto pare..." cercai di distogliere lo sguardo dal suo viso, cercai di concentrarmi sulla gente che mi scorreva a fianco, cercai di trovarlo in mezzo a quella folla sconosciuta.
A quel tempo non sapevo del legame che li legava, a quel tempo non sapevo niente e credevo di sapere tutto, forse se mi fossi fermato a imparare, le cose sarebbero andate in modo diverso, o forse no, poco importa ormai.
"Vedo che non hai tardato a tornare"
Mi voltai e lasciai il mio sguardo scorrere dal basso, le mie orecchie riempirsi delle note della sua voce, la mia bocca sfamarsi dell'aria nuovamente ritrovata.
Osservai Micah avvicinarglisi, lo osservai chinarsi sulle sue labbra in un bacio casto come non credevo che gente del loro stampo fosse in grado di dare.
Ne fui geloso.
"Buonasera Clown Boy"
"Ciao Micah" un lieve inchino, quel tanto che bastò che farmi scorgere il collo nudo, per farmi rabbrividire al ricordo del candore della sua pelle alla luce della luna, in una notte nera quanto questa.
Non dissi una parola, restai a fissarlo senza muovere un muscolo, solo i capelli mi si scompigliavano in testa per colpa del vento che ci circondava.
"Matthew...un altro giro per Neverland?"
"Non era il paese delle meraviglie?" non distolsi lo sguardo nemmeno una volta, non volevo lasciare il verde dei suoi occhi, speravo che confondendosi con l'azzurro dei miei avrebbero dato vita a un colore solo nostro.
"E un paese dove nessuno invecchia, dove puoi volare e bearti dell'aria che ti circonda non solo come succube ma come creatore stesso delle sue correnti, non è forse un paese meraviglioso?"
Non seppi cosa rispondere.
Lo fece Micah per me.
"Così lo confondi Clown Boy, lascia che il ragazzo si bei della tua corrente, e che crei la propria quando sarà pronto a farlo" ancora un bacio, ancora un lieve inchino, ancora quella fitta di gelosia ingiustificata.
Lo vidi spostare lo sguardo, lo seguii distogliendo il mio da Brian, lasciando che seguisse quello di Micah.
Fissai un ragazzo biondo che doveva avere pochi anni più di me, stava appoggiato a una parete come se fosse la cosa più naturale del mondo trovarsi in quel posto, in quell'esatto punto, lo fissai mentre ammiccava nella sua direzione, accennargli con un gesto del capo di avvicinarsi, dirgli con il solo sguardo che stava aspettando lui. Capii che non era la prima volta che se ne andavano insieme, lo capii dallo sguardo di Brian rivolto al suo collega, lo capii perchè gli appoggiò una mano su un fianco, mano che l'altro scostò squotendo piano la testa, lasciando il suo fianco per accostarsi a quello del biondo.
Tornai a fronteggiarlo.
"Quanto costa per stanotte avere un pò della tua polvere di fata?"
"La polvere di fata è gratis ragazzino, qui si pagano i sogni, quanto è importante il tuo e quanto pagheresti per realizzarlo?"
"Importante lo è quanto per te è creare le tue correnti, per realizzarlo pagherei i miei voli futuri"
"Allora sei solo uno sciocco che non sa distinguere la differenza tra il sogno e l'ossessione"
"Io so cosa sono i sogni, ne ho uno davanti ai miei occhi"
Gli si dipinse sul volto un sorriso amaro, lo ricordo ancora nitidamente, quello era il sorriso che contraddistingueva Brian, un sorriso cinico, il sorriso di chi cerca di dirti che conosce la realtà, la conosce, la odia, la ama e ci si aggrappa con tutto se stesso.
"Perchè quel ragazzo ti ha chiamato Clown Boy?"
"Perchè è così che mi chiamano tutti"
"Volevo sapere il motivo"
"Un Clown non spiega mai i suoi numeri, sta allo spettatore capirli e decidere se riderne e soffrirne, se schernirlo o compatirne il destino"
"Io non voglio fare nessuna delle due cose"
"E cosa vorresti fare durante questo spettacolo?"
"Renderlo indimenticabile, indimenticabile per me, indimenticabile come solo un sogno può essere"
"Allora sei davvero uno sciocco..."
"E tu sei un sogno triste e malinconico, vivo e passionale e io non mi lascerò scappare quello che potrebbe essere il sogno più bello della mia vita"
Adorai il momento in cui si mosse verso di me, l'ancheggiare sinuoso dei suoi fianchi, sensuale seppure coperto da un abito improbabile, gambe bianche dietro un tessuto nero come la notte, petto del medisimo colore dietro a brandelli di stoffa cremisi, labbra chiuse in un ghigno del colore del sangue.
Desiderai quel bacio con ogni cellula del mio corpo, con ogni respiro nell'attesa che mi toccasse, con ogni muscolo contratto da quell'ansia stupida che ti colpisce quando sai che qualcosa che aspetti sta per accadere ma hai paura che te lo portino via all'ultimo minuto.
"Imparerai la differenza Matthew, nel frattempo ti lascerò volare nella mia corrente cospargendoti della mia polvere, finché non sarai in grado di crearne una tua"
A quel tempo io non volevo imparare a tracciare la mia strada, volevo continuare a volare nella sua, volevo che mi cospargesse della sua polvere lasciando che spiccassi il volo pensando a lui.
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Come Peter Pan che per spiccare il suo volo pensava ai suoi sogni io non smisi per un solo attimo di pensare a Brian e continuai a volare accanto a lui, accanto a Micah e a chiunque gli si avvicinasse.
Non lasciai per un solo attimo che la corrente che mi aveva creato nell'anima mi abbandonasse.