TITOLO: Because depravity hasn’t a limit
AUTORE: StoryGirl.
GENERE: LongFiction. Au. Angst. Malinconica. Romantica. Fluff. DeathFic.
RATINGS: R.
DISCLAIMERS: Nessun Johnny mi appartiene, purtroppo.
PAIRING: Shigeaki Kato, Keiichiro Koyama { KoyaShige ; KoyAto } ; Shigeaki Kato, Tegoshi Yuya { TegoShige ; ShigeTego ; ShigeShi }; Ryo Nishikido, Yamashita Tomohisa { RyoPi } .
PROMPT: Scritta per l’anomeme storica: L'età della Pirateria nei Caraibi, l'unica cosa che chiedo è che Kei deve fare il pirata *_____*
RIASSUNTO: Shige è sempre Shige, e questo non cambierà neppure se torniamo indietro di millenni.
Cosa succede, però, se Keiichiro inizia ad arrabbiarsi, se Tegoshi è più pazzo del solito, se Ryo vuole una vendetta, se Yamapi è una tenera scimmiotta… e se Massu non fa altro che comparire qua e là senza un vero scopo?
Bhè… questo è ciò che succede nell’era dei Pirati.
Siete pronte a salire a bordo del corsaro?
NOTE: Non so se questa enorme fanfiction potrà rendere giustizia al tuo prompt, ma spero ti piaccia, e perdonami se ho… come dire, divagato un po’.
THANKS: Alla persona, che adoro, che ha richiesto una fanfiction del genere, che sì, ho amato davvero scrivere.
A Lu, perchè l'ha betata.
PAROLE: Per questo capitolo: 645, con il conteggio di word.
CAPITOLI PRECEDENTI:
Prologue #01 - When pirates become heroes ;
Prologue #02 - I have to kill you Prologue #03 - I hate everything about you
Shige guardò il sole sorgere, come sempre, dall'apertura della piccola finestra che aveva in camera.
Respirò l'aria pulita prima di vestirsi e scendere le scale che lo avrebbero poi portato alla Chiesa del Convento.
Pregò, come faceva ogni giorno, ma non quello che volevano i frati, no... lui pregava per qualcos'altro.
Pregava di poter presto uscire da lì, pregava di potersene andare a realizzare i suoi sogni, pregava di tutto Shige, ma mai ciò che i frati avrebbero voluto, no, quello non lo faceva mai.
Non ne poteva più ed anche se sapeva i sacrifici che facevano i suoi genitori per farlo studiare lì dentro, non poteva che desiderare ardentemente di andarsene al più presto.
Quel posto non faceva per lui, nonostante amasse studiare.
Perché quei frati non credevano a nient'altro che non alle parole che vi erano scritte sui libri, ma a volte a quelle parole non bisognava credere, e questo, Shige, lo sapeva fin troppo bene.
Aveva visto, più e più volte, quegli stessi frati che pregavano per la povertà, per la ricchezza dell'anima, trattare con degli sporchi e volgari pirati solo per dei soldi in più.
Sapeva dei loro loschi traffici, del contrabbando, dell'alcool che scorreva a fiumi nelle loro camere e dei soldi.
Soldi che tenevano per se stessi.
Quegli stessi frati che mendicavano agli angoli delle strade di modo che i fedeli gli offrissero qualcosa.
Quegli stessi frati che nascondevano la loro vera natura sotto finti sorrisi di circostanza.
No, non ne poteva più.
Odiava il loro fetore, l'alito marcio di alcool quando parlavano con lui.
Odiava le loro manacce viscide che si appoggiavano con troppa naturalezza sul suo sedere sodo.
Ecco, un'altra cosa che odiava di quel convento: la libidine.
I frati che avrebbero dovuto rimanere casti e puri fino alla morte erano forse i più lussuriosi di tutto il paese, e sì, lui ne sapeva qualcosa.
Più volte lo avevano toccato con la scusa di avvicinarsi a lui per benedirlo.
Più volte gli avevano accarezzato il sedere mentre lui dormiva.
Più volte li aveva sentiti masturbarsi nelle loro camere.
Più volte li aveva visti trattare con i pirati per delle donne da fottere per qualche ora.
Non che con gli uomini fosse diverso: donne o uomini, non c'erano preferenze.
Quegli stessi frati che condannavano l'omosessualità come peccato, come qualcosa che facevano solo le bestie, erano i primi a metterla in pratica, e senza vergognarsene affatto.
Shige li avrebbe voluti colpire, avrebbe voluto gridare la sua indignità, ma non poteva.
Non poteva perché i suoi genitori credevano in loro e nella sua istruzione.
Non poteva perché sapeva i loro sforzi solo per permettergli di realizzare il suo sogno.
Ma in quella mattina, che si prospettava come tutte le altre, accadde qualcosa di nuovo e terribile.
"Shigeaki Kato... i tuoi genitori, sono morti"
Glielo avevano detto così, tra la portata di minestra e quella di verdura cotta.
Glielo avevano detto come se stessero conversando di qualcosa che accadeva tutti i giorni: come le galline che facevano le uova.
Shige si era sentito morire.
Solo mesi dopo, quando finalmente riuscì ad andarsene dal convento di sua iniziativa, scoprì il vero motivo della loro morte.
Non incidente come gli avevano detto i frati, ma malattia a causa degli stenti a cui erano sottoposti per pagare la retta di loro figlio.
Shige si sentì morire un'altra volta, come se non fosse già morto abbastanza.
E fu lì, per la prima volta, che iniziò ad odiare qualcuno.
I frati, e i pirati, soprattutto i pirati.
Perché erano sporchi e rozzi, e contaminavano qualunque cosa toccavano, come quei frati.
Li odiava, li odiava tutti, e presto avrebbe realizzato il suo sogno.
L'avrebbe costruita: la nave più veloce di qualunque altra che avrebbe preso nel sacco tutti i pirati che si fossero messi contro di lei.
Sì, l'avrebbe costruita.
L'avrebbe fatto per avere la sua vendetta.
Gli avvertimenti posti nelle tag sono quelli relativi solo a questo capitolo.
Il Genere fa invece riferimento alla storia in totale.