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Note: Questa piccola parte, per come poi ho scelto di mandare avanti il tutto e per lo stile che ho impresso nel prossimo capitolo (ve lo consegnerò presto, forse domani), non si prestava molto affianco a nessun capitolo. Per cui, dato che mi sono affezionata a queste parole e all'importanza ai fini del racconto ve lo presento così, come un piccolo e - spero - gustoso antipasto.
Ascoltatevi e
leggetevi il testo della canzone del titolo - The reason dei Hoobastank - perché è, per me e per questa storia, Derek a cantarla.
(
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5B. The reason
« Ci sono altri modi per ricercare un ancora migliore. » bevve un lungo sorso di caffè, il dolce del caramello s’attorcigliò attorno alla lingua, lusinghiero. Vide le spalle del nipote irrigidirsi e non poté esimersi dal stirare le labbra in un ghigno saputo: ben poche cose potevano distrarre i sensi di Derek, in effetti Peter poteva contarli sulle dita di una sola mano.
I libri erano le più evidenti.
« Ne abbiamo già parlato. » accarezzò con il pollice la ruvidezza della pagina, come a cercarne il silenzioso supporto o l’energia stessa con cui l’autore aveva vergato il racconto; lasciò la mente fra quelle parole fin a giungere al punto.
« Il termine più appropriato sarebbe discusso violentemente. » s’appoggiò sullo stipite della porta d’entrata, al fianco della panca lignea su cui l’altro stava seduto. « Non che ci siano altri modi con cui comunichi, sai sarebbe davvero una buona idea l’ampliare le tue strategie comunicative, potresti » e magistralmente, come il superbo attore qual era (si reputava) toccò l’argomento con cui era uscito di casa « imparare da Stiles. »
Derek chiuse il mondo fittizio e gli occhi, un respiro profondo per strapparsi dall’amore per quel mondo e ritornare nell’opprimente realtà ora occupata dalla fastidiosa presenza del parente.
Aveva scollato il suo pigro culo dalla poltrona solo per questo?
« Arriva al punto. » digrignò i denti, masticando gli ultimi resti della sua già minuscola pazienza.
Peter lo guardò, con lo stesso grado di fastidio d’un tenore riempito di fischi dagli spalti. Con Derek la sua dialettica e la propensione alla drammaticità andavano sprecate. Eppure i curiosi e piccoli occhi del suo nipote erano così vivaci e desiderosi d’apprendere da lui nei felici giorni prima della fine della loro famiglia.
« Dovresti dirglielo. Stiles è un ragazzo intelligente e- »
« No. » ringhiò, sfinito dall’insistenza con cui Peter glielo proponeva e scattò in piedi, il libro costudito al suo fianco. « Non deve sapere niente. » gli puntò un dito, il brillare dei denti e delle iridi a monito « niente di tutto questo, capito? »
Il rituale, il pericolo dato dagli Alpha, tutto questo doveva essere unicamente una sua responsabilità, non poteva - e non voleva - che nessun altro ne corresse il rischio. No, si disse indurendo la mascella involontariamente nell’affilare lo sguardo, ad essere precisi - ed onesti con sé stessi - l’unico per cui desiderava la totale estraneità era Stiles.
Il debole, indifeso, umano Stiles.
« Limpido. » Si bagnò le labbra con la bevanda, immergendosi nell’odore forte e deciso, così antitetico a quello emanato in quel momento dal più giovane lupo. « Non ce la farai mai da solo, Derek. »
« È per questo che ci sei tu, no? » gli ringhiò, ricordandogli la misera parte del rituale che dipendeva da lui. Ma Derek, il suo idiota, scorbutico e esageratamente protettivo nipote non riusciva a vedere nulla oltre alla punta del suo stupido naso.
Ovviamente men che meno aveva capito una singola parola del rituale. Era in momenti come questi che rimpiangeva di non aver morso - anche senza il suo consenso - Stiles.
Era troppo tardi per richiedere un cambio di nipote?
« Hai bisogno del tuo branco Derek. » si staccò dalla porta, la tazza ormai tristemente vuota. Fece per valicarla e lasciarlo rimuginare - pratica a cui il nipote ultimamente s’era lasciato andare spesso -, ma in uno sprazzo d’un sentimento simile all’amore famigliare decise d’indicargli almeno la strada per la sua salvezza: « Hai bisogno di lui. »
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