Titolo: Io ti salverò
Fandom: Teen Wolf
Autore:
Jolanda_furiosaBeta:
destieloveCapitolo: 3/6 (
masterpost)
Personaggi/pairing: Stiles Stilinski/Derek Hale, un po’ tutti
Rating: R
Avvertenze: Slash, violenza (leggera, per conto mio), forse OCC per Erika, Boyd e Isaac. Devo dire che non li ho ancora inquadrati bene, non mi sento del tutto a mio agio nell’usarli. Ditemi voi come mi sono venuti \o/
Contesto: post seconda stagione - tagliate quei minuti in cui si vedono Boyd ed Erika lasciare il branco -, nessun riferimento a quella seguente per il semplice motivo che non l’ho vista.
Wordcount: 2141 (fdp)
Prompt: #7 Diamoci un taglio di
clicheclash e #06 Luna della tabella 12 storie, Natura di
diecielode.
Disclaimers: Ovviamente non sono miei, fidatevi che se lo fossero stati si sarebbe notato dalla quantità di scene sterek in più.
Riassunto: Ora Stiles non era un grande esperto in astronomia e tanto meno in - come poteva definirlo - bestialogia, ma se era sopravvissuto in mezzo a zanne, artigli, lupi con strane e malsane - in particolare per lui - voglie di carne e sangue una volta al mese e lucertole troppo cresciute, un motivo c’era: il suo infallibile istinto spostato con la sagace e intuitiva mente. Se questa felice unione iniziava a strillargli che c’era qualcosa che non andava bene, chi era lui per non assecondarla?
Note: Sì, se vi chiedete "i titoli li scegli a casaccio" la risposta è sì. Almeno questa volta non ho sfruttato impunemente nessun film o libro e non sono arrivata ad aprire iTunes XD
Con questo capitolo arriviamo - finalmente - nel cuore della trama (non chiedetemi quanti capitoli mancano, la storia non me l'ha ancora detto, sì, comanda lei non io) e *patta Stiles* no, niente, sarebbe spoiler.
(
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4. Follia è la maschera sul tuo viso
Membra straziate, scheggia d’ossa e dolore prometteva il graffiare del ringhio sui loro timpani, il corpo possente, le ceree lame esposte dalle labbra di pece con la luce del sole morente a imitare il colare del sangue e nera, nera era la voce che s’infrangeva sui canini, d’un nero simile all’oblio, di quell’unico destino che si poteva raggiungere nella loro morsa.
Stridente, nella mente di Scott, era quel tono e l’odore, secco, prepotente dell’ira con quello nauseabondo della fame di sangue dettato dall’astro della notte, era un Alpha quella massa di pece gridavano i suoi sensi, ma è Derek suppliva lui, tremante, le orecchie colme di terrore, ciò che gli urlava il corpo non poteva essere la realtà, no mai Derek avrebbe perso il controllo, lui la cui unica ragione di vita pareva essere - in quelle settimane - inculcargli quanto fosse essenziale e labile da mantenere, non poteva essere, no, eppure le narici si dilatarono e il pungente puzzo di pazzia - così simile al tanfo della forma animale di Peter - s’insinuò violentemente nella sua testa, stordendolo e il pensiero corse a Allison, forte e chiaro, a richiamare il sorriso, le gote e i suoi luminosi occhi per riempirlo della serenità che gli dava; ingoiò un respiro profondo, sapeva cosa doveva fare, lì affianco…
Stiles gli afferrò il polso, ferreo.
Cereo era il suo volto, il cuore frenetico, e gli occhi raggelati. Gli strattonò il braccio, fu più simile ad un tremito involontario che ad un gesto.
Secco, come il rompersi d’ossa, un ramo si spezzò.
« Scott! » Terrore scese su di loro, li ammantò col suo pesante mantello, le dita lunghe e fredde e strappò dai loro petti il cuore, li morse e ritornarono a battere frenetici, a farli correre.
Mangiarono metro dopo metro, le dita di Terrore sulla schiena, l’assoluta certezza di non aver fuga, l’ombra dell’affondarsi delle zanne nelle spalle e sapevano, era solo questione di tempo, avrebbero messo un piede in fallo, una radice, un masso, un ramo secco, e il dolore alla gamba poco prima d’essere divorati.
Un fugace sguardo all’amico e Scott si fermò.
« Vattene da qui! » Liberò la sua natura controllata dalla luna e un ringhio, lungo e sottile.
« Cosa?! » Scura e letale, fin troppo vicina era la belva. « Non serve a niente fare l’eroe si ti fai ammazzare, idiota! »
« Vattene! » La negazione di Stiles fu inghiottita dal cedere della carne di Scott alle zanne strette sul suo braccio corso a difendergli la gola, dolore si dipinse sulla sua bocca e la fermezza di fermarlo.
Gli prese il muso, conficcandogli le unghie fin all’osso cercando di fermare il violento strattonare del capo con cui l’alpha voleva dilaniargli l’arto; lo bloccò, vermigli solchi si formarono con il nauseabondo odore del sangue a stordirgli la testa e la fame della luna ad ordinargli di straziargli la carne e spezzargli le ossa prepotente e decisa nella mente.
Respirare, doveva respirare d’aria pura e del sorriso di Allison per non soccombere all’istinto, un attimo di umanità che gli dilaniò il braccio con le lame di Derek a forargli il bianco del corpo, e quei occhi cupi, folli a laceragli l’anima. Urlò cercando di separarsi dalle zanne e il nome dell’alpha uscì dalle sue labbra, una preghiera, una speranza che questi si destasse dalla prigione in cui pareva intrappolato e fu un attimo, poco più, ma le iridi del mostro si dipinsero di verde e di dolore e il morso s’allentò.
Lo lasciò - ed ora era Derek, le iridi di fuoco e angoscia - col stridere delle zanne sull’osso e l’incatenarsi dello sguardo oltre alla sua figura, un respiro e le zampe lo portarono forsennatamente lontano dal sangue che aveva versato.
« Scott » si piegò su di lui, fermando la mente dal notare quanto sangue si stava riversando a terra, il tremore ancora saldo sulla mano che scosse l’altro « amico, dì qualcosa. »
« Era Derek » fievole gli sussurrò, le iridi fisse a scrutare la foresta « quello era Derek, Stiles. »
« Derek? » gli uscì fievole il nome, l’irreale speranza che così non fosse, e all’annuire dell’amico abbassò il capo. « È peggio di quanto immaginas- oh, mio Dio, Scott! Non dirmi che quella cosa bianca che vedo nel tuo braccio è l’osso! »
Era pazzo Stiles, assolutamente pazzo decise Scott, come poteva mettersi ad urlare con un alpha fuori controllo nei dintorni? Ma se non l’avesse fatto, decise mentre gli rispondeva che sì, ovviamente quello era il suo osso, sarebbe stato un orrendo sintomo per il suo stato d’animo.
« Mi farete morire d’infarto, sul serio, un bel giorno mi troverete lungo disteso sul pavimento con una striscia di bava alla bocca » percorse analiticamente la lacerazione, le dita a separare la carne dalla stoffa, i ricordi di quel poco di primo soccorso che aveva letto e l’analitica calma dell’emergenza a riempirgli il cervello « ma potete stare certi che non vi libererete di me così facilmente, oh no, lascerò il mio comodo posto all’oltretomba solo per tormentarvi sotto forma d’ectoplasma. » E per suggellare la promessa di vendetta stracciò la manica, ormai distrutta, di Scott.
« Che cavolo stai facendo?! » Sbraitò l’amico, come se avesse appena sventrato un povero e indifeso cucciolo di foca.
« Ehi, amico, era già ridotta ad uno schifo, se non l’avevi notato. » Abbondonò la vittima a terra, controllando attentamente che non vi fosse rimasto qualche parte nella lacerazione « non vorrai rimarginarti la ferita includendo quell’orrenda camicia. »
« Me l’ha regalata Allison. »
« Oh » fissò il resto del regalo di dubbio gusto « mi dispiace amico. »
Gli strappò l’altra manica.
« La potresti smettere? » gli ringhiò, togliendosi il resto del martoriato regalo dall’arto e ricacciando la lacrima che voleva conquistarlo, desiderando pazzamente di potersi riempire i polmoni di Allison.
Seguì le veloci dita di Stiles che gli strinsero la stoffa attorno al braccio e si lasciò cullare dall’avvicinarsi dell’ansioso e dolce odore di Isaac, sfinito.
Domani, decise e disse, dovevano radunare il branco.
Stiles non mancò di far presente a chiunque lo stesse a sentire (più probabilmente la fauna della riserva che gli altri due) che lui, come al solito, aveva avuto ragione, ma mai qualcuno che avesse il coraggio di ammetterlo; d’altro canto ormai era abituato, solo che, a volte - solo qualche volta, eh - avrebbe voluto sentirselo dire, così per cambiare la prassi.
Riempì l’aere della sua voce, il sole ormai inghiottito dalla notte, e il lacerante desiderio d’aver sbagliato per quella maledetta volta, di trovare il giorno dopo nel varcare la soglia di casa Hale il brutto muso inacidito del lupo, i mugugni e i bassi ringhi a rispondergli, le folte sopracciglia a domandargli e gli angoli delle labbra a trattenersi, fallendo miseramente, dal dispiegarsi lievemente in quei attimi in cui casa diveniva il branco.
« Venite dentro, forza. » Deaton ruppe per loro il sigillo ligneo che lo proteggeva, conducendoli nella sala dove operava. « Cosa è successo al tuo braccio, Scott? »
« È stato morso. » Isaac lo aiutò a salire sul freddo metallo, le mani attente ad ogni suo spasmo e a raccoglierne il dolore per condurlo dentro di sé lontano dalle labbra che Scott si tormentava, silente.
« Da che cosa? » Prese una forbice arrotondata - il sangue ormai secco gli avrebbe impedito di togliere la fasciatura improvvisata -, cogliendo con uno sguardo il muto pallore dell’amico del licantropo. « Stiles, forse è meglio che esci e ti siedi fuori. »
« Uh? » li guardò come se fossero appena sbucati magicamente dal pavimento. Assentì flemmaticamente, e rimanendo inerte fissò il braccio martoriato del migliore amico.
« Stiles? » Parve scuoterlo la voce di Scott: alzò di scatto il volto e quando questi gli sorrise dicendogli che non aveva mai sopportato la vista del sangue - Stiles si ridestò quel tanto per borbottargli che era la vista del sangue del suo stupido migliore amico che mal sopportava - e che forse era una buona idea se si fosse seduto nella sala d’aspetto.
Stiles lo fece.
Guardò l’amico acconsentire rigidamente, i denti a mordicchiare nervosamente il filo del cappuccio, e lasciare la stanza senza l’ombra di una parola. Se non avesse sbattuto il piede contro il cestino al fianco della porta Scott sarebbe balzato giù - dolore o non dolore - per sincerarsi d’essere uscito dalla riserva con il suo amico e non con una copia mal fatta.
« Sta bene? » chiese il licantropo dai riccioli d’oro (Stiles aveva decretato il suo soprannome il giorno in cui si ricordò dell’esistenza della fiaba e si riempì la maglietta del succo che stava bevendo, arrivando quasi a spruzzarlo sulla faccia di Isaac. Quando rese partecipe il resto del mondo del suo eureka Isaac l’odiò da subito. La qual cosa, ovviamente, non turbava l’umano).
« Non lo so, ma sta pensando e questo è un buon segno… nel senso che se non parla e non pensa è un brutto segno, ma se pensa e non parla allora è okay. »
« Scott » Deaton gli stava annusando la ferita? Scott s’accigliò mugugnando appena quando un dito guantato premette vicino a uno dei bordi frastagliati delle membra. « È stato un Alpha? »
« Sì… co- » Le parole gli scivolarono dalla bocca, inorridita. La carne del profondo squarcio, scura e vivida, stava schiumando, piccole bolle simile al ribollire dell’acqua ne decoravano i lembi e - ora che ci faceva caso - un sottile effluvio saliva dal braccio. « Cosa… cosa » boccheggiò « cosa mi sta succedendo? »
Tese l’altra mano verso l’arto martoriato - non poteva essere vero, quello non era il suo braccio -, il gesto venne spezzato da Isaac andandogli a stingergli il palmo, fermamente.
« Sta reagendo alla saliva dell’Alpha » raggiunse gli scaffali, la voce grave e concentrata « normalmente ha una forte carica batterica, come per ogni licantropo, e un ph simile a quello umano. Le caratteristiche cambiano in base a molti fattori » condusse un tavolino mobile metallico vicino al ferito, una bacinella argenta, pinze e flaconi « l’età, le condizioni fisiche, l’alimentazione e la fase lunare, come in questo caso, presumo. »
Scott immagazzinò ogni parola in un angolo lontano del cervello, soggiogato dal macabro spettacolo dell’osso e dei muscoli straziati, l’udito concentrato sul sfrigolio non per sua volontà, allorché la sua mente rifiutava di credere d’appartenere a un corpo a cui era attaccato quell’assieme putrito di carne e biancore.
Un ansito lasciò le sue labbra nel percepire appena - i nervi troppo occupati a ricordargli del braccio - le unghie dell’altro mannaro conficcarsi nel palmo. Strinse l’unione delle loro mani, sbiancandole, trovando la forza di ricacciare indietro l’angoscia.
« È stato uno degli Alpha appena arrivati? » chiese Deaton, dopo averlo avvertito che gli avrebbe lavato lo squarcio e se desiderava un anestetico locale, consigliandoglielo.
« No. » Morse a sangue il labbro al semplice scorrere d’acqua fisiologica, convincendosi che, per quanto dolore aveva precedentemente patito, magari se quella volta ne faceva a meno non era una grande tragedia.
« Derek. È stato Derek. » delucidò Isaac, avvicinandosi a Scott fin quando percepì la spalla dell’altro sul suo petto, irrigidita.
« Come? » posò l’ago dell’anestesia e aprì un altro flacone di soluzione. Alzò lo sguardo incitando il giovane lupo a continuare.
« Ha intrapreso una specie di rituale per cui sta impazzendo. »
« Un rituale… » lavò la ferita, per poi armarsi di pazienza e pinzette « domani c’è un eclissi lunare. Quindi… capisco. Sta cercando di portare a termine l’Eclissi di Hati. »
« Uh, sì credo che Stiles l’abbia chiamata così. » rispose Scott, seguendo attentamente le procedure del dottore. Distolse lo sguardo quando seppe di star per crollare sul tavolo. Isaac gli poggiò una mano in mezzo alla schiena, un lieve tocco e Deaton gli chiese se voleva sdraiarsi. Negò, imponendosi di guardare ovunque tranne ciò che accadeva al braccio.
« Presumo che non vi abbia detto niente. » Annuirono, scambiandosi una muta domanda « è una parte fondamentale del rituale. »
« In che senso? »
Deaton si fermò, sorridendogli. « È meglio che non ve lo dica, se vogliamo che Derek lo porti a termine. »
« Perché tutto questo mistero? » sbottò Isaac.
« Ve lo spiegherò dopo che tutto sarà finito, o ve lo spiegherà lui; se lo facessi ora potrei compromettere tutto. » ritornò sulla ferita ormai pulita, applicandogli delicatamente una crema. « Cosa avete intenzione di fare? » Non resistette a chiedere, navigando fra acque perigliose. Essenziale era la loro libera scelta nell’agire.
« Dobbiamo fermarlo » pronunciò Scott, i visi di chi poteva ferire l’Alpha indemoniato impressi nella mente « impedirgli di fare del male a qualcun altro. »
« E come? Se un solo morso fa questo » Isaac gli indicò il braccio, la mano ancora stretta nella sua, dimenticata nel suo tepore « e con l’eclissi diventerà più violento come facciamo a fermarlo rimanendo interi e vivi? »
« C’è un modo. » Sull’uscio, determinato, Stiles li scrutò uno ad uno. « Ho un piano. »
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N.a: Si nota che il nome dato al rituale è, per usare un francesismo, alla cazzo? XD No, beh, un suo perché c'è l'ha e forse alla fine lo spiegherò e per chi come me non resiste e per ogni cosa che non conosce finisce su Google a farsi impartire lezioni potrà capire qualcosa nope, dubito, il ragionamento che ho fatto è troppo contorto, comunque: stupitimi \o/. Vi avverto non troverete mai gli spiegoni a fine storia con me, li detesto e francamente li trovo un insulto al lettore, come se chi legge non fosse abbastanza intelligente da intuire le sottigliezze. D'altra parte è anche una scelta stilistica.
Okay, borbottamenti a parte a meno che l'ispirazione non decida di sequestrarmi (no, puzza via che devo studiare), ci rivedremo fra due settimane e sì, i capitoli stanno lievitando ancora.
Ragazzi la smettete d'avere sentimenti, UH?