Sono tornata finalmente a casa e ora cercherò come meglio posso di recuperare tutto ma abbiate pazienza perchè sarò un pò lenta credo.
Ora però eccomi qui a postare una ficcina che mi è piaciuto tanto scrivere, annuncio però che è anche l'ultima cosa che ho da postare perchè non avendo avuto tempo sono 3 settimane che non scrivo assolutamente nulla e quindi devo ancora decidere se finire qualcosa di iniziato o iniziare qualcosa di nuovo, oltretutto su di me incombono parecchi eventi tra cui gli esami ç_____ç ma cercherò di ritagliare un pò di tempo e di scrivere cosa che farò sicuramente un pò domani in treno perchè vado a firenze (ma torno dopodomani tranquille *in realtà non fregava niente a nessuno*)
Vabbè bando alle ciance....
Titolo: Amsterdam
Famdom: Arashi
Genere: One-shoot
Raiting: NC-17
Pairing: Sakumoto (si sono tornati i miei amori <3)
Desclaimers: non sono di mia proprietà ma si appartengono l'uno all'altro U__U
Note: Ispirato dal primo capitolo di un libro che adoro alla follia e che si intitola You are my destiny
Ringraziamenti: A Harin e Jinny che se la sono srobita settimane fa e mi hanno consigliato il titolo
Mi ero appena laureato e insieme a due amici e compagni di corso laureati con me decidemmo di fare un viaggio per festeggiare.
Eravamo ragazzi e tutti piuttosto allupati, così… quale tappa migliore di Amsterdam, la città della perdizione?
Così dopo un lungo volo, per prima cosa ci dirigemmo all’ostello dove avevamo prenotato una tripla, con 2 letti a castello e 1 brandina, ma la nostra idea non era quella di usare troppo quella stanza.
Naturalmente i nostri genitori non sapevano esattamente dove avevamo intenzione di andare, o almeno non sapevano cosa avevamo in mente, anche se mio padre si raccomandò di fare attenzione e mi allungò di nascosto a mia madre una scatola di preservativi.
Cominciammo a girare la città come fossimo semplici turisti cercando di non sembrare gli arrapati che eravamo, girammo per un po’, poi “casualmente” finimmo nel quartiere a luci rosse.
Era esattamente come la nostra fantasia maschile se lo immaginava, forse anche meglio.
Seguii i miei amici che già eccitati decisero di entrare in un locale di strip, era straordinario pensare che quel genere di locali fossero aperti sempre a ogni ora del giorno.
Il locale era nella semioscurità, ma illuminato da luci colorate che si proiettavano sul palco dove ragazze bellissime e formose ballavano con abitini succinti che a tempo di musica si spogliavano mostrando completini intimi altrettanto striminziti che non lasciavano niente alla fantasia.
I miei compagni si precipitarono sotto al palco, mentre io mi avvicinai al bancone per prendere da bere, anche se erano soltanto le 5 del pomeriggio ancora.
Mi si avvicinò barman, era un bellissimo ragazzo, e mi meravigliai di scoprire nel suo volto tratti orientali.
-Cosa ti porto?- chiese lui sorridendomi.
-Una birra- risposi; lui si allontanò per pochi secondi e tornò con la mia ordinazione, una bionda spumosa e fresca.
Nel locale non c’era molta gente e la maggior parte era ammassata sotto il palco a guardare lo strip delle ragazze.
-Sei giapponese?- mi chiese in inglese.
-Si, di Tokyo- risposi.
-Mio padre è di Tokyo- mi disse in un perfetto giapponese, ne rimasi sorpreso e allo stesso tempo affascinato
Restai con lui a parlare e scoprii il segreto del fascino di quegl’occhi, infatti mi disse che si suo padre era giapponese, ma sua madre era spagnola, ma che in realtà non aveva mai visitato nessuna delle 2 terre, pur sapendo di entrambe la lingua; lui era in realtà nato in America, per la precisione a Boston e che si trovava in Olanda per studiare, erano 2 anni che viveva lì da solo, guadagnandosi qualche soldo lavorando in quel posto.
Ora penserete che mi ha raccontato la sua vita ma neanche so il suo nome, invece non è così; lui si chiama Jun! Non gli ho chiesto l’età ma credo abbia circa 2 anni meno di me .
Mi chiese se mi andava di fare un giro con lui quando avrebbe staccato dal lavoro, ero incerto, non potevo mollare i miei amici; così gli spiegai che non ero solo e che non potevo lasciare i miei amici da soli; mi disse di non preoccuparmi, e che avrebbe chiamato delle amiche.
Circa 1 ora dopo uscimmo dal locale insieme a Jun e fuori c’erano due bionde bellissime ad aspettarci.
Jun ci fece fare un giro della città ci portò nei posti più belli e caratteristici.
Fattosi tardi i miei amici si fiondarono nel primo locale pieno di movimento insieme alle 2 bionde, io feci per seguirli quando Jun mi fermò per un braccio.
-Vuoi venire a cena da me?- chiese.
-Non so… i miei amici…- farfugliai indeciso.
-Sono un ottimo cuoco non te ne pentirai- mi disse e così mi lasciai convincere, non so se dall’idea della cena che mi avrebbe preparato, oppure perché lo trovavo estremamente affascinante.
Una volta in casa, non potevo credere che uno studente potesse pagarsi un attico in pieno centro con una terrazza grossa come tutta casa mia.
-Casa è dei miei- disse come se mi avesse letto nel pensiero.
-E’ davvero… grande- dissi non trovando un altro aggettivo per descriverla in quel dato momento.
-Si, lo so- rispose.
-E ci vivi solo?- chiesi.
-Si i miei lavorano entrambi in America e io sono venuto qui da solo, apparte per questo appartamento mi mantengo da solo- mi spiegò Jun mentre si toglieva la giacca e invitava anche me ad accomodarmi.
La cucina era in stile americano e dava sull’enorme salone che si affacciava sulla terrazza.
Jun si legò alla vita un grembiule nero non dissimile da quello che portava al locale, si muoveva preciso e con eleganza in quella cucina come se in tutta la sua vita non aveva fatto altro.
-Ti va di ascoltare un po’ di musica?- chiese Jun mentre puliva le verdure.
-Ok- risposi.
-I cd sono accanto allo stereo scegli pure quello che più preferisci-
Mi avvicinai allo stereo curioso di vedere che tipo di musica gli potesse piacere; fui sorpreso di vedere che tra i cd c’era anche della musica giapponese tra cui un gruppo che piaceva molto anche a me.
Misi il cd nello stereo e feci partire la musica, poi tornai verso la cucina, mi sentivo un pò in dovere di dare almeno una mano, così chiesi:
-Posso aiutarti in qualche modo?-
-Sai cucinare?- mi chiese senza smettere di fare quello che stava facendo.
-Non molto, ma se mi dici che devo fare....-
-Assaggia- disse interrompendomi e porgendomi una forchetta.
Rimasi un attimo sorpreso, poi assaggiai quello che mi porgeva con la sua forchetta.
Era squisito, un sapore delicato ma allo stesso tempo intenso.
Continuammo così, mentre lui cucinava io assaggiavo quando me lo chiedeva, lo aiutai solo ad apparecchiare sulla terrazza, si scusò che non ci fosse la luce, ma si era rotto l’interruttore e confessò di non essere stato capace di aggiustarlo, gli dissi che non era un problema e che magari avrei potuto dargli un occhiata io.
Per rimediare all’assenza di luce Jun portò delle candele e le accendemmo tutte intorno; era bellissimo, la luce fioca e così confortevole, la musica che ci accompagnava....
Lo trovavo talmente affascinante che ne rimasi incantato, quegl’occhi così scuri e intensi alla luce delle candele sembravano ancora più profondi; non negavo a me stesso che mi piacevano anche i ragazzi, certo mio padre non lo sapeva e neanche i miei amici....
Rimasi ad ascoltarlo mentre parlava di se e mi chiedeva di me, gustando la deliziosa cena che mi aveva preparato.
-Vado a prendere il dolce- disse Jun alzandosi da tavola a fine pasto.
“Il dolce? E quando lo ha preparato?” mi chiesi non avendolo visto preparare nessun dolce.... si lo avevo osservato bene, anzi si potrebbe dire che non gli ho tolto un attimo gli occhi di dosso.
Tornò pochi minuti dopo con delle fragole e del cioccolato fuso.
-Spero ti piaccia, non avevo altro- si scusa.
-Mi piace moltissimo- dissi afferrando una fragola e intingendola nel cioccolato.
-Dicono che il cioccolato sia afrodisiaco- disse d’un tratto Jun facendomi andare di traverso la fragola, e di conseguenza cominciare a tossire, lui dolcissimo si alza e viene a darmi leggere pacche sulla schiena, mi riprendo poi bevendo un sorso d’acqua , non mi aspettavo dicesse una cosa simile, lo credevo timido, ma forse lo è solo all’apparenza.
Continuammo a parlare e si fecero le 11 quando Jun tirò fuori dalla tasca dei pantaloni una bustina e delle cartine.
-Ti va di fumarne una?- mi chiese cominciando a preparare una canna.
Rimasi un pò sorpreso, non che non ne avessi mai fumata una o che pensassi che Jun non lo avesse mai fatto, sopratutto considerando la città in cui viveva e il posto in cui lavorava.
-Ti va?- ripetè Jun portandola alle labbra e accendendola; annuii, era possibile che lo trovassi sexy anche mentre si fumava 1 canna?
Fece qualche boccata, poi me la passò, io la presi dalla sua mano costatando che Jun aveva già le pupille dilatate, quindi o non lo reggeva bene, oppure era bella forte.
La portai alle labbra e ispirai.... era forte.
Nel giro di poco mi sentii leggero, cantavo insieme a Jun le canzoni del cd che avevamo messo su, costatando che quello che sembrava un ragazzo perfetto, era invece stonato come una campana.
Cominciai a fare lo stupido, mi sporgevo oltre la balaustra per guardare la gente che camminava in strada.
-Di solito soffro di vertigini- ridacchiai mentre mi sporgevo ancora, Jun spaventato mi ritirò dentro.
-E’ pericoloso!- mi ammonì severo.
E’ così carino con quell’aria preoccupata, il solo vedere che si preoccupava per me mi fece impazzire, il cuore batteva a mille e mi sentivo eccitato.
Reagisco in modo violento, lo prendo per le spalle e lo bacio, lo costringo praticamente con la forza ad aprire la bocca insinunadomici famelico; mentre lui spaventato dall’improvvisa aggressione incrocia le braccia davanti al petto per difendersi, ma lo blocco facendo scendere la mano lungo la sua schiena e spingendolo di più verso il mio corpo, provo un desiderio per Jun che non ho mai provato in vita mia.
Passai tutto il resto della vacanza con lui, non uscimmo quasi di casa, Jun si fece dare qualche giorno di ferie per passare il tempo con me, fu il mio personale tour erotico.
Stare con lui era un tripudio dei sensi, mi baciava mi accarezzava, mi toccava, mi accoglieva dentro di se; diceva e faceva cose che mi mantenevano perennemente eccitato, si fece scopare come un uomo e come una donna.
Fu una settimana meravigliosa, sperimentai piaceri che non sapevo esistessero, il corpo di Jun, la sua voce, i suoi occhi, persino alcune sue strane abitudini mi facevano impazzire, ormai ne ero certo me ne ero completamente innamorato, così l’ultima notte dopo aver fatto l’amore glielo dissi, gli dissi “ti amo”; lui non rispose, si limitò a sorridermi e a darmi un leggero bacio sulle labbra.
La mattina dopo lui non c’era, mi vestii con una tristezza infinita che mi travolgeva, non so cosa mi aspettavo, dopotutto la sua vita era lì, cosa credevo che sarebbe fuggito via con me?
In cucina però trovai un biglietto accanto alla colazione.
“Scusa se sono andato via. Le mie ferie finivano oggi, e non sopporto gli addii. Rimaniamo in contatto se vuoi, questo è il mio indirizzo mail. Se ti fa piacere scrivimi. E’ stata una settimana meravigliosa <3”
Cosa avrei dovuto pensare da quel biglietto? E quel cuoricino finale? Mi autoconvinsi che anche Jun provasse qualcosa, misi così il biglietto in tasca e tornai a recuperare le valige prima del volo di ritorno.
I miei amici erano incazzati neri con me perché ero sparito e non mi ero fatto sentire, continuarono ad insistere che gli dicessi dove ero stato, ma continuai a non dire nulla, alimentando così la loro incazzatura, per non starli a sentire in aereo feci finta di dormire pensando a Jun, cercando di ricordare sensazioni, profumi, e immaginando nuovi preludi all’amore, finchè non crollai addormentato sul serio.
Da quella vacanza è passato ormai un anno, con Jun mi sono sentito i primi tempi molto spesso, mi raccontava quello che faceva e io facevo altrettanto, poi 6 mesi fa nell’ultima mail mi disse che aveva deciso di mollare il lavoro e dedicarsi del tutto ai suoi studi, voleva laurearsi entro l’anno e per questo aveva chiesto ai suoi di finanziarlo per un po’.
Dopo quella mail non lo sentii più, immagino che ormai si sia scordato di me, magari a trovato un bel ragazzo con cui stare, insomma nonostante pensi ancora a lui mi sono rassegnato.
Sono le 10 mi siedo davanti al pc per controllare la posta prima di andare a letto: 10 mail
“Saranno i soliti messaggi di spam” penso mentre accedo alla casella, ed infatti è così ad eccezione di una mail, da un indirizzo che non posso dimenticare perché è quello di Jun; con il cuore che mi va a mille per l’emozione dopo tanto tempo la apro:
“Domani vengo in Giappone per la prima volta, atterrò a Tokyo per le 6 del pomeriggio, mi farebbe piacere vederti. Se ti va chiamami uno di questi giorni, questo è il mio numero di cellulare”
Mi segno subito il numero sul cellulare.
Sono così nervoso che non riesco a dormire per tutta la notte e anche la mattina dopo e per gran parte del pomeriggio rimango agitato, vorrei già chiamarlo ma sarebbe inutile troverei il cellulare spento.
Non so che malsana idea mi fa decidere di fare questo ma ho deciso di andare all’aereoporto, al massimo mi prenderà per pazzo, però se mi ha anche detto l’orario magari… sono mie fantasie lo so, però alle 5 sono lì già ad aspettare.
Il volo arriva puntuale e tra lo sbarco e i bagagli ci vorrà una mezz’ora, aspetto all’uscita guadagnando un posto in prima fila in mezzo a parenti e genitori, amici, fratelli, tutti che aspettano i propri cari, quando d’un tratto lo vedo, come potrei non riconoscerlo, ha i capelli un po’ più lunghi, ma i suoi occhi li riconoscerei tra mille.
Faccio un segno di saluto, lui mi vede e si ferma un secondo, non capisco se è sorpreso o non mi ha riconosciuto, poi sorride e mi viene incontro.
-Speravo venissi, ma non volevo chiedertelo- mi disse.
-Io pensavo mi avresti preso per pazzo- risposi, lui rise.
-Mi sei mancato- disse arrossendo.
Che visione! Da quanto non lo vedevo arrossire? Dall’ultima volta che avevano passato la notte insieme sicuramente.
-Anche tu mi sei mancato- gli dico.
-Hai dove stare?- gli chiedo poi.
-Veramente no, mio padre ha detto che ha un cugino a Tokyo, ma non mi va di disturbar…-
-Vieni da me?- gli domando senza lasciarlo finire preso dall’entusiasmo; per fortuna ho preso un appartamento da qualche mese per conto mio, sennò non avrei potuto fare questa domanda.
-Se non ti disturbo…- disse abbassando il viso.
Io in risposta lo prendo per mano e lo trascino verso l’uscita insieme al suo bagaglio alquanto ingombrante.
-Ti amo anch’io- mi risponde poi una volta seduti in macchina.
Quanto avevo aspettato quella risposta!
Mi giro a guardarlo, è di nuovo arrossito ed è ancora più bello, gli prendo il viso tra le mani e lo bacio, un bacio dolce come era stato il suo un anno prima, poi gli sorrido ma anche lui mi sorride capendo il mio gesto.
FINE.