TITOLO: Okuneve e i sette nani
AUTORE: Jinny
GENERE: favola XD
FANDOM: janiotaggine sparsa
PAIRINGS: Muhaha *è pazza, perdonatela*
RATING: ehm... (aiuto!!)
DISCLAIMERS: non sono miei. Non sono miei. non sono miei... *fugge piangendo*
NOTE: Barolo...
C’era una volta, in un regno lontano lontano, una giovane fanciulla, Okuneve. In realtà essa era una principessa, ma dopo la morte di sua madre, suo padre si era risposato con una crudele matrigna, che, come ogni matrigna che si rispetti, la costringeva a mettere abiti rattoppati e a fare le pulizie tutto il giorno. La nostra povera fanciulla passava le sue giornate rassettando, facendo il bucato, lavando i piatti e cantando, sognando di trovare un giorno il Grande Amore, il principe Azzurro, qualcosa del genere, insomma. E intanto cresceva, e cresceva, e cresceva. L’Uedigna, la perfida matrigna, guardava Okuneve crescere in saggezza e bellezza, e rodeva moltissimo. E tutti i giorni interrogava il suo specchio
<< Specchio Specchio delle mie Brame, chi è la più bella del reame?>>
<< Tu, mia Regina…>> rispondeva lo specchio, sempre meno convinto. Finché un giorno, l’Uedigna si rese conto che qualcosa non tornava nel tono dello specchio
<< Senti, mi stai prendendo per i fondelli?!>> chiese un giorno, con aria di nonchalance, facendo flessioni (attività molto femminile…). Lo specchio scosse vigorosamente la testa. L’Uedigna si alzò dal pavimento, si risistemò il vestito nero, si diede un’altra passata di rossetto, giusto per fingere di averne bisogno, e si piantò davanti allo specchio
<< Specchio Specchio delle mie Brame, chi ha le labbra più a canotto del reame?>> chiese. Lo specchio prese un’aria sicura. Era una domanda facile, la sapeva
<< Tu, mia Signora, non ci sono dubbi.>> disse, gongolando. L’Uedigna prese dodici chili di puro orgoglio, raggiungendo per un istante un indice di massa corporea quasi umano. Ma fu solo un breve istante.
<< Specchio Specchio delle mie Brame, chi ha il sorriso più da ragazzina del reame?>>
<< Di nuovo tu, mia Signora, è ovvio…>>
<< Bene, e… Specchio Specchio delle mie Brame, chi è la più bella del reame?>>
<< Mia Regina, devo essere sincero. Per ora sei ancora tu, ma… Okuneve sta crescendo davvero bene… >>
L’Uedigna coprì lo specchio con un panno nero e si sistemò bene il vestito. Si affacciò al balcone della sua stanza, ed osservò Okuneve che danzava con una scopa, uno straccio ed un secchio… scosse la testa
<< Akacacciatore!>> chiamò. L’Akacacciatore arrivò immediatamente. Si inchinò all’Uedigna
<< Si, mia Signora…>>
<< La figliastra è pazza… internala!>> disse. L’Akacacciatore alzò lo sguardo, leggermente interdetto
<< Ah, no, giusto, scusa… divago… portala nel bosco e falla fuori.>> disse. Il cacciatore si inchinò profondamente.
Nel frattempo, nel cortile del castello, Okuneve continuava a danzare con la scopa con in cima il secchio, fingendo che fosse il principe dei suoi sogni. Dopo un po’, si appoggiò al bordo del pozzo, e guardò l’acqua, di un innaturale colore azzurro, ed ammirò il proprio riflesso. Un viso apparve alle sue spalle. La fanciulla lanciò un grido di terrore
<< Oh…>> disse poi, girandosi a guardare l’aitante giovine che aveva davanti. Lui la guardò con il broncetto, catturando immediatamente il suo cuore, dopodiché, non senza un rapido giro di valzer, se ne andò, scavalcando il muro di recinzione con un abile salto
<< Attendete… non so nemmeno il vostro nome!>> lo richiamò la fanciulla. Venne colpita in fronte da un biglietto da visita. Lo guardò, rigirandolo tra le mani.
<< Oh, Yamaprincipe, rimarrete per sempre nel mio cuore…>> disse la fanciulla. In quel momento, l’Akacacciatore le si fece vicino
<< Okuneve, mettetevi in tiro, andiamo a fare un picnic nel bosco.>> disse. Okuneve, lusingata, corse nella sua cameretta, dove approdò dopo una mezz’ora buona di scale, e si preparò con cura. Dopo più o meno quattro giorni di preparativi, Okuneve tornò nel cortile del castello, ma dovette attendere l’Akacacciatore, che nel frattempo era andato al karaoke con i suoi amici Yamaprincipe e Ryolo, un allegro nanetto che lavorava in una miniera poco lontano.
<< Ah, me misero… devo uccidere una fanciulla… non che la cosa mi dispiaccia, e poi sono sempre soldi anticipati, ma…>> si lamentava l’Akacacciatore
<< Una fanciulla?>> chiesero in coro i due amici, mangiando tenpura. L’Akacacciatore annuì gravemente
<< E di grazia, di chi si tratta?>> chiese lo Yamaprincipe
<< Okuneve…>> disse l’Akacacciatore. Ryolo annuì, già un po’ alticcio. Invece lo Yamaprincipe scattò in piedi
<< No! Ve lo proibisco! Se siete mio amico, non torcerete un capello a quella fanciulla!>> urlò. << Sennò verrò a mangiare a scrocco da vostra madre quando voi non ci sarete!>> minacciò. L’Akacacciatore annuì, terrorizzato. Così, raggiunse Okuneve, che lo attendeva nel cortile del castello
<< Andiamo.>> disse. La fanciulla lo seguì, da vera cogliona, cioè, docilmente. Arrivati nel bosco, belli avanti anche, l’Akacacciatore si girò di scatto
<< Non ce la faccio, devo dirvi tutto… l’Uedigna mi ha ordinato di uccidervi…>>
<< Una matrigna che ordina al fido cacciatore di uccidere la figliastra… avanguardia pura…>> disse Okuneve, alzando un sopracciglio
<< Poco sarcasmo, sennò vi faccio fuori davvero!>> ringhiò l’Akacacciatore. Okuneve sbuffò
<< Bene, allora fatemi fuori e facciamola finita!>> disse
<< Non posso. Ho promesso a… a me stesso… che non l’avrei fatto…>> l’Akacacciatore si fermò appena in tempo. Yamaprincipe non l’avrebbe mai perdonato se l’avesse sputtanato con Okuneve. La fanciulla lo guardò. Lui si mosse un po’ a disagio, poi con un veloce saluto, si dileguò. Okuneve rimase un attimo ferma dov’era. Non poteva tornare a casa… poco male, aveva fregato la carta di credito del padre, poteva andare in un hotel…e così si incamminò. Il buio, però, scese presto, lasciandola terrorizzata e sola a vagare, urlando per ogni rumore, finchè non inciampò in un cerbiatto, che la guardò malissimo
<< Attenta, fanciulla!>> disse quello, infuriandosi
<< Uh, kawaii…>> rispose lei << Ciao, io sono Okuneve, e tu?>> chiese. Il cerbiatto non rispose e si incamminò
<< Aspettami! Non lasciarmi qui, c’è buio, ho paura!>>
Il cerbiatto la ignorò e scomparve dietro una capanna. Okuneve fece per seguirlo, poi si rese conto della capanna. La guardò per un attimo, ci girò intorno, sbirciando dalle finestre. Poi decise di entrare. Sbatté con la fronte contro l’architrave della porta, si chinò ed entrò, massaggiandosi la fronte
<< Oh, povero me, dove sono capitato?>> si chiese. Qualcuno si schiarì la voce
<< Scusa autrice… oh, poverA me, dove sono capitatA?>> si richiese. Non ricevendo risposta sbuffò e si mise a cercare qualcosa da mangiare. Trovò del riso in frigo, ed un uovo, che cucinò in padella. Pasteggiò con il sakè che trovò in un pensile sopra il gas (si, c’era il gas…). Lavò le stoviglie usate e, sentendosi un po’ brilla, salì al piano di sopra, dove trovò sei lettini ed un futon. Sui lettini c’erano dei nomi. Si chinò e li lesse ad alta voce uno ad uno
<< Hinolo… Marulo… Yassulo… Yokolo… Barulo… Ryolo… ma che razza di nomi…>> poi scorse una piccola bacheca sopra il futon, con scritto “l’ospite del mese” ed un bigliettino appuntato
<< Massulo…>> lesse, incredula. Poi decise che forse aveva bevuto troppo e che ci avrebbe pensato la mattina seguente. Provò a sistemarsi su un letto, ma spuntava giù da tutte le parti. Unì tutti e sei i lettini, e vi si buttò, usando la trapunta del futon per coprirsi.